Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-04-29, n. 201902768

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-04-29, n. 201902768
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902768
Data del deposito : 29 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/04/2019

N. 02768/2019REG.PROV.COLL.

N. 00712/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 712 del 2013, proposto da
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

J R F E, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 1153/2012, resa tra le parti, depositata il 11/06/2012 e non notificata, con la quale era accolto il ricorso presentato dalla sig.ra FRANCYS ELISABETH JARA ROJAS volto all’annullamento: 1) del provvedimento n. K1OC/263636/10 del 18 giugno 2010, col quale la Prefettura di Salerno dichiarava inammissibile la domanda del primo ottobre 2008 della ricorrente, volta ad ottenere la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 5 della legge 5/2/1992 n. 91;

2) della circolare n. K.60.1 del 7 ottobre 2009 del Ministero dell’Interno;

3) della nota n. 40701 del 18 ottobre 2010, di comunicazione del provvedimento menzionato sub “1”;

4) delle circolari ministeriali del 6 agosto e del 3 settembre 2009 richiamate nella predetta circolare;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 16 aprile 2019 il Cons. Solveig Cogliani e udito per l’Amministrazione l’Avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri;
nessuno è comparso per la parte appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I- Con il ricorso in appello il Ministero dell’Interno chiede che venga annullata la sentenza in epigrafe con la quale era stato accolto il ricorso della sig. FRANCYS ELISABETH JARA ROJAS e per l’effetto, annullato il provvedimento declaratorio dell’inammissibilità dell’istanza presentata volta ad ottenere la cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 5 della l. 5 febbraio 1992, n. 91, come sostituito dal comma 11 dell’art. 1 della l. n.94/2009.

II – Con la sentenza di prime cure, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania accoglieva il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni:

a) sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo in quanto, ancorché controparte non abbia sollevato alcuna eccezione al riguardo, l’Amministrazione gode di un potere discrezionale nel concedere o meno la cittadinanza italiana ai sensi del citato art. 5 poiché è indispensabile verificare che il matrimonio contratto tra lo straniero e il cittadino italiano non sia solo formale ma abbia un contenuto sostanziale tale da dimostrare l’integrazione dello straniero nel tessuto sociale e civile italiano;
inoltre l’art. 5, come sostituito dal comma 11 dell’art. 1 della l. n. 94/2009, indica che lo straniero " può " acquistare la cittadinanza italiana, “ escludendo pertanto che l'attività amministrativa in materia manchi di ogni valutazione discrezionale in ordine all'interesse generale della collettività ”;

b) nel merito, la ratio dell’art. 5, specie nella nuova formulazione che allunga il termine di residenza in Italia (da 6 mesi a 2 anni) “ è quella di concedere la cittadinanza ai veri integrati nella comunità nazionale e, certamente, non quella di escludere dal beneficio coloro che, ancorchè stabilmente integrati, abbiano perduto solo in senso materiale la persistenza del vincolo matrimoniale col coniuge cittadino a causa di eventi da essi non voluti come la morte ”.

III – Avverso tale sentenza, l’Amministrazione ha dedotto il seguente motivo di appello corredato, in aggiunta, da ulteriori considerazioni nel merito della vicenda:

a) difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria amministrativa in quanto il rigetto dell’istanza non sarebbe stato pronunciato nell’esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione (come accade nel caso di cui all’art. 6, lett. c) della legge n. 91/92) bensì per la ritenuta mancanza di uno dei requisiti di legge (cessazione degli effetti civili del matrimonio per morte del coniuge), di conseguenza si sarebbe in presenza di un diritto soggettivo e non di un interesse legittimo;

b) la cessazione degli effetti civili del matrimonio causata dalla morte del coniuge è intervenuta non soltanto prima dell’adozione del decreto di cui all’art. 7, co. 1, ma addirittura prima della presentazione dell’istanza di cui trattasi, e di conseguenza non sarebbe rispettato il requisito di cui alla nuova formulazione dell’art. 5 in base al quale è possibile acquisire la cittadinanza italiana “[…] qualora al momento dell'adozione del decreto di cui all'articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi ”.

IV – La parte appellata non si è costituita.

V – L’appello merita accoglimento.

VI - Va primariamente sottolineato che, nel caso di specie, come implicitamente ritenuto dal giudice di prime cure nonché dall’appellante, trova applicazione la nuova formulazione dell’art. 5, intervenuta con l. n.94/2009, entrata in vigore l’8 agosto 2009. Ciò in base al principio del “ tempus regit actum ”. Sul punto la giurisprudenza è chiara nel ritenere che la legittimità di un provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata “ con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui detto provvedimento finale è stato adottato, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato. Il succitato principio si completa con il postulato di diritto secondo cui, fintantoché l'amministrazione non ha approvato il provvedimento definitivo, il privato richiedente non è titolare di una situazione sostanziale consolidata meritevole di tutela sotto il profilo del legittimo affidamento, ma di una mera aspettativa al conseguimento dell’utilità agognata ” (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2018, n. 2171). Nel caso di specie il provvedimento della Prefettura, risalente al 18 giugno 2010, è stato adottato successivamente all’intervenuta novella.

VII – Di conseguenza, in accoglimento del motivo d’appello, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito. L’art. 5 (come sostituito dal comma 11 dell’art. 1 della l. n.94/2009) e l’art. 6, co. 1 della l. 91/92 statuiscono rispettivamente che: “ Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all'estero, qualora, al momento dell'adozione del decreto di cui all'articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi ” e che “ precludono l'acquisto della cittadinanza ai sensi dell'articolo 5: a) la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;
b) la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione;
ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
c) la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica
”. Nel caso del novellato art. 5 relativo all’acquisizione della cittadinanza per matrimonio, come ritenuto in giurisprudenza, si ritiene che il coniuge del cittadino sia titolare di un vero e proprio diritto soggettivo “ che affievolisce ad interesse legittimo solo in presenza dell'esercizio, da parte della p.a., del potere discrezionale di valutare l'esistenza di motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica che ostino a detto acquisto;
dunque, relativamente all'acquisto della cittadinanza italiana, l'unica causa preclusiva demandata alla valutazione discrezionale della competente amministrazione è quella di cui all'art. 6 comma 1 lett. c), l. 5 febbraio 1992 n. 91, ossia i “comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica”. Soltanto in tale evenienza, la situazione di diritto soggettivo risulta affievolita ad interesse legittimo, con conseguente radicamento della giurisdizione in capo al giudice amministrativo […].In tutti gli altri casi, […]la vertenza va riassunta dinanzi al giudice civile
” (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter , n. 123/2019;
dello stesso avviso T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter, n. 1994/2019).

VIII – In ogni caso nel merito la nuova formulazione dell’art. 5 è cristallina nello stabilire che la cessazione degli effetti civili del matrimonio non deve essere intervenuta fino al momento dell’adozione del decreto di cui all’art.

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