Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-02, n. 201600389

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-02, n. 201600389
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600389
Data del deposito : 2 febbraio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03945/2015 REG.RIC.

N. 00389/2016REG.PROV.COLL.

N. 03945/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3945 del 2015, proposto da:
Angela Ando', Domeneco Antonio D'Amico, Teodosio D'Amico, S D B, C D C, M D C, M S D C, C D D C, A R P, rappresentati e difesi dall'avv. R A B, con domicilio eletto presso Raffaele Titomanlio in Roma, Via Terenzio, 7;

contro

Comune di Pietragalla, rappresentato e difeso dall'avv. C B, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, p.zza Capo di Ferro 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. BASILICATA - POTENZA: SEZIONE I, n. 00228/2015, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione su istanza di sanatoria dell'illecita occupazione e realizzazione di opere su terreni di proprietà - ris. danni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pietragalla;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2015 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati R A B e C B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso al TAR Basilicata gli odierni appellanti agivano contro il silenzio serbato dal Comune di Pietragalla (prov. di Potenza) sulla loro domanda di attivazione del procedimento di acquisizione ex art. 42 bis di terreni di loro proprietà (individuati dalla sentenza in epigrafe), interessati da procedimento di esproprio per la realizzazione di una strada ed arrestatosi al decreto di occupazione (decr n. 3/85), nonché protrattosi oltre i termini di legge.

I ricorrenti chiedevano inoltre:

- l’accertamento dell'obbligo di provvedere sull'istanza, mediante l'adozione in via principale di un provvedimento espresso di acquisizione ai sensi del citato ex art. 42 bis T.U., corredato con tutte le voci indennitarie e/o risarcitorie espressamente previste e/o, in via graduata, mediante adozione di provvedimento di riduzione in pristino e restituzione delle aree con ogni dovuta conseguenza risarcitoria;

- di ordinare al Comune intimato, di provvedere nel termine designando ex art. 117/2 del C.P.A. in esecuzione degli obblighi come innanzi accertati e gradatamente azionati, con esplicitazione dei criteri e parametri cui la stessa P.A. dovrà attenersi nella liquidazione dei richiesti e dovuti indennizzi e risarcimenti;

- la condanna del Comune al risarcimento, anche in forma specifica, del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente sia al ritardo quanto gradatamente, in caso di mancata adozione dei provvedimenti di acquisizione sanante con pieno ristoro dei dovuti indennizzi e risarcimenti connessi alla illegittima detenzione dei beni di proprietà dei ricorrenti dal momento dell'esecuzione dei lavori nonché il danno da lucro cessante, costituito dalla perdita della possibilità di far fruttare la somma stessa;

- la nomina di un commissario “ ad acta ” incaricato di:

a).- determinare l'attuale valore venale dei beni e, conseguentemente, quantificare i danni patrimoniali e non patrimoniali e ad emettere, in sostituzione il provvedimento ex art 42 bis DPR 327/2001 di acquisizione sanante al patrimonio indisponibile comunale, previa indicazione dei criteri e parametri a cui lo stesso dovrà attenersi;

b).- porre in essere tutti gli atti necessari alla eventuale riduzione in pristino ed alla restituzione dei beni ai ricorrenti, con i dovuti risarcimenti .

1.1.- Con la sentenza epigrafata, il TAR, accogliendo l’eccezione sollevata dal Comune intimato sull’usucapione ordinaria ventennale ex art. 1158 c.c. sui terreni dei ricorrenti utilizzati per la realizzazione della strada e delle opere accessorie, ha respinto il ricorso in quanto:

“la realizzazione di un’opera pubblica su un fondo illecitamente occupato, anche se non è un titolo idoneo per il trasferimento della proprietà del terreno dal soggetto all’Amministrazione espropriante, fa sempre salvi gli effetti dell’usucapione….” (cfr. C.d.S. Sez. VI n. 2559/2013;
C.d.S. Sez. V n. 2279/2013;
C.d.S. Sez. IV n. 2582/2007);

- “Nel caso di specie è documentato e non è contestato che il decreto di occupazione è stato adottato il 7 ottobre 1985 e che lo stesso aveva durata di anni cinque dalla data di emissione dello stesso……..”.

- “il periodo ventennale utile per usucapire è iniziato a decorrere dalla scadenza del periodo di efficacia dell’occupazione legittima (solo allo scadere di detto periodo infatti la mancata restituzione del bene può ritenersi fatto idoneo a determinare l’interversione del possesso utile ai fini dell'usucapione), cioè dal 7 ottobre 1990 per scadere il 7 ottobre 2010, momento - quest’ultimo - di definitiva, completa maturazione dell’usucapione sui beni immobili in questione da parte del comune resistente”;

- pertanto “l’acquisizione, a titolo di usucapione, dei terreni per cui è causa in favore del comune paralizza le domande proposte col presente ricorso che vanno pertanto respinte”.

2.- Di qui l’appello in trattazione che avversa al decisione gravata per motivi riassumibili come segue:

- la asserita applicabilità dell’istituto dell’usucapione costituirebbe larvata reintroduzione dell’espropriazione indiretta oltreché violazione dei principi enunciati dalla CEDU;

- un comportamento illecito non può fondare l’acquisto del diritto di proprietà colpito dall’illecito stesso.

2.1.- L’appello è meritevole di accoglimento, sulla base del secondo profilo sollevato.

La matrice civilistica dell’usucapione, applicata dal TAR, comporta in primo luogo che di essa possa farsi applicazione solo in presenza di tutti gli elementi, indicati dal codice civile. Nella fattispecie è oggettivamente fuor di dubbio che manchi il titolo, vale a dire l’esistenza di una legittima causa giuridica che ha determinato l’occupazione del bene privato, integrante il possesso del bene;
tale non è e non può essere infatti nessun decreto di occupazione che, come tutti gli atti del procedimento, risulti scaduto per mancata emissione del decreto di esproprio nel quinquennio previsto dalla legge, in quel momento determinandosi a carico dell’Amministrazione il passaggio da una situazione di occupazione legittima ad una occupazione illecita e quindi suscettibile di conseguenze risarcitorie. Peraltro, proprio la rilevata carenza di titolo costituisce il fondamento giuridico intrinseco delle pretese risarcitorie avanzate dai soggetti proprietari colpiti dal procedimento amministrativo trasformatosi in illecito civile, e che non può non trovare risarcimento.

Nè in contrario, ad improprio sostegno dell’usucapione, potrebbe invocarsi una prescrizione del diritto al risarcimento, atteso che la fattispecie in esame (ed a cui rimedio si domanda l’art. 42-bis) costituisce un illecito permanente, come affermato in più occasioni dalla Corte europea dei diritti umani e, di recente, dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 2 novembre 2011, n. 5844);
ciò anche a voler porre in disparte il rilievo fondamentale sulla assoluta differenza tra gli istituti, atteso che la prescrizione presuppone il permanere di un diritto che viene illecitamente leso (dando luogo al risarcimento), mentre l’usucapione, se ne sussistono i presupposti, determina l’ estinzione da fatto lecito del diritto proprietario, evento che perciò esclude il risarcimento. La evidenziata quanto netta differenza non esclude che l’illecito permanente possa cessare in caso di accertata usucapione da parte dell’occupante amministrazione, ma evidentemente sempre e solo ove sussista altro legittimo titolo che, in base al codice civile ed alla presenza degli altri requisiti, vi abbia dato origine.

Per analoga ragione non possono invocarsi gli orientamenti giurisprudenziali indicati dal TAR e sopra riportati. Ed invero:

- il Consiglio di Stato, sez. IV n. 2582/2007, non si occupa in alcun punto dell’usucapione, afferma principi del tutto incompatibili con forme diverse da quelle tracciate dalla giurisprudenza comunitaria ed interna sull’applicazione dell’istituto dell’acquisizione sanante;

- lo stesso dicasi per il Consiglio di Stato sez. VI n. 2559/2013 e sez. V n. 2279/2013, che confermano entrambi la cennata non prescrittibilità del diritto al risarcimento sulla base del già richiamato carattere permanente dell’illecita occupazione.

- Quanto la Corte di Cassazione SS.UU. 19/01/2015, n. 735, conferma che mancata adozione del decreto di esproprio configura un illecito permanente ma anche questa pronunzia nulla reca sul tema dell’usucapione.

- Chiarito quanto sopra, resta pertanto privo di ogni rilievo giuridico il fatto che , nel periodo di tempo necessario al compiersi dell’usucapione, “nessuna richiesta (risarcitoria, restitutoria ovvero di adozione di un provvedimento di acquisizione sanante) è stata proposta dagli istanti (o dai loro danti causa) nella qualità di proprietari dei beni fondata sul presupposto della illegittima protrazione della detenzione dello stesso da parte della P.A.”.

3.- Le questioni testè vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

4.- Conclusivamente l’appello deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza impugnata ed accoglimento delle domande formulate dal ricorso di primo grado. Il Comune di Pietragalla, pertanto, in esecuzione della presente decisione ed entro trenta giorni dalla data di notificazione della stessa, avvierà il procedimento di acquisizione ai sensi dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001, formulando nel contempo ai ricorrenti, sulla base di quest’ultima norma, una proposta di risarcimento dei danni risarcibili ai sensi di legge e per il periodo intercorrente tra la fine dell’occupazione legittima e l’emissione del decreto di acquisizione.

5.- Le spese del presente giudizio possono essere integralmente compensate in ragione della difformità tra l’orientamento qui accolto e la giurisprudenza di primo grado citata in senso conforme all’orientamento riformato.

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