Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-01-29, n. 202000721

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-01-29, n. 202000721
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000721
Data del deposito : 29 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/01/2020

N. 00721/2020REG.PROV.COLL.

N. 01357/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1357 del 2019, proposto da
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A A, F M F, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luca Leone in Roma, via Appennini, 46;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato L B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Citta' Metropolitana di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Daniela Mauriello, Massimo Maurizio Marsico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Ugo Cornetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Oscar Mercolino, Gennaro Galietta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Provincia di Benevento, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Felice Laudadio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
C.L.P. Sviluppo Industriale S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Messina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gennaro Terracciano in Roma, piazza San Bernardo, 101;
Comune di Salerno, Comune di Benevento, Comune di Avellino, Provincia di Caserta, ANM S.p.a.- Azienda Napoletana Mobilità, EAV - Ente Autonomo Volturno S.r.l., Sita Sud - Sicurezza Trasporti Autolinee S.r.l., ATC - Azienda Trasporti Campani S.r.l., AIr. - Autoservizi Irpini S.p.a., Trenitalia S.p.a., Caremar - Compagnia Regionale Marittima S.p.a., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 4668 del 2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Campania, Citta' Metropolitana di Napoli, Provincia di Salerno, Provincia di Avellino, Provincia di Benevento e C.L.P. Sviluppo Industriale S.p.a.;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2019 il Cons. E Q e uditi per le parti gli avvocati R, B, M per delega di Laudadio e per delega di Messina;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Comune di Napoli ha impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale per la Campania la delibera della Giunta Regionale della Campania n. 164 del 28 marzo 2017, avente ad oggetto “ Servizi Minimi Trasporti Pubblici Locali (TPL) - Programmazione Risorse ed indirizzi operativi ” e gli atti connessi, recanti la ripartizione dei fondi necessari per i servizi del TPL per il 2017, nella parte in cui sono state assegnate all’ente ricorrente risorse finanziarie per complessivi € 58.484.022,00 “ da ritenersi comprensive dell’Iva, dei rinnovi contrattuali e di qualsiasi altro onere connesso ai servizi ”, lamentandone l’inadeguatezza.

Il ricorso è stato respinto con la sentenza indicata in epigrafe, che è stata appellata dal comune di Napoli, in quale, a sostegno del proprio gravame, ha dedotto i seguenti motivi di diritto:

I) difetto di istruttoria e di motivazione, disparità di trattamento sui criteri di riparto delle risorse per i servizi di TPL, fra i vari segmenti e, in specie, per quelle distribuite per gomma e ferro, a danno del comune di Napoli;
illegittimità derivata della dGR Campania n. 164 del 2017 dalla dGR n. 37 del 2012 per illogica divaricazione dal giudicato formatosi sulle sentenze del G.A.;

II) difetto di istruttoria e di motivazione per mancata applicazione delle risorse minime programmate ed approvate con la dGR Campania n. 462 del 2013;
contraddittorietà;
violazione dei principi del giusto procedimento, correttezza e imparzialità dell’azione amministrativa, eccesso di potere per illogicità manifesta, sviamento e disparità di trattamento;
violazione e falsa applicazione della legge della regione Campania n. 5 del 2013 (art. 1, comma 90) in connessione con le previsioni della legge n. 1 del 2015, dell’art. 16 bis del d.l. n. 95 del 2012, degli artt. 21 e 26 della legge n. 196 del 2009;

III) difetto di motivazione e di istruttoria;
illogicità;
ulteriore profilo di disparità di trattamento e contraddittorietà;

IV) illogicità;
difetto di motivazione;
omessa pronuncia;
irragionevolezza manifesta e disparità di trattamento;

V) difetto di motivazione;
illogicità;
violazione dei principi di partecipazione, affidamento e leale collaborazione;

VI) illogicità;
contraddittorietà;
erroneità;

VII) Violazione e falsa applicazione della disciplina sui rinnovi contrattuali fra cui la l.r. n. 5 del 2002 (art. 5) in connessione con il d.l. n. 422 del 1997 (art. 16, comma 3), l’art. 23 del d.l. n. 355 del 2003 in connessione con la l. n. 549 del 1995 e con la l. n. 244 del 2007 (art. 1, commi da 295 a 301), con il d.l. n. 16 del 2005 e le leggi n. 296 del 2006 (art. 1, comma 1230) e n. 208 del 2015 (art. 1, comma 633);
errata applicazione dell’art. 16 bis del d.l. n. 95 del 2012, convertito nella l. n. 135 del 2012.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Campania, la Citta' Metropolitana di Napoli, la Provincia di Salerno, la Provincia di Avellino, la Provincia di Benevento e C.L.P. Sviluppo Industriale S.p.a.;

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 17 dicembre 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto dal comune di Napoli contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania n. 4668 del 2018, che ha respinto il ricorso dell’odierno appellante per l’annullamento della delibera di Giunta Regionale della Campania n. 164 del 28 marzo 2017 avente ad oggetto “ servizi minimi trasporti pubblici locali (TPL). Programmazione risorse ed indirizzi operativi ” nella parte in cui ha assegnato al Comune, per l’anno 2017, risorse pari ad euro 58.484.022,00 “ da ritenersi comprensive dell'IVA, dei rinnovi contrattuali e di qualsiasi onere connesso ai servizi ”.

A parere dell’appellante, la sentenza sarebbe erronea laddove non avrebbe ravvisato nell’emanazione della delibera di Giunta Regionale impugnata in primo grado, come dedotto dall’istante, una violazione del Piano di riprogrammazione dei servizi minimi di TPL approvato dalla stessa regione Campania e, nello stesso tempo, la riproposizione di una disparità di trattamento a danno del comune di Napoli, già accertata dal giudice amministrativo relativamente al riparto operato dalla stessa Regione negli anni precedenti.

In particolare, con la prima doglianza il comune di Napoli ha dedotto l’erroneità della sentenza per non avere accolto il motivo con cui si era censurato il provvedimento gravato per eccesso di potere, disparità di trattamento ed elusione del giudicato, rilevando che la Giunta Regionale, con la delibera

n.164 del 28 marzo 2017, avrebbe reiterato le scelte compiute negli anni precedenti, ivi compresi gli anni 2011 e 2012, di cui il giudice amministrativo aveva già accertato l’illegittimità della ripartizione dei fondi per disparità di trattamento nei confronti del comune di Napoli, al quale è stata operata una immotivata riduzione rispetto agli altri enti locali, nonché a beneficio dei servizi regionali e del comparto ferro (EAV e Trenitalia) e a scapito dei servizi locali di metropolitana e di circumvesuviana.

Con il secondo motivo l’appellante si duole dell’erroneità della sentenza, che avrebbe respinto la censura concernente il mancato rispetto delle previsioni del Piano di riprogrammazione dei servizi minimi di trasporto pubblico locale, approvato dalla Giunta Regionale con delibera n. 462 del 2013, che per lo scenario “0”, cioè minimo, prevedevano per il comune di Napoli lo stanziamento della somma di euro 67.486.632,00, di cui oltre 27 milioni per trasporto su ferro (metropolitane e funicolari cittadine), evidenziando che la linea 1 della metropolitana ha registrato un notevole incremento del numero di viaggiatori senza beneficiare di un corrispondente adeguamento delle risorse, a differenza di altre aziende regionali di trasporto su ferro, che avrebbero, invece, ricevuto un incremento.

Con la terza doglianza il Comune deduce che la sentenza sarebbe erronea laddove non avrebbe accolto il motivo con cui si censurava che la Regione non avrebbe considerato le risorse necessarie da destinare per l’esercizio del trasporto cittadino su ferro (funicolari e metropolitana), mentre avrebbe aumentato in maniera rilevante quelle destinate al trasporto su ferro regionale, nonché a Trenitalia.

Con il quarto, quinto e sesto motivo l’appellante si duole dell’erroneità della sentenza, che avrebbe respinto le censure concernenti: il difetto di motivazione e la disparità di trattamento sia nel riparto operato fra i segmenti del TPL, sia, nell’ambito del solo trasporto gomma, fra gli enti locali e le aziende di trasporto;
la violazione della partecipazione procedimentale, atteso che in sede di Comitato di indirizzo e monitoraggio del TPL, era stata sottoposta al comune di Napoli una ripartizione che prevedeva lo stanziamento di risorse maggiori (62,5 milioni di euro) rispetto a quelle poi effettivamente stanziate;
l’illegittimità dell’imposizione ai soggetti destinatari delle risorse di inserire nei contratti con i gestori del servizio una clausola di revisione dei corrispettivi fino al 20%.

Infine, con la settima censura, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza laddove non ha accolto il motivo concernente l’illegittimo assorbimento nei finanziamenti della quota destinata ai rinnovi contrattuali del personale del TPL, ai sensi dell’art. 23 d.l. n. 355 del 2003.

Per la Regione e le altre parti costituite la sentenza appellata sarebbe del tutto esente dai dedotti vizi di legittimità. Invero, lo stanziamento dei fondi, dello stesso ammontare rispetto al 2016, sarebbe connesso strettamente con quelli a disposizione della regione Campania: essendo i fondi diminuiti rispetto alle previsioni del 2013, anche quelli destinati al comune di Napoli sarebbero minori. Pertanto, pur rappresentando il Piano del 2013 un fondamentale punto di partenza per qualsiasi ragionamento in termini di ripartizione di fondi per i trasporti regionali, su un piano concreto lo stesso non potrebbe avere ancora una piena e totale attuazione, anche per le ridotte disponibilità di fondi di cui attualmente può disporre la Regione, che ne avrebbe subito la riduzione per effetto della legge 7 agosto 2012, n. 135, lasciando inalterato al netto dei contratti di servizio il plafond da destinare agli enti che gestiscono i servizi di trasporto pubblico locale di rispettiva competenza.

Sempre per la Regione, l’esattezza del rilievo sarebbe stata confermata dal giudice di primo grado, che non ha ritenuto “ predicabile la censura di disparità di trattamento, non trattandosi di situazioni comparabili poiché il trasporto ferroviario regionale costituisce un servizio erogato in favore dell'utenza di tutto il territorio campano, quindi a prescindere dalle specifiche esigenze locali e, inoltre, al soddisfacimento di queste ultime possono contribuire anche gli enti locali ”. In ogni caso, sia i fondi per il trasporto su ferro che quelli per gli adeguamenti contrattuali sarebbero ricompresi nel totale ed in relazione a questi ultimi dovrebbe richiamarsi la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 5804 del 23 agosto 2019, che avrebbe ben motivato in relazione alla modifica legislativa intervenuta a seguito dell’abrogazione dell’art. 1, commi 95, 96, 97, 98 e 99, della legge finanziaria 2008 ad opera del d.l. n. 95 del 2012, per le cui prescrizioni le leggi statali di finanziamento di rinnovo contrattuale permarrebbero in vigore per le sole regioni a statuto speciale in virtù del diverso sistema di finanziamento del trasporto pubblico locale.

La delibera regionale avrebbe, dunque, ripartito le risorse complessivamente considerate nel rispetto del vincolo indicato dal legislatore, quello del finanziamento del trasporto pubblico locale.

Inoltre, l’evoluzione legislativa avrebbe superato il criterio di finanziamento basato “sulla spesa storica” e avrebbe introdotto un meccanismo di programmazione fondato sulla oggettiva entità delle risorse disponibili indicate dalla legge regionale di approvazione del bilancio. La svolta sul finanziamento del trasporto pubblico locale sarebbe, dunque, avvenuta con la legge n. 244 del 2007 (art. 1, commi 295297) che ha soppresso tutti i precedenti stanziamenti, attribuendo alle Regioni una compartecipazione al gettito delle accise sul gasolio per autotrazione e stabilendo che tale compartecipazione sostituisce “i trasferimenti” per i rinnovi dei contratti di lavoro relativi al settore del trasporto pubblico locale di cui all’art. 23 del d.l. 24 dicembre 2003, n. 355. Dal 2011 lo Stato non interverrebbe più, quindi, a sussidiare direttamente le aziende mediante la corresponsione dei costi relativi ai rinnovi contrattuali, e tutte le risorse che a vario titolo lo stesso erogava anche a tal fine sarebbero state accorpate e consolidate nel loro ammontare complessivo per il triennio 2008-2010. In conseguenza del taglio dei finanziamenti statali, le Amministrazioni avrebbero, dunque, adottato una manovra complessa, finalizzata a ridurre i programmi di esercizio e ad incrementare le tariffe per fronteggiare le sopravvenute ristrettezze di finanza pubblica statale e regionale.

Sempre per la Regione, diversamente da quanto affermato dal comune di Napoli, le risorse pubbliche sarebbero state ripartite sulla base dei parametri del costo unitario del servizio idonei a garantire la distribuzione dei servizi minimi all’interno dei bacini di traffico. L’appello si fonderebbe, quindi, su un parametro – costo storico – superato dalla normativa interna e comunitaria a far data dal 2007, atteso che dal 2011 l’entrata in funzione del nuovo sistema di finanziamento del trasporto pubblico locale avrebbe determinato l’incidenza delle risorse sul patto di stabilità e che i contributi per i rinnovi contrattuali, che figuravano tra le voci da detrarre, non sarebbero più detraibili.

Infine, per la Regione l’ammontare delle risorse, la onnicomprensività della loro portata, le quote di riparto, sarebbero state oggetto di specifiche discussioni ed approvazioni in sede di Comitato di indirizzo e monitoraggio del TPL, per cui sarebbe infondato anche il motivo con il quale il Comune appellante lamenta la mancata partecipazione. In ogni caso, le scelte apparterrebbero alla insindacabile discrezionalità della Regione.

L’appello è fondato.

Invero, non convince la tesi di fondo, portata avanti dalla regione Campania e condivisa dal giudice di prime cure, secondo cui la disparità di trattamento perpetrata sin dal 2011 nei confronti del comune di Napoli rispetto ad alcuni degli altri comuni della Regione, nonché di società di servizi regionali di trasporto pubblico locale su gomma e del comparto di trasporto su ferro, sarebbe difficilmente argomentabile come manifestamente illogica a fronte di un quadro tecnico-discrezionale complessivo e della preservazione per Napoli, per il 2017, del livello del finanziamento del 2016, e comunque sarebbe onere degli enti che gestiscono i servizi di trasporto pubblico locale di rispettiva competenza far fruttare al massimo tali contributi aumentando l’efficienza della gestione del servizio.

Dalla documentazione versata in atti risulta, infatti, che rispetto all’anno 2011, per il quale questo Consiglio aveva già accertato l’illegittimità per disparità di trattamento della decurtazione dei finanziamenti regionali per il trasporto pubblico locale di Napoli da quasi 69 milioni di euro a circa 62 milioni e mezzo di euro, il finanziamento si è ulteriormente ridotto a 58.484.022,00 di euro, mentre per alcuni comuni della regione Campania è aumentato, non valendo per tutti, quindi, la teoria dei comportamenti virtuosi da tenere nella gestione del servizio di TPL.

Dagli atti risulta, inoltre, che nel 2016 e ancor di più nel 2017 il fondo TPL regionale per i servizi su gomma è aumentato, mentre è rimasta invariata la quota di finanziamento attribuita al Comune appellante.

La valutazione tecnica effettuata, in proposito, dalla Regione deve ritenersi manifestamente irragionevole e sindacabile proprio perché sintomatica di essere viziata alla luce del criterio di finanziamento basato “sul costo storico”, che, seppur non più previsto dalla normativa vigente, rimane pur sempre parametro logico di riferimento derogabile solo in base a criteri ragionevoli indicati, esigendo, sul punto, pregnante motivazione, ciò che non è stato fatto nella specie, laddove la spesa nominale è costante, cioè diminuisce in termini reali, e ciò si verifica solo per l’ente che, per fatto notorio, ha i più alti costi di congestione, connessi, appunto, alle peculiarità del trasporto pubblico locale così come sviluppato negli ultimi anni, che hanno visto un notevole incremento di viaggiatori connesso alla costruzione e al continuo ammodernamento della linea 1 della metropolitana.

E’ manifestamente illogico non far valere il criterio della spesa storica: se lo stanziamento nominale rimane lo stesso, in realtà con gli anni lo stanziamento reale diminuisce. Non può ammettersi un’inversione dell’onere della prova. Per sovvertire il criterio della spesa storica si esige una specifica motivazione, perché Napoli è città di dimensioni tali che è notorio possa avere costi aggiuntivi di congestione non presenti nei comuni minori.

Né il taglio sostanziale dei fondi per il comune di Napoli può giustificarsi con l’entrata in vigore di accordi e piani regionali con EAV e RFI, che avrebbero diminuito le risorse a disposizione, risultando illogico finanziare RFI e EAV e diminuire il finanziamento reale per la metropolitana e la circumvesuviana di Napoli: il potenziamento delle linee veloci su Napoli crea, infatti, l’esigenza di potenziarne, conseguentemente, anche la metropolitana e la circumvesuviana, che costituiscono importanti infrastrutture di raccordo per la cittadinanza e per tutti coloro che si muovono nella città.

L’appellante si duole, inoltre, dell’erroneità della sentenza, che avrebbe respinto la censura concernente il mancato rispetto delle previsioni del Piano di riprogrammazione dei servizi minimi di trasporto pubblico locale, approvato dalla Giunta Regionale con delibera n. 462 del 2013.

Anche tale censura è fondata, risultando incontestato che la Regione, nonostante avesse a disposizione risorse maggiori di quelle necessarie a dare attuazione ai servizi minimi della propria ultima programmazione, si è discostata dalle previsioni di finanziamento del Piano di riprogrammazione del 2013, che per lo scenario “0”, cioè minimo, che rappresenta la soglia minima al di sotto della quale non si garantisce un’offerta minima di servizi per i cittadini, prevedevano per il comune di Napoli lo stanziamento della somma di euro 67.486.632,00 (esclusa IVA), di cui oltre 27 milioni per trasporto su ferro (metropolitane e funicolari cittadine), mentre la quota di finanziamento attribuita in concreto alla città è stata, come detto, di soli euro 58.484.022,00 (inclusa IVA), comprensiva anche della porzione per il trasporto su ferro.

Né l’intervento del comune di Napoli mediante la partecipazione al comitato di indirizzo e di monitoraggio del trasporto pubblico locale - che costituisce l’organismo di raccordo istituzionale attraverso il quale la Regione favorisce la partecipazione degli enti locali al processo di pianificazione, gestione e controllo dei servizi di trasporto pubblico locale del bacino unico regionale, appositamente previsto con regolamento regionale n. 10 del 20 dicembre 2013 in esecuzione dell’art. 1, comma 90, della legge regionale n. 5 del 2013 - implica in alcun modo una preclusione a censurare l’irragionevolezza delle conclusioni a cui è pervenuta la Regione per contraddizione con la precedente istruttoria partecipata, anche in considerazione dell’indicazione, nel corso di tale istruttoria, di uno stanziamento diverso e maggiore per la città di Napoli.

Invero, dal verbale della seduta del 29 novembre 2016 del comitato di indirizzo e di monitoraggio del trasporto pubblico locale risulta che in quella sede la Regione, nell’ambito della ripartizione delle risorse stanziate per i servizi di trasporto pubblico locale, ha manifestato l’intenzione di assegnare al comune di Napoli 62,5 milioni di euro, disattendendo, invece, irragionevolmente, tale impegno con l’emanazione della delibera impugnata in primo grado e reiterando il pregresso stanziamento pari ad euro 58.484.022,00.

Palese risulta, dunque, l’illegittimità dell’operato della Regione per illogicità e difetto di motivazione, anche in considerazione del richiamo testuale alla dGR n. 462 del 24 ottobre 2013 da parte della delibera impugnata in primo grado.

Infine, la sentenza della sezione n. 5804 dell’agosto del 2019 in relazione ai fondi per gli adeguamenti contrattuali non riguarda i profili preliminari della problematica, ma quelli conseguenziali e, comunque, concerne solo uno dei motivi del ricorso, che può essere assorbito da quanto in precedenza statuito.

Alla luce delle suesposte considerazioni, assorbendosi gli ulteriori motivi dedotti, l’appello va accolto, con la conseguente riforma della sentenza appellata.

Riguardo all’istanza di accertamento delle risorse per il finanziamento dei servizi minimi di TPL dovute al comune di Napoli per l’anno 2017, sussiste l’obbligo della regione Campania di procedere alla nuova rideterminazione delle stesse, tenendo conto dei principi espressi nella presente decisione.

Per la complessità delle questioni trattate sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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