Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-04-07, n. 202303589

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-04-07, n. 202303589
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202303589
Data del deposito : 7 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/04/2023

N. 03589/2023REG.PROV.COLL.

N. 00435/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 435 del 2023, proposto da
Arpalazio - Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato D M A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Bazzoni n. 3;

contro

Ente Ecclesiastico Provincia Italiana della Congregazione Maestre Pie Venerini, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

I Italia S.p.A., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 27/2023, resa tra le parti, del provvedimento dell'ARPALAZIO prot. 24/08/2022.0058813.U, nonché per l'accertamento del diritto ad ottenere l'ostensione dei documenti richiesti con istanza del 22/07/2022.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente Ecclesiastico Provincia Italiana della Congregazione Maestre Pie Venerini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2023 il Cons. Thomas Mathà e uditi per le parti gli avvocati D M A e M R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna parte appellata, l’Ente Ecclesiastico Provincia Italiana della Congregazione Maestre Pie Venerini, con istanza rivolta all’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio (ARPAL), ha presentato domanda di accesso ai documenti contenuti nel fascicolo del procedimento di autorizzazione di un’antenna di telefonia alla via Giannina Milli n. 6, nelle immediate vicinanza della Scuola Paritaria d’Infanzia “Sacro Cuore” e della Scuola Paritaria Primaria “Sacro Cuore” in via G. Rayneri n. 4, gestite dal predetto Ente Ecclesiastico.

2. ARPAL ha accolto l’istanza solo parzialmente, consentendo l’accesso solo in parte, negandolo per la restante parte in quanto i documenti conterrebbero informazioni personali e commerciali riservate.

3. Proposto ricorso avverso la nota del 24.8.2022, invocando l’accesso difensivo e deducendo la violazione dell’art. 24, comma 7, della l. 241/1990, il TAR lo ha accolto con sentenza n. 27/2023. In particolare lo ha giudicato fondato sul rilievo che in funzione della vicinitas esiste un diritto di accesso del terzo su documenti afferenti alle pratiche edilizie che costituisce un legittimo interesse concreto ed attuale in base alla stabile situazione di collegamento giuridico con l'immobile in cui viene esercitata l'attività commerciale. Ciò comporta un interesse legittimo a tutelare le proprie situazioni giuridiche ed economiche dai rischi e dai pregiudizi derivanti dalle condotte poste in essere nelle adiacenze del suo immobile dal controinteressato o anche a far rispettare le leggi in materia edilizia e di salubrità degli ambienti. D’altra parte, il TAR riteneva le allegazioni della controinteressata I troppo generiche per comprovare una fattispecie ostativa nel segreto professionale, industriale e commerciale.

4. Avverso la sentenza ARPAL ha proposto il presente appello, deducendone l’erroneità in quanto:

a) il ricorso introduttivo sarebbe inammissibile per difetto della procura ad litem (sotto il duplice profilo della regolarità della procura e della riferibilità all’Ente ricorrente);

b) l’istante avrebbe reiterato la richiesta di accesso agli atti con un ulteriore domanda, pertanto la determinazione negativa sarebbe rimasta tacita con l’effetto preclusivo dell’art. 25 della legge n. 241/1990, comportando l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse e su tale doglianza il TAR non si sarebbe pronunciato;

c) la sentenza sarebbe motivata erroneamente sulla specificazione dell’interesse (che a dire dell’autorità appellante sarebbe troppo generico) in base alla vicinitas dove, secondo ARPAL sarebbe necessario anche la dimostrazione del pregiudizio subito;
quindi, conclude l’appellante, il TAR avrebbe qualificato erroneamente il rapporto tra diritto di difesa e tutela della riservatezza – in relazione alla dimostrata necessità dei documenti ai fini del interesse protetto alla luce anche degli indirizzi più recenti dell’Adunanza plenaria in tema di accesso difensivo.

5. Si è costituito in resistenza l’Ente Ecclesiastico Provincia Italiana della Congregazione Maestre Pie Venerini, mentre I è rimasta contumace. L’appellato Ente Ecclesiastico ha spiegato l’inammissibilità dell’appello per mancante interesse di ARPA nonché l’improcedibilità in quanto ARPAL il 17.1.2023 in ottemperanza della sentenza del TAR avrebbe prestato acquiescenza, inoltrando tutta la documentazione richiesta dall’Ente. Per il resto ha replicato con articolate memorie difensive ritenendo il ricorso di secondo grado infondato nel merito.

6. Con memorie di replica depositate il 24.3.2023 le parti hanno ribadito le loro avversarie conclusioni.

7. Nella camera di consiglio del 4 aprile 2023 la causa è passata in decisione.

8. Il ricorso è infondato ed esime il Collegio ad esaminare le eccezioni di rito formulate da parte appellata.

9. Con i primi due motivi che vertono entrambi sulla procura dell’odierna appellata e che per ragione di connessione possono essere esaminati congiuntamente, ARPAL deduce l’erroneità della sentenza del TAR per i seguenti profili:

a) in ordine alla carenza di idonea originaria procura e di irritualità di quella nuova il TAR – accertando l’avvenuta sanatoria tramite una successiva e valida procura – avrebbe disatteso la regola secondo cui nel processo amministrativo la procura è speciale e deve essere conferita anteriormente o contestualmente alla data del ricorso (art. 40, co. 1, lett. g cod. proc. amm.) e in tale forma costituirebbe requisito di ammissibilità del ricorso;
questo, secondo l’autorità appellante sarebbe avvenuto in base ad un’erronea lettura del combinato disposto degli artt. 39 cod. proc. amm. e 182 c.p.c. Al contrario, ritenendo idonea la nuova procura formata in corso di giudizio il 16.11.2022 e depositata il successivo 21.11.2022 in prossimità dell’udienza di trattazione, oltre a violare il criterio di anteriorità avrebbe anche violato la ratio del sistema processuale amministrativo (essendo il processo strutturalmente impugnatorio e caratterizzato dalla previsione di un termine decadenziale per la notifica del ricorso, tale sistema risulterebbe eluso in assenza di previo conferimento del mandato speciale per l’impugnazione da proporre);

b) in merito alla riferibilità della procura, l’appellante sostiene che l’elemento identificativo della persona giuridica che agiva in giudizio (C.F. 02500390584) sarebbe diverso da quanto indicato nel sito internet della “Congregazione delle Maestre Pie Venerini (Casa Provinciale)”, la cui home page riporterebbe il diverso C.F. 97327030587;
non vi sarebbe quindi riferibilità certa della procura alla persona dotata dei poteri di rappresentanza giudiziale nell’interesse della Congregazione Maestre Pie Venerini avente C.F. 97327030587, essendo il gravame proposto dal diverso soggetto avente C.F. 02500390584.

10. Entrambe le censure non sono fondate, potendo richiamare il consolidato orientamento di questo Consiglio sull’applicabilità dell’art. 182 co. 2 c.p.c. in quanto “principio generale” applicabile ex art. 39 c.p.a., con il contestuale effetto retroattivo della sanatoria per l’avvenuto deposito di rituale procura al difensore (Cons. Stato, sez. III, n. 6822/2021). Secondo l’indirizzo espresso da questo Consiglio, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, il difetto di legittimazione processuale della persona fisica o giuridica che agisca in giudizio in rappresentanza di un altro soggetto può essere sanato in qualunque stato o grado del giudizio (Cons. Stato, sez. V, n. 8837/2022).

10.1 L’art. 182 co. 2 del c.p.c., nel rimettere al Giudice la possibilità (e non l’obbligo) di concedere un termine per il deposito tardivo della procura, mira a permettere una valutazione delle circostanze che hanno condotto il difensore a proporre il ricorso senza aver ancora ottenuto rituale procura. In relazione ad un presunto difetto di specialità della procura, nessuna norma prevede la necessaria previa conoscenza del contenuto dell’atto giudiziario oggetto del mandato con cui ha conferito il potere rappresentativo ai propri patrocinatori (Cons. Stato, Sez. III, n. 1172/2020).

10.2 Il Collegio rileva che l’art. 40 comma 1 lett. g) cod. proc. amm. prevede la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore con indicazione, in questo caso, della procura speciale. In nessun’altra disposizione del codice del processo amministrativo o del codice di procedura civile applicabile nei limiti di cui all’art. 39 cod. proc. amm., è richiesto che ai fini della valida instaurazione del giudizio il ricorrente debba avere una previa conoscenza del contenuto dell’atto giudiziario oggetto del mandato con cui ha conferito il potere rappresentativo ai propri patrocinatori. La procura speciale deve essere rilasciata prima o contestualmente all'atto sul quale è apposta, essendo decisiva perciò l'anteriorità del rilascio alla proposizione dell'impugnazione, ma non la posteriorità come sostiene ARPAL (in termini Cons. Stato, Sez. V, n. 2522/2018).

10.3 In merito alla riferibilità del ricorso all’ente, la censura non coglie nel segno, essendo stato tale elemento sufficientemente provato con la visura camerale storica (doc. 10 di primo grado) dell’Ente, da cui emerge la correttezza del codice fiscale utilizzato in ricorso, riferibile alla persona giuridica che agisce in giudizio. Il riferimento di un ulteriore codice fiscale sul sito internet è irrilevante in quanto non è idoneo a provare la non riferibilità certa della procura alla persona dotata dei poteri di rappresentanza giudiziale nell’interesse dell’ente. Non si comprende la ragione per cui la presenza di un diverso codice fiscale su tale sito priverebbe l’ente della personalità giuridica (confermata non solo dalla visura camerale ma anche dall’attestazione della Prefettura).

11. A prosieguo, l’appellante si lamenta dell’insufficiente motivazione nella sentenza gravata in merito alla reiterazione dell’accesso avvenuto con istanza del 7.9.2022 con elementi diversi e con una diversa prospettazione dell’interesse alla base della posizione legittimante l’accesso, con effetto dell’applicazione dell’art. 25 della l. n. 241/1990 ed il rigetto tacito sulla prima domanda.

12. La doglianza non merita condivisione. Emerge con tutta chiarezza che la nota del 7.9.2022 non è da considerare una nuova istanza di accesso, ma con tale lettera l’Ente contestava il diniego parziale di ARPAL, specificando solo l’illegittimità dell’operato. L’interesse dell’istante – come specificato nella seconda nota – era già presente in quella del 22.7.2022 che, tra l’altro, contiene il medesimo richiamo giurisprudenziale in merito all’interesse dedotto. Con la seconda nota non veniva cambiato l’interesse né si possono vedere elementi per poter rilevare la modifica dell’oggetto dell’accesso. La nota è qualificabile, semmai, come diffida e messa in mora ed un sollecito a riesaminare la propria decisione in autotutela.

13. Con l’ultimo motivo viene contestata la pronuncia di primo grado per non aver avvalorato la tesi del mancante interesse all’accesso (tutela dell’immobile e quindi alla sfera edilizia e urbanistica ovvero tutela ambientale e paesistica ovvero tutela della salute ovvero ad altro interesse giuridicamente tutelabile). Il primo Giudice avrebbe omesso di valutare la strumentalità fra atti richiesti e interesse che, invece, sarebbe meramente esplorativo. L’appellante deduce che la prova della genericità sarebbe evidente, essendo stato fatto valere l’interesse solo genericamente nella domanda con l’espressione “ tutta la documentazione a supporto... ” (in altra parte sarebbero di un’amministrazione diversa, ovvero Roma Capitale). L’interesse all’accesso non si potrebbe neppure rilevare per la nozione di vicinitas per assenza dell’allegazione del pregiudizio necessario.

14. Anche questa censura dev’essere disattesa.

14.1 Preliminarmente va rilevato che il chiarimento dell’Adunanza Plenaria sulla vicinitas in materia di interesse ad agire nel settore dell’edilizia non può essere speso in maniera identica nella diversa questione del diritto d’accesso, essendo il primo avvenuto in un giudizio di cognizione sulla legittimità di provvedimenti edilizi. Il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa con la sentenza del 9 dicembre 2021 n. 22, ha avuto modo di precisare che “ nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato ”. Nel caso presente, al di là del fatto che il pregiudizio è stato pure ampiamente dedotto dall’odierna appellata, il criterio della vicinitas dovrà essere valutato diversamente. L’interesse del vicino nell’accesso difensivo è da qualificare in maniera molto più ampia stante la qualificazione del carattere difensivo dell’istanza di accesso. La concezione ampia del diritto a difesa di cui all’art. 24 della Costituzione, postula che il diritto all’accesso non possa essere ostacolato ogni qualvolta sussista la possibilità che dall’ostensione derivi una qualche utilità per la tutela di situazioni soggettive, dovendosi comunque verificare in astratto, e non in concreto, la potenziale utilità (da ultimo, Cons. Stato, sez. II, n. 3160/2023).

14.2 Come è noto, l’art. 24 co. 7 della legge n. 241/1990 configura la prevalenza dell’accesso avente carattere difensivo rispetto alle contrapposte ragioni della riservatezza, prevedendo che “ deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici ”. Infatti, in tema di accesso ai documenti amministrativi le necessità difensive riconducibili alla effettività della tutela di cui all'art. 24 Cost., devono ritenersi, di regola, prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, anche se l'applicazione di tale principio va adeguatamente bilanciata allorché vengano in considerazione dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) ovvero dati sensibilissimi (ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute del soggetto interessato). In questi casi l'accesso è consentito solo a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall'art. 60 del D.Lgs. n. 196/2003. Ai fini dell’accesso difensivo, inoltre, è necessaria la sussistenza di una strumentalità fra accessibilità dei documenti amministrativi e esigenze di tutela che si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che grava sulla parte interessata l'onere di dimostrare che il documento al quale intende accedere è necessario (o, addirittura, strettamente indispensabile se concerne dati sensibili o giudiziari) per la cura o la difesa dei propri interessi (Cons. Stato, A.P., n. 19/2020). Orbene, in materia di accesso agli atti amministrativi, le finalità dell'accesso devono essere dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell'istanza di ostensione e suffragate con idonea documentazione. Ciò allo scopo di consentire all'Amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta di astratta pertinenza con la situazione finale controversa, con la precisazione che deve escludersi la sufficienza di un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente o ancora instaurand,o poiché l'ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa (Cons. Stato, sez. VI, n. 413/2023). Anche l’Adunanza Plenaria si è espressa nel senso che in materia di accesso difensivo ai sensi dell'art. 24, comma 7, della L. n. 241 del 1990 si deve escludere che sia sufficiente nell'istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l'ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l'istante intende curare o tutelare (Cons. Stato, A.P., n. 4/2021). E si è altresì precisato che è preclusa sia all'amministrazione detentrice del documento, sia al giudice adito ai sensi dell'art. 116 del d.lgs. n. 104/2010, qualunque valutazione ex ante sull'ammissibilità, sull'influenza o sulla decisività del documento richiesto nell'eventuale giudizio instaurato, salva l'evidente e assoluta mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell'accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla L. n. 241/1990 (Cons. Stato, sez. II, n. 9063/2022).

14.3 Sulla scorta e in applicazione di tali criteri interpretativi il Collegio osserva che:

a) nel caso di specie si deve riconoscere la strumentalità dell’accesso alla difesa dei diritti, stante la puntuale motivazione (“ la tutela della propria salute rispetto alla ravvicinata esposizione ai campi elettromagnetici generati dalla S.R.B. ”) sulla rilevanza della documentazione di cui si è chiesta l’ostensione rispetto al pregiudizio di salute affermato dall’odierno ente appellato (ovverosia la strumentalità dei documenti richiesti alla dimostrazione della reale esistenza, o meno, del possibile danno), supportata da adeguata produzione documentale;

b) non sussistono nel caso di specie interessi “antagonisti” all’accesso di rango e consistenza tale da poterlo escludere o limitare. Infatti, il secondo periodo del richiamato comma 7 dell’articolo 24 della legge n. 241/90, in tema di accesso difensivo, precisa che solo nel caso in cui vengano in rilievo “dati sensibili e giudiziari” l’accesso è consentito esclusivamente laddove ciò sia strettamente indispensabile mentre, nel diverso caso in cui si tratti di dati c.d. “sensibilissimi” allora il bilanciamento tra il diritto a difesa e l’interesse dei soggetti a mantenere il riserbo su questioni riferibili al loro stato di salute o alla loro sfera sessuale deve essere effettuato in ossequio all’art. 60 del d.lgs. n. 196/2003. Con ciò significando, in tale ultimo caso, che non solo l’interesse all’ostensione deve essere indispensabile per tutelare situazioni giuridiche meritevoli di tutela ma anche che tali situazioni siano di rango almeno pari a quelle riferibili al contrapposto diritto alla riservatezza, dovendo quindi consistere, a loro volta, in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile. Nell’ipotesi di specie si ritiene che le esigenze di riservatezza paventate dall’Amministrazione nel provvedimento impugnato e dai controinteressati, non siano comunque riconducibili alla tutela di “dati sensibilissimi”, né di quelli “sensibili”, in quanto inerenti a interessi “puramente” economici e commerciali. Il riferimento dell’indicata disposizione alla tutela di dati sensibili e sensibilissimi deve essere inteso come rinvio alle categorie particolari di dati personali di cui all'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento UE n. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, il quale definisce tali i “ dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona ”. Da ciò discende che nel caso di specie il diritto dell’appellato Ente all’accesso a fini difensivi non deve essere oggetto di bilanciamento con riferimento ad altri interessi potenzialmente prevalenti, atteso che la regola di prevalenza tra diritto di difesa ed esigenze di riservatezza di eventuali controinteressati è stata predeterminata dal legislatore.

c) Correttamente il TAR ha ritenuto che le motivazioni di segretezza poste a tutela di informazioni sensibili sotto il profilo commerciale e industriale sono troppo generiche e non meglio dimostrate (soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo della rete). L’analisi di impatto elettromagnetico dell’antenna progettata (al fine di provare le emissioni dell'impianto e il pericolo per il diritto alla salute) e la conoscenza dei relativi documenti può utilmente integrare il principio di “prevalenza” delle esigenze difensive rispetto a generiche deduzioni relative all’esistenza di segreti commerciali o industriali. Non è dato sapere con precisione quale know-how industriale o quale concreto rischio per la segretezza aziendale (tenuto conto che l’istante non è un concorrente, ma è una scuola) potrebbero porsi per effetto dell’ostensione. Corretta è quindi la statuizione del TAR sul bilanciamento fra l’interesse pubblico all’accesso e gli altri interessi meritevoli di tutela sulla base di criteri di proporzionalità e ragionevolezza. Emergono sufficientemente i possibili danni al diritto di panorama, la svalutazione immobiliare ed il pericolo per il diritto alla salute e provare le modalità di propagazione delle onde nell'area interessata, per cui la documentazione richiesta risulta indispensabile al fine di valutare eventuali vizi ed irregolarità in vista della tutela giurisdizionale da intraprendere.

15. In conclusione, per le ragioni sin qui evidenziate, l’appello è infondato.

16. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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