Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-08-17, n. 202207209
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Testo completo
Pubblicato il 17/08/2022
N. 07209/2022REG.PROV.COLL.
N. 00165/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 165 del 2022, proposto da
C.E.M. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Savarese Costruzioni S.p.A. e Meridiana Costruzioni Generali S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dall'avvocato E S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi n. 5;
Comune di S. Agnello, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Bruno Sassani in Roma, via XX Settembre 3;
C.U.C. - Centra Unica Committenza Penisola Sorrentina, non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 00043/2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Savarese Costruzioni S.p.A. e di Meridiana Costruzioni Generali S.r.l. e del Comune di S. Agnello;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2022 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Caporaso, Soprano e Pinto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha accolto il ricorso proposto dalle società Savarese Costruzioni s.p.a. e Meridiana Costruzioni Generali s.r.l. contro il Comune di Sant’Agnello e nei confronti della C.E.M. s.p.a., per l’annullamento dell’aggiudicazione a quest’ultima della gara per l’affidamento dei lavori di “Recupero e sistemazione scogliera Marina di Cassano” ed ha respinto il ricorso incidentale proposto dalla C.E.M. per la mancata esclusione dalla gara delle società ricorrenti ovvero per l’illegittima assegnazione del punteggio per l’offerta tecnica ed economica.
1.1. Il tribunale ha accolto le prime due censure del ricorso principale, in ragione delle quali ha ritenuto che la C.E.M. avrebbe dovuto essere estromessa dalla gara per la rilevata indisponibilità del materiale lapideo offerto per realizzare i lavori di recupero e di sistemazione della scogliera di Marina di Cassano, oggetto di gara.
In particolare, avendo l’aggiudicataria dichiarato che si sarebbe avvalsa dei massi in pietra lavica giacenti nella cava R, ubicata in Terzigno, che le sarebbero stati forniti dalla L.M.P. s.r.l. unipersonale, il tribunale ha ritenuto che l’indisponibilità sarebbe derivata dalla “ documentata circostanza per la quale la Cava R è, ormai da molti anni dismessa e, ad oggi, interamente ricadente nell’ambito dell’area protetta dell’Ente Parco del Vesuvio, per questo sottoposta alla normativa vincolistica ”.
A fondamento della decisione il tribunale ha posto la nota n. 3246 del 19 maggio 2021 dell’Ente Parco del Vesuvio ed i chiarimenti forniti dallo stesso Ente in adempimento dell’ordinanza istruttoria n. 1106/2021, nonché l’interpretazione ivi sostenuta, condivisa in sentenza, della lettura coordinata dell’art. 11, comma 3, lett. b), della legge n. 394 del 1991 ( Legge quadro sulle aree protette ) con gli artt. 15 e 39 delle n.t.a. del Piano del Parco.
Dalle argomentazioni illustrate in sentenza è stata tratta la conclusione che la C.E.M. non sarebbe stata in grado di assicurare l’effettiva disponibilità del materiale lapideo offerto, poiché quest’ultimo, pur ricavato da una precedente attività estrattiva, non avrebbe potuto essere rimosso né commercializzato e nemmeno utilizzato per le finalità di cui alla gara in questione “ in quanto incompatibili con le peculiari e residue attività ammesse dalla citata normativa di riferimento ”.
1.2. E’ stata quindi disattesa la nota del Genio Civile di Napoli, depositata in giudizio dalla C.E.M. il 9 ottobre 2021, riguardante la regolarità dell’attività estrattiva eseguita nella cava R, sull’assunto - esplicitato in sentenza - che la nota non faceva alcun riferimento alla normativa vigente, in particolare all’art. 39 delle n.t.a. del Piano del Parco, che vieterebbe “ tra l’altro, l’asportazione del materiale lapideo già estratto e giacente all’interno della ex Cava R in questione ”.
1.3. Dato quanto sopra, il tribunale ha ritenuto rilevante l’indisponibilità del materiale lapideo, non tanto perché, come pure dedotto dalle ricorrenti, la C.E.M. avrebbe reso in proposito una dichiarazione falsa o non veritiera (“ estremi che non si ravvisano nel caso di specie ”, secondo il giudice di primo grado), quanto perché avrebbe avanzato un’offerta tecnica “ indeterminata ed incerta nel suo contenuto ”.
Di qui la sanzione dell’espulsione, sia per quanto previsto dalla legge di gara sull’obbligo contrattuale avente ad oggetto le dichiarazioni del concorrente in ordine alla fornitura, alla disponibilità ed alle caratteristiche di resistenza del materiale lapideo offerto (punto 19.1 DG) sia per quanto affermato dalla giurisprudenza sulle carenze ed incertezze dell’offerta tecnica, che ne determinano la nullità (come da precedenti richiamati in sentenza).
1.4. Il tribunale ha infine respinto l’argomentazione secondo cui i profili in contestazione sarebbero stati rilevanti al momento dell’esecuzione del contratto piuttosto che a quello dell’offerta, ritenendo la disponibilità del materiale lapideo “ elemento imprescindibile di quest’ultima ”, la cui assenza o incertezza avrebbe minato in radice “ l’intrinseca affidabilità della proposta contrattuale ”.
1.5. Dopo aver esaminato e respinto il ricorso incidentale (per ragioni che, come si dirà, non rilevano ai fini della presente decisione), il tribunale ha annullato l’aggiudicazione in favore della C.E.M. e condannato quest’ultima ed il Comune di Sant’Agnello al rimborso delle spese processuali in favore delle società ricorrenti.
2. Avverso la sentenza la società C.E.M. ha proposto appello con due motivi.
2.1. Il Comune di Sant’Agnello si è costituito prestando adesione all’appello.
2.2. Le società Savarese Costruzioni e Meridiana Costruzioni Generali hanno resistito al gravame.
2.3. Con ordinanza cautelare del 3 febbraio 2022, n. 498 è stata sospesa l’esecutività della sentenza appellata, richiedendo al contempo chiarimenti alla Regione Campania, Genio Civile di Napoli, in merito alla situazione della ex cava R, nei termini specificati nella stessa ordinanza.
2.4. Depositati relazione istruttoria e documenti da parte degli uffici regionali interpellati, nonché documenti da parte dell’appellante, all’udienza del 23 giugno 2022 la causa è stata assegnata a sentenza, previo deposito di memorie e repliche di tutte le parti.
3. Col primo motivo di gravame viene criticato l’accoglimento del ricorso principale.
3.1. Con una prima censura ( Errores in iudicando e in procedendo. Omessa pronuncia. Travisamento nei presupposti di fatto e di diritto. Manifesta ingiustizia ), si premette in punto di fatto, che:
a) i massi di origine vulcanica, come dichiarato nella relazione tecnica di C.E.M., provengono dalla cava R di Terzigno e sono materiali lapidei non di “nuova estrazione”, ma già estratti in passato e presenti (“materiale giacente”, quale materia prima) e stoccati nell’area di cava, risalenti ad epoca anteriore al 2001;
b) la cava R ha un’estensione di oltre 400.000 mq. e sulla minore area di 180.000 mq. esaminata nella relazione giacciono circa 280.000 tonnellate di massi vulcanici di pregresse estrazioni (come risultante dalla relazione tecnica allegata all’offerta e dal verbale alla presenza del Comune e del Genio Civile del 6 febbraio 2001);
c) il materiale è stato estratto prima del 2001, quando, come da tale ultimo verbale, la R Orlando & Ing. A s.n.c. in liquidazione (proprietaria dell’area di cava) stava realizzando il progetto di recupero ambientale presentato alla Regione Campania con nota prot. n. 14933 del 22 novembre 1996, assentito dalla Regione Campania ex art. 36 della legge regionale n. 54 del 12 dicembre 1985.
Tutto ciò premesso, l’appellante sostiene che il detto materiale poteva e può (anzi deve, stante la fase liquidatoria della R s.n.c.) essere commercializzato, tanto è vero che è stato acquistato dalla L.M.P. s.r.l. con contratto del 30 gennaio 2018 per le quantità idonee a soddisfare la richiesta della gara (come dichiarato nella relazione tecnica e ribadito nella nota della R s.n.c. in liquidazione del 3 giugno 2020, nonché nella relazione esplicativa della L.M.P. del 3 giugno 2021) con disponibilità alla fornitura confermata dalla stessa L.M.P. con nota del 4 giugno 2021 e ribadita con nota del 9 novembre 2021.
3.1.1. L’appellante sostiene quindi che la sentenza sarebbe errata intanto nella parte in cui richiama ed applica la legge n. 394 del 1991 e le n.t.a. del Piano del Parco, perché la cava R era attiva sia prima di queste ultime che addirittura prima della legge regionale n. 54 del 13 dicembre 1985; essa inoltre non è qualificabile come “dismessa” poiché inserita come attiva nel PRAE del 2006, in quanto sottoposta ad un piano di recupero ambientale presentato, come detto, il 22 novembre 1996, assentito ai sensi dell’art. 36 della legge n. 54 del 1985; le norme applicate in sentenza sono sopravvenute dopo oltre quindici anni dalla approvazione del piano di recupero, sicché si sarebbero dovute ritenere inapplicabili (in quanto valevoli per il futuro), come dedotto già in primo grado, senza che la sentenza si sia pronunciata sul punto, incorrendo perciò nel vizio di omessa pronuncia.
3.1.2. Sotto un secondo profilo, l’appellante critica la sentenza per avere trascurato quanto risolutivamente detto e documentato dalla Regione Campania, unico organo competente ex art. 17 P.R.A.E., nella nota prot. n. 377361 del 16 luglio 2021 e dai documenti depositati il 10 novembre 2021. In particolare, con la prima, la Regione ha sostanzialmente confermato quanto sostenuto dalla società C.E.M., concludendo che l’impiego dei massi ubicati nel piazzale e oggetto della cessata attività estrattiva “ non costituisce attività di cava bensì utilizzo di materie prime già estratte […] ” e che dal confronto fotografico dello stato dei luoghi tra il 2001 ed il 2021 si evince che molti dei massi già presenti sul piazzale sono stati rimossi e “ verosimilmente avviati alla commercializzazione in ossequio a quanto rilevato nel verbale del 2001 ”.
In sintesi, secondo l’appellante, l’istruttoria svolta in primo grado avrebbe confermato le proprie argomentazioni difensive e la sentenza, disattendendone le risultanze ed addebitando alla Regione Campania di non avere menzionato nella nota istruttoria le n.t.a. del Piano del Parco, non avrebbe considerato che queste sono sopravvenute (approvate il 19 gennaio 2010)