Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-08, n. 201600477
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Testo completo
N. 00477/2016REG.PROV.COLL.
N. 03588/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3588 del 2015, proposto da:
P D G, rappresentato e difeso dall'avv. S D C, presso il cui studio in Roma, via Aureliana n. 63, è elettivamente domiciliato;
contro
Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, Aeronautica Militare - Comando Logistico, Aeronautica Militare - Centro Tecnico Rifornimenti, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, sono legislativamente domiciliati;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I Bis, n. 10319/2014, resa tra le parti, concernente sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa Direzione Generale per il Personale Militare, di Aeronautica Militare - Comando Logistico e di Aeronautica Militare - Centro Tecnico Rifornimenti.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti l’avvocato Di Cunzolo e l'avvocato dello Stato Fedeli.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con sentenza 14/10/2014 n. 10319, il TAR Lazio – Roma, ha respinto il ricorso proposto dal m.llo dell’aeronautica P D G, contro il provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa dall’impiego, adottato, ai sensi dell’art. 916 del D. Lgs 15/3/2010 n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), in considerazione del suo rinvio a giudizio per il reato di “concorso in peculato continuato e aggravato”.
Il giudice di prime cure, premesso:
a) che la norma di cui all’art. 916 del Codice dell’ordinamento militare prescinde da qualsiasi accertamento in ordine alla responsabilità dell’inquisito, ponendosi la sospensione quale rimedio provvisorio a tutela del superiore interesse pubblico dell’Amministrazione, il cui perseguimento risulta compromesso dalla permanenza in servizio del dipendente al quale vengono contestati fatti di rilevanza penale;
b) che la sospensione cautelare non richiede la certezza dell’esistenza dei fatti contestati e del grado di imputabilità degli stessi al dipendente, essendo al riguardo sufficiente una sommaria cognizione dei fatti;ha così motivato la reiezione del ricorso:
“… non sussiste il lamentato vizio di motivazione in quanto l’Amministrazione ha valutato la gravità dei fatti contestati al ricorrente, dandone adeguata contezza, ed, avendo accertato che tali fatti avrebbero potuto determinare la perdita del grado, ha legittimamente adottato il provvedimento impugnato.
In ordine, poi, alla dedotta violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, va evidenziato che, proprio in ragione del fatto che il provvedimento di sospensione ha natura cautelare, la giurisprudenza ha chiarito che non è richiesta la comunicazione di avvio del procedimento (cfr. tra le tante T.A.R, CAMPANIA, Napoli Sez. IV, 3 agosto 2009, n. 4622), precisando al riguardo che mentre nelle ipotesi di instaurazione di un procedimento disciplinare al dipendente interessato deve essere data comunicazione dell’avvio del procedimento per consentire allo stesso, non solo di conoscere i relativi atti, ma altresì di svolgere adeguatamente le proprie difese, al contrario quando l’instaurazione del procedimento è finalizzata all’adozione di un provvedimento di natura cautelare, consistente nella sospensione dal servizio del dipendente assoggettato ad un procedimento penale per un determinato titolo di reato, la partecipazione di questi al procedimento de quo non potrebbe comunque apportare alcun elemento nuovo. Per cui in questo caso, le esigenze di celerità e tempestività con cui occorre allontanare il ricorrente dal posto di lavoro impongono di intervenire con urgenza, dispensando l’Amministrazione dal procedere alla previa comunicazione dell’avvio del procedimento di sospensione (T.A.R. Lazio,sede Roma, sez. III, 15 marzo 2011, n. 2352) ”.
Ritenendo la pronuncia erronea e ingiusta il m.llo Di G l’ha appellata chiedendone l’annullamento.
Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l’amministrazione appellata.
Alla pubblica udienza del 21/1/2016, la causa è passata in decisione.
A sostegno dell’appello il m.llo Di G prospetta due motivi di gravame.
1) Col primo deduce che il giudice di prime cure, dopo aver correttamente ricostruito la disciplina dettata dal menzionato art. 916, non ne avrebbe tratto le dovute conseguenze. Infatti, avrebbe erroneamente negato la sussistenza del lamentato difetto di motivazione dell’impugnato provvedimento cautelare, pur avendo riconosciuto come l’amministrazione lo avesse emesso sulla sola base dei fatti contestati in sede penale, senza fare alcun riferimento al pregiudizio per la regolarità del servizio e per il prestigio della amministrazione stessa.
Ripropone, quindi, l’appellante il primo motivo del ricorso di primo grado deducendo che:
a) l’ipotesi di reato contestata risulterebbe incompatibile col ruolo che egli ricopriva all’epoca dei fatti, per cui l’amministrazione avrebbe dovuto adeguatamente motivare la disposta sospensione;
b) il provvedimento risulterebbe privo di motivazione circa le ragioni che renderebbero la permanenza in servizio dell’appellante, lesiva dell’immagine e del prestigio dell’amministrazione.
2) Col secondo motivo lamenta che l’adito TAR si sarebbe soffermato solo sulla denunciata violazione dell’art. 7 della L. 7/8/1990 n. 241, senza valutare le censure di difetto di istruttoria e di contraddittorietà tra atti della stessa amministrazione, pure prospettate col ricorso.
Infatti, era stato dedotto in primo grado che un attento esame del fascicolo personale del m.llo Di G, avrebbe consentito alla resistente amministrazione di rilevare i numerosi elogi ricevuti dal medesimo e il lusinghiero giudizio conseguito nel rapporto informativo del 17/6/2014, intervenuto quando già era stata formulata la richiesta di rinvio a giudizio.
La positiva valutazione di cui al citato rapporto informativo, evidenzierebbe anche la contraddittorietà in cui sarebbe incorsa l’appellata nell’esprimere il giudizio posto a base dell’avversato provvedimento di sospensione dal servizio.
Si lamenta, infine, che le ravvisate esigenze di celerità che hanno indotto il giudice di prime cure a disconoscere la sussistenza della dedotta violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990, nel caso di specie sarebbero state assenti, posto che la richiesta di rinvio a giudizio porta la data del 27/2/2013, mentre il provvedimento di sospensione sarebbe stato adottato ben cinque mesi dopo.
Le censure così sinteticamente riassunte, entrambe infondate, si prestano ad una trattazione congiunta.
Occorre premettere che eventuali deficit motivazionali della sentenza di primo grado, potendo essere sanati dal giudice dell’appello, in forza dell’effetto devolutivo, non rendono la stessa per ciò solo viziata (Cons. Stato, Sez. IV, 21/9/2015 n. 4393).
O, dispone l’art. 916 del Codice dell’ordinamento militare: “La sospensione precauzionale può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado”.
Ritiene il Collegio che il potere dell’amministrazione di disporre la sospensione facoltativa dall’impiego del militare che versi nella situazione individuata dalla trascritta norma, sia connotato da ambiti ampiamente discrezionali, in ordine alla valutazione della gravità dei fatti e delle ragioni di opportunità connesse con la permanenza in servizio dell'incolpato (Cons. Stato, Sez. IV, 7/11/2012 n. 5669 e 30/11/2010 n. 8350).
La giurisprudenza ha, peraltro, affermato che non è necessaria una specifica motivazione del provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio, qualora i fatti contestati al dipendente siano particolarmente gravi, ovvero nell’ipotesi di sospensione cautelare dal servizio dei militari (Cons. Stato, Sez. IV, 30/1/2001 n. 334).
D’altra parte, la sospensione dall’impiego, avendo natura di mera misura cautelare, prescinde del tutto dall’accertamento dell’effettiva responsabilità dell'inquisito e dal suo stato di servizio (che può anche essere ampiamente positivo), fondandosi esclusivamente su valutazioni di opportunità relative alla necessità di rimuovere, interinalmente, il pregiudizio derivante dalla permanenza del militare rinviato a giudizio nelle funzioni proprie.
Ciò posto, osserva il Collegio che l’amministrazione, constatato che il m.llo Di Giovani era stato rinviato a giudizio per il reato di “concorso in peculato continuato e aggravato”, aveva rilevato, a sostegno della determinazione assunta, che: << i gravi fatti per i quali è stata esercitata l’azione penale, nel procedimento n.47/12MAS R. mod. 21, risultano essere pregiudizievoli dei valori che contraddistinguono la “status” di militare e si pongono in palese contrasto con i doveri di rettitudine morale richiesti a un sottufficiale. La gravità e il disvalore di quegli stessi fatti sono altresì tale da rendere incompatibile la sua permanenza in servizio con l’interesse dell’Amministrazione della Difesa alla tutela del proprio prestigio e della propria immagine, nonché con l’interesse pubblico di evitare qualsiasi pregiudizio alla regolarità del servizio e al corretto svolgimento delle attività istituzionali svolte dalla medesima >>.
Ora, non c’è dubbio che, per un graduato dell’aeronautica militare, il rinvio a giudizio per il reato di “concorso in peculato continuato e aggravato”, sia, oggettivamente, un fatto di particolare gravità, di per sé idoneo a giustificare la sospensione facoltativa dal servizio.
Le considerazioni svolte dal’amministrazione bastano, pertanto, a sorreggere, sotto il profilo della motivazione e dell’adeguatezza dell’istruttoria, l’avversato provvedimento cautelare, senza che possa rilevare, giusta quanto sopra evidenziato, lo stato di servizio dell’appellante, pur se caratterizzato da molteplici elogi e giudizi lusinghieri.
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990, fermo restando che l’adozione del provvedimento di sospensione facoltativa dal servizio di un dipendente pubblico (civile o militare), sottoposto a procedimento penale, non è subordinata alla preventiva comunicazione di avvio del procedimento, data la natura cautelare della misura (Cons. Stato, Sez. IV, 19/5/2010 n. 3164 e 11/4/2007 n. 1632), occorre rilevare, con specifico riguardo al caso di specie, che contrariamente a quanto l’appellante afferma, la determinazione di sospenderlo dall’impiego, è intervenuta celermente, atteso che, come emerge dall’impugnato decreto ministeriale, l’amministrazione ha acquisito notizia della richiesta di rinvio a giudizio in data 9 aprile 2013, mentre il citato decreto è stato emanato il successivo 11 giugno.
L’appello, in definitiva, non merita accoglimento.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
La natura delle questioni affrontate, giustifica l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.