Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-08-21, n. 202307878

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-08-21, n. 202307878
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307878
Data del deposito : 21 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/08/2023

N. 07878/2023REG.PROV.COLL.

N. 02746/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2746 del 2018, proposto da M In S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato D A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Melo da Bari, 35;

contro

Comune di Bitonto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’ufficio legale dell’ente in Bitonto, corso Vittorio Emanuele II, 41;
Regione Puglia, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 1258/2017, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bitonto;

Viste le memorie depositate dalle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2023 il Cons. Fabrizio Di Rubbo, dato atto delle istanze di passaggio in decisione depositate dagli avvocati D A e P M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- M In S.r.l. ha impugnato, col ricorso proposto in primo grado, la delibera C.C. n. 5 del 15.01.2015, con cui il Comune di Bitonto, in dichiarata esecuzione della sentenza d’ottemperanza del T.A.R. per la Puglia n. 583 del 6.5.2014, ha rigettato “ le osservazioni proposte, contraddistinte con il numero 8, 9, 10/1994, sull’adozione della variante integrativa ex SS 98 deliberata con atto del commissario straordinario n. 459/09.08.1994, per le motivazioni contenute nella relazione istruttoria del settore urbanistico avente prot. 44539 dell’1.12.2014 ” (anch’essa gravata).

La vicenda sottesa al contenzioso è relativa a terreni di proprietà della M In S.r.l., siti nel Comune di Bitonto - identificati al catasto al fg. 63, p.lle 135, 290, 300, 301, 200, 329, 357, 354, 358;
fg. 62, p.lla 463;
fg. 52 p.lla 370, 371, 372 – e aventi destinazione agricola, sui quali l’impresa intendeva realizzare un opificio e per questo aveva chiesto al Comune la modifica della tipizzazione di P.R.G. relativa all’area ad essi relativa.

Secondo la ricorrente il Comune, con la delibera impugnata, ha nuovamente violato il giudicato formatosi sulla sentenza del T.a.r. per la Puglia n. 5389/2004 di annullamento degli atti impugnati nella parte in cui avevano rigettato le medesime osservazioni presentate dalla società rispetto all’adozione della Variante integrativa del P.R.G. per gli insediamenti industriali e/o commerciali lungo la S.S. n. 98, che non aveva incluso i terreni della medesima fra quelli destinati ad attività produttive e commerciali.

Ha allegato la ricorrente che il medesimo T.a.r.. con successiva sentenza d’ottemperanza n. 583 del 6.5.2014 aveva statuito la nullità, per elusione del giudicato ex art. 21 septies l. 241/90, del rigetto con atto prot. n. 41388 del 30.12.2013 dell’istanza di rilascio di concessione edilizia n. 15/1989, adottato in esecuzione della sentenza 5389/2004. In particolare, con la suindicata pronuncia il T.a.r. aveva rilevato che il provvedimento gravato “(…) postula che il Comune, con l’adozione della variante generale, esercitando dunque nuovamente il potere discrezionale di pianificazione territoriale, si sia conformato al giudicato (ciò, come detto, è impossibile ratione temporis ), laddove invece avrebbe dovuto dare esplicito riscontro alle osservazioni della ricorrente immotivamente respinte in seno al precedente procedimento di approvazione della variante integrativa. Conclusivamente il diniego di rilascio della concessione edilizia, basandosi sulla originaria tipizzazione agricola del fondo, riproduce per derivazione lo stesso vizio per il quale sono stati annullati gli atti che nel precedente giudizio avevano respinto immotivamente le osservazioni addotte per mutarla in destinazione industriale, così ponendosi in aperto contrasto con il giudicato di cui si chiede esecuzione ”.

Tutto ciò premesso nel ricorso, la società ha impugnato i provvedimenti emessi successivamente a detta ultima sentenza e, in particolare, la relazione istruttoria su cui la delibera impugnata fonda per relationem la motivazione del nuovo rigetto delle stesse osservazioni. Ha contestato, tra l’altro, che la civica amministrazione non abbia effettuato ogni relativa valutazione ora per allora. Ha inoltre allegato che la variante aveva consentito anche nuovi insediamenti nel perseguire la sua finalità di “riordino urbanistico”, contestando, per questo, la ragione di rigetto fondata sulla “ possibilità di edificazione solo in ampliamento e per i soli terreni contermini alle attività esistenti ”, ritenendo che tale presupposto sia stato disconosciuto dalla succitata sentenza n. 5389/2004. Ha poi contestato che oltre all’incremento dell’occupazione, obiettivo fissato dalla delibera commissariale n. 459/94 cui le osservazioni si riferiscono, vi fossero altri parametri di valutazione, disconoscendo in particolare quello addotto dalla Relazione impugnata relativo al “consumo del suolo”.

Ha chiesto che la delibera impugnata fosse dichiarata nulla per elusione del giudicato e di emettersi il provvedimento in luogo dell’amministrazione o che fosse imposto a quest’ultima il relativo contenuto, con nomina di un commissario ad acta in caso di prolungata inerzia e condanna dell’ente al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del giudicato.

In via subordinata ha chiesto, previo mutamento del rito, l’annullamento della medesima delibera, per violazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 267/2000 e degli artt. 19 e 22 del regolamento del C.C. del Comune di Bitonto, stante il mancato raggiungimento del numero di votanti necessari per l’approvazione di uno strumento di pianificazione generale (almeno la metà dei consiglieri, ossia nel caso di specie 13 su 25, mentre i votanti della gravata delibera erano stati 12). Ha altresì censurato la delibera per difetto di motivazione ai sensi degli artt. 1 e 3 l. 241/90.

Il Comune di Bitonto si è costituito in giudizio e ha resistito al ricorso, eccependo la infondatezza sia della principale domanda di nullità per elusione del giudicato, sia della domanda alternativa di annullamento della delibera gravata.

Con successiva memoria la ricorrente ha replicato alla difesa della civica amministrazione.

Con sentenza n. 588 del 7.6.2017 il T.a.r. ha respinto la domanda di nullità per violazione o elusione del giudicato e ha disposto il mutamento del rito in ordinario - ai sensi dell'art. 32, comma 2, c.p.a. - per l'esame della domanda di annullamento.

Le parti hanno poi depositato memorie relative a quest’ultima causa.

All’esito dell’udienza pubblica del 29.11.2017, la predetta domanda d’annullamento è stata respinta.

Ha impugnata la relativa sentenza la società ricorrente, con due motivi di gravame.

Si è costituito con apposito atto, per resistere all’appello, il Comune di Bitonto.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 73 c.p.a., ribadendo le rispettive posizioni.

All’udienza pubblica del 6 luglio 2023 la causa è passata in decisione.

2. Giova rammentare, preliminarmente, che è stata esperita in primo grado una doppia domanda, definita da due distinte sentenze: la prima, proposta in via principale, di ottemperanza alle due pregresse sentenze sopra citate, respinta con sentenza n. 588 del 2017 (sulla cui eventuale distinta impugnazione non è fatto alcun cenno dall’appellante);
e un’altra, proposta in via subordinata, di annullamento per vizi di legittimità della stessa delibera impugnata, consistenti nel difetto di motivazione e nella violazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 267/2000 e delle altre norme addotte in materia di quorum deliberativo, respinta dalla sentenza indicata in epigrafe.

L’appello in esame concerne la sola decisione di rigetto di tale ultima domanda “subordinata” d’annullamento, ed è infondato per quanto segue.

2.1 Le varie censure racchiuse nel primo motivo di gravame, rubricato < Erronea, incongrua e contraddittoria motivazione della sentenza >, reiterano quelle addotte nel corrispondente motivo proposto in primo grado, che a loro volta sono sostanzialmente speculari alle ragioni di nullità della delibera impugnata addotte nella domanda principale - come riconosciuto dalla stessa società appellante (cfr. pag. 7 dell’atto d’appello, nella narrazione del processo: <[…] ha comunque domandato l’annullamento della medesima delibera […] sia per vizi inerenti alla motivazione – per le stesse ragioni dedotte con riferimento alla nullità dell’atto – sia per violazione dell’art. 38, c. 2, D.Lgs. n. 267/2000 […])>
-, salvo un fugace riferimento nell’originario ricorso alla carenza motivazionale e alla violazione dei criteri di imparzialità e trasparenza ex artt. 1 e 3 l. 241/90.

Ciò implica che tali censure, per il loro contenuto ( infra meglio specificato), avrebbero propriamente potuto essere riproposte nell’eventuale impugnazione della sentenza di rigetto della domanda d’ottemperanza (che ha così motivato: “[…] appare evidente che le sentenze n. 583/2014 e prima ancora quella n. 5389/2004 pronunciate da questo T.A.R., non hanno conformato puntualmente la successiva eventuale azione amministrativa. Ne consegue allora che il giudicato non è in sé integralmente satisfattivo dell’interesse della società ricorrente e che, nel vuoto conseguente all’effetto demolitorio dell’annullamento in esso pronunciato, trova chiaramente spazio la riedizione del potere del Comune di esprimersi sulle osservazioni alla variante di P.R.G.” ), anzichè nei confronti della sentenza qui impugnata, resa dal T.a.r. in punto di mera motivazione dell’atto, previo mutamento del rito.

Dalla concreta lettura del motivo si evince, infatti, che esso è tutto incentrato sull’asserita violazione od elusione dei due succitati giudicati da parte dell’atto impugnato. Il rilievo concerne sia la lamentela in ordine all’omessa effettuazione “ ora per allora ” dell’esame delle osservazioni proposte in sede amministrativa dalla società, in violazione delle prescrizioni delle precedenti sentenze, avendo l’atto impugnato affermato tra l’altro che “ non è possibile prescindere dagli attuali indirizzi ” (cfr. pagg. 7 e 9 e s. dell’atto d’appello);
sia la censura di omessa osservanza degli originari principi ispiratori della variante in questione “ di favorire insediamenti produttivi in grado di creare nuova occupazione ”, individuati come “ autolimite ” dalla sentenza n. 583/2014 (cfr. pagg. 8 e 10 dell’atto d’appello);
sia la censura alla motivazione della sentenza impugnata ov’essa richiama i “ principi generali sul potere di pianificazione urbanistica ”, contestata dalla ricorrente (cfr. pag. 11 dell’atto d’appello) <(…) poiché le valutazioni del Comune, pur discrezionali, dovevano comunque attenersi ai criteri stabiliti inter partes dalle due precedenti sentenze >.

Per quanto qui rileva, le predette critiche non configurano neppure astrattamente un autonomo vizio motivazionale (o la violazione dei criteri d’imparzialità e trasparenza), vertendo sulla dedotta violazione di prescrizioni poste da precedenti decisioni giudiziali e non dalla legge.

2.1.1 Ciò posto, l’unico aspetto astrattamente apprezzabile sotto il profilo del vizio motivazionale ( rectius dell’eccesso di potere per contraddittorietà tra atti) consiste – a tutto concedere, essendo anche tale questione attinta dal giudicato secondo l’appellante – nella contestazione, riproposta in appello, circa l’effettiva esistenza del limite posto secondo la p.a. dalla Variante integrativa al P.R.G. adottata con atto commissariale n. 459/1994 e approvata nel 1999 dalla Regione Puglia, volto a circoscrivere la possibilità di nuove costruzioni in lotti contermini ad insediamenti produttivi preesistenti (condizione in cui non si trovava il terreno della ricorrente).

La sentenza impugnata ha respinto la corrispondente censura così motivando: <(…) Con riferimento alla censura di violazione dell’obbligo di specifica motivazione, non emergono, infatti, nella relazione posta a fondamento del diniego delle osservazioni di cui alla delibera di C.C. 5/2015, profili di macroscopica irrazionalità, illogicità o travisamento in fatto. Le tre osservazioni, oggetto di esame, in quanto volte a configurare interventi di nuova costruzione (“nuovi insediamenti produttivi”) sono state ritenute “non congruenti con il carattere meramente ricognitivo e di riqualificazione dei suoli posti lungo quel tratto della ex Statale 98”, e, per questo sono state giudicate, nella valutazione “ora per allora”, “in contrasto con i criteri informatori della variante integrativa” (…) “improntati” (…) “al concetto di mera riqualificazione e riordino delle situazioni esistenti” (“attività contermini già esistenti”). >.

Il Collegio ritiene che tale contestato limite sia rinvenibile tra i criteri informatori della Variante integrativa in questione e che la sua corretta ricognizione si evinca dall’atto impugnato e relativi allegati depositati in giudizio, con la conseguente insussistenza del vizio motivazionale ( rectius di eccesso di potere) denunciato sotto tale particolare profilo.

In proposito è significativo il seguente intervento (il cui verbale è presente in atti) dell’ing. S, dirigente 5° settore, occorso nell’ambito della seduta relativa alla delibera impugnata, a sostegno della ricostruzione interpretativa in termini di necessaria contiguità all’esistente dell’edificazione a suo tempo consentita dalla variante in parola: “(…) la genesi che portò il Comune ad adottare la variante, era proprio questa. Cioè i capannoni insistenti sulla ex Statale 98, molti di essi risalgono ancora agli anni ’70, ’73, quando il PRG non c'era ancora in quella zona, per cui questi esistevano in zona agricola, negli anni in cui si decide di fare la variante. La variante nasceva essenzialmente con l'esigenza del riordino, per fare in modo che intorno ai capannoni esistenti si potesse costruire un lotto edificato, per consentire sia l'ampliamento potenziale di alcuni di questi, ovvero la possibilità di costruire intorno a loro, le cosiddette aree Standard, in questo senso qui. Mancando un capannone esistente, mancava anche la necessità e la possibilità intorno allo stesso capannone, di potersi espandere. In ogni caso se il Comune avesse accolto le richieste di ciascun cittadino che diceva: io siccome state facendo la variante chiedo di entrare in variante, avrebbe stravolto, comunque, l'assetto del Piano Regolatore Generale, che all'epoca non poteva essere stravolto, perché il PRG di Bitonto non era adeguato alla [legge regionale, n.d.e.] 56/ 80, cosa che è avvenuta nel 2005, quindi, in tempi nettamente successivi a quelli rispetto ai quali si fece la variante sulla Statale 98. ”.

Considerazioni simili si ritrovano, puntualmente, a pag. 3 della relazione istruttoria allegata alla delibera impugnata: “ La variante, tuttavia, consentiva al più l’individuazione di lotti liberi contermini ad insediamenti produttivi esistenti, per un probabile e auspicabile ampliamento delle attività ivi esistenti” . Esse rappresentano una valida motivazione per relationem della delibera, esente da vizi di incongruità o contradditorietà sul punto, visto altresì il riferimento, rinvenentesi anche nella predetta relazione, alla preclusione (allora) imposta dalla l.r. 56/80, che “ in mancanza di adeguamento alla stessa del P.R.G. vigente, consentiva unicamente interventi di riordino ” (così a pag. 4 della relazione cit.).

E’ infatti ragionevole, e concretamente praticabile in assenza di precisi e vincolanti ostacoli testuali, un’interpretazione secundum legem della risalente delibera citata, essendo intervenuto solo in epoca successiva (con delibera di G.R. n. 1015/2005 di approvazione della variante generale) l’adeguamento del piano regolatore alla legge sopra citata.

2.1.2 Per ogni altro residuo aspetto concernente la motivazione dell’atto e i principi generali sopra enunciati, condivisibile è il richiamo della decisione impugnata all’ampia discrezionalità dell’Amministrazione nel valutare le osservazioni della ricorrente;
dovendosi qui prescindere dalla specifica questione, esaminata in sentenza ma irrilevante per quanto sopra osservato, della “retrospettività” della valutazione amministrativa imposta in sede d’ottemperanza.

Stante quest’ultima precisazione, esente da vizi di legittimità rilevanti è il censurato ulteriore rilievo dell’atto impugnato, che anzi contribuisce ad adempiere all’onere motivazionale in sé considerato, secondo cui “ non è possibile prescindere dagli attuali indirizzi in materia urbanistica operanti a livello nazionale, locale e soprattutto regionale ” (in relazione al consumo del suolo);
ed esente da vizi è la sentenza gravata laddove ha inoltre osservato che < Non è idoneo a fondare il vizio di motivazione neanche il richiamo ai principi generali sul potere di pianificazione urbanistica, di cui alla memoria del 26.10.2017 della società M. Non può dubitarsi, infatti, della possibilità per le amministrazioni di introdurre, attraverso l’attività di governo del territorio, limiti alla libertà di iniziativa economica, in quanto, anche alla stregua del diritto europeo, la razionale gestione del territorio e la protezione dell’ambiente possono costituire “motivi imperativi di interesse generale idonei a giustificare restrizioni di quella libertà (cfr. Corte di Giustizia UE, 11 marzo 2010, causa C-384/08;
14 dicembre 2004, causa C-309/02), all’esito del consueto bilanciamenti degli interessi contrapposti, da condursi secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità e tenendo conto del fatto che il sacrificio delle risorse ambientali (beni comuni) a fronte dello svolgimento di attività economiche private impattanti sul territorio è tollerabile a condizione che dallo svolgimento di quelle attività derivino vantaggi collettivi perlomeno apprezzabili”
>.

Per tutto quanto precede, il primo motivo d’appello non ha fondamento.

2.2 Quanto al secondo motivo di gravame – rubricato < Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 D.Lgs. n. 267/2001, degli artt. 19 e 22 del Regolamento del Consiglio Comunale di Bitonto, dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1, L. n. 241/1990 in relazione al principio di legalità e tipicità degli atti amministrativi. Erronea, incongrua e contraddittoria motivazione della sentenza >
-, nonostante l’autonomia delle questioni procedimentali ivi sollevate nei confronti della delibera impugnata, va in primis rilevato che anche tale mezzo consta, in concreto, di censure in parte riferibili all’originaria domanda “principale” d’ottemperanza.

Occorre premettere che la sentenza impugnata ha respinto il corrispondente motivo proposto in primo grado (cfr. pag. 12 dell’originario ricorso: < Nel Comune di Bitonto, per la seconda convocazione, è sufficiente la presenza di dieci consiglieri,“salve le eccezioni previste dalla legge, dallo Statuto e dall’art. 22 del presente Regolamento”. Qui, al primo comma, si prescrive come “necessaria la presenza di almeno la metà dei Consiglieri assegnati, anche in seduta di seconda convocazione, per deliberare… tutti gli atti relativi alla formazione di piano regolatore generale”. Nella specie pertanto, trattandosi di provvedimento concernente la formazione di uno strumento di pianificazione generale, per deliberare era necessaria la presenza di almeno metà dei consiglieri, cioè 13 su 25, mentre quelli presenti e votanti sono stati soltanto 12 >) con la seguente motivazione (utile anche al riepilogo delle norme rilevanti):

< 8. - Deve essere respinta anche l’ulteriore censura di violazione dell’art. 38 del d. lgs 267/2000 e degli artt. 19 e 22 del Regolamento del Consiglio Comunale di Bitonto.

L’art 19 del suddetto Regolamento, in conformità all’art. 18 dello Statuto, al primo comma stabilisce che “Il Consiglio Comunale delibera in prima convocazione con l’intervento di 15 Consiglieri, in seconda convocazione le deliberazioni sono valide purché intervengano almeno 10 consiglieri, salve le eccezioni previste dalla legge, dallo Statuto e dall’art. 22 del presente Regolamento”.

L’art. 22 prevede al primo comma che “E’ necessaria la presenza di almeno la metà dei Consiglieri assegnati, anche in seduta di seconda convocazione, per deliberare:

- il conto consuntivo del Comune;

- tutti gli atti relativi alla formazione di piano regolatore generale, piano per l’edilizia economica e popolare, piano delle aree destinate ad insediamenti produttivi, programma pluriennale di attuazione e relative varianti generali, le eventuali deroghe, nonché i pareri e le osservazioni relativi ai piani territoriali sovraordinati”;

Nel caso in esame la delibera gravata non ha ad oggetto un atto relativo alla formazione del P.R.G., che non ha subito alcuna modifica, ma “il riesame, ora per allora delle osservazioni presentate dalla M sull’adozione della variante integrativa al P.R.G.”. Trattasi di Delibera sulle osservazioni, comunque espressione della volontà dell’organo consiliare ma che, tuttavia, in caso di accoglimento delle medesime avrebbe richiesto l’ulteriore attività di recepimento da parte dell’organo consiliare, questa sì in grado di incidere sul P.R.G, come previsto dalla citata disposizione regolamentare di cui all’art. 22.

Del resto nella precedente pronuncia di questo T.A.R. sulla vicenda, (sent. 583/2014), tale profilo era già stato oggetto di precisazione, laddove si è affermato che il “Comune dovrà riesaminare ora per allora le osservazioni formulate dalla ricorrente alla variante integrativa, benché recepita nella variante generale del PRG, e, se riterrà di accoglierle, dovrà promuovere una modifica della variante generale del PRG nella parte in cui recepisce de plano la variante integrativa provvedendo alla ritipizzazione dei suoli di proprietà della ricorrente”.

Né le osservazioni in questione sono quelle riferite ai piani territoriali sovraordinati, come previsto dall’ultima parte di tale norma da ultimo richiamata, in quanto tali atti sono di natura sovracomunale. >.

Il relativo motivo d’appello, per come formulato, non è ben centrato sull’intero contenuto della motivazione sopra trascritta, in quanto, anziché sostenere la diretta violazione delle norme citate in rubrica in punto di quorum deliberativo in seconda convocazione (quest’ultima circostanza è incontestata), invoca anche in tal caso i contenuti di precedenti sentenze, qui irrilevanti.

Infatti, l’appellante adduce a critica dell’impugnata sentenza (cfr. pag. 12 dell’atto d’appello) che la decisione d’ottemperanza n. 583/2014 abbia testualmente prescritto l’attivazione di <(…) uno specifico “ procedimento parallelo o un sub procedimento interno a quello di adozione del PRG >, e proprio da ciò argomenta circa il necessario rispetto del quorum di metà dei consiglieri, previsto dall’art. 22 cit. anche in seconda convocazione per gli “ atti relativi alla formazione di piano regolatore generale (…) e relative varianti generali ”.

2.2.1 Al di là di tale aspetto processuale, risultano condivisibili nel merito i rilievi dell’impugnata decisione volti a escludere dal novero degli “ atti relativi alla formazione di piano regolatore generale ” “ i pareri e le osservazioni ”, essendo questi ultimi oggetto di distinta menzione e diversa regolamentazione nell’art. 22 del Regolamento del Consiglio Comunale di Bitonto.

In particolare, la decisione è corretta laddove evidenzia che per le delibere concernenti “ pareri e osservazioni ” – materia in cui rientra con certezza la delibera gravata - il quorum rivendicato dall’appellante di metà dei consiglieri “ anche in seduta di seconda convocazione ” è previsto dall’art. 22 cit. esclusivamente in relazione a “ i pareri e le osservazioni relativi ai piani territoriali sovraordinati ” (ossia sovracomunali), fattispecie che non ricorre nel caso specifico. Se ne desume chiaramente, a contrario , l’inapplicabilità alla delibera impugnata del quorum “rafforzato” la cui violazione è a torto invocata dall’appellante.

L’unica obiezione di quest’ultima al riguardo, secondo cui la decisione impugnata non indica <(…) la fonte normativa (peraltro inesistente) che avrebbe consentito al Consiglio comunale di deliberare con un quorum inferiore a quello prescritto >, è smentita dal puntuale riferimento del T.a.r. ai suddetti contenuti dell’art. 22 cit.

Anche il secondo motivo d’appello, pertanto, non può esser accolto.

2.3 Le spese relative al presente grado giudiziale vanno compensate, considerato il carattere peculiare e annoso della vicenda esaminata.

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