Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-08-11, n. 201704000

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-08-11, n. 201704000
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201704000
Data del deposito : 11 agosto 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/08/2017

N. 04000/2017REG.PROV.COLL.

N. 00996/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 996 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Maria D'Angiolella, con domicilio eletto presso lo studio Sergio Como in Roma, via G. Antonelli, 49;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Caserta, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Consorzio Generale per la Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente informazione antimafia interdittiva e provvedimenti conseguenti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Caserta, Ministero dell'Economia e delle Finanze e Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 luglio 2017 il Cons. P U e uditi per le parti l’avvocato Armando Profili su delega di Luigi Maria D'Angiolella e l'avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Prefetto di Caserta ha adottato nei confronti dell’odierno appellante, titolare dell’omonima ditta individuale attiva nel settore edile, l’informazione antimafia interdittiva prot. -OMISSIS- in data 6 aprile 2016.

2. Il provvedimento è essenzialmente basato sulle seguenti circostanze:

a) coincidenza del luogo, in -OMISSIS-, dove è ubicata la sede legale dell’impresa con quello della sede legale dell’impresa facente capo al padre, -OMISSIS-, anch’egli destinatario di interdittiva;

b) convivenza con la madre – -OMISSIS-, già destinataria di interdittiva nel 2011, la cui legittimità è stata confermata in giudizio (TAR Lazio, sent. n. -OMISSIS-);

c) aver svolto il ruolo di prestanome per la presentazione di offerte in sede di pubblica gara, di fatto riconducibili al fratello, -OMISSIS-, attualmente sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale e condannato in primo grado alla pena di anni nove di reclusione per i reati di cui all’art. 416-bis, 353, 476, 478, con l’aggravante di cui all’art. 7 della legge 203/1991, nell’ambito di un procedimento penale nel quale il ricorrente, pure imputato, è stato poi assolto.

3. L’interessato ha impugnato l’interdittiva (nonché gli atti conseguentemente adottati dal Consorzio Generale di Bonifica del Bacino Superiore del Volturno), lamentando che il Prefetto abbia attribuito rilievo ad elementi di per sé neutri, come il rapporto di parentela con soggetti gravati da precedenti di criminalità organizzata, o a vicende risalenti nel tempo, elevandoli erroneamente a fatti sintomatici del pericolo di infiltrazione mafiosa.

4. Il TAR Campania, con la sentenza appellata (I, n. -OMISSIS-), ha respinto il ricorso, affermando, di contro, che l’azione dell’Amministrazione non può ritenersi inficiata da carenze istruttorie, né l’atto conclusivo da carenze motivazionali, emergendo una corretta valutazione della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina antimafia.

5. Nell’appello, vengono prospettate le censure appresso sintetizzate.

5.1. Il TAR afferma che dalla suindicata sentenza (del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, n. -OMISSIS-) si traggono elementi che fanno apparire l’appellante vicino per connivenza al fratello -OMISSIS-, condannato, ma tale affermazione, immotivata, è smentita dalla sentenza, la lettura della quale evidenzia che -OMISSIS-è stato ingannato da -OMISSIS- (“ … è emersa la riconducibilità di tali iniziative delittuose al solo -OMISSIS- (che infatti è stato condannato per tali fatti), mentre mancano del tutto gli elementi di prova circa un effettivo coinvolgimento diretto di -OMISSIS-. Dalle intercettazioni emerge che -OMISSIS--OMISSIS- esercitava un diretto potere decisionale sulle “offerte” rilasciate a none di suo fratello per la partecipazione alle turbative in esame …”) ed era inconsapevole della condotta di quest’ultimo, non essendo mai emersa alcuna sua condivisione, e non essendo mai stato intercettato né menzionato dagli altri coimputati, e – in una parola - all’oscuro di tutto;

- non vi sono altri processi che riguardino i due fratelli, l’impresa di -OMISSIS- non è interdetta, e i due fratelli non hanno mai avuto rapporti commerciali e non sono conviventi;

- rimane dunque la sola parentela tra i due, che in base alla giurisprudenza non è idonea a supportare l’adozione di un’interdittiva.

5.2. Quanto alla coincidenza della sede della ditta dell’appellante con quella del padre -OMISSIS-, in via S.-OMISSIS-4 a -OMISSIS- vi è un condominio, con distinte residenze (in una vivono i genitori, in un’altra l’appellante), e ciò non può essere elemento significativo di tentativo di infiltrazione criminale.

D’altro canto, il padre dell’appellante, piccolo allevatore, è anch’egli una vittima, avendo subito l’interdittiva a causa della medesima ragione, la parentela con il figlio -OMISSIS-;
ha sempre contrastato la criminalità, costituendosi parte civile in processi contro la criminalità organizzata e denunciando tentativi di estorsione subiti.

Analogo discorso può farsi riguardo alla madre, alla quale l’interdittiva ha impedito di ricevere gli indennizzi per l’abbattimento di capi bufalini affetti da brucellosi, e rispetto alla cui impugnazione non è ancora intervenuta la sentenza (la sentenza citata nell’interdittiva in questione riguarda tutt’altro caso).

5.3. Il TAR ha diffusamente richiamato i principi enucleati dalla giurisprudenza in ordine all’informazione antimafia, ma nessuno dei presupposti che la giurisprudenza amministrativa richiede per l’adozione dell’interdittiva è presente nel caso in esame, in quanto:

- è mancata la necessaria valutazione di tutti gli elementi fattuali, al fine di verificare l’esistenza di un quadro indiziario idoneo a supportare un giudizio di probabile esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa;
e addirittura è stato stravolto il senso della assoluzione piena dell’appellante;

- è mancata un’indagine sull’attività attuale dell’appellante, che è tornato a lavorare, non ha rapporti con il fratello e con l’attività imprenditoriale dei genitori;

- non vi sono, in sintesi, elementi di fatto, costituenti indizi plurimi e concordanti, ma soltanto sospetti o percezioni soggettive non assistite da alcuna evidenza indiziaria.

5.4. In particolare, quanto all’attualità degli elementi indiziari:

- il provvedimento può fondarsi su fatti risalenti nel tempo, purché, dal complesso delle vicende esaminate, possa ancora ritenersi sussistente un condizionamento attuale;

- viceversa, nel caso in esame si fa riferimento a fatti da cui il ricorrente è stato assolto e che risalgono al 2005, mentre nulla è stato accertato riguardo all’attuale situazione dell’impresa.

6. Resiste per l’Amministrazione appellata l’Avvocatura generale dello Stato, controdeducendo puntualmente.

7. Il Collegio, in ordine alla rilevanza dell’accertamento contenuto nella sentenza suddetta, osserva che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la sentenza n. -OMISSIS-, è pervenuto all’assoluzione dell’appellante, dopo aver sottolineato che, da quanto affermato dal coimputato -OMISSIS- -OMISSIS-, risultava anche che “i lavori formalmente vinti dalla ditta di -OMISSIS--OMISSIS-furono eseguiti dallo stesso -OMISSIS-. Anche la conoscenza sopravvenuta del contratto di appalto ottenuto in tal modo dal fratello, per quanto sintomatico di una possibile “connivenza”, non vale dunque ad integrare un contributo causalmente rilevante alla pregressa attività di turbativa” (pag. 855-856)

Da ciò non sembra logico trarre la conseguenza che l’appellante è stato truffato dal fratello, e che tutto è stato falsificato a danno dell’appellante.

Infatti, anche supponendo che l’odierno appellante fosse stato del tutto all’oscuro della turbativa d’asta compiuta dal fratello e dai suoi complici, è un dato di fatto che, successivamente, egli non può non essere venuto a conoscenza che i lavori erano stati aggiudicati alla sua impresa, ma che li avrebbe eseguiti altra ditta, complice della turbativa. E che non ha segnalato l’accaduto ad alcuno, né ha mostrato di volersi dissociare dalla condotta del fratello e dei suoi complici, ovvero ha preso in alcun modo le distanze da costoro.

Dunque, trova pieno riscontro nell’accertamento del giudice penale, quel che ha affermato nel provvedimento la Prefettura, vale a dire che l’appellante ha partecipato alla vicenda (se non alla turbativa in senso stretto), dando la sua disponibilità a fungere da prestanome, sia pure ex post ad aggiudicazione avvenuta.

Giova ricordare che quello che è necessario e sufficiente, ai fini dell’interdittiva, non è l’accertamento diretto di una condotta illecita, quanto elementi indiziari tali da far supporre, secondo logica, la permeabilità e l’acquiescenza dell’imprenditore a condotte altrui di stampo mafioso, presupposto certamente integrato da quanto accertato dal giudice penale nel caso in esame.

Al riguardo, è sufficiente ricordare che, per giurisprudenza consolidata di questa Sezione, la misura interdittiva, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata;
in ogni caso, tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità, che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua ragionevolezza in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (cfr., in ultimo, Cons. Stato, n. 1638/2017 e n. 1559/2017).

8. L’appellante sostiene che gli elementi indiziari non sarebbero attuali, avendo in particolare cessato ogni rapporto con il fratello.

Per confutare tale rilievo è sufficiente osservare che, ancorché i fatti che hanno condotto alla condanna suddetta risalgano al 2004-2005, l’appellante, ancora nel 2013, è stato controllato insieme al fratello -OMISSIS- e ad altro soggetto con precedenti di polizia (cfr. nota C.C. Caserta in data 10 ottobre 2015).

9. Per quanto concerne gli elementi a carico dei genitori, fermo restando che l’esistenza di interdittive che colpiscono i familiari non è di per sé significativa, qualora i provvedimenti derivino dal mero rapporto di parentela con uno stesso soggetto controindicato, va tuttavia osservato che l’identità dello stabile può costituire indizio di vicinanza e quindi di infiltrabilità, sulla base del presupposto logico secondo il quale, se vi fosse estraneità o dissociazione dalla condotta dei familiari, non verrebbe mantenuta la vicinanza della dimora e della sede legale.

In ogni caso, la circostanza che, secondo quanto prospettato nell’appello, le interdittive nei confronti dei genitori siano state disposte unicamente in ragione del legame di parentela con l’altro figlio, se non apporta alcun elemento al quadro indiziario, comunque non inficia gli altri elementi rilevanti indicati ai punti precedenti, ampiamente sufficienti a giustificare l’adozione del provvedimento impugnato.

10. In conclusione, l’appello deve essere respinto, meritando condivisione le valutazioni operate dal TAR.

11. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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