Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-07-18, n. 202307045

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-07-18, n. 202307045
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307045
Data del deposito : 18 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/07/2023

N. 07045/2023REG.PROV.COLL.

N. 04345/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4345 del 2022, proposto dalla società -OMISSIS-, in persona della legale rappresentante sig.ra V G, con sede in Torino, Via Vittorio Amedeo II n. 24, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avv.ti D C e R S del Foro di Torino, ed elettivamente domiciliata presso il di loro studio in Torino, P.zza Peyron, 28 per delega in calce all’atto di appello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell’interno - U.T.G. - Prefettura di Torino, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è per legge domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;

nei confronti

dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Area Vigilanza, Ufficio Sanzioni, in persona del legale rapp.te pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è per legge domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;

per l’annullamento e/o la riforma

della sentenza n. -OMISSIS- resa dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione prima), pubblicata in data 4 marzo 2022, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso RG -OMISSIS- proposto per l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento del Prefetto della Provincia di Torino in data 10/3/2021 Fasc. n.-OMISSIS- con il quale veniva disposto il rigetto dell’istanza della società ricorrente per l’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori (c.d. white list ) istituito presso la medesima Prefettura e la contestuale cancellazione della medesima dall’elenco delle imprese richiedenti l’iscrizione, nonché di ogni altro presupposto, conseguenziale e comunque connesso.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’interno e dell’ANAC;

Vista l’ordinanza n. -OMISSIS-con la quale la Sezione ha respinto la domanda cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata proposta dalla parte appellante;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2023 il Cons. P C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in esame, notificato il 3 maggio 2022, la società -OMISSIS- che opera nel campo della costruzione, riparazione, installazione, manutenzione e posa in opera di elementi di carpenteria in ferro, metalli e/o affini e/o collegati, ha proposto appello avverso la sentenza n. -OMISSIS- del 4 marzo 2022, con la quale il Tar per il Piemonte, sez. I, ha respinto il ricorso (RG -OMISSIS-) proposto per l’annullamento del provvedimento del Prefetto della Provincia di Torino in data 10 marzo 2021, Fasc. n.-OMISSIS- di rigetto dell’istanza in data 22 luglio 2020 della società ricorrente per l’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori (c.d. white list ) istituito presso la medesima Prefettura (nonché della nota dell’ANAC del 24 marzo 2021 di comunicazione dell’avvenuto inserimento nel casellario informatico degli operatori economici, esecutori di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, dell’annotazione del contenuto dispositivo del provvedimento prefettizio adottato).

2. Il provvedimento prefettizio di diniego risulta fondato sul rilievo che le risultanze istruttorie avevano evidenziato elementi e circostanze da cui desumere il pericolo di condizionamenti dell’impresa da parte della criminalità organizzata, in considerazione degli stretti e qualificati contatti, emersi nell’ambito dell’operazione di polizia giudiziaria c.d. “Colpo di coda”, tra -OMISSIS-, coniuge convivente di -OMISSIS- (amministratrice, legale rappresentante e titolare del 100% del capitale sociale della società istante), oltre che dipendente della società richiedente con contratto di lavoro part-time a far data dal 23 gennaio 2019, e -OMISSIS-, condannato all’esito del relativo processo per il reato di associazione mafiosa di cui all’art. 416- bis c.p. alla pena di 9 anni di reclusione dalla Corte d’Appello di Torino, con la definitiva sentenza del 22 febbraio 2016, quale esponente della locale `ndrangheta di -OMISSIS-

3. Il Tar torinese, facendo applicazione alla fattispecie dei noti canoni giurisprudenziali formatisi nella materia, ha respinto il ricorso giudicando le valutazioni prefettizie espresse nel provvedimento impugnato conformi ai predetti criteri di legittimità, avendo l’Amministrazione esaminato “ con il suddetto approccio olistico la posizione del -OMISSIS-nei riguardi della società desumendo, con ragionamento immune da illogicità ed improntato al sillogismo probabilistico tarato sul canone probatorio del “più probabile che non , il pericolo di condizionamento mafioso sulle scelte e gli indirizzi di impresa ”, respingendo altresì motivatamente le censure concernenti “ l’allegata obsolescenza degli elementi indiziari (le intercettazioni si riferiscono a conversazioni del 2011 e del 2012) ”.

4. Il ricorso in appello è sostenuto dai seguenti due, articolati, motivi di censura.

4.1. “ Error in iudicando: erroneità della sentenza per mancanza/inadeguatezza della valutazione e relativa motivazione in relazione al contenuto delle censure di primo grado (punti 6.1, 6.2, 6.3 e 6.4 della motivazione). Violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 D.P.C.M. 18/4/2013, in relazione agli artt. 67, 84 e 91 D.Lgs. 6/9/2011, n.159. Violazione di legge con riferimento all’art. 3 Legge 7/8/1990, n.241. Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti ed ingiustizia manifesta. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per carenza di presupposti e mancata considerazione di circostanze essenziali ”: la sentenza impugnata sarebbe lacunosa laddove ha respinto i motivi di ricorso ravvisando – con argomentazioni aprioristiche e non adeguatamente supportate - l’esistenza dei presupposti, di fatto e di diritto, per negare l’iscrizione alla c.d. “ white list ”, limitandosi ad attingere ai criteri ermeneutici forniti dalla Sezione Terza del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1743 del 2016, ma omettendo di calarsi tuttavia nella realtà concreta del caso di cui ci si occupa e senza indicare gli elementi di fatto posti alla base della valutazione di sussistenza del rischio di infiltrazione mafiosa nell’impresa.

4.1.1. Più in particolare, a giudizio della società appellante i due episodi di intercettazione, datati 2011, che hanno interessato il sig. -OMISSIS- nell’atto di interloquire con tale -OMISSIS-, esponente della consorteria ‘ndrangheta di -OMISSIS- non potrebbero essere ritenuti alla stregua di indizi gravi, precisi o, tantomeno, concordanti, per affermare il rischio di infiltrazione mafiosa nell’impresa dell’appellante, posto che il S, incensurato, non era stato minimamente coinvolto nel giudizio penale a carico del -OMISSIS-, né come indagato né come imputato, le intercettazioni telefoniche ed ambientali, estrapolate dalla vicenda in esame, risalivano a ben 11 anni prima, tutti i riscontri effettuati sull’impresa e sulla persona dei responsabili dell’impresa, nonché dei loro conviventi, avevano escluso la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa (relazione Comando Provinciale dei Carabinieri n. -OMISSIS-del 7 settembre 2020);
parimenti tutti i riscontri effettuati sui dipendenti dell’impresa avevano dato esito negativo (cfr. rapporto Guardia di Finanza, Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Torino prot. n. -OMISSIS- del 20 novembre 2020).

4.1.2. Ugualmente censurabile sarebbe la sentenza di primo grado nella parte in cui ha fondato il proprio convincimento in ordine alla assoggettabilità dell’appellante all’interferenza mafiosa sul rapporto di coniugio esistente tra il dipendente dell’appellante, sig. -OMISSIS-, ed il legale rappresentante della medesima;
la decisione gravata sarebbe inoltre rimasta evasiva in ordine ai motivi di ricorso concernenti l’assoluta mancanza di conferenza tra gli episodi collegati alla campagna elettorale per l’elezione del Sindaco di -OMISSIS-del 2011 e l’attività imprenditoriale dell’appellante.

4.2. “ Error in iudicando: erroneità della sentenza impugnata per motivazione apparente ed apoditticità (punto 7 della motivazione). Violazione di legge con riferimento all’art. 7 della Legge 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria. Eccesso di potere per carenza di presupposti e mancata considerazione di circostanze essenziali. Eccesso di potere per apoditticità ed illogicità ”: la sentenza impugnata risulterebbe viziata anche nella parte in cui ha ritenuto che i tentativi di infiltrazione mafiosa, ancorché desumibili da fatti molto risalenti, sarebbero pur sempre attuali “ in mancanza di sopravvenute circostanze atte a segnalare un chiaro distacco o dissociazione dell’impresa dal veicolo di potenziale pericolo infiltrativo rappresentato dal -OMISSIS-e dalla sua sfera di passati contatti e frequentazioni ”;
la sentenza non avrebbe adeguatamente considerato la circostanza che la società ricorrente è stata costituita soltanto nel 2018, che il -OMISSIS- è un dipendente soltanto part-time e senza alcun ruolo direttivo e che tutte le indagini di polizia effettuate sui rapporti commerciali, sulla persona del legale rappresentante, sui suoi conviventi, nonché sui suoi 26 dipendenti, non avevano fatto emergere alcuna ipotesi di tentativi di infiltrazione mafiosa, sicché nessuna ulteriore prova occorreva del “distacco” dell’impresa dal pericolo di infiltrazione mafiosa;
la sentenza gravata contrasterebbe, inoltre, con i consolidati principi giurisprudenziali in materia circa la necessaria connotazione di attualità del pericolo di interferenza mafiosa.

5. Si è costituito in giudizio per resistere al proposto appello il Ministero dell’interno, eccependo diversi profili di inammissibilità e concludendo comunque per l’infondatezza del ricorso.

6. Con l’ordinanza n. -OMISSIS-la Sezione ha respinto la domanda cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata proposta dalla parte appellante.

7. Alla pubblica udienza del 6 luglio 2023 nessuno è comparso per le parti e la causa è stata chiamata e assegnata in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e non può ricevere accoglimento.

2. La sentenza appellata, contrariamente all’assunto di parte appellante, presenta una motivazione solida e coerente ed ha correttamente e compiutamente riportato l’analisi attenta e dettagliata dei fatti caratterizzanti la fattispecie concreta esaminata entro la griglia valutativa definita dai plurimi, condivisi criteri di giudizio elaborati dalla giurisprudenza in subiecta materia .

3. Giova in proposito preliminarmente ribadire che le informazioni interdittive antimafia – e gli analoghi provvedimenti di diniego di iscrizione nell’elenco di fornitori di beni e prestatori di servizi previsto dall’art. 1, commi dal 52 al 57, della legge 6 novembre 2012, n. 190 e dal d.PC.M. 18 aprile 2013, c.d. withe list , sotto questo profilo assimilabili nel sistema della prevenzione antimafia - costituiscono misure anticipatorie in funzione di difesa della legalità, non hanno natura sanzionatoria, ma cautelare e preventiva (Corte cost., sentenze nn. 180 e 118 del 2022, n. 178 del 2021 e n. 57 del 2020;
Cons. Stato, Ad. plen., 6 aprile 2018, n. 3;
sez. III, 4 gennaio 2022, n. 21), in funzione di « massima anticipazione della soglia di prevenzione » (Cons. Stato, sez. I, parere 18 giugno 2021, n. 1060), per apprestare la « salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione » e sono volte a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti con la pubblica amministrazione (Cons. Stato, sez. I, parere 20 marzo 2023, n. 487; Id ., 20 dicembre 2022, n. 2030;
7 luglio 2022, n. 1181).

3.1. Da tali premesse la giurisprudenza ha altresì dedotto che ai fini della adozione dell’interdittiva, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, da un lato, non occorre provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;
d’altro lato, che detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquista valenza nella sua connessione con gli altri (così, ad esempio, in Cons. Stato, sez. III, 4 aprile 2022, n. 2468; Id ., 18 aprile 2018 n. 2343).

3.2. In ordine alla verifica del nesso eziologico, è stato ampiamente chiarito che la regola del “ più probabile che non ” integra un criterio di giudizio di tipo empirico-induttivo che ben può essere integrato da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che è estraneo alla logica penalistica della certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio;
una simile logica infatti vanificherebbe la finalità anticipatoria dell’informazione antimafia, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante (cfr. Cons. Stato, sez. III, 6 giugno 2022, n. 4616).

3.3. Inoltre, nel tempo, attraverso una cospicua serie di pronunce di questo Giudice amministrativo, è stata enucleata, solo a titolo esemplificativo, un’ampia casistica di delle plurime tipologie di elementi indiziari che possono fondare le misure interdittive. Essi non costituiscono un numerus clausus e non consistono solo nelle circostanze desumibili dalle sentenze di condanna per particolari delitti e dalle misure di prevenzione antimafia, ma possono emergere da tutti gli altri provvedimenti giudiziari, qualunque sia il loro contenuto dispositivo;
dai diversi rapporti di parentela, amicizia, colleganza, frequentazione, collaborazione, che per intensità e durata indichino un verosimile pericolo di condizionamento criminale (per i rapporti di parentela si veda Cons. Stato, sez. III, 26 aprile 2022, n. 3215);
da vicende anomale nella formale struttura o nella concreta gestione dell’impresa, sintomatiche di cointeressenza o di condiscendenza dell’impresa e dei suoi soci, amministratori, gestori di fatto con il fenomeno mafioso nelle sue più varie forme ( ex multis , per la completezza si segnala Cons. Stato, sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743).

3.4. La giurisprudenza ha inoltre più volte ribadito che gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione (Cons. Stato, sez. III, 22 maggio 2023, n. 5024;
16 maggio 2023, n. 4856;
29 settembre 2022, n. 9558).

4. Facendo applicazione al caso di specie dei criteri valutativi sopra in sintesi richiamati, ritiene il Collegio che la lettura degli atti di causa e la disamina del ricorso in appello, nel suo complesso e nei singoli motivi di censura, nei termini che qui di seguito si espongono, conducano ad esprimere un giudizio di non accoglibilità del proposto appello, anche avuto riguardo al modo del sindacato giurisdizionale logicamente esercitabile sull’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto nell’adozione dell'interdittiva antimafia, sindacato che, pur pieno e profondo, non può spingersi fino a sostituire alle non illogiche deduzioni e valutazioni della competente Autorità amministrativa quelle dell’organo giudicante (cfr. Cons. Stato, sez. III, 4 maggio 2018 n. 2655). In conclusione, emerge che il provvedimento qui impugnato si sottrae alle censure dedotte in ricorso poiché si fonda su un’istruttoria completa ed esaustiva, ampiamente riportata nella motivazione dell’atto, che ne ha tratto conclusioni del tutto logiche, coerenti e proporzionate.

5. Non è fondato e deve essere respinto il primo motivo di appello, atteso che la sentenza impugnata, lungi dall’essere lacunosa e basata su argomentazioni aprioristiche non adeguatamente supportate con riferimento ai presupposti di fatto e di diritto fondativi dei provvedimenti impugnati, ha più che adeguatamente indicato e apprezzato gli elementi di fatto posti alla base della valutazione di sussistenza del rischio di infiltrazione mafiosa nell’impresa: risulta risolutiva e determinante in proposito la considerazione che la moglie del -OMISSIS- è amministratrice, legale rappresentante e titolare del 100% del capitale sociale della società -OMISSIS-, società di cui inoltre il predetto -OMISSIS-è dipendente con contratto di lavoro part-time a far data dal 23 gennaio 2019. Tali circostanze depongono in maniera evidente che è “più probabile che non” che sussista un’influenza diretta del -OMISSIS-medesimo nella conduzione dell’azienda. Merita dunque conferma quanto rilevato in proposito nella sentenza qui gravata, secondo cui “ nel caso di specie, il rapporto di -OMISSIS-, in quanto coniuge convivente dell’amministratrice della società, recante il suo nome nella denominazione, della quale risulta essere dipendente, rientra a pieno titolo nel novero dei rapporti parentali e familiari qualificati da un’intensità e da un carattere sintomatico agli effetti del giudizio prognostico. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la permeabilità mafiosa possa propagarsi ed esprimersi, secondo la condivisibile giurisprudenza amministrativa, anche attraverso rapporti interpersonali elettivi proprio come quello di coniugio (specie se connotato da effettività dell’affectio familiae, ravvisabile nel dato fenomenico della persistente convivenza) ”.

5.1. I contatti del -OMISSIS- con un gruppo malavitoso operante nel territorio, considerati dagli accertamenti di polizia “ stretti e qualificati ”, sono stati rilevati nell’ambito di un’importante e complessa operazione di polizia giudiziaria e sono riferiti in particolare a un soggetto, tale -OMISSIS-, condannato per il reato di associazione mafiosa di cui all’art.416- bis c.p. Da alcune conversazioni telefoniche registrate nel corso delle indagini e dettagliatamente riprodotte nella sentenza di primo grado, nel paragrafo dedicato alle elezioni amministrative di -OMISSIS-(TO) tenutesi il 15 e 16 maggio 2011, il cui esito sarebbe stato condizionato dalla `ndrangheta pilotando l’elezione di un sindaco in grado di assicurare al sodalizio criminale non soltanto l'assegnazione di appalti e commesse pubbliche ma anche l’ingresso nella vita politica del Comune, è risultato che il -OMISSIS- ha rivestito un ruolo attivo, non secondario, nella conduzione di questo tentativo di condizionamento, essendosi candidato per una lista civica unitamente a -OMISSIS-. Su tali basi la Prefettura ha non illogicamente dedotto che “ Si tratta di contatti e frequentazioni dal tenore estremamente confidenziale, che palesano l'esistenza tra -OMISSIS-e un personaggio del calibro di -OMISSIS- di un consolidato rapporto di fiducia e di una comunanza di intenti e di interessi, anche finalizzata, mediante un impegno in prima persona di -OMISSIS-concretizzato con la propria candidatura, all'infiltrazione del sodalizio criminale nel tessuto economico e politico piemontese ”.

5.2. Non si condivide, dunque, l’opinione soggettiva espressa nell’atto di appello, secondo la quale “ i due episodi di intercettazione, datati 2011, che hanno interessato il sig. -OMISSIS- nell’atto di interloquire con tale -OMISSIS-, esponente della consorteria ‘ndrangheta di -OMISSIS- non potrebbero essere ritenuti alla stregua di indizi gravi, precisi o, tantomeno, concordanti, per affermare il rischio di infiltrazione mafiosa nell’impresa dell’appellante ”. Ritiene, invece, il Collegio, in accordo con il medesimo giudizio espresso dal primo Giudice, che gli episodi sopra in sintesi richiamati integrino più che adeguatamente i presupposti per l’espressione di un giudizio di permeabilità dell’impresa al rischio di condizionamenti illeciti.

5.3. In tal senso risulta convincente quanto argomentato dal Tar nella sentenza appellata, secondo il quale “ la relazione di stretta contiguità e cointeressenza tra il -OMISSIS-e il -OMISSIS- emerge con sufficiente nettezza e, seppur da due soli episodi intercettati, assume indubitabile pregnanza sintomatica, il che corrobora la tesi dell’amministrazione circa la potenziale carica infiltrativa espressa dalla figura del S ”.

5.4. Né può ritenersi che la circostanza che tali episodi risalgano al 2011 e non siano stati seguiti da altri, più recenti fatti di collegamento, contatto o esposizione con ambienti malavitosi possa svalutarne il significato indiziario ai fini di prevenzione, nella logica anticipatoria propria dei provvedimenti in subiecta materia . È stato infatti condivisibilmente precisato che l’interdittiva antimafia – e il sotto questo profilo analogo provvedimento di diniego di iscrizione nella così detta white list - può essere legittimamente fondata anche su fatti che sono risalenti nel tempo, purché dall’analisi complessiva delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario che sia idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa (così, ad esempio, Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 2022, n. 2712).

5.5. Come condivisibilmente argomentato dal Tar, “ alla luce della portata indiziante degli eventi emergenti dalle risultanze info-investigative, non pare scalfita né sminuita la valenza induttiva del sillogismo indiziario che conduce a formulare, secondo il canone probatorio “più probabile che non” che sia ragionevolmente persistente il pericolo di condizionamento dell’attività di impresa da parte delle consorterie criminali in considerazione della relazione qualificata che lega la società alla figura del S ”.

5.6. Né possono ritenersi ex se idonee a escludere il pericolo di infiltrazioni le ulteriori circostanze dedotte nel motivo di appello in esame, ossia il fatto che tutti i riscontri effettuati sull’impresa e sulla persona dei responsabili dell’impresa, dei loro conviventi, nonché sui dipendenti avevano escluso la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa. Non necessariamente, infatti, il condizionamento malavitoso deve esprimersi e concretizzarsi attraverso l’infiltrazione di persone organiche al sodalizio criminale o da esso controllate nella compagine sociale o tra i dipendenti dell’impresa e comunque non occorre, come ha chiarito la giurisprudenza sopra richiamata, una prova positiva di un condizionamento operante in atto, essendo sufficiente a fondare le misure preventive de quibus anche il ragionevole rischio di esposizione a possibili, futuri, condizionamenti e infiltrazioni.

6. Parimenti infondato e da respingere viene considerato dal Collegio il secondo motivo di appello. Con tale motivo la parte appellante ripropone la contestazione dell’attualità dei presunti tentativi di infiltrazione mafiosa, censurando, in particolare, l’argomento speso dalla sentenza appellata per respingere tale contestazione, secondo il quale “ in mancanza di sopravvenute circostanze atte a segnalare un chiaro distacco o dissociazione dell’impresa dal veicolo di potenziale pericolo infiltrativo rappresentato dal -OMISSIS-e dalla sua sfera di passati contatti e frequentazioni ”, senza considerare la circostanza che la società ricorrente è stata costituita soltanto nel 2018, che il -OMISSIS- è un dipendente soltanto part-time e senza alcun ruolo direttivo e che tutte le indagini di polizia effettuate sui rapporti commerciali, sulla persona del legale rappresentante, sui suoi conviventi, nonché sui suoi 26 dipendenti, non avevano fatto emergere alcuna ipotesi di tentativi di infiltrazione mafiosa.

6.1. Questa seconda censura, che si risolve in uno svolgimento ulteriore di quanto già dedotto con il primo motivo di appello, non introduce elementi valutativi nuovi e diversi e deve dunque respingersi sulla base delle motivazioni già proposte nei precedenti paragrafi della presente decisione.

7. Per tutti gli esposti motivi l’appello deve giudicarsi infondato e va come tale respinto.

8. Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

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