Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-06-27, n. 201203787

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-06-27, n. 201203787
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201203787
Data del deposito : 27 giugno 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02330/2012 REG.RIC.

N. 03787/2012REG.PROV.COLL.

N. 02330/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2330 del 2012, proposto dalla Kuwait Petroleum Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato R M I, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, viale Angelico n. 103;

contro

Regione Lazio, in persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S R, domiciliato in Roma, via Marcantonio Colonna n. 27;

nei confronti di

Roma Capitale, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M B, domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;
Capitaneria di Porto di Pescara, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del T.a.r. Lazio – Roma - Sezione I ter, n. 9942 del 20 dicembre 2011.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio, di Roma Capitale e della Capitaneria di Porto di Pescara;

viste le memorie difensive depositate dalla Regione Lazio (in data 1° giugno 2012), da Roma Capitale (in data 21 maggio 202), nonché la memoria di replica della ricorrente (depositata in data 8 giugno 2012);

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2012 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Izzo, Ricci e Siracusa su delega dell’avvocato Baroni;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società Kuwait Petroleum Italia s.p.a. (in prosieguo la società), ha chiesto alla Regione Lazio (cfr. nota in data 15 luglio 2010), ai sensi dell’88" data-article-version-id="31def5d8-117b-51cc-b6a1-b8b566f96565::LR036802A681470E782588::1999-08-06" href="/norms/laws/itatextfoqmvqkkd3e8xw/articles/itaartswak5p0lqf2h32?version=31def5d8-117b-51cc-b6a1-b8b566f96565::LR036802A681470E782588::1999-08-06">art. 18, l. 24 novembre 1981 n. 689, l’annullamento del verbale di accertamento e contestazione dell’infrazione preveduta e punita dagli artt. 295 e 296 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per aver immesso sul mercato combustibili per uso marittimo aventi un tenore di zolfo superiore ai limiti di legge (cfr. verbale n. 14/2010 del 1° giugno 2010, redatto dalla Capitaneria di Porto di Pescara).

2. Trascorsi alcuni mesi (nel corso dei quali era stata espletata attività istruttoria da parte del comune di Roma delegato dalla Regione Lazio), la società ha impugnato davanti al T.a.r. per il Lazio, ex art. 117 c.p.a., il silenzio inadempimento asseritamente formatosi sulla richiesta di annullamento, sostenendo che il procedimento sanzionatorio non potesse rimanere sospeso sine die ma dovesse concludersi - in senso favorevole (mediante archiviazione del contesto amministrativo) ovvero sfavorevole (mediante emanazione dell’ordinanza ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria) - non oltre il termine di trenta giorni sancito dall’art. 2, l. 7 agosto1990, n. 241.

3. L’impugnata sentenza - T.a.r. Lazio – Roma - Sezione I ter , n. 9942 del 20 dicembre 2011 -:

a) ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario controvertendosi in materia di sanzioni amministrative (tale capo non è stato impugnato ed è coperto dalla forza del giudicato interno);

b) ha dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione essendo stato impugnato un atto infraprocedimentale privo di autonoma capacità lesiva (anche tale capo non è stato impugnato);

c) ha escluso l’applicabilità dell’art. 2, l. n. 241 del 1990 ai procedimenti di irrogazione delle sanzioni amministrative disciplinati dalla l. n. 689 del 1981;

d) ha compensato le spese di lite.

4. Con atto ritualmente notificato e depositato la società ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, lamentando (pagine 4 - 7 del gravame):

a) vizio di extrapetizione, non corrispondenza fra chiesto e pronunciato, motivazione contraddittoria;
il T.a.r. ha frainteso l’oggetto del giudizio che non era rappresentato dai verbali di accertamento ma dall’inerzia dell’amministrazione nell’esaminare le osservazioni formulate ai sensi dell’art. 18 cit.;

b) violazione dell’art. 2, l. n. 241 del 1990.

5. Si sono costituiti in giudizio la Regione Lazio, Roma Capitale e la Capitaneria di Porto di Pescara deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

6. La causa è passata in decisione alla camera di consiglio del 19 giugno 2012.

DIRITTO

7. L’appello è infondato e deve essere respinto.

8. E’ assodato, per l’intervenuto giudicato formatosi sul punto, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo circa l’impugnativa del procedimento sanzionatorio disciplinato dalla l. n. 689 del 1981.

Indipendentemente dalla preclusione processuale formatasi sulla questione di giurisdizione, il collegio osserva sul punto (conformemente alla consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione e di questo Consiglio, cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. un., 26 novembre 2008, n. 2816;
sez. un., 2 luglio 2008, n. 18040;
sez. un., 16 febbraio 2006, n. 63;
Cons. St., sez. VI, 17 dicembre 2007, n. 6474;
sez. IV, 4 febbraio 1999, n. 112, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli art. 74, co. 1, 88, co. 1, lett. d), e 99, co. 3, c.p.a.), che:

a) dall’esame della causa petendi della domanda proposta davanti al giudice amministrativa emerge che la situazione soggettiva di cui si chiede tutela ha la consistenza del diritto soggettivo sotto i seguenti profili:

I) è dedotta la lesione della libertà di impresa e di iniziativa economica (in particolare per la situazione di incertezza che si viene a creare per la futura attività di commercializzazione di prodotti uguali a quelli oggetto di contestazione);

II) ogni qualvolta si verifichi in concreto la fattispecie astrattamente prevista, l’applicazione della sanzione costituisce un obbligo per l’amministrazione;
quindi non v’è discrezionalità in ordine all’an e al quando: l’individuazione degli estremi che integrano la fattispecie illecita non è operazione che possa tollerare alcun margine di discrezionalità amministrativa;
l’attività svolta è interamente assimilabile a quella dell’autorità giudiziaria, intesa come attività di applicazione obbiettiva e imparziale della legge al caso concreto;
l’amministrazione, al pari del giudice penale, ha l’obbligo di esercitare l’azione e di concludere il procedimento: il principio di officialità deriva dalla vigenza, in materia di sanzioni punitive, del principio di legalità sostanziale ricavato dagli artt. 23 e 97 Cost., in virtù del quale il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto a non subire imposizioni patrimoniali al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge;
pertanto l’applicazione della sanzione in difetto della fattispecie contravvenzionale integra gli estremi della lesione sine titulo della sfera soggettiva del soggetto inciso, e non costituisce un’ipotesi di scorretto esercizio del potere discrezionale;

III) al fine del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, è necessario distinguere tra sanzioni punitive e misure ripristinatorie, riconoscendo solo nel secondo caso la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto, nel caso di sanzioni punitive queste hanno carattere meramente afflittivo (come nella vicenda per cui è causa), e sono ricollegate al verificarsi concreto della fattispecie legale, restando esclusa ogni discrezionalità in ordine alla loro irrogazione se non quanto alla misura, con la conseguenza che la contestazione dell’intimato si risolve nel dedurre il proprio diritto soggettivo a non subire l’imposizione di prestazioni patrimoniali fuori dei casi espressamente previsti dalla legge;
mentre al contrario, nel caso di misure ripristinatorie, queste ultime tendono a realizzare direttamente l’interesse pubblico di settore leso dall’atto illecito, e all’amministrazione è data, di regola, la scelta della misura repressiva più idonea a soddisfare quell’interesse, con la conseguenza che, in tal caso, sussistono in capo al privato soltanto posizioni soggettive di interesse legittimo;

IV) i provvedimenti sanzionatori sono di norma estranei all’ambito della giurisdizione esclusiva, sulla base della loro disomogeneità funzionale rispetto agli altri atti dell’amministrazione e dell’assenza di un intreccio inestricabile fra diritti soggettivi ed interessi legittimi;

b) le norme sancite dagli artt. 22, co. 1, e 22 bis, l. n. 689 del 1981 (quest’ultima disposizione ora abrogata e sostituita dall’art. 6, d.lgs. n. 150 del 2011, inapplicabile ratione temporis ai sensi dell’art. 36 del medesimo decreto), affidano al giudice ordinario la cognizione sulle controversie aventi ad oggetto sanzioni amministrative e, nel ripartire la competenza tra giudice di pace e tribunale per le opposizioni alle inflitte sanzioni, confermano l’attribuzione dell’intera «materia» delle sanzioni amministrative alla giurisdizione <<piena>>
del giudice ordinario (potendo annullare o riformare l’atto sanzionatorio), salvo diversa e specifica previsione di legge e, in particolare, quanto previsto dall’art. 133 c.p.a. che non include, nel suo tassativo catalogo, le controversie come quella oggetto del presente giudizio;
in quest’ottica è sufficiente rilevare, per completezza, che l’art. 296 d.lgs. n. 152 del 2006 cit. –Controlli e sanzioni – nel richiamare espressamente la l. n. 689 del 1981, si colloca nell’alveo della su esposta impostazione sistematica.

8.1. Assodata la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della presente controversia, ne discende l’inammissibilità della proposizione del rito speciale disciplinato dall’art. 117 c.p.a. sotto un duplice concorrente profilo:

a) la giurisdizione del giudice amministrativo in tema di silenzio non deriva dall’art. 117 cit. (prima art. 21 bis, l. n. 1034 del 1971), che è norma sul rito, ma dai consueti criteri di riparto;
conseguentemente è da escludersi che tale disposizione fondi una ipotesi di giurisdizione esclusiva o di merito al di fuori degli eccezionali casi tassativamente contemplati dagli artt. 133 e 134 c.p.a., sicché il rito speciale in esame è praticabile esclusivamente se il giudice amministrativo ha giurisdizione sul rapporto cui inerisce la richiesta rimasta inevasa (circostanza questa che non ricorre nel caso di specie);

b) è in ogni caso inammissibile l’impugnazione del silenzio inadempimento qualora la controversia (come nel caso di specie), attenga a posizioni di diritto soggettivo, a prescindere dagli atti adottati dalla pubblica amministrazione e quindi anche quando non sia stato emanato alcun atto nonostante il decorso dei termini prescritti per la conclusione del relativo procedimento, dovendo in questo caso la tutela dell’interessato essere fatta valere mediante azione di accertamento davanti al giudice ordinario o comunque munito di giurisdizione (cfr. ex plurimis Cons. giust. amm., 28 luglio 2011, n. 523;
Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2011, n. 210;
sez. IV, 27 febbraio 2008, n. 741;
sez. IV, 10 ottobre 2007, n. 5311;
ad. plen., 9 gennaio 2002, n. 1, cui si rinvia a mente del combinato disposto degli art. 74, co. 1, 88, co. 1, lett. d), e 99, co. 3, c.p.a.).

8.2. Resta conseguentemente assorbita la censura concernente l’autonoma impugnabilità del verbale di accertamento di infrazione amministrativa e l’applicabilità, al relativo procedimento sanzionatorio, della norma che stabilisce l’obbligo di conclusione entro i termini previsti dall’art. 2, l. n. 241 del 1990.

9. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere l’appello.

10. Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.

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