Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-04-27, n. 201502119

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-04-27, n. 201502119
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502119
Data del deposito : 27 aprile 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04087/2013 REG.RIC.

N. 02119/2015REG.PROV.COLL.

N. 04087/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4087 del 2013, proposto da:
V R, rappresentata e difesa dall’avvocato R C, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Liegi 35. B;

contro

Istituto Nazionale di Statistica - Istat, Commissione esaminatrice concorso interno per titoli, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati presso gli uffici di quest’ultima in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

G M, F L, P N, P A, P F, S C, Fni Luisa, Albissini Mario, Prati Sabrina, Perani Giulio, Ciaccia Domenico, D'Angiolini Giovanna, Muratore Maria Giuseppina, Righi Alessandra, Gallo Francesca, Favazza Salvatore, Ceccarelli Claudio;

per la riforma

della sentenza 20 novembre 2012, n. 9608, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione III- quater


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2015 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati R C e l'avvocato dello Stato Paola Palmieri.


FATTO e DIRITTO

1.– La dott.ssa V R, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Statistica – Istat dal dicembre 1994, ha partecipato al concorso interno, per titoli, a cinque posti di «dirigente di ricerca di primo livello professionale».

L’interessata ha ottenuto il punteggio di 58,3/100 ed essendo il punteggio minimo previsto dal bando pari a punti 70/100 non è stata dichiarata idonea.

La dott.ssa Vivio ha impugnato gli esiti della procedura di concorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, per i motivi riproposti in sede di appello e riportati nei successivi punti.

1.1.– Il Tribunale amministrativo ha respinto l’istanza cautelare.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza 15 giugno 2011, n. 2652, ha riformato l’ordinanza ritenendo che la questione dovesse essere decisa nel merito anche in quanto dovevano considerati «apprezzabili favorevolmente» il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso.

1.2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 20 novembre 2012, n. 9608, ha rigettato il ricorso.

2.– La ricorrente ha proposto appello.

2.1.– Si è costituita in giudizio l’Istat, chiedendo il rigetto del ricorso e proponendo appello incidentale.

3.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 24 febbraio 2015.

4.– In via preliminare deve essere esaminato l’appello incidentale con cui l’Istat ripropone l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado che il Tribunale amministrativo non ha esaminato avendo ritenuto comunque infondata l’azione proposta. In particolare, si deduce che la delibera di approvazione della graduatoria è stata adottata in data 27 dicembre 2010 ed il ricorso è stato notificato, a mezzo posta, all’Istat in data 3 marzo 2011, oltre, pertanto, il termine perentorio di sessanta giorni.

Il motivo non è fondato.

La giurisprudenza è costante nel ritenere che, ai fini della valutazione in ordine alla tempestività della notificazione, occorre avere riguardo al momento in cui l’atto è stato consegnato all’ufficiale giudiziario e non al momento in cui quest’ultimo lo porta a conoscenza del destinatario (da ultimo, Cons. Stato, III, 11 febbraio 2015, n. 725).

Nel caso di specie risulta che tale consegna è avvenuta in data 25 febbraio 2010, nel rispetto, pertanto, del termine decadenziale di sessanta giorni.

5.– L’appello principale è in parte fondato e in parte infondato.

6.– Con il primo motivo l’appellante assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha rilevato la carenza di adeguata esperienza nella materia oggetto della procedura in esame da parte del Presidente della Commissione esaminatrice, dott. L A, essendo lo stesso «esperto di economia presso l’Eni».

Il motivo non è fondato, in quanto, come condivisibilmente messo in rilievo dal primo giudice: i ) il Presidente scelto ha una percorso formativo quale ricercatore e docente di elevato profilo, anche a livello internazionale, nelle scienze economiche, cui non può non corrispondere una elevata capacità nelle metodologie di analisi statistica dei fenomeni economici; ii ) l’accesso dall’esterno alla qualifica richiesta è consentita anche a coloro che sono in possesso del diploma di laurea in economia, il che dimostra lo stretto legame tra i due settori con ripercussioni anche in ordine al giudizio sulla competenza del Presidente della commissione; iii ) la valutazione dei titoli, pur non essendo oggettiva e automatica, ha natura diversa rispetto ad una prova concorsuale per esame, con la conseguenza che assume particolare rilevanza la valenza di studioso e ricercatore del Presidente in grado in quanto tale di accertare la effettiva portata e consistente dei titoli dei candidati.

7.– Con il secondo motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha rilevato l’illegittimità dell’operato della commissione che ha preso visione dell’elenco dei partecipanti al fine di valutare eventuali situazioni di incompatibilità in un momento antecedente alla predeterminazione dei criteri di valutazione per l’assegnazione dei punteggi, con conseguente violazione degli artt. 11 e 12 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 ( Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi ). In particolare, l’appellante deduce che «seppure solo in teoria» , il commissario «avrebbe potuto usare i criteri in maniera loro favorevole» .

Il motivo non è fondato.

L’art. 11 del bando prevede, al comma 1: «I componenti, presa visione dell’elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli artt. 51 e 52 del Codice di procedura civile» .

L’art. 12 dispone che « le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove» .

Da quanto esposto risulta chiaramente come la dichiarazione di insussistenza delle situazioni di incompatibilità debba precedere l’inizio delle prove. Soltanto dopo tale preliminare verifica si può procedere alla individuazione dei criteri e delle modalità di valutazione delle prove stesse. Il rilievo dell’appellante secondo cui la previa visione degli elenchi potrebbe condizionare detta individuazione è inconferente, in quanto delle due l’una: i ) se la incompatibilità non sussiste manca il rischio di condizionamento; ii ) se la incompatibibilità sussiste l’astensione evita il rischio di condizionamento.

8.– Con il terzo motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha rilevato l’illegittimità dell’attività della commissione, in quanto un membro della Commissione, dott. F S, si troverebbe in una situazione di incompatibilità nei confronti del candidato, dott. P A, risultato al secondo posto della graduatoria, poiché entrambi sono autori di due contributi scientifici, pubblicati sulla stessa rivista, con la conseguenza che, in ragione dei proventi del diritto d’autore derivanti da detto rapporto, si supererebbe la soglia dei semplici rapporti di collaborazione meramente intellettuale.

Il motivo non è fondato.

L’art. 51, primo comma, Cod. proc. civ., prevede che il giudice ha il dovere di astenersi nei seguenti casi: 1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti;
se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.

Il secondo comma dello stesso art. 51 dispone che il giudice ha la facoltà di richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi in ogni altro caso in cui ravvisi gravi ragioni di convenienza.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che le cause d'incompatibilità sancite dall'art. 51 Cod. proc. cov., estensibili, in rispetto al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell'azione amministrativa, in quanto presunzioni di doverosa declinatoria eccepibile dalla parte interessata hanno carattere tassativo (salvo comunque l’ulteriore rilievo disciplinare, per i giudici, di direttamente rispettare analogo dovere in ipotesi di c.d. incompatibilità soggettiva): come tali, sfuggono all’estensione analogica, stante l’esigenza di assicurare la certezza dell'azione amministrativa (es. Cons. Stato, VI, 30 luglio 2013, n. 4015, e la giurisprudenza ivi citata) e di evitare un pretestuoso ricorso ad elementi invalidanti che non sia basato su un effettivo conflitto di interessi.

Chiarito ciò, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha poi, avuto riguardo a quanto stabilito dall’art. 51, identificato alcuni parametri da osservare in specifici settori e, in particolare, in quello dei concorsi pubblici. In particolare, si è affermato che:

- la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità normativamente cristallizzate, salva la spontanea astensione di cui al capoverso dell'art. 51, Cod. proc. civ.;

- la conoscenza personale e/o l’instaurazione di rapporti lavorativi ed accademici non sono di per sé motivi di astensione, a meno che i rapporti personali o professionali non siano di rilievo ed intensità tali da far sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, bensì in virtù delle conoscenze personali;

- perché i rapporti personali assumano rilievo deve trattarsi di rapporti diversi e più saldi di quelli che di regola intercorrono tra maestro ed allievo o tra soggetti che lavorano nello stesso ufficio, essendo rilevante e decisiva la circostanza che il rapporto tra commissario e candidato, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente/allievo, si sia concretato in un autentico sodalizio professionale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità d'interessi di carattere economico (Cons. Stato, VI, n. 4015 del 2013, cit.).

In definitiva, affinché sussista l’obbligo di astensione deve essere dimostrata la sussistenza di un rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi economici;
ovvero di un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità.

Nel caso di specie non sussistono i presupposti costitutivi di un tale obbligo di astensione, in quanto la condivisione scientifica di due contributi non pare possa avere integrato, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali riportati, gli estremi di rapporto professioniale di livello tale da determinare l’insorgenza di una vera e propria causa di astensione. Nemmeno assume rilievo la percezione dei diritti d’autore: sia per la loro ridotta consistenza economica sia soprattutto per la sporadicità degli stessi che impedisce di assegnare alla colloborazione una incidenza tale da incidere sull’imparzialità del giudizio da parte del commissario.

9.– Con il quarto motivo l’appellante deduce che la Commissione, come risulta dal verbale n. 4, ha redatto una griglia di valutazione in base alla quale attribuire i punteggi nonché, ove richiesto, i sotto-punteggi e ha poi redatto «il modello di scheda individuale che sarà allegata ad ogni verbale al fine di riportare la valutazione complessiva per ogni candidato» . L’appellante si duole che la commissione, nell’assegnare il punteggio, non avrebbe indicato quale sia stato l’ iter logico-motivazionale seguito. In particolare, si assume che la commissione avrebbe «completamente omesso di riportare nei relativi verbali la valutazione “parziale” cioè i sottopunteggi, con la conseguenza che se è noto il punteggio totale riportato dai candidati nelle singole voci, non è dato sapere come la commissione sia arrivata ad assegnare il punteggio medesimo» .

Alla luce di quanto indicato appare erronea la sentenza impugnata nella parte in cui si è limitata ad affermare che, in presenza di criteri predeterminati, il voto numerico è sufficiente.

Il motivo è fondato.

La commissione ha indicato le seguenti “grandi voci” di valutazione: a) anzianità;
b) attività professionale nel profilo di ricercatore/tecnologo;
b.1.) attività ordinaria;
b.2.) coordinamento e/o direzione di strutture;
b.3) attività svolta nell’ambito di commissioni, comitati e gruppi di lavoro;
b.4) incarichi specifici aggiuntivi all’ordinaria attività;
b.5.) responsabilità di progetto di rilievo;
b.6.) responsabilità di processi organizzativi, di procedure e di prodotti;
c) pubblicazioni/lavori;
d) giudizio complessivo profilo professionale e culturale;
d.1) percorso formativo;
d.2) spessore culturale dei titoli presentati;
d.3.) rilevanza e complessità dei compiti svolti;
d.4.) idoneità precedentemente conseguite.

In relazione a ciascuna di queste voci sono stati indicati i punteggi massimi assegnabili.

Per talune voci la commissione ha indicato le modalità di assegnazione del punteggio: ad esempio, con riferimento alla voce b.2., attività ordinaria (fino ad un massimo di venti punti) si afferma che «il punteggio sarà determinato in base al giudizio sul candidato tenendo conto in particolare della capacità di determinare avanzamenti significativi nelle conoscenze del settore preminente di attività, della capacità di introdurre innovazione di prodotto e di processo, della molteplicità delle esperienze e/o del grado di specializzazione del candidato» . Per le altre voci sono stati previsti dei sottopunteggi: ad esempio, d.1., percorso formativo fino ad un massimo di tre punti di cui: fino ad un massimo di 1,5 punti per dottorato e scuola di specializzazione;
fino ad un massimo di 1 punto per master e/o borse di studio e/o altri corsi rilevanti;
fino ad un massimo di 0,5 per altri corsi.

A fronte di tale griglia la commissione ha predisposto una scheda individuale nel quale è stata riportata la grande voce e il voto finale complessivo. Così, ad esempio, per l’appellante è stato previsto: per la voce b.1., attività ordinaria, il punteggio complessivo di 16 e per la voce d.1., percorso formativo, il punteggio 1,5.

La riportata modalità di giudizio non ha consentito all’appellante di comprendere le motivazioni relative all’attribuzione del punteggio complessivo.

In particolare, la Sezione ritiene che quando la stessa commissione si è auto-vincolata prevedendo una griglia articolata di criteri di valutazione con un punteggio massimo assegnabile e con eventuali sottopunteggi, la stessa deve poi esplicitare le ragioni dell’assegnazione di quel determinato voto e indicare, ove previsti, i singoli voti assegnati per ciascuna sub-voce. Se la commissione si limita ad indicare, accanto alla “grande voce” un voto complessivo numerico il candidato non riesce a comprendere i motivi per i quali si è pervenuto a quel risultato.

L’indicato percorso motivazionale deve essere seguito soprattutto quando non si tratta di valutare una prova per esami ma una prova per soli titoli.

10.– Con il quinto motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto sussistente l’irragionevolezza dei criteri predeterminati dalla commissione, poiché frustrerebbero il merito a vantaggio dei candidati più anziani con conseguente stravolgimento delle finalità della procedura selettiva in esame. In particolare, si contestano le seguenti voci: i ) voce b.2.-coordinamento e/o direzione di strutture, che presuppone la valutazione del numero di anni di coordinamento o direzione; ii ) le voci d.1, percorso formativo e d.4., idoneità precedentemente conseguite, «con evidente favor dei candidati più anziani che hanno logicamente avuto più anni a disposizione per partecipare ai predetti concorsi»; iii ) voce c., pubblicazioni, con assegnazione di 1,5 punti per monografie a stampa, articoli apparsi su riveste nazionali e internazionali;
1,2 punti per relazioni ed interventi pubblicati negli atti di convegni e congressi;
1 punto per lavori prodotti in sedi istituzionali relazioni e note tecniche attinenti alle funzioni assegnate e/o prodotte in rappresentanza dell’istituzione;
tale ripartizione, si deduce, «è contraria alla logica del concorso interno in cui i lavori istituzionali sono spesso più rilevanti di una pubblicazione ad un convegno».

Il motivo non è fondato.

Il bando prevede che l’accesso al primo livello avvenga «attraverso procedure selettive affidate ad apposite commissioni esaminatrici finalizzate all’accertamento del merito scientifico e tecnologico».

Un tale criterio non è incompatibile con la contestuale valutazione, in alcuni casi, anche dell’anzianità del servizio qualora la stessa sia strettamente connessa con la valutazione del merito scientifico.

La circostanza che in relazione alle voci sopra indicate possa venire in rilievo anche l’attività precedentemente svolta non può, pertanto, inficiare la procedura selettiva.

Per quanto attiene poi alle pubblicazioni, non si comprende la ragione per la quale la commissione non possa assegnare maggiore valenza alle pubblicazioni rispetto ai lavori istituzionali. In ogni caso, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, la commissione, nell’assegnare il punteggio relativo alla voce d.2., «spessore culturale dei titoli presentati» , ha valutato tutti i titoli. Nemmeno varrebbe rilevare che il bando non ammetteva la divisione in due categorie e che pertanto i titoli avrebbero dovuto essere valutati in relazione alla voce c.), trattandosi di un rilievo formalistico non invalidante, in quanto ciò che assume valenza è il dato sostanziale della effettiva avvenuta valutazione dei titoli.

11.– Con il sesto motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha accolto la censura, proposta in via subordinata, con la quale si chiedeva il ricalcolo del punteggio in relazione sia all’attività svolta dall’interessata nell’ambito di commissioni, comitati e gruppi di lavoro (p. b.3 della scheda di valutazione allegata al verbale n. 18);
sia in ordine agli Incarichi aggiuntivi alla ordinaria attività e Progetti di rilievo (p. b.4 e b.5 della scheda di valutazione allegata al verbale n. 18), sul rilievo che le predette attività sarebbero state sottostimate dalla Commissione.

L’accoglimento del quarto motivo, che impone una nuova motivazione in relazione alla posizione dell’appellante rende la valutazione di tale motivo privo di oggettivo interesse per l’appellante stesso.

12.– L’accoglimento parziale dell’appello, che implica un riesercizio del potere da parte dell’amministrazione, giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

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