Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-05-20, n. 201903202

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-05-20, n. 201903202
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903202
Data del deposito : 20 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/05/2019

N. 03202/2019REG.PROV.COLL.

N. 02205/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2205 del 2013, proposto da Azienda agricola Dametto Carlo e Nicola s.s., Azienda agricola Bortignon Lorenzo, Azienda agricola Lisetto Alba, Azienda agricola Toniolo Renato, Azienda agricola Girardi Luciano, Azienda agricola Orlando Claudio, Azienda agricola Berton Marco, Azienda agricola Torresan Dino, Azienda agricola Artico Marino e Sergio s.s., Azienda agricola Centelan di Ruffoni, Azienda agricola Battilana Carraretto s.s., Azienda agricola Gobbato Andrea, Azienda agricola eredi Biasuzzi, Azienda agricola Marcolin Nicola, Azienda agricola Poretto Maurizio, Azienda agricola Piovesan Vittorio, Azienda agricola Minato Renato, Azienda agricola Berno Giuseppe,Bruno e Roberto, Azienda agricola Bertapelle Antonio, Azienda agricola Simonetto Roberto, Azienda agricola Zanette Claudio, Azienda agricola Girotto Mario, Azienda agricola Bortoletto Giuseppe, Azienda agricola Torresin Giancarlo, Azienda agricola Busatto Sergio ed Elio, Azienda agricola Tonon Giuliano, Azienda agricola Guarnieri Elio e Ernesto s.d.f., Azienda agricola Moscarda Lucio e Boffo Anna, Azienda agricola Tieppo Giancarlo, Azienda agricola Baiana Bruno e Giuseppe, Azienda agricola Marcolin Pierluigi, Azienda agricola Le Selve di Michielan Tarcisio e Alessio s.s., Azienda agricola Michielan Sergio, Azienda agricola Gobbo Gino, Azienda agricola Dussin Girardo, Azienda agricola Florian Marino, Azienda agricola Caeran Antonio, Azienda agricola Billiato Leda, Azienda agricola Gris Graziano, Azienda agricola Basso Mario, Azienda Mattiuzzi Evelina, Azienda agricola Favotto Daniele, Azienda agricola Favotto Ilario, Azienda agricola Rocchetto Silvano, Azienda Agricola f.lli Conte Vittorino e Lucio s.s., Azienda agricola Polesel Claudio, Azienda agricola Fantuz Giuseppe, tutte in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato C S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A L in Roma, via Amedeo Crivellucci, n. 21;

contro

AGEA-Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. II ter, n. 6743/2012, depositata il 20 luglio 2012, per l’annullamento delle comunicazioni AIMA (ora AGEA) dell’ottobre 1999 aventi ad oggetto il calcolo derivante dalla compensazione delle quote latte per il periodo 1995/1996 e 1996/1997 e la conseguente intimazione di pagamento del prelievo supplementare per lo “splafonamento” della quota individuale assegnata (QRI), oltre che degli atti presupposti, preordinati, connessi e conseguenti;resa tra le parti, concernente quote latte


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di AGEA-Agenzia per le erogazioni in agricoltura e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 16 aprile 2019 il Cons. A M e uditi per le parti l’avvocato A L, su delega dell’avvocato C S e l' avvocato dello Stato F U N;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in appello, indicato in epigrafe, le Aziende agricole originarie ricorrenti, soggette al prelievo supplementare per avvenuto “splafonamento” della quota latte (QRI) assegnata loro per le annate 1995/96 e 1996/97, censurano la sentenza di primo grado con cui era respinto - in forma semplificata - il ricorso introduttivo avverso le comunicazioni dell’ AIMA, inoltrate nell’ottobre 1999 ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge n. 118 del 1999 per indicare l’entità e richiedere suddetto prelievo all’esito dell’avvenuta compensazione effettuata a livello nazionale.

Gli appellanti deducono i seguenti motivi:

1 – illegittimità dell’assegnazione retroattiva delle QRI per violazione dei principi di derivazione comunitaria di certezza del diritto e di affidamento. Sul punto, la richiamata pronuncia della Corte di Giustizia CE del 25 marzo 2004 C-480 non sarebbe dirimente e anzi sarebbe stata mal interpretata, in quanto la riconosciuta legittimità da parte degli Stati membri di prevedere un’assegnazione di quota retroattiva sarebbe circoscritta all’ipotesi in cui ciò si renda necessario “a seguito di controlli” e non in maniera acritica e generalizzata, siccome effettuato dall’ AIMA in attuazione della normativa nazionale di riferimento.

2 – violazione dell’art. 1, co. 1, del d.l. n. 43/1999 in quanto le compensazioni nazionali avrebbero dovuto essere effettuate dall’AIMA sulla base degli accertamenti inviati e delle decisioni dei ricorsi di riesame. Ciò allo scopo di acquisire la “certezza dei dati” richiesta dalla normativa anche all’esito delle verifiche operate dalle Regioni sulle anomalie riscontrate nelle comunicazioni. Nel caso di specie, invece, il procedimento non si sarebbe correttamente perfezionato, come evidenziato dalle conclusioni della Commissione governativa di indagine istituita con d.l. 31 gennaio 1997, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 28 marzo 1997, n. 81.

3 – errore di istruttoria, alla luce di quanto emerso dalle indagini del Comando Carabinieri di Roma circa l’inattendibilità dei dati utilizzati dall’ AIMA e successivamente dall’ AGEA;

4 – omessa disapplicazione della procedura di compensazione nazionale prevista dall’art. 1, comma 8, del d.l. n. 43 del 1999, in quanto in contrasto con gli artt. 2, comma 4, del Reg. CE n. 3950/1992 e 3, comma 3, del Reg. CE n. 536/1993 in quanto privilegia alcune categorie di produttori su altri, limitando indebitamente quelli sui quali gravano gli effetti del meccanismo. Ove venga confermato l’orientamento del Consiglio di Stato che ha riformato le sentenze di prime cure con le quali il ridetto art. 1, comma 8, del d.l. n. 43 del 1999 è stato disapplicato, ne chiede il rinvio in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, ritenendo l’eventuale conferma di tale lettura in contrasto con i principi europei vigenti ratione temporis .

4. Si è costituita in giudizio l’AGEA, unitamente peraltro al Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali, depositando memoria nella quale insiste per la reiezione del ricorso.

Con successiva memoria di replica in data 15 marzo 2019, le Aziende appellanti, dopo aver rilevato ad abundantiam l’estraneità al giudizio del ridetto Ministero, hanno insistito nella propria prospettazione, peraltro non confutata da parte avversa, stante che i contenuti della memoria di costituzione attengono alle annate 2005/2006, per le quali si propone finanche la reiterazione del calcolo aritmetico, e si palesano pertanto del tutto estranei al petitum dell’odierna controversia.

5. All’udienza del 16 aprile 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Il Collegio rileva che la maggior parte dei motivi di appello investono le problematiche relative alla retroattiva determinazione dei quantitativi individuali di riferimento (QRI) ed alla conseguente compensazione, nonché all’asserita incertezza dei dati sulla base dei quali sono stati effettuati i calcoli. Nello specifico, si controverte in ordine agli atti con i quali l’AIMA (ora AGEA) con riferimento alle annate 1995/96 e 1996/97 ha comunicato i dati relativi al prelievo supplementare derivante dalla compensazione effettuata a livello nazionale, intimandone anche l’esborso.

La vicenda si inserisce dunque nel contesto normativo, comunitario e nazionale, estremamente articolato e contraddistinto dal succedersi, nel tempo, di numerosi interventi non sempre chiari, organici e coerenti, per regolamentare la produzione lattiero-casearia degli Stati appartenenti all’Unione. Come peraltro già evidenziato in molteplici precedenti pronunzie di questa Sezione (cfr. ex plurimis n.1286/2015), il mercato unico del settore lattiero-caseario non è basato, all’interno dell’Unione, solo su un sistema di prezzi, ma si articola in una serie di misure normative volte a calmierare la domanda e l’offerta dei prodotti considerati.

7. Premesso quanto sopra, il Collegio condivide le conclusioni del primo giudice, esplicitate tramite rinvio ai contenuti di dettaglio di sentenze intervenute su fattispecie analoghe, circa la correttezza della determinazione retroattiva dei QRI. Essa infatti appare sorretta costituzionalmente, (e non contrasta con le competenze regionali), dalla normativa comunitaria come interpretata dalla Corte di giustizia europea, secondo cui si deve intendere consentito alle autorità nazionali di effettuare anche ex post le rettifiche necessarie a fare in modo che la produzione esonerata da prelievo supplementare di uno Stato non superi il quantitativo globale assegnato a tale Stato (Corte Costituzionale, sentenza n. 272 del 7 luglio 2005). Peraltro non solo il T.A.R., ma anche questo Consiglio si è occupato funditus di e ha pienamente risolto tutte le questioni sollevate nell’appello, nel lungo tempo in cui queste ultime, dal 1998 ad oggi, sono state proposte, in ogni possibile combinazione argomentativa.

8. La modalità di effettuazione del computo del QRI anche in relazione alle specifiche annate lattiere 1995/1996 e 1996/1997 è stata oggetto di analitica ricostruzione da parte di questo Consiglio di Stato, dalle cui risultanze in termini di correttezza non è motivo di discostarsi (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 15 ottobre 2014, n. 5150). E’ dunque appurato che « il QRI non si può adesso, né si poté dire allora sconosciuto per nessuno dei produttori e per tutto il tempo intercorrente tra l’entrata in vigore del regol. n. 3950 e la definizione dei QRI per le annate lattiere dal 1995/96 in poi, fossero costoro aderenti o no ad una delle associazioni di categoria» . Invero, infatti, essi ne ebbero buona e seria consapevolezza, almeno in relazione alla loro produzione “storica”, secondo l’art. 4 del Regolamento n. 3950/92/CE, con riguardo al quantitativo disponibile in azienda al 31 marzo 1993, poi al 31 marzo 1994 e via via con le proroghe fino al 2000, oltre che sulla scorta del rispettivo patrimonio bovino a disposizione. « Questo, ad avviso non del Collegio, ma della giurisprudenza più volte citata ed enfatizzata dall’appellante (cfr. C. giust. CE, 25 marzo 2004, cause riunite nn. 480/2000 e ss., parr. nn. 46/51 e 65/70), se non rende irrilevante, certo fa sbiadire la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento » (Cons. Stato, n. 5150/2014, cit. supra ).

9. Affermano tuttavia le appellanti che la violazione della normativa comunitaria conseguirebbe al ritardo sia nella fissazione e comunicazione dei QRI - ex post rispetto ai termini all’uopo previsti-, sia nel calcolo dei prelievi supplementari dovuti. L’incontestata imperatività di tali termini è posta dalla Corte sul punto non sub specie aeternitatis , né in modo slegato dai pariordinati principi di ragionevolezza e di proporzionalità e, quindi solo in relazione a rilevanti, evidenti e concrete modifiche dei QRI in capo a ciascun produttore, comunicate o accertate.

Rileva tuttavia la Sezione come quando i dati non sono modificati, ogni comunicazione, che si paleserebbe dunque meramente confermativa, sarebbe non solo inutile, ma a sua volta fonte di confusioni per l’ente emissore e per chi la riceve. « Non a caso, invece, la richiesta di rettifica o la verifica d’ufficio dei dati comunicati o in possesso all’AIMA, nella misura in cui entrambe tali vicende modificano ex post un assetto dato, vanno comunicate all’interessato in una con il nuovo QRI spettantegli, ma non soggiacciono al termine di previetà rispetto all’annata di riferimento .

Per un verso, infatti, se il QRI dato o predefinito ope legis di un produttore corrisponde veramente al quantitativo di latte da lui commercializzato durante l'anno cui si riferisce, egli, che in linea di principio conosce già qual sia il quantitativo da lui prodotto, non può confidare su un QRI difforme dai dati reali o da quelli accertabili, né pretendere, per ovvi motivi di economia dei mezzi giuridici, comunicazioni di sorta che gli confermino ciò che egli sa. Per altro verso, il regime delle quote-latte, come s’è già visto essendo stato recepito in Italia solo nel 1992, è stato portato ad attuazione, con la riscossione del citato prelievo, verso i produttori italiani soltanto a partire dall’annata lattiera 1995/96. È solo da soggiungere, con ciò rigettando ogni censura dell’appellante al riguardo, che l’idea della comunicazione “a tappeto” e degli accertamenti “a tappeto”, da parte dell’AIMA, oltre che adempimento per senso comune del tutto spropositato rispetto al fine, è una pretesa che è nella argomentazione dell’appellante, NON nella normativa comunitaria. Sicché del ritardo (e, quindi, della violazione d’un affidamento incolpevole al rispetto scrupoloso del termine di comunicazione) al più potrebbe dolersi solo chi, e non è questo il caso in esame come cristallizzato nei motivi di primo grado, avesse elementi irrefutabili, oltre che concordanti con l’incrocio dei dati degli acquirenti, per dimostrare in modo preciso la distonia tra il dato di partenza, il dato storico nel corso degli anni di riferimento e quanto indicato negli atti impugnati innanzi al TAR».

10. Da quanto sopra discende il rigetto anche del secondo e terzo motivo di appello, che possono trattarsi congiuntamente stante la sostanziale omogeneità di contenuti, in quanto afferenti comunque alla asserita inattendibilità dei dati assunti a base del calcolo. Come si è avuto modo di precisare in altri giudizi (cfr. da ultimo sentenza n. 6871/2018), anche nel caso che occupa le Aziende non hanno chiarito in che modo sussisterebbe l’invocata distonia evidenziando come gli accertamenti relativi ai dati assunti dall’AGEA abbiano inciso in modo specifico sulle loro posizioni.

La Sezione si è già espressa nel ritenere in via generale che le risultanze di indagini governative (riguardanti l’attendibilità dei dati utilizzati nel tempo dall’AIMA e poi dall’AGEA) non sono in grado di scardinare l’intero sistema nazionale delle c.d. quote latte, né sono sufficienti per far ritenere assolto in capo ai produttori (e quindi agli appellanti) l’onere probatorio al punto da spostare sull’amministrazione l’obbligo di provare la bontà e la stessa veridicità dei dati utilizzati.

La complessiva veridicità degli stessi, basata peraltro su dati certificati dal produttore e dal primo acquirente, non è stata ancora smentita in via definitiva dalle autorità (giudiziarie) preposte, dal che deriva che i dubbi sulla loro attendibilità possono essere considerati indizi non qualificati che, in quanto tali, non consentono di mettere in discussione l’affidabilità dell’intero sistema nazionale delle c.d. quote latte.

11. Quanto alla pronunzia sull’ultimo motivo di appello, deve evidenziarsi che

con ordinanza n. 3074/2018 la Sezione ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della seguente questione di diritto: « se l’art. 2 par. 1 del regolamento comunitario n. 3950/92, debba essere, alla luce di quanto già motivato dalla Corte CE nella Sentenza 5 maggio 2011 in cause riunite C-230/09 e C-231/09 in relazione all’art. 10 comma 3 del regolamento n. 1798/2003/CE, interpretato nel senso che la riassegnazione della parte inutilizzata del quantitativo di riferimento nazionale destinato alle consegne può essere effettuata secondo criteri obiettivi fissati dagli Stati membri, ovvero se esso debba essere interpretato nel senso che tale fase perequativa debba essere governata da un esclusivo criterio di proporzionalità ».

La questione proposta ha diretta rilevanza nel presente giudizio, nel quale si contestano anche gli effetti di tale meccanismo di compensazione nazionale sulle richieste perequazioni di QRI.

Pertanto, è opportuno sospendere, per tale aspetto, la presente decisione, in attesa della pronuncia della Corte, riservando ogni ulteriore pronunzia anche in ordine alle spese.

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