Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-12-04, n. 202310455

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-12-04, n. 202310455
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310455
Data del deposito : 4 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/12/2023

N. 10455/2023REG.PROV.COLL.

N. 09488/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9488 del 2022, proposto da
G T, rappresentato e difeso dall'avvocato D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Gallipoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di L (Sezione Prima) n. 596/2022


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gallipoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e udito l’avvocato D L per la parte appellante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’odierno appellante, originario ricorrente, in data 11 febbraio 2010 presentava un’istanza volta ad acquisire l’affidamento in concessione di un compendio demaniale prospiciente il lungomare Galileo Galilei in Gallipoli, allo scopo di insediarvi uno stabilimento balneare.

Il procedimento si concludeva con il provvedimento di rigetto prot. n. 36312 assunto dall’Ufficio Demanio in data 13 luglio 2010 (primo rigetto, ndr), notificato il 3 agosto 2010, impugnato dinanzi al TAR L con ricorso n. 1826/2010, rispetto al quale veniva dichiarata in udienza la sopravvenuta carenza di interesse.

Dopo l’approvazione del Piano Regionale delle Coste, l’appellante presentava, con nota del 10 giugno 2013, istanza di riesame della precedente istanza di concessione demaniale del 11 febbraio 2010 alla luce delle sopraggiunte novità.

Con provvedimento prot. n. 40000 del 2 ottobre 2013, l’Ufficio Demanio rigettava anche questa ultima istanza del 2013, questa volta adducendo a motivazione la mancanza del Piano Comunale delle Coste (PCC).

Impugnato quest’ultimo diniego unitamente alla nota prot. n. 40000 del 2 ottobre 2013, il ricorso veniva accolto con sentenza n. 1242 del 22 maggio 2014 che disponeva l’annullamento degli atti impugnati sul rilievo dell’illegittimità dei dinieghi di concessione demaniale marittima fondati sulla carenza del PCC .

Nelle more del giudizio, il Comune aveva adottato la deliberazione di GM n. 40 del 4 febbraio 2014, successivamente rettificata ed integrata con deliberazione n. 30 del 50 ottobre 2015, avente ad oggetto ‘ Piano Comunale delle Coste. Indirizzi per la predisposizione del progetto da proporre all’attenzione del Consiglio Comunale per l’adozione’ .

Non appena pronunciata la sentenza n. 1242/2014, l’appellante chiedeva all’Ufficio Demanio, con istanza acquisita al prot. in entrata n. 23824 del 27 maggio 2014, di darvi esecuzione concludendo il procedimento avviato a sua istanza e, con successiva nota acquisita al prot. n. 27817 del 19 giugno 2014, domandava il completamento dell’iter istruttorio della domanda demaniale, presentando un adeguamento del progetto alla Delibera di Giunta Comunale n. 40/2014, con riferimento all’estensione del fronte mare ed alle relative strutture (…).

L’Ufficio Demanio, avviava - analogamente ad ulteriori sei istanze - il relativo procedimento amministrativo mediante pubblicazione del cd. ‘Rende noto’ in data 24 dicembre 2014 senza concludere il procedimento.

Stante l’inerzia del Comune, la ditta deducente promuoveva il ricorso al Tar Puglia n. 1510/2015 per l’esecuzione della sentenza n. 1242/2014, ottenendo la sentenza di accoglimento n. 3546/2015 del 14 dicembre 2015, che ordinava all’Amministrazione di dare ottemperanza alla pronuncia.

Nelle more del giudizio, con deliberazione commissariale n. 88 del 13 novembre 2015 veniva ‘adottato’ il PCC, che sul tratto di costa in questione (tratto terminale sud di Lungomare Galilei) non prevedeva più l’insediamento di ‘stabilimenti balneari’ ma di sole due ‘spiagge libere con servizi’ (SLS-2 e SLS-3), peraltro non in corrispondenza del sito prescelto dal ricorrente.

Con deliberazione n. 72 del 26 febbraio 2016 il Commissario Straordinario stabiliva: ‘ di impartire indirizzo all’Ufficio Demanio di valutare, nelle more della definitiva approvazione del PCC, tutte le istanze ad oggi pendenti e quelle che verranno presentate attenendosi alle previsioni contenute nel Piano Comunale delle Coste adottato con deliberazione dello scrivente Commissario Straordinario n. 88 del 13.11.2015, verificandone l’eventuale compatibilità con lo stesso e determinandosi di conseguenza ’.

A tanto seguiva il (terzo) rigetto dell’istanza di concessione del ricorrente per mezzo della nota comunale 20 maggio 2016 prot. 22764 in quanto ‘ finalizzata al rilascio di una nuova concessione demaniale marittima per la realizzazione di uno stabilimento balneare localizzato in un’area non individuata, a tal fine, dal Piano Comunale delle Coste adottato’ .

Anche tale ultimo rigetto è stato impugnato con il ricorso TAR n. 1544/2016, dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse (…).

A seguito dell’annullamento della deliberazione n. 72/2016 per effetto della sentenza del Consiglio di Stato n. 2322/2017, il sig. Tricarico con pec del 24 maggio 2017 (acquisita dall’ente al prot. 25420 del 25 maggio 2017) invitava e diffidava l’Ufficio Demanio del Comune di Gallipoli a procedere con urgenza all’annullamento in autotutela dei provvedimenti 20 maggio 2016 prot. 22764 (rigetto finale) e 8 marzo 2016 prot. 9908 (preavviso di rigetto) e, per l’effetto, a dar corso ed esito al procedimento demaniale a suo tempo avviato. In esito a tale istanza/diffida il Comune adottava il provvedimento 6 giugno 2017 impugnato con motivi aggiunti nel ric. n. 1544/2016 (successivamente dichiarato improcedibile).

Con istanza del 29 ottobre 2019 acquisita al protocollo con n. 59323 il ricorrente chiedeva all’Ufficio Demanio di riesaminare l’istanza di concessione demaniale del 13 giugno 2013 prot. n.24968 e di rideterminarsi rispetto ai provvedimenti del 20 maggio 2016 e del 6 giugno 2017 prot. n. 27536, onde assumere una decisione di merito che prescindesse dalla deliberazione commissariale n. 72/2016 annullata dal Consiglio di Stato con sentenza 16 maggio 2017 n. 2322.

In esito a tale istanza il Comune assumeva il nuovo ed ultimo provvedimento di rigetto, impugnato nel presente giudizio, con nota del 13 novembre 2020 prot. 57374, preceduta dalla nota 15 aprile 2020 contenente preavviso di rigetto.

Il ricorrente chiedeva al Tar Puglia adito in sede di ottemperanza: a) l’esecuzione del giudicato formatosi sulle sentenze irrevocabili del Tar Puglia - L n. 1242 del 22 maggio 2014 e n. 3546 del 14 dicembre 2015, nonché per la declaratoria di nullità degli atti assunti dal Comune di Gallipoli in violazione o elusione del medesimo giudicato e, segnatamente, del provvedimento in data 13 novembre 2020, prot. 57374, con cui il Comune di Gallipoli rigettava l’istanza di concessione demaniale del 13 giugno 2013, prot. n. 24968, come modificata dalla successiva istanza acquisita al prot. n. 27817 del 19 giugno 2014;
b) nell’ipotesi in cui Tribunale non avesse aderito alla prospettata ipotesi di violazione o elusione del giudicato, formulava domanda - previa conversione del rito - del predetto provvedimento prot. n. 57374 del 13 novembre 2020 del Comune di Gallipoli e del relativo preavviso di rigetto espresso con nota del 15 aprile 2020, prot. n. 19037.

Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe impugnata, in relazione alla prima domanda, disattendeva la domanda di ottemperanza formulata dal ricorrente sul rilievo che il provvedimento di diniego prot. n. 57374 del 13 novembre 2020 e il relativo preavviso di rigetto non fossero in contrasto con il giudicato formatosi: a) sulla sentenza n. 1242/2021, perché quelli impugnati erano atti motivati su ragioni in fatto e in diritto del tutto diverse rispetto a quella, reputata illegittima dal Tar nella pronuncia in parola, della mancanza del Piano Comunale delle Coste. b) sulla sentenza n. 3546/2015, essendo gli atti stessi ancorati a una situazione normativa e provvedimentale del tutto differente rispetto a quella presa in esame in tale decisione, che al quadro normativo della sentenza di cui ordinava l’ottemperanza.

Quanto, invece, alla domanda di annullamento per illegittimità del provvedimento impugnato, il giudice di primo grado a fronte di un provvedimento plurimotivato rigettava il ricorso in relazione al “ corretto e puntuale riferimento operato dall’A.c. all’imprescindibile doverosità, nel caso in parola, di una procedura di gara ”.

Appellata ritualmente la sentenza, resiste il Comune di Gallipoli.

All’udienza pubblica del 7 novembre 2023 il Collegio, preliminarmente, informava le parti che avrebbe valutato d’ufficio, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., l’ammissibilità dell’appello, relativamente alle censure non riproposte del ricorso di I° grado, concernenti alla non assentibilità in concreto delle concessioni;
quindi la causa passava in decisione.

DIRITTO

1.Con il primo motivo di appello l’appellante deduce l’errata motivazione circa un punto decisivo della controversia. Lamenta che il Giudice di prime cure aveva rigettato il ricorso proposto dal sig. Tricarico per mancanza di un bando di gara emanato dal Comune di Gallipoli per l’assegnazione dell’area oggetto della richiesta concessione demaniale marittima in quanto, ritenendo assorbiti tutti gli atti motivi di ricorso.

2. Con gli ulteriori motivi di appello l’appellante deduce:

Violazione di legge, in particolare dell'art. 3 del d.P.R. 509/1997 e degli artt. 5, 6, 18 e 19 del reg. nav. mar.;
errata applicazione di norme comunitarie (Direttiva n. 2006/123/CE Servizi).

Illegittimità costituzionale dell’art. 8 della Legge Regionale Puglia n. 17/2015 per violazione degli artt. 3, 117 e 119 Cost.

Evidenzia che l’applicazione della legge nazionale in materia è di per sé è idonea – attraverso il disposto di cui all’art. 18 del Reg. Esec. del Cod.Nav. (c.d. “Rende Noto”) – a garantire il rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza e pubblicità. Tanto si desumerebbe anche dall’ art. 12 della direttiva 2006/123/CE, il quale richiede che l’affidamento avvenga sulla base di « una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura ».

Le censure, suscettibili di trattazione congiunta per la loro stretta connessione, non sono fondate.

Può richiamarsi la consolidata giurisprudenza, da cui il Collegio non vede motivo di discostarsi, univoca nell'affermare che, in base al principio comunitario di concorrenzialità, le concessioni demaniali, in quanto concernenti beni economicamente contendibili, devono essere affidate mediante procedura di gara (C.d.S. V, 11 giugno 2018). Pertanto, per l'affidamento del relativo contratto (attivo e non passivo) è necessario, in assenza di specifici autovincoli posti dalla P.A, il " rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica ".

Giova rammentare, invero, che, conformemente ai principi del diritto unionale, come desumibili anche dalla giurisprudenza della CGUE, la concessione della gestione di arenili per finalità turistico-ricreative deve rispondere a criteri di imparzialità, trasparenza e par condicio: in particolare, l 'art. 12 della direttiva 2006/123/CE e il novellato art. 37 del cod. nav. subordinano il rilascio di concessioni demaniali marittime all'espletamento di procedure selettive ad evidenza pubblica (Cassazione civile, sez. II, 25/01/2021, n. 1435;
si veda anche la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 9 novembre 2021, nr. 18, in particolare al punto 17 secondo cui “L'obbligo di evidenza pubblica discende, comunque, dall'applicazione dell'art. 12 della c.d. direttiva 2006/123, che prescinde dal requisito dell'interesse transfrontaliero certo, atteso che la Corte di giustizia si è espressamente pronunciata sul punto ritenendo che “l'interpretazione in base alla quale le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123 si applicano non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato membro è conforme agli scopi perseguiti dalla suddetta direttiva” (Corte di giustizia, Grande Sezione, 30 gennaio 2018, C360/15 e C31/16, punto 103)”).

A tanto può ulteriormente aggiungersi che, anche laddove si potesse configurare un procedimento volto all'adozione di provvedimenti ampliativi privo dei necessari criteri predeterminati (circostanza che il Collegio comunque esclude) in ogni caso la comparazione delle proposte ex art. 37 del cod.nav. dovrebbe avvenire con provvedimento congruamente ad approfonditamente motivato circa le specifiche ragioni di preferenza.

Invero, come rilevato dal Consiglio di Stato: “… il rilascio delle concessioni demaniali marittime implica l'espletamento di una procedura comparativa ad evidenza pubblica nel rispetto dei principi di parità di trattamento, imparzialità e trasparenza. Le predette concessioni hanno come oggetto beni economicamente contendibili, limitati nel numero e nell'estensione, che, pertanto, possono essere dati in concessione ai privati a scopi imprenditoriali solo attraverso un confronto concorrenziale governato dai principi generali relativi ai contratti pubblici… inoltre le norme italiane che prorogano in modo automatico le concessioni demaniali marittime sono in contrasto con il diritto europeo e, pertanto, vanno disapplicat e” (Consiglio di Stato del 9 novembre 2021, sentenze nn. 17 e 18).

In tale quadro si inserisce la già nota pronuncia della CGUE, 20 aprile 2023, in C-348/22 resa sulla questione sollevata dal Tar L.

Sinteticamente, per quanto qui interessa, il Giudice unionale ha rilevato che l'art. 12 dir. Bolkestein:si applica anche a tutte le concessioni demaniali, anche a quelle prive di interesse transfrontaliero certo;
consente una valutazione della scarsità delle risorse anche in base a un mero approccio generale e astratto eseguito su ambito nazionale, dando però chiara manifestazione di preferire un approccio “combinato” che tenga conto, oltre che del suddetto approccio generale e astratto, anche di un approccio caso per caso garantito dalle singole Amministrazioni comunali;
ha l'effetto diretto di obbligare gli Stati a svolgere una procedura di selezione per affidare le nuove concessioni e di vietare conseguentemente i rinnovi automatici (o le proroghe) degli affidamenti in essere; obbliga tutti i giudici nazionali e le singole pubbliche Amministrazioni nazionali e comunali a disapplicare eventuali disposizioni nazionali con esso incompatibili.

Non c’è dunque alcun contrasto tra normativa comunitaria, nazionale e regionale alla luce dell’interpretazione fornita dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 17 e 18 del 2021 nelle quali si è statuito con valenza nomofilattica che le concessioni di beni demaniali per finalità turistico-ricreative sono riconducibili alle autorizzazioni di servizi previste dall’art. 12 della direttiva 2006/123/CE, per cui esse vanno affidate in conformità della stessa disposizione sovranazionale mediante procedure ad evidenza pubblica.

Non può, pertanto ritenersi che ogni esigenza concorrenziale dovrebbe intendersi soddisfatta per effetto della pubblicazione e delle previsioni recate dal “Rende Noto”.

Il Giudice ha correttamente motivato, riportando anche il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale “Il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati determina, infatti, un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, non solo risultando invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia” (sentenze n. 171 del 2013, n. 213 del 2011, n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010)” (Corte Cost. sent. n. 40/2017 cit.).

Il Tar ha, inoltre, richiamato il pronunciamento, della la Corte Costituzionale il quale ha riconosciuto che l’espletamento di procedure ad evidenza pubblica, per come previsto dal citato art. 8 L.R. n. 17 del 2015, è imposto per effetto dei principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale che richiedono il ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati.

L’appello è, in ogni caso inammissibile.

Nel giudizio di primo grado il ricorrente aveva formulato quattro motivi di impugnazione sulla non assentibilità in concreto della richiesta concessione. Su tali motivi il primo giudice non si è soffermato, ritenendoli assorbiti dalla pronuncia sulla legittimità di una parte del provvedimento impugnato.

I motivi non sono stati riproposti nel presente giudizio. Invero l’appellante si è limitato a fare presente la circostanza, e ha unicamente affermato quanto segue: “ 4. Sugli ulteriori motivi di ricorso. Il TAR L non ha inteso soffermarsi sugli ulteriori motivi di ricorso in quanto la presunta legittimità di una parte del provvedimento impuntato assorbe gli ulteriori motivi in esso indicati. Pertanto, nel rispetto del principio di sinteticità degli atti processuali, si intendono richiamare tutte le ulteriori motivazioni sostenute nel ricorso introduttivo e ritenute assorbite dal TAR L e, in quanto tali, non valutate.”

Tale inciso, non soddisfa il requisito di c.d. “autosufficienza” dell’atto di impugnazione, (ex aliis CGARS n. 654 del 9.10.2023, capo 9.1. “9.1. Costituisce, infatti, jus receptum il principio di diritto in base al quale «L’appello che non contiene i fatti costitutivi della domanda dedotta in primo grado risulta inammissibile, dal momento che la parte originaria ricorrente che impugna una sentenza di primo grado che si è pronunciata soltanto in rito, ha l'onere di riproporre, ai sensi dell'art. 101 c.p.a., i motivi di merito non esaminati dal T.A.R., a pena di inammissibilità dell'appello proposto» (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. IV, 19 maggio 2022, n. 3967;
Sez. VI, 28 marzo 2022, n. 2263;
Sez. VI, 2 gennaio 2020, n. 23;
Sez. IV, 11 giugno 2015, n. 2880).Questa Sezione condivide il principio enunciato (espressivo del più ampio principio della necessaria autosufficienza degli atti di impugnazione) e lo ritiene pertinente al caso esaminato.


Il comma 2 dell’art. 101 del c.p.a. è di assoluta chiarezza laddove dispone che «Si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello […]». Applicando tale disposizione al caso concreto, quindi, risulta del tutto condivisibile l’argomentazione che la parte controinteressata articola nella memoria depositata il 4 settembre 2023: «L’atto di appello non riporta, né richiama le censure articolate in prime cure, non ne riassume i contenuti neanche nella narrativa in fatto, non riproduce le argomentazioni critiche dedotte a fondamento dei vizi, ma si limita del tutto genericamente a concludere per l’annullamento e la riforma della sentenza di irricevibilità dell’originaria impugnativa e per l’accoglimento della stessa. La questione oggetto di gravame, pertanto, che attiene alla irricevibilità del ricorso, non appare sorretta da motivi che potrebbero, in via del tutto ipotetica, al superamento della inammissibilità, recare una qualche utilità alla parte ricorrente, non risultando reiterate le censure sulle quali il Giudice di seconde cure dovrebbe pronunciarsi e quindi i profili di eventuale illegittimità della disposta aggiudicazione.

Nei termini prospettati dall’appello, pertanto, il provvedimento di aggiudicazione risulta ormai intangibile».” ), per cui giammai il Collegio. che condivide l’orientamento suindicato, potrebbe prendere in esame dette censure.

Trattandosi di atto amministrativo plurimotivato, anche in caso di accoglimento dell’appello sulle censure in questa sede formulate, pertanto, l’atto impugnato non potrebbe essere annullato in quanto sorretto dalle altre motivazioni non censurate.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, vanno poste a favore del Comune di Gallipoli.

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