Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-02-22, n. 201801117

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-02-22, n. 201801117
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801117
Data del deposito : 22 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/02/2018

N. 01117/2018REG.PROV.COLL.

N. 08319/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8319 del 2009, proposto da A P, rappresentata e difesa dagli avvocati M Z ed E R, con domicilio eletto presso lo studio M Z in Roma, via del Mascherino, 72;

contro

Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

S M, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio – Sede di Roma, Sezione II- quater n. 6640 del 2008, resa tra le parti, concernente concorso per il conferimento di 163 posti di dirigente del ruolo del Ministero delle finanze.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il consigliere Luca Lamberti e uditi per le parti l’avvocato Pelizzo su delega di Zoppolato e l’avvocato dello Stato Fiorentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La dr.ssa Pietropaolo, dipendente del Ministero dell’economia e delle finanze, ha impugnato, in uno con gli atti presupposti, il provvedimento con cui è stata approvata la graduatoria finale di merito del concorso per titoli, integrato da colloquio, per il conferimento di 163 posti di dirigente del ruolo del Ministero dell’economia delle finanze pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 8 luglio 1997, nella parte in cui è stata collocata al 216^ posto, con punteggio complessivo di 19,80.

2. La dr.ssa Pietropaolo ha, in proposito, censurato la valutazione operata dall’Amministrazione circa i propri titoli, che ha condotto all’assegnazione di un punteggio in tesi inferiore a quello che avrebbe dovuto esserle riconosciuto.

3. Nel dettaglio, la ricorrente ha lamentato:

a) che le è stato assegnato n. 1 punto per un corso di “ verifiche delle esattorie ” che lei non avrebbe mai frequentato, avendo di contro partecipato ad un corso di formazione rivolto ai “ verificatori contabili ” per il quale la commissione avrebbe dovuto riconoscerle n. 3 punti, come previsto dal verbale n. 2/1998 (ove la commissione aveva indicato i criteri per l’attribuzione dei punteggi) e come in tesi fatto per altri candidati;

b) che non sarebbe stato ab ovo valutato il titolo di giudice conciliatore da lei conseguito in quanto inserito, per errore in tesi scusabile, fra gli “ incarichi e servizi speciali ” anziché, come sarebbe stato corretto fare, fra gli “ altri titoli culturali ”;

c) che non sarebbe stato valutato il titolo di praticante procuratore legale abilitato al patrocinio, pure in tesi previsto fra i titoli contemplati dalla commissione come meritevoli di punteggio nei verbali n. 2/1998 e n. 7/1999;

d) che, infine, per altri candidati che la precedono in graduatoria la commissione avrebbe riconosciuto, quali “ incarichi e servizi speciali ”, lo svolgimento di accessi, ispezioni e verifiche, di contro costituenti mansioni ordinarie per i dipendenti del Ministero.

4. Costituitasi l’Amministrazione, integrato il contraddittorio a seguito di espresso jussum judicis e disposti adempimenti istruttori, il ricorso è stato alfine definito con la sentenza in questa sede gravata, con cui i Giudici di prime cure hanno respinto le censure articolate dalla ricorrente.

5. Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto:

a) che per il corso in parola sarebbe corretta l’attribuzione di un solo punto, perché la ricorrente “ nel corso del procedimento, anche in sede di richiesta di correzione dei presenti errori materiali si è sempre limitata ad attestare la frequenza e la partecipazione al corso, ma non risulta che abbia tempestivamente comunicato all’Amministrazione l’esito del giudizio ed il profitto conseguito ”;
poiché, dunque, nel verbale n. 2/1998 la commissione avrebbe scelto di modulare l’attribuzione del punteggio per la frequenza di corsi di formazione in base, tra l’altro, alla comprovata “ valutazione del profitto ”, la mancata produzione, da parte della ricorrente, di idonea documentazione in proposito avrebbe condotto legittimamente la commissione a tenere in considerazione la sola partecipazione al corso, con attribuzione di un punto sui tre disponibili;

b) “ la nomina a giudice conciliatore non può essere fatta rientrare in alcuna delle categorie di titoli contemplate dal bando ”;

c) l’abilitazione al patrocinio “ non costituisce un titolo abilitativo alla professione, inteso come titolo costitutivo della posizione professionale del soggetto ”;

d) la censura incentrata sulla sopravvalutazione di titoli appartenenti alla categoria degli “ incarichi speciali ” in favore di taluni colleghi “ risulta inammissibile per genericità, essendosi la ricorrente limitata a mere deduzioni labiali, non assistite neppure da un principio di prova ”.

6. La ricorrente ha interposto appello, riproponendo criticamente le censure svolte in prime cure.

7. L’Amministrazione si è costituita con apposita memoria.

8. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 25 gennaio 2018, in vista della quale la sola ricorrente ha versato in atti difese scritte.

9. Il ricorso non merita accoglimento: è, pertanto, ultroneo disporre l’integrazione del contraddittorio.

10. Il Collegio prende direttamente in esame le censure articolate in prime cure, le quali costituiscono il limite invalicabile del thema decidendum del presente giudizio di appello;
il Collegio precisa, in proposito, di riferirsi alle sole doglianze articolate nel ricorso introduttivo, poiché le successive memorie depositate nel corso del giudizio di prime cure non risultano essere state notificate e, pertanto, le censure ivi contenute sono inammissibili.

11. Il Collegio, in particolare, rileva quanto segue:

a) per quanto consta in atti, l’attestato di partecipazione e di proficua partecipazione al corso de quo risulta rilasciato in data 10 luglio 2003 a seguito di espressa richiesta della ricorrente, evidentemente formulata con inammissibile ritardo, giacché all’epoca la procedura era da tempo conclusa: il provvedimento di approvazione della graduatoria, infatti, risulta essere stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 21 febbraio 2002.

Non si presenta, pertanto, illogica la determinazione amministrativa sul punto, peraltro frutto di ponderazione tecnico-discrezionale connotata da ampia discrezionalità sindacabile soltanto ab externo per palese irragionevolezza o plateale illogicità.

Il Collegio rileva ad abundantiam che nel ricorso introduttivo del giudizio di prime cure era censurata l’assunta disparità di trattamento solo quanto all’attribuzione del punteggio, non anche quanto all’avviso per le vie brevi dell’incompletezza della domanda, che in successiva memoria si stigmatizza essere stato formulato a favore di altra candidata, la dr.ssa P, ma non anche della ricorrente: in particolare, il certificato di partecipazione e di proficua partecipazione al corso de quo risulta prodotto dalla dr.ssa P nel mese di maggio 1999 a seguito di un’asserita richiesta “ per le vie brevi ” da parte dell’Amministrazione, che l’odierna ricorrente lamenta non essere stata formulata anche a suo beneficio.

In proposito, il Collegio osserva che, in linea generale, è comunque onere di ciascun candidato attendere alla completa, tempestiva e puntuale produzione dei propri titoli: non solo, infatti, nelle procedure di massa, quali quelle concorsuali, l’Amministrazione non è tenuta al soccorso istruttorio (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9, § 7.4 e seguenti) e, quindi, non deve ricercare autonomamente la documentazione menzionata dai candidati, ma, oltretutto, l’art. 2 del bando precisava che “ i titoli valutabili … dovranno essere indicati dal candidato mediante precisi ed univoci estremi di riferimento e dovranno essere allegati, in originale o copia autenticata, qualora non siano in possesso dell’amministrazione ”;
inoltre, non vi è prova né che l’asserita richiesta “ per le vie brevi ” da parte dell’Amministrazione non sia conseguita ad un previo attivo interessamento della dr.ssa P, né che un’analoga richiesta non sia stata rivolta “ per le vie brevi ” pure alla odierna ricorrente. Ove, poi, i fatti effettivamente stessero come allegato dalla ricorrente, ciò non sarebbe comunque sufficiente a configurare ex se una disparità di trattamento, figura sintomatica di eccesso di potere predicabile in presenza di trattamento difforme di situazioni uguali a mezzo di formali volizioni provvedimentali e, di contro, non utilmente richiamabile in relazione a mere evenienze informali, peraltro riconducibili ai più vari fattori, occorse nell’ambito di procedure complesse interessanti una vasta platea di persone e relative ad adempimenti cui comunque i candidati erano autonomamente ed individualmente tenuti.

b) la nomina a giudice conciliatore oggettivamente non rientra in alcuna delle voci indicate dalla commissione nel verbale n. 2/1998: non costituisce, infatti, né “ esercizio di funzioni proprie della qualifica dirigenziale ”, né “ incarico conferito con provvedimento dell’Amministrazione ” delle finanze, né “ incarico in organi collegiali costituiti nell’ambito dell’Amministrazione pubblica ”, né “ titolo culturale rilasciato da Istituti, Enti ed Uffici della Pubblica Amministrazione ”.

c) per quanto concerne il valore da attribuire all’iscrizione nel registro dei praticanti procuratori il Collegio osserva che:

c1) la censura, respinta dal T.a.r., non è stata espressamente riproposta in appello con pertinente mezzo di gravame;

c2) l’abilitazione al patrocinio legale non è costitutiva di status professionale né, comunque, consente l’iscrizione all’albo professionale degli avvocati: come correttamente evidenziato in prime cure, essa “ non costituisce un titolo abilitativo alla professione ” e, pertanto, non rappresenta ab imis un “ titolo ” che l’Amministrazione possa valutare.

d) quanto al motivo illustrato sub lettera d) del § 5, il Collegio osserva che:

d1) la censura, respinta dal T.a.r., non è stata espressamente riproposta in appello con pertinente mezzo di gravame;

d2) la censura (peraltro non documentata nel ricorso introduttivo del giudizio di prime cure) è infondata, posto che nel citato verbale n. 2/1998 la commissione aveva esplicitamente incluso, fra gli “ incarichi e servizi speciali ”, pure gli “ incarichi conferiti con provvedimento dell’Amministrazione di funzioni ispettive o comunque di vigilanza (accessi, ispezioni, verifiche, revisioni dei conti, etc) ” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3745, afferente al medesimo concorso per cui è causa).

12. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

13. Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e di cui agli artt. 26, comma 1, c.p.a. e 96, comma 3, c.p.c. ricorrendone i presupposti applicativi (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 24 maggio 2016, n. 2200;
Cass. civ., Sez. VI, 2 novembre 2016, n. 22150).

14. La condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2- quinquies , lett. a) e d), della l. n. 89 del 2001 come modificata dalla l. n. 208 del 2015.

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