Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-09-23, n. 201105346

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2011-09-23, n. 201105346
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201105346
Data del deposito : 23 settembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08710/2005 REG.RIC.

N. 05346/2011REG.PROV.COLL.

N. 08710/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8710 del 2005, proposto da:
F C, rappresentata e difesa dagli avv. M D F, A L, P S R, con domicilio eletto presso P S R in Roma, viale Mazzini N.11;

contro

Comune di Civezzano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Sergio D'Amato, G F R, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via Cosseria N. 5;
Societa' Project Immobiliare Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. A A, G P, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00220/2005, resa tra le parti, concernente RILASCIO DI CONCESSIONE EDILIZIA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 giugno 2011 il Cons. A M e uditi per le parti gli avvocati Fior Marco Dalla, P S R, Francesco Guido Romanelli e G P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con provvedimento n.127/02 del 14 luglio 2003 veniva rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Civezzano alla Project Immobiliare s.r.l. concessione edilizia per la realizzazione di un intervento di ricostruzione di un edificio di proprietà della suindicata Società.

LA Sig.ra Carmela F, proprietaria di un fabbricato che fronteggia detto edificio impugnava, ritenendolo illegittimo, l’atto concessorio suindicato innanzi al TGA di Trento che con sentenza n.220/05 dichiarava il relativo ricorso irricevibile in quanto tardivamente proposto.

E’ insorta avverso tale sentenza, ritenuta ingiusta ed errata la sig.ra F, deducendo a sostegno del proposto gravame i seguenti motivi :

Violazione di legge con riferimento all’art,.21 della legge n.1034 del 1971, attesa la tempestività del ricorso di primo grado;

Violazione dei principi generali che comunque disciplinano le tipologie di intervento corrispondenti al restauro ed al risanamento conservativo;
ancora violazione dei principi generali che governano gli interventi di ricostruzione del patrimonio edilizio esistente andato in parte prevalente perduto;

Ancora, violazione della norma di piano di cui all’art.60 delle NTA del PRG del Comune di Civezzano ;
carenza di istruttoria;
erronea valutazione ed interpretazione della realtà esistente;

Violazione , in ogni caso erronea applicazione ( ancora una volta art.60 delle NTA in relazione alla scheda di piano che si riferisce all’edificio ) ;
travisamento della realtà;
erroneità dei presupposti e conseguente eccesso di potere.

Parte appellante ha poi riproposto i motivi aggiunti pure proposti nel giudizio di primo grado, di seguito, così rubricati :

Violazione,in ogni caso falsa ed erronea applicazione dell’art.84 bis della legge provinciale di Trento n.22/91 e successive modificazioni ;
in ogni caso violazione di procedimento ed incompetenza;

Carenza di istruttoria, in ogni caso erroneità dei presupposti quanto meno sotto un duplice profilo;
in ogni caso ulteriore violazione dell’art.84 bis della legge provinciale di Trento n.22/91 e successive modificazioni;;
carenza di motivazione;

Violazione, in ogni caso falsa ed erronea applicazione dell’art.84 bis della legge provinciale n.22/ e successive modificazioni;
in ogni caso, violazione di procedimento ed incompetenza;

Carenza di istruttoria , in ogni caso erroneità dei presupposti quanto meno sotto un duplice profilo ;
in ogni caso ulteriore violazione dell’art.84 bis della legge provinciale di Trento n.22/91 e successive modificazioni ;
carenza di motivazione.

Si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Civezzano che la controinteressata Project immobiliare S.r.l. che hanno contestato la fondatezza dei motivi di gravame, chiedendone la reiezione.

Le parti hanno ulteriormente illustrato le loro posizioni processuali con apposite memorie difensive.

All’odierna udienza pubblica la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO

Con la sentenza qui impugnata, il TGA di Trento senza entrare nel merito delle censure dedotte dall’interessata, in accoglimento dell’eccezione sollevata ex adverso dalle difese avversarie, ha dichiarato irricevibile il ricorso dell’attuale appellante in quanto non tempestivamente proposto. La statuizione presa dal giudice di primo grado non merita di essere confermata, basandosi la medesima su presupposti erronei.

Il termine decadenziale per l’impugnazione di un permesso di costruire decorre dalla piena conoscenza dell’esistenza e dell’entità delle violazioni urbanistiche o del contenuto specifico del progetto edilizio ( cfr Cons Stato Sez VI 10 dicembre 2010 n.8705;
Sez. V 24 agosto 2007 n.4485).

Al riguardo, in virtù di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale , qui pienamente condiviso, ai fini della tempestiva impugnazione del titolo ad aedificandum rilasciato a terzi l’effettiva , piena conoscenza dell’atto in parola deve essere ancorata all’ultimazione dei lavori oppure al momento in cui la costruzione realizzata rivela in modo certo ed univoco le essenziali caratteristiche dell’opera per una eventuale non conformità urbanistico-edilizia della stessa ( cfr Cons Stato Sez. IV 28 gennaio 2011 n.678;
) , lì dove non si può più avere dubbi in ordine alla reale portata dell’intervento edilizio assentito ( cfr Cons Stato Sez. V 3 marzo 2004 n.1023).

Sempre sulla questione della individuazione del momento conoscitivo cui far decorrere il termine decadenziale per l’impugnativa, la giurisprudenza ha avuto modo di stabilire che:

non vale, in assenza di altri elementi probatori, ai fini della decorrenza del termine per l’impugnativa, a dimostrare la piena conoscenza del provvedimento edilizio , la presenza del cartello di cantiere recante l’indicazione della concessione edilizia e la descrizione dell’intervento e neppure la data di inizio lavori ( Cons Stato Sez. IV 28 gennaio 2011 n.678);

in capo alla parte che eccepisce la tardività dell’impugnativa sussiste un rigoroso onere di dimostrazione della circostanza relativa all’anticipata conoscenza ( cfr Con Stato Sez. V 5 febbraio 2007 n.452) .

Ora, sulla scorta degli approdi giurisprudenziali testè illustrati, non pare possa addivenirsi ad una dichiarazione di tardività del ricorso introduttivo della controversia, atteso che non risultano evincibili dati ed elementi idonei a dimostrare l’avvenuta conoscenza del permesso di costruire de quo da parte della sig.ra F in data anteriore ai sessanta giorni che hanno preceduto la proposizione del ricorso ( notificato il 24/12/2003).

Invero, il TGA da un lato collega la data di piena conoscenza del provvedimento lesivo all’esposizione del cartello di cantiere e all’inizio dei lavori e tali circostanze ( come sopra osservato ) sono inidonee di per sé ad evidenziare la tardività del gravame ;
dall’altro lato, lo stesso giudice deduce la non tempestività solo in via presuntiva, ma gli elementi conoscitivi posti a sostegno non valgono a supportare legittimamente la presunzione che l’impugnativa sia stata proposta successivamente all’epoca in cui è maturata la conoscenza del provvedimento impugnato e se così è, il ricorso non può essere dichiarato irricevibile.

Occorre, a questo punto, pronunciarsi sul merito della controversia procedendo alla disamina del merito dell’appello con cui si ripropongono fedelmente ed unicamente i mezzi di impugnazione di cui al ricorso di prime cure e ai relativi motivi aggiunti

Con i primi quattro motivi del ricorso introduttivo del contenzioso all’esame e che vanno unitariamente trattati in quanto recano profili di censure sostanzialmente comuni, parte appellante sostiene che illegittimamente si è dato vita ad un intervento di ricostruzione dell’edificio confinante con la sua proprietà, mentre nella specie era possibile unicamente realizzare un intervento “leggero” di risanamento conservativo, come consentito dall’art.60 delle NTA, non senza considerare che la preesistenza era costituita da ruderi che in quanto tali non erano suscettibili di un intervento di ricostruzione e tanto meno di ampliamento volumetrico come per alcune parti avvenuto.

I dedotti profili di illegittimità non sono fondati atteso che gli stessi si basano su un presupposto del tutto errato, , quello di ritenere che il regime urbanistico-edilizio applicabile alla fattispecie sia la normativa di tipo preclusivo recata dall’allora vigente art.60 delle NTA del PRG comunale che consentirebbe solamente il mero risanamento conservativo.

Invero, la concessione edilizia n.127/2003 qui in discussione, con cui è stato autorizzato un intervento di ricostruzione dell’edificio fronteggiante quello della sig.ra F è stata rilasciato ai sensi e per gli effetti d dell’art.84 bis della legge provinciale di Trento n.22 del 5 settembre 1991 che consente la ricostruzione degli edifici danneggiati o distrutti per cause indipendenti dalla volontà del proprietario, anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici.

E’ accaduto che l’edificio de quo è stato demolito sia pure parzialmente in ragione dell’ordinanza sindacale del 15/7/1999 emessa per motivi con tingibili ed urgenti e successivamente in relazione al fabbricato come oggetto di demolizione è stato assentito l’intervento di ricostruzione in applicazione del regime urbanistico- edilizio previsto dalla norma testè citata, all’epoca vigente.

L’Amministrazione ha quindi autorizzato un intervento edilizio pienamente ammissibile dovendosi in proposito rilevare che la normativa qui applicata è stata richiamata nel parere della Commissione edilizia del 15/3/2003 , atto pure citato nel provvedimento autorizzatorio, sicchè la limitazione invocata dall’appellante in ordine alla categoria di tipologia di intervento ammissibile sul fabbricato de quo ( il solo risanamento conservativo ) non è, nell’ottica della difesa dell’appellante, validamente opponibile .

Sul punto, a fortiori non si può accedere alla tesi pure formulata dall’appellante secondo cui “in situ” esistevano solo dei ruderi insuscettibili di essere oggetto di quale che sia intervento edilizio. Invero, se nella specie, come pacificamente ammesso nel proposto gravame, è consentito unicamente il risanamento, evidentemente la “preesistenza” doveva avere consistenza e configurazione affatto diverse da quelle che intende far valere la sig.ra F , dal momento che, a mente dell’art.3 del DPR n.380/2001 ( testo unico sull’edilizia ) la tipologia di intervento in questione ( risanamento ) presuppone la preesistenza di un organismo edilizio e cioè di una struttura fornita di copertura , tamponature esterne e strutture orizzontali interne .

Neppure condivisibile appare la censura con cui si denuncia un aumento volumetrico non consentito dalle norme di piano che si sarebbe inverato in relazione all’aia in precedenza esistente: in primo luogo , la concessione autorizza una ricostruzione anche in deroga alle previsioni urbanistiche ed in ogni caso, non è dato evincere una non fedele ricostruzione dell’edificio preesistente e comunque un incremento della cubatura complessivamente disponibile, tale da far configurare il nuovo organismo diverso da quello preesistente ( cfr Cons Stato Sez. IV 5 ottobre 2010 n.7310).

Quanto ai motivi aggiunti pure in questa sede riproposti, con i quattro mezzi d’impugnazione di cui si compone tale gravame, parte appellante deduce, in concreto, le censure di violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art.84bis della legge provinciale n.22/91 ( ai sensi della quale la concessione è stata rilasciata) sotto un profilo procedurale e sostanziale.

Ebbene, detti mezzi d’impugnazione si appalesano tardivi ed inammissibili in relazione allo strumento processuale con cui sono stati fatti valere.

Invero, la norma in discussione è richiamata nel parere della Commissione edilizia , a sua volta richiamato dal provvedimento concessorio e se così è, i vizi oggetto di motivi aggiunti attengono ad un atto conosciuto o comunque conoscibile sin dall’origine e che dovevano perciò essere denunciati nell’ordinaria sede di presentazione del ricorso principale con cui appunto è stata invocata la illegittimità della concessione edilizia.

In altri termini,i profili di illegittimità successivamente dedotti non possono considerarsi nuovi per essere gli stessi conoscibili sin dall’impugnazione della concessione edilizia.

In ogni caso, i mezzi d’impugnazione recati dall’atto di motivi aggiunti appaiono tardivi, per essere stati dedotti con un rimedio processuale ( appunto i “motivi aggiunti”) introdotto dopo la decorrenza del termine decadenziale di impugnativa prevista a seguito del deposito della documentazione.

Né può valere, a giustificazione, la circostanza per cui la conoscenza utile ai fini in esame è quella personale, giachhè tale regola vale per la produzione in giudizio di documenti nuovi, non già per il deposito di documenti esistenti ab origine nei confronti dei quali occorre, se del caso, produrre una integrazione degli originari motivi d’impugnazione.

In forza delle suestese considerazioni, l’appello all’esame, reiterativo di motivi di cui al ricorso e ai motivi aggiunti proposti in prime cure, si appalesa nel merito infondato.

Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del doppio grado del giudizio, attesa in particolare, la erroneità della statuizione di non tempestività del ricorso di primo grado pronunciata dal TGA che non giustifica la condanna alle spese pure inflitta in primo grado all’attuale appellante


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