Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-06-15, n. 202003806

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-06-15, n. 202003806
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003806
Data del deposito : 15 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/06/2020

N. 03806/2020REG.PROV.COLL.

N. 05027/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5027 del 2019, proposto dalla Casa di Cura Maria Rosaria s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

A.S.L. Napoli 3 Sud, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A C, A R P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G B in Roma, via Amiterno 3;

nei confronti

della Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro – tempore, non costituita in giudizio;
Centro Medico Oplonti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Orazio Abbamonte, Angelo Clarizia, Arturo Umberto Meo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Tirso, 111;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 01990/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’A.S.L. Napoli 3 Sud e del Centro Medico Oplonti s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020 il Cons. Umberto Maiello e trattenuta la causa in decisione a seguito di camera di consiglio svolta in modalità da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Casa di cura “Maria Rosaria” s.p.a., accreditata con il SSN nelle branche della medicina nucleare (Scintigrafia, Pet/Tac) e della diagnostica per immagini (Rmn, Tac, Ecografia e Radiologia tradizionale), chiede la riforma, previa sospensione, della sentenza parziale del 10.4.2019 n. 1990, con cui il TAR per la Campania, Sez I di Napoli, dopo aver riunito due ricorsi RG 2767/2018 e 3819/2018, il primo avverso la delibera dell’ASL Na3 Sud n 337/18, recante la ridefinizione della Regressione Tariffaria Unica (RTU) anno 2010 branche di Medicina Nucleare e Radiologia Diagnostica, il secondo avverso la delibera ASL Na3 Sud 509/18, recante la RTU anno 2011 e gli atti di recupero degli importi per prestazioni erogate in overselling anni 2010 e 2011 pari complessivamente a € 703.837,86 per la Medicina Nucleare ed € 599.841,26 per la Radiologia Diagnostica, ha respinto, in parte, il primo (RG 2767/2018) e il secondo (RG3819/2018), quanto alle censure di illegittimità derivata, disponendo per il resto istruttoria.

1.1. Vale premettere che, con i suddetti deliberati, l’ASL intimata agisce in regressione tariffaria onde riconoscere, retroattivamente, e in danno della deducente, per gli anni 2010-2011, ad altra struttura (Centro Medico Oplonti), qui costituita, in quanto controinteressata ed operante nelle stesse branche di medicina nucleare e radiologia, uno sforamento rispetto ai volumi di prestazione assegnati ben maggiore dei limiti, pari al 10%, per gli anni 2010 e 2011, previsti dalle delibere quadro.

1.2. Il giudice di prime cure ha, in sintesi, evidenziato che:

- il fatturato riconoscibile per il 2010 non deve ritenersi necessariamente corrispondente nel massimo al fatturato riconosciuto per il 2009, maggiorato del 10%, atteso che la disciplina di settore consente l’autorizzazione ad uno splafonamento maggiore con determinazione motivata da parte del tavolo tecnico;

- nella specie lo splafonamento maggiore troverebbe giustificazione negli investimenti operati dall’appellata Oplonti per dotarsi del macchinario PET/TC;

- il riconoscimento dello splafonamento per il 2010 sarebbe già avvenuto con le precedenti deliberazioni n. 606/14 e 77/15.

2. Avverso tale decisione, con il mezzo qui in rilievo, la Casa di cura appellante deduce che:

a) la società Oplonti non aveva le autorizzazioni necessarie ad eseguire le prestazioni PET/TC nella sede all’epoca utilizzata e, ciò nondimeno, sul relativo fatturato sarebbe stato riconosciuto l’abnorme splafonamento impugnato in danno dell’appellante per la branca di MN. Tanto è a dirsi rispetto all’apparecchiatura ibrida PET/TC installata dal CMO presso la sede di Corso Umberto I, che implicava tanto l’autorizzazione che il relativo accreditamento così come prescritto dalla DGR 491/06;
il Centro Oplonti era, invece, autorizzato per prestazioni di Medicina Nucleare presso la sede di Corso Umberto I, n. 68 (successivamente trasferita in via Roma 9/11), mentre per quelle di radiodiagnostica presso la sede di via Filippini 4 (successivamente trasferita in via Roma 23/25);

b) alcuna motivazione nel senso di giustificare il relativo splafonamento sarebbe contenuta nella deliberazione n. 337/18 (né nell’allegato verbale del tavolo tecnico) che sembrerebbe, anzi, porsi nel solco della revisione del consuntivo anno 2009 così come rideterminato dalla delibera n. 462/15 adottata a seguito della decisione del Consiglio di Stato;

c) l’ASL non avrebbe monitorato i flussi di attività delle strutture accreditate né avvisato in alcun modo la deducente che, quindi, per il 2010 ed il 2011, avrebbe del tutto legittimamente riposto pieno affidamento nei volumi assegnati (fatturato dell’esercizio pregresso incrementabile nei limiti massimi del 10 %);

d) non avrebbe alcun pregio il cenno che opera il TAR all’asserita circostanza che lo splafonamento che si vorrebbe riconoscere ad Oplonti per il 2010 (con conseguente ricaduta sul 2011) si rinverrebbe già nelle precedenti deliberazioni n. 606/14 e 77/15. Ed, invero, la delibera 606/14 risulterebbe adottata anteriormente alla delibera n. 462/15 (che ha dato esecuzione alla decisione del Consiglio di Stato correggendo i valori del 2009), né il tavolo tecnico nella seduta del 12.4.2014 (il cui verbale è allegato alla delibera 606/14) avrebbe analizzato e approvato le giustificazioni del CMO relativamente all’overselling. La stessa deliberazione qui impugnata (n. 337/18) darebbe atto della necessità di modificare la delibera n. 606/14 proprio in quanto assunta prima che intervenisse l’atto 462/15, che aveva ricondotto in termini di legittimità il fatturato riconoscibile per il 2009. Parimenti, lo splafonamento assentito con la parte dispositiva della delibera n.337/18 (oggetto del presente giudizio) non potrebbe trovare fondamento giustificativo nella delibera n. 77/15, limitandosi questa ad individuare la Capacità Operativa Massima della stessa senza che ciò, di per sé, autorizzi alcuno splafonamento come puntualmente prescritto anche dalla DGR 491/06. Oltretutto, tale delibera sarebbe stata impugnata ed il relativo giudizio sarebbe tuttora pendente.

3. Resiste in giudizio l’ASL Napoli 3 sud, che ha eccepito, anzitutto, l’inammissibilità della contestazione attorea – che recherebbe motivi nuovi in violazione del disposto di cui all’articolo 104 c.p.a. - secondo cui “il Centro Oplonti non aveva le autorizzazioni necessarie ad eseguire le prestazioni PET/TC nella sede all’epoca utilizzata”. Ha poi concluso per il rigetto dell’appello siccome infondato.

3.1. Resiste, altresì, in giudizio il CMO, che ha parimenti concluso per il rigetto dell’appello siccome inammissibile e infondato. Assume, invero, la suddetta parte appellata che l’implementazione del fatturato oltre il 10% rispetto all’anno precedente (anno 2009), per l’anno 2010, è stata riconosciuta a CMO dal Tavolo tecnico della ASL, e recepita nella delibera n.606/2014, mentre la delibera aziendale 377/18 ha solamente provveduto ad una ricognizione numerica senza intervenire sull’implementazione già riconosciuta, ovvero senza rivedere quanto precedentemente approvato dal tavolo tecnico nel 2014. Da qui anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, non essendo stata mai impugnata, nei termini di rito, la citata delibera n.606/2014.

Nel merito, sarebbe infondata la tesi dell’appellante ove pretende che nel caso di apparecchiatura ibrida occorra non solo l’accreditamento delle due branche ma anche che sia riferibile alla stessa sede ove è allocata la PET/TC, evenienza questa non prevista dalla D.G.R.C. n.491/2006.

3.2. Con ordinanza n. 8880 del 27.12.2019, il Collegio, all’esito dell’udienza di discussione del 28.11.2019, ha disposto incombenti istruttori dei quali ha onerato l’ASL Napoli 3 Sud che, con la produzione del 20.2.2020, ha ottemperato. Quindi, all’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’ASL Napoli 3 sud, dal momento che la contestazione attorea sul difetto dei necessari provvedimenti abilitativi in capo all’odierna appellata risulta ritualmente introdotta ab imis nel presente giudizio, come fatto palese dalla stessa piana lettura del ricorso 2767/2018 di primo grado.

4.1. Del pari non ha pregio l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’appellata e che si fonda sulla mancata, tempestiva impugnazione della delibera 606/2004, alla quale, nel costrutto giuridico in argomento, si riconnetterebbe l’effetto di validazione delle giustificazioni addotte da C.M.O. a sostegno dell’incremento di produzione fatto registrare nell’anno 2010. Di contro, ad una serena lettura del suddetto deliberato, così come dell’allegato verbale redatto dal tavolo tecnico, non è dato evincere, come di seguito meglio evidenziato, traccia di un siffatto giudizio, asseritamente sopravvissuto al successivo parziale ritiro della detta delibera 606/2004 e, dunque, qui invocato per i suoi effetti conformativi sulle modalità della RUT attuata con i deliberati oggetto di gravame.

5. L’odierno processo trae origine da una precedente vicenda contenziosa che risale al provvedimento di regressione tariffaria unica (c.d. RTU) di cui alla delibera n. 402 del 23 luglio 2013 dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli – A.S.L. 3 Sud, con il quale detta Azienda aveva già riconosciuto e validato le prestazioni effettuate da C.M.O. nel corso dell’anno 2009 con i nuovi macchinari, acquistati ed installati nel corso del 2008, per l’esecuzione di innovative indagini con la metodica PET/CT.

La Casa di Cura Maria Rosaria s.p.a., ritenendosi penalizzata da tale provvedimento, lo impugnava avanti al T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, che con sentenza n. 2342 del 28 aprile 2014 respingeva il ricorso.

Nel giudizio d’appello questa Sezione si pronunciava in sede cautelare con l’ordinanza n. 4336 del 25 settembre 2014, accogliendo la relativa domanda di sospensione sul rilievo che sussistessero ancora “.. incertezze circa l’avvenuta verifica di implementazione della c.o.m. (capacità operativa massima) del centro medico Oplonti, anche alla luce di quanto emerso nella discussione svoltasi in camera di consiglio, per essere ancora pendente il relativo procedimento, e tenuto conto del tempo trascorso per la conclusione del procedimento da parte del Tavolo tecnico ai fini applicazione della c.d. regressione tariffaria riferita all’anno 2009, ai danni dell’appellante” . Il contenzioso in appello veniva poi definito con la sentenza n. 207 del 22 gennaio 2016 di questo Consiglio, che lo dichiarava improcedibile per il sopraggiungere della delibera n. 46 del 12 febbraio 2015, che espungeva dal fatturato riconoscibile le dette prestazioni, contenendolo, per la medicina nucleare, in € 428.020,23. Nel suindicato decisum il giudice tracciava, altresì, come essenziale coordinata di riferimento per la conformazione del potere in subiecta materia il principio a mente del quale l’incremento della c.o.m., richiesto anteriormente all’anno 2009, ove fosse stato già accertato e autorizzato, si poneva come presupposto essenziale a monte per l’eventuale riconoscimento motivato da parte del Tavolo tecnico dell’eccezionale sforamento dei budget assegnati, comportando una verifica, in primis, della quantità di prestazioni che possono potenzialmente essere erogate dal Centro in relazione alla sua organizzazione tecnologica, alla dotazione strutturale ed ai coefficienti di personale, superficie dei locali, attrezzature posseduti e aggiornati .

5.1. Muovendo da tali premesse nel costrutto giuridico attoreo si contesta che, con la delibera 337 del 18.4.2018, sarebbe stato impropriamente consentito al CMO, per l’anno 2010, un significativo aumento della produzione, pari ad € 1.744.971,54 (al 23.9.2010) su un tetto di spesa complessivo per la branca di medicina nucleare di € 3.000.000,00, pari ad oltre il 50 % dell’intero budget di branca dell’ASL. Tale incremento ha, dunque, comportato, al 23.9.2010, l’esaurimento del tetto di branca con conseguente abbattimento del fatturato riconoscibile all’appellante che pur aveva operato nei limiti normativamente e contrattualmente sanciti (aumento del 10% del fatturato dell’anno precedente).

5.2. Vale preliminarmente osservare, sempre in un’ottica di compiuto inquadramento della res controversa , che, come più volte evidenziato da questa Sezione, i rapporti tra il Servizio sanitario nazionale e le strutture private accreditate sono regolati secondo uno schema bifasico articolato su:

- una fase, programmatica ed unilaterale, affidata alla Regione;

- una fase contrattuale con le singole strutture, affidata alla Regione ed alle A.U.S.L., in assenza della quale le Aziende e gli Enti del Servizio sanitario nazionale non sono tenuti a corrispondere la remunerazione per le prestazioni erogate (cfr. art. 8 quater, comma 2, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, nel testo introdotto dall'art. 8, comma 4, del D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229).

In relazione alla prima fase, la giurisprudenza di questa Sezione è consolidata (cfr. ex multis CdS, III Sezione, 3/03/2017, n. 994;
nn. 5371 e 1244 del 2016) nel senso che spetta alle Regioni provvedere, con atti autoritativi e vincolanti di programmazione, alla fissazione - in via “unilaterale”- del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario regionale e distribuire le risorse disponibili, per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché stabilire i preventivi annuali delle prestazioni: e ciò nel rigoroso rispetto della complessa finalità di riequilibrio finanziario cui è ispirata la legislazione vigente (così le sentenze 12 aprile 2012, n. 3 e n. 4 dell’Adunanza plenaria). E’ la stessa logica stringente del tetto di spesa fissato in via prioritaria e unilaterale “ad annullare gli spazi riservati alle procedure contrattuali” (cfr. la pronuncia di questa Sezione 2 aprile 2014, n. 1582): tant’è che si è precisato che il c. d. "tetto di spesa" (o budget) non acquista la sua efficacia imperativa in quanto inserito negli accordi contrattuali fra l'ente sanitario e l'operatore privato, bensì in forza del carattere autoritativo della programmazione della spesa, che gli enti del servizio sanitario nazionale hanno il potere-dovere di fare annualmente (CdS III Sezione del 19/07/2016, n. 3201). Detto in altri e conclusivi termini, questa seconda fase non ha alcuna autonomia rispetto alla prima e risulta dalla mera applicazione, in via di eterointegrazione, delle regole adottate sul piano programmatico dalle autorità pubbliche preposte. Occorre, altresì, soggiungere che, ribadita la natura autoritativa e programmatoria dei poteri attribuiti alla Regione, non si tollerano restrizioni al loro ambito operativo, dovendo esplicarsi in tutte le direzioni che, compatibilmente con i principi regolatori dell'attività amministrativa, risultino funzionali al loro scopo tipico di contenimento della spesa pubblica. Va quindi considerato legittima, nella detta ottica, anche l’adozione di un meccanismo tariffario di carattere regressivo e destinato a spiegare i suoi effetti all'interno del budget assegnato alla struttura sanitaria accreditata (Cons. di Stato, Sez. III, 4 febbraio 2019, n. 863).

5.3. Nel caso qui in rilievo, l’assetto della programmazione regionale ruota intorno al principio dell’assegnazione all’interno di ogni bacino di riferimento di “tetti di branca” e non di struttura e tale principio conforma lo stesso contratto stipulato con i singoli operatori. Il saldo viene assicurato attraverso l’istituto della Regressione Tariffaria Unica (RTU) che si fonda, a consuntivo, sull’emissione, a carico delle singole strutture che hanno concorso all’eventuale superamento del tetto di spesa, di una nota di credito per l’importo di fatturato eccedente, dovendo le eventuali prestazioni erogate dall’operatore sanitario oltre il limite di spesa reputarsi extracontrattuali e, come tali, non remunerabili ai sensi e per gli effetti di cui all’art.

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