Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-08-27, n. 201404374

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-08-27, n. 201404374
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404374
Data del deposito : 27 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05140/2013 REG.RIC.

N. 04374/2014REG.PROV.COLL.

N. 05140/2013 REG.RIC.

N. 07456/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5140 del 2013, proposto da:
Comune di Casalnuovo di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Alessandro III, n. 6;

contro

Regione Campania, rappresentato e difeso dall'avvocato A M, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, n. 29;
Comas S.a.s., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo M, con domicilio eletto presso Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia, n. 50;

nei confronti di

Arpac - Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania, Asl Na 2 Nord, Provincia di Napoli, Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campania, Arin Spa, Comune di Afragola, Ente D'Ambito Sarnese Vesuviano (Ato 3 Regione Campania), Gse - Gestore Servizi Elettrici Spa;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dell'Interno - Comando Generale dei Vigili del Fuoco della Provincia di Napoli, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



sul ricorso numero di registro generale 7456 del 2013, proposto da:
Aldo Pelliccia, Carmela De Filippo, Massimiliano Romano, Filippo Visone, Carmine Cerbone, Antonio Zambetti, Manuela Pinto, Carlo Stagliano, Ciro Esposito, Antonio Sovereto, Antonio Siciliano, Ferdinando Versitelli, Antonietta Manganiello, Aniello Siciliano, Emilia Panarone, Mauro Ceccarelli, Elena Esposito, Annalisa Brandi, Bartolomeo Niro, Luisa Pizzo, Crescenzo Panico, Rosario Monte, Antonio Ponticelli, Ciro Cavaliere, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Vergara, Giuseppe Sartorio con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Luigi Luciani, n.1.

contro

Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Laura Consolazio, con domicilio eletto presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Campania in Roma, via Poli, n. 29;
Co.Ma.Sa S.a.s., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo M, con domicilio eletto presso Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia, n. 50;
Arpac-Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Campania, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Amministrazione Provinciale di Napoli, Autorità di Bacino Nord Occidentale della Campania, Arin Spa, Ente D'Ambito Sarnese Vesuviano Ato 3 della Regione Campania, Comune di Afragola, Ente D'Ambito Napoli Volturno, Asl Na 2 Nord, Comune di Casalnuovo di Napoli;
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

quanto al ricorso n. 5140 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Campania – Napoli, Sezione VII, n. 1622/2013, resa tra le parti, concernente provvedimento conclusivo di una conferenza di servizi indetta per l'esercizio del potere in autotutela in merito ad autorizzazioni alla realizzazione e all'esercizio di un impianto termoelettrico

quanto al ricorso n. 7456 del 2013:

della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli: Sezione VII, n. 2518/2013, resa tra le parti, concernente provvedimento conclusivo di una conferenza di servizi indetta per l'esercizio del potere in autotutela in merito ad autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio di un impianto termoelettrico.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Campania e di Comas S.a.s. e di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e di Ministero dell'Interno - Comando Generale dei Vigili del Fuoco della Provincia di Napoli e di Regione Campania e di Co.Ma.Sa Sas e di Arpac-Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Campania e di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014 il Cons. L M T e uditi per le parti gli avvocati L, P, per delega di M, M e Palatiello, per l'Avvocatura Generale dello Stato Manzi, per delega di Sartorio, P, in dichiarata delega di M, M e Palatiello, per l'Avvocatura Generale dello Stato.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Entrambe le sentenze oggetto d’appello risolvono controversie originate da ricorsi proposti dinanzi al TAR per la Campania per l’annullamento del decreto dirigenziale della Regione Campania n. 372/2011, avente ad oggetto il provvedimento conclusivo di una conferenza di servizi indetta per l'esercizio del potere di autotutela in merito ad autorizzazioni alla realizzazione e all'esercizio di un impianto termoelettrico alimentato da biomasse rilasciate nel 2006 e nel 2008 a favore di CAMASA S.a.s. Con l’ulteriore precisazione che l’iniziativa giurisdizionale spiegata da alcuni residenti in Comune di Casalnuovo di Napoli, sfociata nella sentenza n. 2158/2013, indicata in epigrafe, tendeva anche alla caducazione: a) del nulla osta regionale all’”aumento di potenza elettrica da 1,4 MWe a 2,6 MWe” dell’impianto della Comasa S.a.s., adottato con “nota prot. n. 624160 del 18.7.2006”;
b) di tutti gli atti presupposti, conseguenti e/o comunque connessi, in quanto lesivi degli interessi dei ricorrenti, con particolare riferimento agli atti della Conferenza dei Servizi indetta con nota regionale prot. n. 38403 dell’8.9.2010, tra cui i pareri resi dai Vigili del Fuoco e dall’ARIN nell’ambito della Conferenza di Servizi, nonché alle note prot. n. 278306 del 7.4.2011 e n. 278331, e ad ogni altro parere espresso nel corso della Conferenza dei Servizi in senso sfavorevole all’annullamento dei decreti regionali n. 4/2006 e n. 314/2008.

2. Entrambi i ricorsi deludevano le aspettative dei rispettivi proponenti in quanto con le pronunce oggetto dei riuniti gravami il primo Giudice respingeva quello proposto dall’amministrazione comunale e dichiarava in parte inammissibile ed in parte respingeva il ricorso proposto da alcuni residenti nel Comune di Casalnuovo.

3. In particolare, la sentenza del T.a.r. Campania – Napoli, Sezione VII, n. 1622/2013, chiariva che il ricorso incidentale doveva ritenersi inammissibile, perché non tendeva a paralizzare quello principale, ma ad evidenziare ulteriori profili di illegittimità del provvedimento impugnato. Mentre respingeva quello principale con motivazioni riprese anche dalla successiva sentenza n. 2518/2013. Il TAR notava, infatti, che l’esercizio del potere di autotutela necessitava non solo del riscontro di un vizio di legittimità, ma anche di un prevalente interesse pubblico, nella specie ritenuto non sussistente. Ancora, rilevava il Tribunale, correttamente l’amministrazione regionale aveva ritenuto inammissibili taluni pareri negativi in quanto contrastanti con il combinato disposto di cui agli artt. 14-quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (secondo cui il dissenso deve essere sempre circostanziato) e 21-nonies della stessa legge generale sul procedimento amministrativo, con particolare riferimento alla evidenziazione di un concreto interesse pubblico alla rimozione. Invece, risultava evidente come la stessa non fosse incorsa in alcuno dei vizi denunziati e, in particolare, in quello di carente motivazione, o di prevalenza di posizioni favorevoli all’annullamento oppure di dissensi espressi in materia di interessi sensibili, idonei a determinare valutazioni di secondo livello ad opera del Consiglio dei ministri. Da respingere risultavano anche gli ulteriori motivi di gravame. In merito al motivo sub f), del ricorso principale il primo Giudice sottolineava che l’installazione nell’abitato di un’industria insalubre non è di per sé vietata in assoluto, dal momento che l'art. 216, t.u.l.s. 27 luglio 1934 n. 1265, lo consente se la stessa installazione è accompagnata dall’introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato. Con riferimento alla censura sub i), il punto 18.3. delle linee guida ministeriali in materia di energie rinnovabili (D.M. 10 settembre 2010) prescrive che la concessione per la derivazione di acque pubbliche non necessariamente deve essere rilasciata in esito alla conferenza di servizi preordinata alla adozione dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003. In relazione alla denunciata difformità tra quanto realizzato e quanto autorizzato, si tratta di aspetti legati alla attività di vigilanza e controllo cui la PA è tenuta in fase di realizzazione dell’impianto, dunque estranei al ricorso proposto che non può che avere ad oggetto la legittimità o meno del momento autorizzatorio. Infine, il TAR respingeva per la sua genericità il motivo sub l) del ricorso principale, con il quale veniva sostenuto il superamento dei valori limiti di emissione.

4. La sentenza del Tar Campania, Napoli, n. 2158/2013, dichiarava inammissibile il ricorso di prime cure nella parte in cui impugnava i pareri resi dai Vigili del Fuoco e dall’Arin in sede di conferenza di servizi, entrambi non idonei ad incidere sull'interesse del ricorrente, ed il nulla - osta all’aumento della potenza elettrica dell’impianto di proprietà CO.MA.SA. da 1,4 MWe a 2,6 MWe , rilasciato con nota prot. n. 624160 del 18.7.2006. Circa quest’ultimo, il primo Giudice sottolineava come fosse divenuto atto definitivo, in quanto non veniva tempestivamente impugnato, né il ricorso proposto avverso il decreto dirigenziale n. 372/2011, poteva costituire l’occasione per dolersi delle presunte illegittimità di atti non gravati nel rispetto del termine decadenziale. Il ricorso di primo grado veniva, quindi, respinto per il resto, non riscontrando le denunciate violazioni delle disposizioni in materia di conferenza di servizi e di autotutela di cui alla legge n. 241/1990, ovvero dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003 e del D.P.R. n. 380/2001, né alcuna illegittimità del decreto impugnato per eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria e del difetto di motivazione. Infine, ritenendo che l’installazione nell’abitato di un’industria insalubre non sia di per sé vietata in assoluto, dal momento che l'art. 216, T.U.L.S. 27 luglio 1934 n. 1265, lo consente, se la stessa installazione è accompagnata dall’introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute del vicinato.

5. L’appello proposto dall’amministrazione comunale avverso la sentenza n. 1622/2013, ne evidenzia l’erroneità per i seguenti motivi: a) i pareri espressi in sede di conferenza di servizi non si caratterizzerebbero per contrarietà generica, tanto che l’ARPAC nella relazione del 27 aprile 2011 avrebbe evidenziato, da un lato, l’emissione di ossidi di azoto e la mancata risposta della CAMASA sulla sostenibilità dell’impianto;
dall’altro, l’assenza di un Piano di monitoraggio. Ancora, nella stessa relazione l’ASL NA 2 nord aveva sottolineato l’impossibilità di un carico inquinante aggiuntivo;
e nelle relazioni prodotte dallo stesso appellante si sottolineava la nocività per la salute umana dell’impianto e l’insostenibilità dello stesso per il territorio. Pertanto, anche in applicazione del principio di precauzione non si sarebbe potuto concludere per la presenza generica contrarietà nei pareri espressi;
b) la sentenza non rispetterebbe i principi espressi dalla giurisprudenza in tema di autotutela in costanza di violazione di piani urbanistici;
c) la sentenza erroneamente sosterrebbe che non sia stata provata l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla rimozione del provvedimento, mentre il Comune in conferenza avrebbe dimostrato anche l’assenza di un interesse privato meritevole di tutela, per la presenza di dichiarazioni non veritiere da parte dell’appellata, per il mancato inizio della realizzazione delle opere;
d) erronea sarebbe la sentenza nella parte in cui non avrebbe valorizzato il richiamo fatto dal Comune alle relazioni

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