Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-03, n. 202300064

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-03, n. 202300064
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300064
Data del deposito : 3 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/01/2023

N. 00064/2023REG.PROV.COLL.

N. 07792/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7792 del 2016, proposto da
R B e “Bonacci e C.” s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

- Ente Parco Regionale dell’Appia Antica, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Comune di Ciampino, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;
- Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore , non costituito in giudizio;
- Soprintendenza archeologica per il Lazio, in persona del Soprintendente pro tempore , non costituita in giudizio;
- Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore , non costituita in giudizio;



nei confronti




per la riforma:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) n. 02251/2016, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente Parco Regionale dell'Appia Antica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2022 il Consigliere Lorenzo Cordi' e udito l’avvocato A C per l’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica;

Viste le conclusioni rassegnate dalle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Il Sig. Bonacci e la Società “Bonacci e Co.” ricorrevano in appello avverso la sentenza n. 2251/2016 con la quale il T.A.R. per il Lazio – sede di Roma (Sezione Seconda Quater), respingeva i ricorsi riuniti: i ) R.G. n. 21620/2000 (avente ad oggetto il parere contrario al rilascio di concessione edilizia in sanatoria reso dall’Ente Parco Regionale dell’Appia Antica); ii ) R.G. n. 298/2001 (avente ad oggetto il parere contrario al rilascio della concessione edilizia in sanatoria reso dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio); iii ) R.G. n. 10332/2002 (avente ad oggetto il diniego di condono emesso dal Comune di Ciampino).

2. I provvedimenti oggetto della sentenza di primo grado riguardano alcuni abusi edilizi realizzati nel territorio del Comune di Ciampino e, in particolare, in area gravata da vincoli di varia natura e tipologia. In particolare, veniva presentata domanda di condono per cinque manufatti realizzati prima del 1985, e per sei manufatti realizzati, secondo quanto indicato nella domanda, nel 1993. Nel corso del relativo procedimento erano adottati: i ) il parere – di contenuto negativo – dell’Ente Parco, impugnato con ricorso R.G. n. 21620/2000); ii ) il parere – anch’esso di contenuto negativo - della Soprintendenza Archeologica del Lazio, relativo ai sei manufatti realizzati nel 1993 e impugnato con ricorso R.G. 298/2001. In ultimo, il Comune di Ciampino respingeva l’istanza di condono sulla base dei pareri indicati e di un ulteriore parere della Soprintendenza Archeologica. Tale provvedimento era impugnato con il ricorso R.G. n. 10332/2002.

3. Il T.A.R. per il Lazio respingeva i ricorsi con sentenza n. 2251/2016, avverso la quale gli appellanti articolavano plurimi motivi di ricorso in appello.

4. All’esposizione dei motivi di ricorso gli appellanti anteponevano due considerazioni generali. In primo luogo, evidenziavano come l’Ente Parco dell’Appia Antica, Roma Capitale e i Comuni di Ciampino e Marino avessero stipulato un apposito protocollo di intesa (con l’adesione del Consorzio Appia Antica s.c.a.r.l., in rappresentanza dei titolari delle attività produttive interessate, e degli stessi appellanti) con cui si prevedeva la delocalizzazione volontaria delle attività produttive incompatibili insediate nel Parco dell'Appia Antica, a fronte della cessione gratuita in mano pubblica delle aree e degli immobili impegnati da dette attività (anche se irregolari), con contestuale sospensione dei procedimenti sanzionatori edilizi in essere. In secondo luogo, gli appellanti evidenziavano come i vari ricorsi respinti dal Giudice di primo grado condividessero un impianto comune, costituito dalla dedotta non rilevanza dei vincoli successivi al momento di realizzazione degli abusi. Operate tale premesse gli appellanti articolavano, come già evidenziato, plurimi motivi di ricorso in appello, la gran parte dei quali riproduttivi di censure già articolate in primo grado.

5. Si costituiva nel presente grado di giudizio il solo Ente Parco dell’Appia Antica il quale chiedeva di respingere il ricorso in appello. Le altre Amministrazioni omettevano di costituirsi sebbene ritualmente intimate.

6. In vista dell’udienza pubblica del 15.12.2022 le parti costituite depositavano memorie difensive finali.

7. All’udienza del 15.12.2022 la causa era trattenuta in decisione.

8. Preliminarmente occorre esaminare l’istanza di sospensione del giudizio che gli appellanti articolano nel secondo motivo di ricorso in appello ( ff . 13-14). Evidenziano gli appellanti come il D.M. 26.5.1997 (le cui prescrizioni sono prese in considerazione nel giudizio di compatibilità svolto nei pareri impugnati) sia impugnato dinanzi al T.A.R. per il Lazio – sede di Roma con ricorso R.G. n. 1288/1998, ritenuto pendente alla data di proposizione dei ricorsi introduttivi dei giudizi di primo grado. In relazione all’omologa istanza formulata in primo grado, il T.A.R. sottolinea come, in realtà, il ricorso R.G. n. 1288/1998 sia dichiarato perento con decreto n. 9303/2013; di conseguenza, l’istanza di sospensione del giudizio viene ritenuta improcedibile dal primo Giudice.

8.1. Gli appellanti contestano la decisione del T.A.R. per il Lazio evidenziando di aver appreso solo dalla sentenza appellata dell’emanazione del decreto di perenzione (che non sarebbe stato ritualmente comunicato) e di aver, pertanto, presentato istanza per ottenere la rituale comunicazione del decreto al fine di presentare la dichiarazione di permanente interesse alla decisione della causa. Chiedono, pertanto, di sospendere il presente giudizio in attesa della decisione del T.A.R. per il Lazio sul ricorso R.G. n. 1288/1998, ritenuta causa pregiudiziale rispetto alla presente.

8.2. Osserva il Collegio come gli appellanti non producano alcuna evidenza dalla quale risulti che, dopo la presentazione dell’istanza di comunicazione del decreto di perenzione n. 9303/2013, siano state assunte ulteriori iniziative processuali e, in particolare, sia stata richiesta la revoca del decreto e sia stato manifestato l’interesse alla decisione di merito del ricorso. Il giudizio R.G. 1288/1998 non può, quindi, considerarsi pendente, con conseguente difetto di uno dei presupposti di operatività della previsione di cui all’art. 295 c.p.c.

9. Procedendo ad esaminare i motivi di ricorso in appello il Collegio osserva come, con il primo di tali motivi, gli appellanti deducano l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene che i vincoli sopravvenuti all’edificazione degli abusi assumano, comunque, rilievo nel procedimento di condono, dovendosi acquisire il parere dell’Autorità preposta alla tutela ed incentrato sulla compatibilità delle opere con le prescrizioni vincolistiche.

9.1. In particolare, la sentenza di primo grado evidenzia come gli abusi in esame siano realizzati in data successiva in un’area sottoposta a vincoli di varia natura e tipologia.

9.2. Infatti, come ricostruito dal primo Giudice (e non contestato dagli appellanti) sussistono già prima della realizzazione degli abusi: i ) il vincolo paesistico panoramico imposto con D.M. 29.4.1955, ai sensi della L. n. 1497 del 1939; ii ) il vincolo di cui al P.T.P. delle zone dell’Appia Antica dei Comuni di Roma e Ciampino imposto con D.M. 11.2.1960, ai sensi della L. n. 1497/1939; tale vincolo istituisce due zone di rispetto (“ A ” e “ B ”); per la zona “ B ” si ammette (art. 5 delle n.t.a. del Piano) soltanto l’adattamento degli edifici esistenti e si precisa che, in lotti di terreno di almeno 4 ha , possono essere consentite eccezionalmente piccole costruzioni a carattere agricolo ad uso del fondo coltivato; iii ) il vincolo introdotto dal previgente Programma di Fabbricazione comunale e ribadito nel P.R.G. del Comune di Ciampino, approvato nel 1983, che destina la zona a Parco archeologico dell’Appia antica (zona “ F1 ”, comprendente le preesistenze archeologiche del sito e prescrittivo di un vincolo di inedificabilità assoluta in attesa dell’approvazione del piano particolareggiato della zona stessa).

9.3. Sono, invece, successivi al momento di realizzazione dei fabbricati: i ) i vincoli introdotti dalla L.r. del Lazio n. 66 del 1988, istitutiva del Parco Regionale dell’Appia Antica e del relativo Ente Parco, che prevede rigide misure di salvaguardia (includenti il divieto di nuove opere edilizie fino all’approvazione del Piano di Assetto del Parco); ii ) i vincoli di inedificabilità assoluta di carattere storico archeologico di cui al D.M. 26.5.1997, che istituisce una fascia di rispetto (inclusiva delle particelle interessate dagli abusi oggetto di causa) su entrambi i lati dell’Appia Antica in cui è fatto divieto assoluto di innalzare costruzioni di qualsiasi genere

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi