Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-03-28, n. 202202263

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-03-28, n. 202202263
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202202263
Data del deposito : 28 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2022

N. 02263/2022REG.PROV.COLL.

N. 06683/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6683 del 2021, proposto da
Associazione degli Utenti per i Diritti Telefonici - A.U.S. Tel Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G G e C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C R in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 73;

contro

Wind Tre S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A R C, M C, I P, G M R e M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, viale Liegi, n. 32;
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Unione per la Difesa dei Consumatori e Associazione Movimento Consumatori, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del TAR per il Lazio (Sezione Terza) n. 3776/2021.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2022 il Cons. G L e uditi per le parti gli avvocati Mariacristina Tabano, in sostituzione dell'avv. C R, M C e I P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (“AGCom”), con delibera n. 497/17/CONS del 19 dicembre 2017, ha irrogato a Wind Tre s.p.a., ai sensi dell’art. 98, comma 16, del D. Lgs. n. 259/2003, una sanzione amministrativa pecuniaria, per la mancata cadenza di rinnovo delle offerte di telefonia fissa e di fatturazione su base mensile o suoi multipli, e ha disposto, in sede di ripristino del corretto ciclo di fatturazione, lo storno agli utenti degli importi corrispondenti al corrispettivo per il numero di giorni di servizio non fruiti, a partire dal 23 giugno 2017.

1.1 - Con la successiva determinazione n. 115/18/CONS del primo marzo 2018 ha revocato la delibera n. 497/17/CONS in parte qua e ha ordinato, anziché lo storno economico (con pagamento diretto ai consumatori), l’emissione tardiva della prima fattura che sarebbe stata regolarizzata con ritorno al periodo mensile.

1.2 – In seguito, il Presidente dell’Autorità, con decreto n. 9/18/PRES del 9 aprile 2018, è intervenuto nuovamente al fine di fissare nuovi e più congrui termini per l’adempimento degli operatori agli obblighi previsti dalle citate delibere. Il predetto decreto è stato ratificato con la delibera n. 187/18/CONS dell’11 aprile 2018 (che di fatto conferma la determinazione 115/18/CONS).

In esecuzione di detto decreto n. 9/18/PRES e della delibera di ratifica, l’AGCom, con la delibera n. 269/18/CONS, ha considerato equo imporre agli operatori di “ verificare i giorni erosi e…restituire un pari numero di giorni di servizio ” ed ha imposto a Wind di adempiere alla diffida di cui alla delibera n. 115/18/CONS “ tramite la completa restituzione dei giorni erosi, entro il 31 dicembre 2018 ”.

2 – Con la sentenza n. 231/2019, il TAR per il Lazio ha respinto i ricorsi e i motivi aggiunti proposi da Wind avverso le predette delibere.

2.1 - Questo Consiglio ha confermato integralmente detta decisione con la sentenza n. 1368/2020.

3 - Il Codacons e AUSTEL, al fine di conseguire la piena esecuzione di tali sentenze, hanno proposto ricorso in ottemperanza innanzi al Consiglio di Stato che, con l’ordinanza n. 8007/2020, ha dichiarato la propria incompetenza a conoscere del ricorso ex art. 112 c.p.a., individuando il giudice competente nel TAR per il Lazio.

3.1 - Il Codacons e AUSTEL hanno quindi riassunto il giudizio avanti il TAR con ricorso notificato il 13 gennaio 2021 e depositato il successivo 14 gennaio.

3.2 - Nel corso del giudizio hanno sollecitato una richiesta di chiarimenti ai sensi dell’art. 112, comma 5 c.p.a. al fine di comprendere le modalità effettive di restituzione, “ tenuto conto dei dubbi e delle incertezze relative alla esatta portata del comando giuridico oggetto dell'obbligo conformativo ”.

4 - Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR per il Lazio ha dichiarato il giudizio estinto per tardività della notifica ai sensi dell’art. 35, comma 2, lett. a), c.p.a., rilevando in ogni caso l’inammissibilità dell’azione di ottemperanza rispetto alle sentenze di rigetto.

4.1 - AUSTEL ha impugnato tale pronuncia per i motivi di seguito esaminati.

Si è tempestivamente costituita in giudizio Wind Tre, riproponendo, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 101, comma 2, c.p.a., le eccezioni che non sono state esaminate nella sentenza di primo grado.

5 – Con il primo motivo di appello si lamenta che il TAR, nel pronunciare l’estinzione del giudizio e l’inammissibilità del ricorso, nulla ha statuito nei confronti della ricorrente AUSTEL, parte ricorrente, insieme al Codacons, nel presente giudizio.

Secondo l’appellante si tratterebbe di una causa di nullità che giustifica l’annullamento della sentenza con rimessione al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 c.p.a.

5.1 – La censura è infondata.

Il Codacons e AUSTEL si sono avvalse della facoltà di proporre l’azione di ottemperanza congiuntamente, formulando, attraverso un unico ricorso, le medesime domande.

Il TAR ha rilevato la tardività della riassunzione, che evidentemente non può che riguardare entrambe le parti ricorrenti, di cui il TAR ha dato compiutamente conto nell’intestazione della sentenza. Non è dunque dato comprendere il senso della censura proposta dall’appellante, dal momento che AUSTEL neppure contesta il fatto storico della tardività del proprio ricorso in riassunzione.

In ogni caso, la violazione del diritto di difesa di cui all’art. 105 c.p.a. invocata dall’appellante, è riscontrabile solo qualora la controversia sia definita senza assicurare alla parte l’esercizio dei poteri o delle garanzie espressamente riconosciute dall’ordinamento ai fini di difesa nell’ambito del giudizio, fattispecie che evidentemente non ricorre nel caso di specie.

6 – Con il secondo motivo di appello si contesta la statuizione di estinzione, chiedendo anche sotto tale profilo l’annullamento della sentenza ai sensi dell’art. 105 c.p.a.

A tal fine, parte appellante prospetta che:

- la dichiarazione di estinzione sarebbe in contrasto con il principio di conservazione degli atti, chiaramente ispirato alla necessità di assicurare anche ad un atto viziato il raggiungimento dello scopo per il quale è stato previsto, laddove sia comunque perseguito un interesse pubblico;

- il ricorso per l’ottemperanza ed il successivo ricorso in riassunzione sono stati presentati dal Codacons, insieme con AUSTEL, proprio al fine di vedere garantita l’effettività delle sentenze e dei provvedimenti delle autorità pubbliche, nel rispetto del principio di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) nonché di imparzialità e terzietà del giudice (art. 111 Cost.), a tutela dei diritti e degli interessi legittimi dei consumatori (art. 24 Cost.), in piena conformità con le finalità statutarie dell’associazione.

6.1 – La censura è infondata.

Il presente giudizio origina dalla riassunzione conseguente all’ordinanza della Sezione depositata il 14 dicembre 2020 che ha declinato la propria competenza in favore del TAR per il Lazio.

La notificazione del ricorso in riassunzione avanti il TAR è avvenuta il 13 gennaio 2021 e, dunque, oltre il termine perentorio di 15 giorni derivante dal combinato disposto degli artt. 15, comma 4, e 119, comma 2, c.p.a.

Tale dato, neppure contestato da parte appellante, comporta l’estinzione del giudizio ai sensi dell'art. 35, comma 2, lett. a), c.p.a.

La prospettazione dell’appellante che, attraverso il richiamo ai principi generali di conservazione degli atti e valorizzando la propria funzione statutaria di tutela di interessi pubblici, vorrebbe ottenere la conversione, ai sensi dell’articolo 32 c.p.a., dell’atto in un autonomo ricorso di ottemperanza ex art. 112 c.p.a., si risolve nell’inammissibile obliterazione delle norme procedurali innanzi richiamate.

A fronte del chiaro tenore testuale delle disposizioni citate e dell’altrettanto evidente tardività del ricorso in riassunzione, non è possibile accogliere la prospettazione interpretativa di parte appellante, il cui esito sarebbe in insanabile contrasto con le norme di legge citate che regolano il processo, tanto più che la tardività della riassunzione, per quel che consta, risulta attribuibile alla stessa parte appellante.

7 – Con il terzo motivo di appello si contesta la statuizione di inammissibilità del ricorso che, secondo parte appellante, sarebbe frutto di una motivazione apparente che si traduce in un difetto assoluto di motivazione, tenuto conto che sono richiamati in maniera assertiva alcuni orientamenti giurisprudenziali senza fornire adeguata argomentazione che valga a giustificare l’inammissibilità del ricorso.

7.1 – La censura è infondata.

La sentenza contiene un’adeguata motivazione in riferimento alla ritenuta inammissibilità del ricorso.

Contrariamente alla tesi di parte appellante, la motivazione può consistere anche nel richiamo a precedenti giurisprudenziali conformi [ cfr. art. 88, comma 2, let. d), del c.p.a].

Non sussiste pertanto un’ipotesi di difetto assoluto di motivazione che giustifichi l’annullamento della sentenza e la rimessione al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 c.p.a.

Sotto altro profilo, deve rilevarsi che l’appello non contiene i fatti costitutivi della domanda dedotta in primo grado (ne è conferma il fatto che con l’appello si chiede l’annullamento della sentenza con rimessione della causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, co. 1 c.p.a.);
per l’effetto, il motivo di appello così come proposto risulta inammissibile, dal momento che, per giurisprudenza costante, la parte originaria ricorrente che impugna una sentenza di primo grado che si è pronunciata soltanto in rito, ha l’onere di riproporre, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., i motivi di merito non esaminati dal T.A.R., a pena di inammissibilità dell’appello proposto ( cfr. Cons. St. n. 2880 del 2015).

8 – Tale considerazione comporta l’inammissibilità anche del quarto motivo di appello, con il quale si richiama l’istanza di chiarimenti svolta in primo grado, deducendo che una lettura restrittiva dell’art. 112 c.p.a., che non ammettesse a chi vi abbia interesse di ottenere una pronuncia in grado di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto derivante dal giudicato, unicamente sul presupposto che si tratti di sentenza di rigetto, presenterebbe evidenti profili di incostituzionalità.

8.1 – Come anticipato, non sussiste alcun interesse all’esame della censura, posto che, stante l’impossibilità di esaminare le domande svolte in primo grado a causa della loro mancata riproposizione, anche un ipotetico accoglimento di tale censura non apporterebbe alcuna utilità all’appellante, da cui la carenza di interesse alla decisione sulla stessa ( cfr. Cons. St., Adunanza Plenaria, n. 14 del 2018).

9 – Il rigetto dell’appello principale priva di ogni interesse l’appello incidentale proposto da Wind e condizionato all’accoglimento dell’appello principale, determinando l’improcedibilità dello stesso.

9.1 – Vista la soccombenza, parte appellante dovrà rifondere le spese di lite sostenute da Wind s.p.a., liquidate come in dispositivo.

Le spese possono invece essere compensate rispetto all’Autorità che si è costituita solo formalmente.

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