Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-21, n. 202404527

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-21, n. 202404527
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404527
Data del deposito : 21 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/05/2024

N. 04527/2024REG.PROV.COLL.

N. 07493/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7493 del 2023, proposto dal Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A B e M G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n.30;
Comune di -OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza resa in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione staccata di Salerno (sezione seconda) n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2024 il consigliere Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Viste le conclusioni delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio concerne la realizzazione in zona vincolata paesaggisticamente (per effetto del vincolo imposto mediante decreto ministeriale del 21 ottobre 1968, recante “ Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una parte del territorio comunale di S. -OMISSIS- ” - G.U. n. 292 del 16 novembre 1968) di un intervento edilizio - qualificato dal richiedente come intervento di “ ristrutturazione edilizia ” - consistente nella demolizione di un fabbricato sito nel territorio del Comune di -OMISSIS- (censito nel Catasto Fabbricati del predetto Comune al foglio 5, particella 64, subalterno 1) in zona agricola, con conseguente ricostruzione dello stesso, con diversa sagoma, in altra area di sedime del medesimo lotto.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe, resa in forma semplificata, il Tribunale amministrativo regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno, sezione II, ha accolto il ricorso incidentale proposto dall’odierno appellato e ha dichiarato improcedibile il ricorso principale avanzato in primo grado dal Ministero della Cultura, disponendo la compensazione delle spese di giudizio. Più nel dettaglio – sul presupposto che la conferenza di servizi del 4 novembre 2022 non avesse ad oggetto l’annullamento in autotutela della determinazione del 4 ottobre 2022 (come risultava testualmente), ma che al contrario, essendoci stato un errore materiale del funzionario, si trattasse di prosecuzione della conferenza ormai conclusa – la sentenza, resa in forma semplificata dal Tar, ha ritenuto fondato il ricorso incidentale avanzato dal richiedente il permesso “ in quanto nessuno degli atti impugnati reca una motivazione pertinente con l’oggetto delle attribuzioni demandate all’autorità statale all’interno della conferenza di servizi ”. Secondo il TAR, poi, il rilievo avanzato dalla Soprintendenza riguardante « il fatto che la ristrutturazione edilizia non è “contemplata tra le categorie espressamente consentite nella disciplina che il P.U.T. detta per la ZT4 in cui è compreso l’intervento in esame” » e l’ulteriore rilievo “ riguardante la data di realizzazione dell’immobile ” sono “ illegittimi perché non sono motivati con riferimento al c.d. merito paesaggistico dell’intervento ”, essendo la Soprintendenza “ tenuta a motivare in modo esaustivo circa la concreta incompatibilità del progetto con i valori paesaggistici tutelati, indicando le specifiche ragioni per le quali le opere edilizie considerate non si ritengono adeguate alle caratteristiche ambientali protette ”.

Sotto altro aspetto, sempre per il TAR, “ la subvalenza attribuita alla posizione di dissenso (assoluta e radicale) espressa dalla Soprintendenza resta insindacabile nel presente giudizio di legittimità ” anche in ragione del fatto che non sarebbe stato attivato il meccanismo di dissenso previsto dall’articolo 14 - quinquies l. 241 del 1990.

Il decidente in primo grado, poi, ha affermato che “ come conseguenza dell’accoglimento del ricorso incidentale, derivi la carenza della legittimazione attiva alla (ulteriore) trattazione del ricorso principale ”. Individuate le condizioni per intraprendere l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo, il TAR ha affermato che “ non è ravvisabile, in capo al Ministero della cultura, il primo requisito, ossia la necessaria posizione giuridica attiva protetta dall’ordinamento, nella misura in cui lo stesso, con i restanti motivi di ricorso, pretende di tutelare nel processo, mediante censure incentrate sulla violazione degli aspetti urbanistico-edilizi della normativa vigente, un interesse pubblico attribuito in via esclusiva alla Regione od all’ente da essa delegato (nella circostanza, al Comune di -OMISSIS-) e non già l’interesse pubblico alla tutela del paesaggio, così travalicando il riparto delle sfere di attribuzione inderogabilmente tracciato dall’art. 146, comma 8, del D.lgs. n. 42/2004 ”.

3. Con l’appello, il Ministero della Cultura ha contestato la sentenza impugnata sotto diversi profili che, nel prosieguo del presente provvedimento, saranno oggetto di specifica disamina;
ha formulato in via incidentale domanda di sospensione della efficacia della sentenza impugnata.

4. Si è costituita nel giudizio di appello (in data 20 settembre 2023) la parte privata resistente in primo grado, ora appellata.

4.1. Nella memoria depositata il 25 settembre 2023, la parte appellata ha evidenziato, tra l’altro, che, dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado, il Comune di -OMISSIS- ha rilasciato il permesso di costruire n. 14/2023 e che i lavori sono già iniziati, con l’avvenuta integrale demolizione del preesistente fabbricato e la realizzazione delle fondazioni del nuovo fabbricato.

La parte ha eccepito, quindi, l’inammissibilità/improcedibilità dell’atto di appello in relazione ai profili di seguito indicati.

4.1.1 Nessuno dei motivi di appello si confronterebbe criticamente con le argomentazioni giuridiche poste a fondamento della sentenza appellata;
i motivi di appello sarebbero stati articolati in termini di riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso principale proposto in primo grado dall’amministrazione statale;
alle pagine 19 e 20 dell’atto di appello, il Ministero della Cultura si sarebbe limitato a riprodurre testualmente i passi salienti della sentenza impugnata, senza però che a tale riproduzione testuale abbia fatto seguito la critica delle conclusioni del giudice di primo grado;
l’appello sarebbe quindi inammissibile, per la violazione del principio di specificità dei motivi di impugnazione, di cui all’art. 101, comma 1, c.p.a.

4.1.2. Il Comune di -OMISSIS- ha rilasciato all’interessato il permesso di costruire n. 14/2023, con pubblicazione del relativo “avviso di avvenuto rilascio”;
come sopra evidenziato, prima della proposizione dell’appello, sono iniziati i lavori assentiti, con la avvenuta integrale demolizione del preesistente fabbricato e la realizzazione delle fondazioni del fabbricato da ricostruire;
il Ministero della Cultura non ha impugnato il predetto permesso di costruire;
l’eventuale annullamento dell’autorizzazione paesaggistica impugnata dall’amministrazione ministeriale non comporterebbe un automatico effetto caducante del permesso di costruire n. 14/2023;
in relazione alla mancata impugnazione del sopravvenuto permesso di costruire n. 14/2023, l’appello del Ministero della Cultura sarebbe divenuto, inoltre, improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

4.2. Oltre a ciò, l’appellato ha contestato l’ammissibilità e la fondatezza di alcune delle censure formulate dal Ministero appellante.

4.2.1. In particolare, dopo aver evidenziato (pag. 10 della memoria del 25 settembre 2023) che, in merito alla natura o meno vincolante del parere della Soprintendenza, nella determinazione n. 35/2022 “ è stata motivata con ampiezza argomentativa l’applicabilità alla specie dell’art. 146, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004 e quindi è stata dimostrata la natura non vincolante del parere soprintendizio ”, l’appellato ha evidenziato che “ con riferimento a tali plurali argomentazioni addotte nel provvedimento impugnato, il Ministero non sviluppava nel ricorso di primo grado censure immediatamente riferibili alle stesse e quindi di loro idonea confutazione, limitandosi invece a considerazioni di carattere generale prive di specificità (cfr. secondo motivo del ricorso principale di primo grado) ”;
l’appellato ha evidenziato di aver eccepito l’inammissibilità della relativa censura (cfr. punto IV della memoria depositata nel giudizio di primo grado il 20 gennaio 2023), sulla quale il giudice di primo grado non si sarebbe pronunciato;
conseguentemente, ha riproposto l’eccezione già formulata in primo grado, ai sensi dell’art. 101 co. 2 c.p.a.

4.2.2. Ha evidenziato, inoltre, di aver eccepito in primo grado l’inammissibilità ( rectius , irricevibilità), per tardività, della domanda di annullamento dell’atto con il quale era stata indetta la conferenza di servizi (ossia, la nota del Comune di -OMISSIS-, prot. 11007 del 22 luglio 2022), in quanto atto già autonomamente e immediatamente lesivo sotto il profilo prospettato (pretesa inapplicabilità al caso di specie del modulo semplificatorio della conferenza di servizi);
questa ulteriore eccezione non è stata esaminata dal giudice di primo grado;
l’appellato ha manifestato la volontà di riproporla in grado di appello, ai sensi dell’art. 101, co. 2, c.p.a.

4.2.3. Ha riproposto, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., le censure dedotte nel secondo motivo del ricorso incidentale che non sarebbero state esaminate dal giudice di primo grado, richiamando le ulteriori considerazioni svolte nella memoria depositata nel giudizio di primo grado in data 20 gennaio 2023.

4.3. La parte privata, inoltre, ha sollevato questione di legittimità costituzionale con riguardo all’art. 17 della l.r. della Campania 27 giugno 1987 n. 35 ( Piano urbanistico territoriale dell’Area Sorrentino – Amalfitana ), per contrasto con gli artt. 42, 97 e 117 Cost., nella parte in cui - con riferimento alla “ Zona territoriale 4 ” (“ Riqualificazione insediativa ed ambientale di 1° grado ”) destinata a zona “ E-agricola ” dai Piani regolatori generali - prevede che “ Per essa, le indicazioni e la normativa dei Piani Regolatori Generali devono: [...] - consentire per l' edilizia esistente a tutto il 1955, interventi, nel rispetto delle norme tecniche di cui al successivo titolo IV, di: 1) restauro conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria;
2) adeguamento funzionale, una tantum, degli alloggi ai fini della creazione dei servizi igienici [...]
”.

A suo giudizio, la predetta disposizione legislativa regionale limiterebbe le tipologie di intervento edilizio ammissibili secondo che si tratti di edifici costruiti prima o dopo il 1955;
si tratterebbe di una disposizione legislativa che, nella parte in cui àncora le tipologie edilizie ammissibili ad un limite temporale arbitrario (realizzazione prima e dopo il 1955), non sarebbe costituzionalmente legittima, non trovando rispondenza né in un precedente provvedimento dell’amministrazione, né in alcuna vicenda relativa alle bellezze paesistiche oggetto di tutela;
in particolare, detta previsione normativa si porrebbe in contrasto con i principi di uguaglianza, buon andamento, ragionevolezza e imparzialità di cui agli artt. 42, 97 e 117 Cost.

A sostegno di quanto dedotto ha richiamato la sentenza n. 529/1995, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di altra disposizione dello stesso art. 17 della l.r. Campania n. 35/1987.

5. Con ordinanza n. -OMISSIS- è stata accolta l’istanza cautelare presentata dal Ministero della Cultura, al fine di mantenere la res adhuc integra fino alla fase di definizione del giudizio.

6. Non essendo pervenute memorie del Ministero in vista della celebrazione dell’udienza pubblica per la decisione nel merito, l’appellato, con memoria depositata in giudizio il 18 gennaio 2024, si è riportato alle conclusioni e alle argomentazioni esposte con la memoria già depositata in data 25 settembre 2023.

7. All’udienza pubblica del 22 febbraio 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

8. Il Collegio è chiamato, in via preliminare, ad esaminare le eccezioni di rito, sollevate dalla difesa della parte appellata nei confronti del ricorso in appello.

8.1. In primo luogo, la parte resistente in appello ha eccepito l’inammissibilità dell’atto di appello, per violazione del principio di specificità dei motivi di impugnazione, di cui all’art. 101, comma 1, c.p.a.

Come sopra evidenziato, l’appellato ha sostenuto che il Ministero appellante si sarebbe limitato a riproporre sostanzialmente i motivi dedotti nel ricorso introduttivo del giudizio, senza confrontarsi criticamente con le ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata.

8.2. L’eccezione è infondata.

8.2.1. L’art. 101, comma 1, c.p.a. dispone: “ 1.Il ricorso in appello deve contenere l’indicazione del ricorrente, del difensore, delle parti nei confronti delle quali è proposta l’impugnazione, della sentenza che si impugna, nonché l’esposizione sommaria dei fatti, le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata, le conclusioni, la sottoscrizione del ricorrente se sta in giudizio personalmente ai sensi dell'articolo 22, comma 3, oppure del difensore con indicazione, in questo caso, della procura speciale rilasciata anche unitamente a quella per il giudizio di primo grado ”.

8.2.2. Occorre premettere che, per la giurisprudenza, affinché sia rispettato il principio di specificità dei motivi di appello, non è necessario che questi siano rubricati in modo puntuale né espressi con una formulazione giuridica assolutamente rigorosa, rilevando invece che gli stessi siano esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile alla identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale;
è, dunque, sufficiente una critica puntuale della motivazione della sentenza appellata, in modo che il giudice di appello sia posto in condizione di comprendere con chiarezza i principi, le norme e le ragioni per cui il primo giudice avrebbe dovuto decidere diversamente (Consiglio di Stato, sez. V, 8 gennaio 2024, n. 270). In altri termini, per essere soddisfatto il requisito di specificità dell'impugnazione di cui all'art. 101, comma 1, c.p.a., non occorre che l'atto di appello contesti analiticamente ogni singolo passaggio argomentativo in cui si articola la trama motivazionale della sentenza appellata, laddove dal complessivo contenuto dell'appello si evincano le ragioni essenziali per le quali il ragionamento posto dal T.A.R. a fondamento della statuizione gravata non possa ritenersi, dal punto di vista dell'appellante, condivisibile, ciò anche attraverso la contrapposizione, al filo argomentativo che attraversa la sentenza appellata, di una diversa chiave di lettura del materiale istruttorio raccolto dall'Amministrazione (Consiglio di Stato, sez. III, 28 novembre 2023, n. 10201).

8.2.3. Nella sentenza impugnata il giudice di primo grado, come detto, ha accolto il ricorso incidentale proposto dalla parte privata e ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio avanzato dal Ministero della Cultura, soffermandosi solo su alcune censure del ricorso principale (disattendendole), con un andamento non sempre lineare, ingenerando una obiettiva difficoltà nella individuazione delle specifiche ragioni giuridiche poste alla base della sentenza.

8.2.4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il ricorso in appello possegga tutti gli elementi essenziali individuati dalla norma sopra richiamata, contenendo gli elementi di critica nei confronti della sentenza impugnata.

In particolare, quanto all’accoglimento del ricorso incidentale avanzato dalla parte resistente e alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso proposto in primo grado dal Ministero, a pagina 20 dell’appello – dopo aver esposto l’iter argomentativo seguito dal TAR – si afferma: “ [L]la motivazione è errata in quanto parte dal presupposto che la nuova riunione rappresenti una prosecuzione della precedente conferenza di servizi, fondata sull’altrettanto erronea e frettolosa affermazione che “risulta evidente l’errore materiale in cui è incorso il funzionario comunale nella determinazione dell’oggetto della nuova riunione della conferenza, che certamente non poteva essere quello di (ri)annullare la determina n. 29 del 4 ottobre 2022, che risultava già annullata con un atto cronologicamente antecedente e logicamente presupposto rispetto a quello di convocazione” . La sentenza omette dunque di considerare la necessità che il modulo procedimentale da seguire per l’annullamento in autotutela sia lo stesso dell’atto da annullare e che si tratti di nuova conferenza di servizi, e che l’autotutela dell’amministrazione introduca necessariamente un nuovo procedimento amministrativo ”.

Il Ministero poi, dopo un’ampia esposizione della fattispecie concreta dedotta in giudizio e l’individuazione del vincolo paesaggistico gravante sull’area oggetto dell’intervento edilizio, si è diffusamente soffermato, nella parte in diritto, sulle ragioni giuridiche poste a fondamento della richiesta di riforma della sentenza impugnata. Così, ad esempio, a pagina 9 dell’appello si afferma: [ I]in realtà la sentenza non affronta la censura sollevata dal Ministero in merito all’ eccesso di potere per macroscopico errore e travisamento dei presupposti e sviamento. Come visto, la Soprintendenza, nel parere contrario, ha escluso l’assentibilità dell’intervento, fra l’altro, in ragione della sua riconducibilità a una categoria di interventi edilizi, ossia la ristrutturazione non compresa tra quelle esplicitamente consentite dalla disciplina dettata dal P.U.T. per la Zona territoriale 4, ove l’immobile oggetto del richiesto intervento ricade . A pagina 10 si eccepisce: [ O]orbene, evidente è il travisamento e l’erronea valutazione dei fatti della sentenza, sotto plurimi profili. Il Tar recepisce acriticamente l’affermazione del Comune che “la zona “E” agricola del Comune di -OMISSIS- non è gravata da vincoli paesaggistici di natura statale (art. 142 d.lgs. n. 42/04)”. Si tratta di affermazione non corrispondente ai fatti, in quanto l’area è gravata da un vincolo paesaggistico imposto dallo Stato, ai sensi della legge n. 1497 del 1939 (ora sostituita dalla Parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio), e segnatamente dal vincolo imposto mediante decreto ministeriale 21 ottobre 1968, recante “Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una parte del territorio comunale di S. -OMISSIS-” (G.U. n. 292 del 16 novembre 1968) ;
e poi si prosegue: [L]l’aver negato l’esistenza del vincolo paesaggistico costituisce, di per sé, un errore macroscopico nei presupposti, tale da infirmare la validità della pronuncia .

8.2.5. In conclusione, emergono plurime critiche alla sentenza di primo grado che rendono ammissibile, sotto questo specifico profilo, l’appello. Oltre a ciò, il Collegio deve rilevare che, avendo il giudice di primo grado ritenuto erroneamente (per le ragioni che saranno specificate nel prosieguo del presente provvedimento) fondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio, deve considerarsi rituale la riproposizione in grado di appello delle censure non scrutinate dal giudice di primo grado.

8.3 Sempre in via preliminare, l’appellato ha eccepito l’improcedibilità dell’atto di appello, in considerazione del fatto che, successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, il Comune di -OMISSIS- ha rilasciato, in data 8 giugno 2023, il permesso di costruire n. 14/2023, sulla base del quale l’interessato ha intrapreso l’esecuzione dei lavori (sarebbe già avvenuta l’integrale demolizione del preesistente fabbricato e la realizzazione delle fondazioni del fabbricato da ricostruire);
il Ministero della Cultura non avrebbe impugnato il predetto permesso di costruire, determinando così l’improcedibilità dell’appello, per sopravvenuto difetto di interesse.

8.3.1. Anche questa eccezione non può essere condivisa.

8.3.2. Occorre premettere che non risulta contestato in atti che il Ministero – per motivi che non emergono dagli atti di causa e con scelta processuale in questa sede non sindacabile – non ha proceduto all’impugnazione del permesso di costruire. Ciò premesso, occorre ricordare che il rapporto tra l’autorizzazione paesaggistica e il permesso di costruire è stato ampiamente approfondito dalla giurisprudenza amministrativa.

8.3.3. Una parte della giurisprudenza ha ritenuto che l’autorizzazione paesaggistica, di cui all’art. 146 d.lgs. n. 42/2004, costituisca atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio: essa dà luogo ad un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e valutazioni urbanistiche, in modo tale che questi due apprezzamenti sono destinati ad esprimersi sullo stesso oggetto in stretta successione provvedimentale, con la conseguenza che l’autorizzazione paesaggistica va acquisita prima di intraprendere il procedimento edilizio, il quale non può essere definito positivamente per l’interessato in assenza del previo conseguimento del titolo di compatibilità paesaggistica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2016 n. 521 e 27 novembre 2010 n. 8260).

8.3.4. Altra parte della giurisprudenza invece ha ritenuto che il permesso di costruire possa essere rilasciato anche in mancanza di autorizzazione paesaggistica, fermo restando che esso è inefficace e i lavori non possono essere iniziati, finché non interviene il nulla osta paesaggistico (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 21 maggio 2021 n. 3952;
13 aprile 2016, n. 1436);
in questa seconda prospettiva, l’autorizzazione paesaggistica si configura, quindi, come condizione di efficacia del permesso di costruire.

Di recente, questa Sezione ha affermato che « Tra l’autorizzazione paesaggistica e il permesso di costruire vi è dunque un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale.

I due atti di assenso si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, ma l’uno in termini di compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto, l’altro in termini di sua conformità urbanistico-edilizia. Operando, dunque, su piani diversi, il rilascio di uno dei due atti di assenso non comporta il necessario rilascio anche dell’altro e, sul piano normativo, questo rapporto si traduce, per espressa previsione normativa, in un condizionamento sul versante dell’efficacia dei provvedimenti e non della rispettiva legittimità (cfr. art. 146, commi 2 e 4, d. lgs. del 22 gennaio 2004, n. 42) … Si è affermato che ciascuno dei due provvedimenti “ha un proprio regime, propri parametri di giudizio e proprie vicende” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 8 del 1988, pagina 11) » (Consiglio di Stato, sez. IV, 13 marzo 2024, n. 2465).

Tale conclusione, per le ragioni ora dette, è certamente valida quando viene annullata l’autorizzazione paesaggistica che è “atto a monte” del permesso di costruire. In altri termini, a giudizio della Sezione, è bene distinguere due ipotesi: il solo annullamento del permesso di costruire e il solo annullamento dell’autorizzazione paesaggistica. Nel primo caso, l’annullamento del permesso di costruire non necessariamente riverbera i suoi effetti sull’autorizzazione paesaggistica a monte, autorizzazione quest’ultima che ben potrebbe rimanere valida, pur non essendo possibile realizzare l’opera sino all’ottenimento di un nuovo permesso. Diversamente, nel secondo caso, quando ad essere annullata è l’autorizzazione paesaggistica, per le ragioni prima evidenziate, tale annullamento non può non spiegare effetti sul permesso di costruire “a valle”.

8.3.5. Applicando le coordinate ermeneutiche sopra richiamate, deve ritenersi che l’eventuale annullamento giurisdizionale (con effetti ex tunc ) dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di -OMISSIS- e impugnata dal Ministero della Cultura non sia giuridicamente irrilevante ai fini della validità e/o dell’efficacia del permesso di costruire rilasciato successivamente, determinando (a seconda dei due differenti orientamenti) la caducazione del titolo edilizio abilitativo (per effetto del venir meno dell’atto presupposto) o l’inidoneità del predetto titolo a produrre effetti;
in entrambi i casi, comunque, non può ritenersi che l’intervenuto rilascio del permesso di costruire (ancorché non impugnato dal Ministero della Cultura) abbia determinato l’improcedibilità dell’atto di appello, per sopravvenuto difetto di interesse.

9. Per poter scrutinare la fondatezza dei motivi di appello formulati dal Ministero della Cultura, si rende necessario preliminarmente ricostruire la fattispecie dedotta in giudizio, sia sotto il profilo fattuale che sotto il profilo della sua qualificazione giuridica.

9.1. Tralasciando, perché non rilevante, un precedente segmento procedimentale/provvedimentale conclusosi con la sentenza del TAR Campania, sez. Salerno, -OMISSIS- (si vedano pagg.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi