Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-03-13, n. 202402465

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-03-13, n. 202402465
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402465
Data del deposito : 13 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/03/2024

N. 02465/2024REG.PROV.COLL.

N. 03868/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3868 del 2023, proposto dal signor F G, rappresentato e difeso dagli avvocati F G e F M, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F G in Bologna, via Altabella n. 3;

contro

i signori G V e S V, rappresentati e difesi dagli avvocati G G e C M, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;

nei confronti

del Comune di Bologna, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Trentini e Nadia Zanoni, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonella Trentini in Bologna, piazza Maggiore, n. 6;
del Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 130 del 13 marzo 2023, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del signor G V e S V, del Comune di Bologna e del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2023 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dal signor F G avverso la sentenza del T.a.r. per l’Emilia Romagna n. 130 del 13 marzo 2023.

2. Il giudizio ha ad oggetto la legittimità dei titoli per la demolizione e ricostruzione in altro sito di un immobile di proprietà del signor G, la cui legittimità è controversa in ragione delle impugnazioni proposte con il ricorso introduttivo del giudizio e due ricorsi per motivi aggiunti dai signori V.

3. Si riassumono i fatti rilevanti per la decisione.

3.1. Il signor G è proprietario di un immobile esistente ad uso abitativo, individuato catastalmente al foglio n. 285, mappale n. 25, sito in via di Gaibola 11/4 nel territorio del Comune di Bologna, in un’area che gli strumenti urbanistici (Piano Strutturale Comunale e Regolamento Urbanistico Edilizio) classificano tra gli “Ambiti di valore naturale e ambientale” (Ambito n. 160).

3.2. Il 18 ottobre 2019, il signor G ha presentato l’istanza per il rilascio del permesso di costruire per la demolizione di un edificio esistente e per la sua ricostruzione in altro luogo di sua proprietà, con modifica del sedime e della sagoma planovolumetrica.

3.3. Il 21 ottobre 2020, la Soprintendenza ha espresso parere favorevole con prescrizioni sulla proposta di provvedimento di autorizzazione paesaggistica trasmessa al Comune.

3.4. Il 2 novembre 2020, è stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 dal Comune di Bologna.

3.5. Con il provvedimento prot. n. P.G. 79159 del 18 febbraio 2021 del Comune di Bologna è stato rilasciato il permesso di costruire.

3.6. In data 7 marzo 2022, il signor G comunicava ai signori V con un messaggio su whatsapp che il giorno 8 sarebbero iniziati i lavori di demolizione e ricostruzione dell’edificio di sua proprietà, sito nei luoghi di causa.

3.7. In data 8 marzo 2022 avevano inizio i lavori.

3.8. Il 17 marzo 2022, i signori V hanno formulato l’istanza di accesso presso il Comune di Bologna, ricevendo alla fine di aprile gli atti relativi al provvedimento di autorizzazione paesaggistica.

3.9. Il 25 marzo 2022, il legale dei signori V ha diffidato il signor G dalla prosecuzione dei lavori di sbancamento effettuati nelle vicinanze del terreno di proprietà dei suoi assistiti.

4. Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato in data 18 luglio 2022, i signori V hanno proceduto a impugnare sia l’autorizzazione paesaggistica sia il permesso di costruire, rilasciati al signor G.

4.1. Con quattro motivi di impugnazione, la parte ricorrente ha articolato molteplici vizi di legittimità dell’autorizzazione paesaggistica, mentre con il quinto motivo, diretto all’impugnazione del permesso di costruire, gli interessati, da un lato, hanno dedotto l’illegittimità derivata del permesso e, dall’altro, si sono riservati la proposizione di motivi di censura all’esito dell’avvenuta ostensione della documentazione relativa al permesso di costruire.

4.2. In data 19 luglio 2022, i signori V hanno presentato l’istanza di annullamento in autotutela dei titoli rilasciati.

4.3. Con il ricorso straordinario per motivi aggiunti notificato in data 25 luglio 2022, i signori V hanno formulato due ulteriori censure avverso il permesso di costruire.

4.4. L’11 agosto 2022, la richiesta di annullamento in via di autotutela è stata respinta.

4.5. In data 8 settembre 2022, il signor G ha notificato l’opposizione di cui all’art. 10 d.P.R. n. 1199/1971, ed il giudizio è stato trasposto dai signori V innanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna con ricorso depositato il 19 settembre 2022 e notificato in data 20 settembre 2022.

4.6. Il provvedimento confermativo dell’autorizzazione paesaggistica è stato impugnato con l’ulteriore ricorso per motivi aggiunti dai signori V, con atto notificato e depositato in data 11 ottobre 2022 innanzi al T.a.r. e con il quale si sono formulati quattro motivi di impugnazione.

4.7. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Bologna, il Ministero della Cultura e il controinteressato, i quali hanno domandato la reiezione delle domande di annullamento.

5. Con la sentenza n. 130/2023, il T.a.r. ha accolto il ricorso e compensato le spese.

6. Segnatamente, il Giudice di primo grado:

a) ha respinto l’eccezione di irricevibilità del gravame, formulata dal controinteressato;

b) ha respinto l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione ed interesse a ricorrere, formulata dal Comune;

c) nel merito, ha accolto i primi due motivi del ricorso introduttivo del giudizio e ha annullato l’autorizzazione paesaggistica, in quanto resa sulla base di una relazione di parte che non ha contemplato la presenza di “Palazzo V” nell’ambito del paesaggio collinare;

d) ha disposto l’“ annullamento dei provvedimenti impugnati, al fine del necessario riesame secondo i criteri di cui in motivazione ”.

7. Il signor G ha impugnato la sentenza di primo grado, formulando tre motivi di appello.

7.1. Si è costituito il Comune di Bologna, domandando l’accoglimento dell’appello, i signori V, i quali, con la memoria del 22 maggio 2023, hanno riproposto i motivi non esaminati e hanno domandato la reiezione dell’appello, e il Ministero della Cultura, per resistere all’appello.

7.2. Il 25 settembre 2023, il signor G e i signori V hanno depositato una memoria difensiva.

7.3. Il 5 ottobre 2023, il signor V e il Comune di Bologna hanno depositato memorie di replica.

8. All’udienza del 26 ottobre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Con il primo motivo di appello, il signor G impugna il capo della sentenza che ha respinto l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse ad agire.

9.1. Secondo parte appellante, la sentenza del T.a.r. risulterebbe errata in quanto:

i. avrebbe ritenuto che il “vincolo della Collina” intendesse tutelare anche Palazzo V;

ii. avrebbe travisato l’interesse al ricorso così come sostenuto dai signori V, “ che non è l’interesse a conservare la visuale di cui si gode dal Palazzo, bensì conservare il paesaggio della collina così com’è ”;

iii. non avrebbe rilevato che, oltre ad essere indicato l’interesse al ricorso in maniera del tutto generica, in ogni caso, non è stata data la prova dell’interesse al ricorso.

Si evidenzia che, a fronte della mancata prova da parte dei ricorrenti del pregiudizio inferto loro dalla costruzione realizzanda, “ il dott. G ha prodotto ampia documentazione tecnica con cui ha dimostrato, con fotografie, simulazioni e calcoli, la totale assenza di qualsivoglia pregiudizio sia per l’immobile dei vicini che per il paesaggio (vedasi docc. 3, 3-A e 4 citt.) ”.

9.2. Il primo motivo di appello è infondato.

9.3. Com’è noto i profili riguardanti la legittimazione ad agire e l’interesse a ricorrere in materia edilizia, con riferimento all’impugnazione del permesso di costruire rilasciato al proprietario del fondo confinante o comunque vicino, sono stati esaminati funditus dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 22 del 9 dicembre 2021.

Nella sentenza citata, si è affermato che l’interesse a ricorrere “ è caratterizzato dalla “prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato” (v. Cons. St., Ad. plen. n. 4/2018, al punto 16.8). ”, la cui sussistenza va verificata “ sulla base degli elementi desumibili dal ricorso, e al lume delle eventuali eccezioni di controparte o dei rilievi ex officio, prescindendo dall’accertamento effettivo della (sussistenza della situazione giuridica e della) lesione che il ricorrente afferma di aver subito. Nel senso che, come è stato osservato, va verificato che “la situazione giuridica soggettiva affermata possa aver subito una lesione” ma non anche che “abbia

subito” una lesione, poiché questo secondo accertamento attiene al merito della lite .”.

L’Adunanza plenaria ha chiarito che la sussistenza dell’allegazione dello specifico pregiudizio derivante dall’intervento edilizio che si assume illegittimo “ può comunque ricavarsi, in termini di prospettazione, dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso, suscettibili di essere precisate e comprovate laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o dai rilievi del giudicante essendo questione rilevabile d’ufficio nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a. e quindi nel contraddittorio tra le parti .”.

9.4. Muovendo da questi principi e, in particolare, dall’ultimo dei principi enucleati, il Collegio evidenzia che, pur non articolando i ricorrenti, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, in un apposito paragrafo o parte dell’atto, allegazioni a sostegno dell’interesse a ricorrere, è possibile enucleare qual è il pregiudizio che questi hanno paventato, ossia l’edificazione di una costruzione a distanza ravvicinata al loro edificio che comprometterebbe l’amenità dei luoghi (cfr. il ricorso straordinario, a pagina 5, §. 7, dove si insiste sull’amenità dei luoghi;
pagina 6, §. 13 dove si dà conto della vicinanza fra l’edificio esistente e quell’erigendo;
pagina 19, dove si dà conto della valenza paesaggistica della villa nell’ambito del paesaggio collinare;
pagina 21, sul pericolo di compromissione;
pagina 23, dove si menziona l’“ attività di “cementificazione” del versante ”).

9.4.1. A fronte dell’eccezione di inammissibilità formulata dal Comune di Bologna, con la memoria del 21 gennaio 2023, depositata ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a., per l’udienza di discussione, i ricorrenti hanno ulteriormente puntualizzato l’interesse all’impugnazione del permesso di costruire e della presupposta autorizzazione paesaggistica.

In particolare, hanno allegato la possibile alterazione in peius del contesto paesaggistico in cui si colloca l’immobile di loro proprietà, sia in termini di amenità, che di tranquillità, che di minor pregio economico dell’edificio di cui sono proprietari, anche in ragione dell’estrema vicinanza dell’opera che il controinteressato ha inteso edificare, rimarcando, inoltre, che i profili di compatibilità paesaggistica fra la nuova costruzione e il contesto non fosse stato valutato dalla Soprintendenza nel corso del procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (cfr. la memoria di replica dei signori V, dell’1° febbraio 2023, prodotta in primo grado).

10. Con il secondo motivo di appello, il signor G impugna il capo della sentenza che ha respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso.

Si deduce che il T.a.r. avrebbe errato nell’applicazione dei principi giurisprudenziali enucleati in materia di impugnazione del permesso di costruire, non cogliendo che il ricorso introduttivo del giudizio proposto dai signori V era preordinato a censurare l’ an dell’edificazione e non il quomodo .

Secondo gli appellanti, da tale presupposto scaturirebbe che il termine iniziale per la proposizione del ricorso andava individuato nella data dell’8 marzo 2022, data di inizio dei lavori.

10.1. Il secondo motivo di appello è infondato.

10.2. Secondo la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato: “ L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio. I due atti di assenso, quello paesaggistico e quello edilizio, operano su piani diversi, essendo posti a tutela di interessi pubblici diversi, seppur parzialmente coincidenti ” ( ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 3 maggio 2022, n. 3446).

10.2.1. Occorre muovere, dunque, dalla constatazione che per pacifica giurisprudenza il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica costituiscono due provvedimenti autonomi (art. 146, comma 4, d.lgs. n. 42/2004), ancorché collegati nell’ambito della medesima vicenda amministrativa e, talvolta, del medesimo procedimento, in quanto ambedue preordinati al conseguimento, da parte dell’istante, del medesimo bene della vita.

10.2.2. Ad ulteriore riprova di quanto affermato, va evidenziato come, nel processo intentato e, in particolare, con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e con il primo ricorso per motivi aggiunti, i signori V hanno proposto le domande di annullamento sia avverso il permesso di costruire che con riferimento all’autorizzazione paesaggistica, allegando a sostegno delle due domande autonome censure.

Le doglianze avverso l’autorizzazione paesaggistica sono estese nei primi quattro motivi del ricorso straordinario, mentre le doglianze avverso il permesso di costruire sono esposte nel quinto motivo del ricorso straordinario (che, in realtà, si limita ad impugnare “ in via derivata ” il permesso di costruire, in considerazione “ del rapporto di presupposizione che intercorre rispetto al titolo paesaggistico ”) e nei due motivi (il primo dei quali articolato in più censure) del primo ricorso straordinario per aggiunzione.

10.3. Operate queste premesse, occorre chiedersi se i principi di diritto che il T.a.r. ha richiamato con riferimento al decorso dei termini di impugnazione e che fanno riferimento ai principi enunciati dalla giurisprudenza amministrativa a proposito del permesso di costruire, possano essere estesi “automaticamente” anche all’impugnazione del provvedimento di autorizzazione paesaggistica che costituisce un provvedimento autonomo e avverso il quale i ricorrenti hanno proposto autonomi motivi di ricorso.

10.4. Con riferimento al permesso di costruire, la giurisprudenza di questo Consiglio è oramai consolidata nel senso che si debba distinguere fra i motivi di ricorso finalizzati a contestare l’ an dell’edificazione e i motivi di ricorso finalizzati a contestare il quomodo dell’edificazione.

10.4.1. Anche di recente, la Sezione ha avuto modo di affermare, con dovizia di richiami ai suoi precedenti e a quelli di altre Sezioni del Consiglio di Stato, che “ l’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l’ an della edificazione (cioè laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.), il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l’eccezione di tardività, di provare (essendone onerato da ultimo Cons. Stato, sez. II, 2 febbraio 2022, n. 721) anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 191;
sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3763;
28 ottobre 2015, n. 4910 e n. 4909;
22 dicembre 2014 n. 6337;
sez. IV, 10 giugno 2014, n. 2959;
sez. V, 16 aprile 2013, n. 2107;
sez. V n. 3777 del 27 giugno 2012;
sez. VI, 18 aprile 2012, n. 2209;
sez. VI, 16 settembre 2011, n. 5170, che si conformano sostanzialmente all’insegnamento dell’Adunanza plenaria n. 15 del 2011, sviluppandone i logici corollari).
” (così, Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2023 n. 3654, che, oltre alla giurisprudenza già evidenziata, ha citato altresì Cons. Stato, sez. IV, 21 marzo 2016, n. 2782;
21 marzo 2016 n. 1135;
15 novembre 2016, n. 4701;
e quanto alla nozione di “piena conoscenza” a Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3763;
6 ottobre 2015 n. 6242;
28 maggio 2012 n. 3159).

10.5. Il Collegio ritiene, tuttavia, che i principi esposti con riferimento all’impugnazione del permesso di costruire non possano essere trasposti sic et simpliciter all’impugnazione dell’autonomo provvedimento di autorizzazione paesaggistica, ma vadano ulteriormente puntualizzati per tenere conto delle caratteristiche di questo provvedimento.

10.5.1. L’imposizione del vincolo paesaggistico non è causa di un divieto assoluto di modificare i beni vincolati, ma comporta, per il proprietario, il possessore o il detentore a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, l’obbligo di munirsi dell’autorizzazione dell’amministrazione preposta alla gestione del vincolo (art. 146, commi 1 e 2, d.lgs. n. 42/2004), mediante la presentazione di un'istanza alla competente amministrazione.

10.5.2. Ai sensi dell’art. 146, comma 3, d.lgs. n. 42/2004 la “ documentazione a corredo del progetto è preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse paesaggistico tutelato ed intervento progettato ”.

10.5.3. Risulta pertanto evidente con riferimento all’impugnazione del provvedimento, specie da parte dei terzi, che la “piena conoscenza” della percezione della lesività dell’atto, essendo collegata ai profili di concreta conformazione al vincolo da parte di chi ha ottenuto l’autorizzazione, implichi la conoscenza da parte di chi impugna dei concreti aspetti dell’edificazione in relazione al vincolo, allo stesso modo di quanto avviene per le contestazioni collegate al quomodo dell’edificazione.

10.6. Nella vicenda in giudizio, i signori V si sono prontamente attivati per richiedere l’ostensione della relativa documentazione al Comune di Bologna e, una volta ottenuta, hanno presentato il ricorso straordinario contenente le specifiche censure avverso l’autorizzazione paesaggistica, riservandosi quelle avverso il permesso di costruire, la cui documentazione non era stata ancora ostesa.

10.7. Il Collegio ritiene che questa conclusione risulti conforme alle indicazioni che possono trarsi, in linea generale, dalle motivazioni che l’Adunanza plenaria, con la sentenza n. 12 del 2 luglio 2020, ha enunciato con riferimento all’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione di una gara d’appalto (dove massime sono le esigenze di celere definizione delle controversie processuali e di conseguente consolidamento dei provvedimenti dell’amministrazione, a tutela dell’affidamento dell’aggiudicatario e della stazione appaltante, ed anche a tutela della sollecita esecuzione dell’appalto), ma che il Collegio ritiene possano assumere una valenza interpretativa e di orientamento di carattere generale ai fini dell’individuazione del termine di impugnazione, nei casi in cui sussistano dei dubbi sull’individuazione del dies a quo .

10.7.1. L’Adunanza plenaria ha rilevato che per la Corte di Giustizia “ una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del decreto legislativo n. 104/2010, di sollevare «motivi aggiunti» nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso” (Corte di Giustizia, Sez. V, 8 maggio 2014, in C-161/13, cit., punto 40) ” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, §. 28.2.) e ha dunque affermato che “ Poiché il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso non è necessaria la previa proposizione di un ricorso ‘al buio’ [‘in abstracto’, nella terminologia della Corte di Giustizia, e di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell’art. 40, comma 1, lettera d), del c.p.a.], cui dovrebbe seguire la proposizione di motivi aggiunti ” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 12 del 2020, §. 31).

10.8. In ragione dei principi e delle motivazioni sinora esposti, le censure articolate con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica introduttivo del giudizio, finalizzate a contestare il mancato rispetto della disciplina preordinata al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, vanno dichiarate tempestive e possono essere scrutinate nel merito, con conseguente reiezione della censura di mancato accoglimento dell’eccezione di irricevibilità delle impugnazioni proposta in primo grado, articolata con il secondo motivo di appello.

11. Con il terzo motivo di appello, il signor G impugna il capo della sentenza che accolto il primo e il secondo motivo del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, trasposto innanzi al competente T.a.r..

Con quella che il Collegio considera una prima censura (estesa da pagina 29 a pagina 30, e, poi da pagina 34 a pagina 36), si lamenta che il T.a.r. avrebbe fornito una lettura errata delle previsioni del d.P.C.M. del 12 febbraio 2005, che disciplina il contenuto della relazione paesaggistica, dilatandone gli aspetti cogenti in relazione all’istruttoria amministrativa, e del vincolo paesaggistico imposto alla zona dove si collocano l’immobile da realizzare e l’edificio di proprietà dei signori V.

Secondo l’appellante, il d.P.C.M. non avrebbe imposto di considerare l’edificio di proprietà dei signori V nell’ambito dell’istruttoria relativa al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per il rilascio del permesso di costruire dell’edificio del signor G, mentre il d.m. del 9 novembre 1955 – che ha dichiarato il “ notevole interesse pubblico della zona posta a sud di Bologna, sita nell’ambito di quel Comune ” - avrebbe invece imposto un vincolo che non contemplava l’edificio in questione come elemento del paesaggio da tutelare indirettamente dalla realizzazione di altre costruzioni nelle sue vicinanze.

Con quella che il Collegio considera la seconda censura (estesa da pagina 30 a pagina 36), si deduce che non sarebbe vero che l’edificio di proprietà dei signori V non sarebbe stato rappresentato nella relazione paesaggistica e conseguentemente valutato dalla Soprintendenza.

A tale riguardo, si evidenzia che:

i. “ Innanzitutto, Palazzo V infatti è rappresentato nella Relazione paesaggistica, a pag. 12, in rosso (vd. doc. 4 cit.), ed anche nella documentazione fotografica, per quanto – inevitabilmente – non lo si veda in quanto circondato da alberi ”;

ii. “ Manca, dunque, unicamente l’indicazione degli estremi del D.M.P.I. che ha apposto il vincolo culturale del 2003: ma l’edificio, come edificio esistente e di valore, è rappresentato (per la puntuale elencazione degli elaborati in cui figura, oltre che a pag. 12 della Relazione paesaggistica – doc. 4 cit. - si veda altresì la Relazione tecnica, doc. 3 cit., pp. 7) ”.

Secondo parte appellante, il T.a.r. “ avrebbe preteso che la Relazione contenesse un apposito “paragrafo” dedicato a Palazzo V: paragrafo che, poi, avrebbe semplicemente detto che Palazzo V era non visibile, e che perciò irrilevante ”.

11.1. Il terzo motivo di appello è infondato.

11.2. Come è stato recentemente ricordato dalla Sezione, con la sentenza n. 8610 del 2 ottobre 2023 (che si ritrascrive, nei passaggi salienti che interessano il presente giudizio), “ la previsione dell'obbligatorietà dell'autorizzazione paesaggistica nasce con la precisa funzione di far precedere ogni trasformazione del bene paesaggistico da un controllo amministrativo circa la compatibilità dell'intervento proposto con l'esigenza di non dispersione del valore paesaggistico che il bene esprime.

Il controllo, in una logica precauzionale, è teso alla verifica della compatibilità della trasformazione proposta con l'esigenza di preservazione dei valori paesaggistici oggetto di protezione, come indica chiaramente il comma 1 del citato art. 146.

Il procedimento di autorizzazione paesaggistica origina dall’istanza del privato, che deve contenere il progetto da realizzare e la c.d. relazione paesaggistica.

La relazione paesaggistica deve descrivere: a) lo stato attuale del bene;
b) gli elementi di valore paesaggistico in esso presenti;
c) gli impatti delle trasformazioni proposte (rappresentati anche attraverso simulazione dettagliata dello stato dei luoghi a seguito della realizzazione del progetto resa mediante foto modellazione realistica (rendering computerizzato o manuale),comprendente un adeguato intorno dell'area di intervento, desunto dal rapporto di intervisibilità esistente;
d) i fattori di mitigazione e compensazione proposti
.”

La relazione paesaggistica come affermato dal precedente in esame deve essere redatto “ a cura della parte richiedente (sulla scorta di una griglia predeterminata dal citato d.P.C.M. del 2005 ”.

11.2.1. A tale riguardo, il Collegio rileva che il d.P.C.M. del 12 dicembre 2005, dispone che:

i. la documentazione tecnica deve indicare e contenere l’analisi “ dei livelli di tutela operanti nel contesto paesaggistico e nell'area di intervento considerata, rilevabili dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, urbanistica e territoriale e da ogni fonte normativa, regolamentare e provvedimentale;
indicazione della presenza di beni culturali tutelati ai sensi, della Parte seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio
” (pag. 4, punto 3.1, §. 2);

ii. la documentazione tecnica dovrà contenere “ la rappresentazione dei prospetti e degli skylines dovrà estendersi anche agli edifici contermini ” (pag. 4, punto 3.1., §. 3)

iii. gli elaborati di progetto “ devono rendere comprensibile l'adeguatezza dell'inserimento delle nuove opere nel contesto paesaggistico ”;
(pag. 4, punto 3.1., §. B)

iv. devono essere presenti gli “ 3.2 Elementi per la valutazione di compatibilità paesaggistica.” […] “…comprendente un adeguato intorno dell'area di intervento, desunto dal rapporto di intervisìbilità esistente, per consentire la valutazione di compatibilità e adeguatezza delle soluzioni nei riguardi del contesto paesaggistico .” (pag. 7, punto 3.2., §. 1).

11.3. In considerazione dei passaggi salienti del richiamato d.P.C.M., risulta pertanto priva di errori in diritto la motivazione della sentenza impugnata, laddove evidenzia che mentre “ è dimostrata “per tabulas” la mancata indicazione di Palazzo V nella relazione (diversamente da altri beni tutelati quali l’Eremo di Ronzano e la Chiesa di San Michele Arcangelo di Gaibola) , non è altrettanto provata con ragionevole certezza dall’Amministrazione l’avvenuta rappresentazione nel procedimento ex art. 146 d.lgs. 42/2004 ”.

Allo stesso modo, del tutto correttamente, è stato affermato, sempre dal Giudice di primo grado, che “ Le considerazioni svolte dal Soprintendente nella relazione del 16 agosto 2022 infatti, per quanto ampiamente motivate, risultano redatte in via postuma a margine dell’autorizzazione paesaggistica e costituiscono una relazione sui fatti di causa redatta al fine della difesa in giudizio dell’Amministrazione statale resistente, ma non possono essere apprezzate come atti del procedimento e come espressione del potere autoritativo che parte ricorrente mira a contestare.

Tale relazione, secondo il Collegio, è dunque inidonea a fornire la prova della inesistenza del decifit istruttorio denunziato …”.

11.4. Risultano, invece, infondate le doglianze secondo cui l’edificio dei signori V sarebbe stato rappresentato “ nella Relazione paesaggistica, a pag. 12, in rosso ” e in altri elaborati allegati o contenuti nella Relazione paesaggistica.

11.4.1. Le “rappresentazioni” in questione consistono nell’indicazione dell’edificio come “punto rosso” su di una planimetria, dove il colore rosso designa sì l’interesse storico-architettonico dell’edificio, ma senza che questa rappresentazione cartografica presenti il grado di approfondimento richiesto dal d.P.C.M. (cfr. in particolare i punti “ii”, “iii” e “iv.” innanzi evidenziati al §. 11.2.1.).

11.4.2. Risulta pertanto corretta in fatto e in diritto la motivazione con cui il T.a.r. afferma che è “ inidoneo, inoltre, è quanto rappresentato dalla difesa del controinteressato e dalla stessa relazione circa la rappresentazione di Palazzo V negli allegati cartografici alla relazione paesaggistica, non assolvendo esso l’esaminato onere di puntuale allegazione e di valutazione della interazione con l’intervento di progetto di cui al citato D.p.c.m. ”.

12. Dalla conferma della pronuncia di illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica consegue il rigetto dell’appello. Va tuttavia aggiunto quanto segue.

12.1. La giurisprudenza di questo Consiglio ha avuto modo di evidenziare come il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica siano titoli con contenuti differenti, seppure ambedue relazionati al territorio (cfr., supra, §. 10.2.): l’autorizzazione paesaggistica rappresenta un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, in quanto i due atti sono posti a tutela di interessi pubblici diversi.

Tra l’autorizzazione paesaggistica e il permesso di costruire vi è dunque un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale.

I due atti di assenso si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, ma l’uno in termini di compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio proposto, l’altro in termini di sua conformità urbanistico-edilizia. Operando, dunque, su piani diversi, il rilascio di uno dei due atti di assenso non comporta il necessario rilascio anche dell’altro e, sul piano normativo, questo rapporto si traduce, per espressa previsione normativa, in un condizionamento sul versante dell’efficacia dei provvedimenti e non della rispettiva legittimità (cfr. art. 146, commi 2 e 4, d. lgs. del 22 gennaio 2004, n. 42).

Di conseguenza, la mancanza del necessario titolo edilizio non consente la realizzazione di un’opera anche se per la stessa sia stato rilasciato l’atto di assenso a fini paesaggistici (Cons. Stato, Sez. VII, 7 marzo 2023, n. 2358).

L’autonomia sul versante della legittimità dei due provvedimenti è stata, in passato, affermata, con riferimento all’art. 25, primo comma, r.d. 3 giugno 1940 n. 1357 (“ Sia nella zona dei piani territoriali paesistici sia nell'ambito delle bellezze d'insieme, quando sia stato imposto il vincolo ai termini della legge e del presente regolamento, i [Sindaci] non possono concedere licenza di costruzione se non previo favorevole avviso della competente (…) Soprintendenza .”), dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio (con sentenza del 3 ottobre 1988 n. 8), i cui principi trovano applicazione anche rispetto all’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004.

Si è affermato che ciascuno dei due provvedimenti “ ha un proprio regime, propri parametri di giudizio e proprie vicende ” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 8 del 1988, pagina 11)

12.2. Il TAR ha dichiarato la fondatezza del ricorso introduttivo “ con l’effetto dell’annullamento dei provvedimenti impugnati ”, tra i quali figura espressamente anche il permesso di costruire del 18 febbraio 2021.

12.3. Ne discende che nel presente processo non può farsi luogo all’esame dei motivi di impugnazione inerenti al permesso di costruire dichiarati assorbiti in primo grado (e, a fortiori , quelli relativi al provvedimento del Comune di Bologna dell’atto confermativo dell’autorizzazione paesaggistica dell’11 agosto 2022) e riproposti dai signori V con la memoria di costituzione del 22 maggio 2023, in quanto, da un lato, l’appello del signor G è stato respinto e la sentenza di primo grado confermata, e, dall’altro, manca il necessario presupposto per l’esame di queste censure, risultando, in ragione della conferma della sentenza di primo grado, già annullato il permesso di costruire a cui le censure si riferiscono.

13. Va, peraltro, ulteriormente evidenziato che la sentenza del T.a.r. ha dichiarato al §. 10, con statuizione rimasta inoppugnata tra le parti, l’accoglimento del “ ricorso introduttivo […] con l’effetto dell’annullamento dei provvedimenti impugnati, al fine del necessario riesame secondo i criteri di cui in motivazione .”.

Le suddette statuizioni sono state ribadite nel dispositivo della sentenza, dove il T.a.r. accoglie il ricorso introduttivo “ e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, come da motivazione ”.

La mancata impugnazione incidentale di queste statuizioni rende inoppugnabile l’ordine di riesame portato dalla sentenza di primo grado.

14. In conclusione, in considerazione delle motivazioni esposte, l’appello deve essere respinto.

15. Nel tenore delle questioni controverse, si ravvisano le eccezionali ragioni sancite dal combinato disposto degli artt. 26 comma 1 c.p.a. e 92 comma 2 c.p.c. per compensare integralmente le spese del grado di giudizio.

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