Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-05-30, n. 202204344
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Pubblicato il 30/05/2022
N. 04344/2022REG.PROV.COLL.
N. 08158/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8158 del 2021, proposto da
Autostrade per l'Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati E S e D V, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Sardegna, 14;
contro
Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, in persona del Ministro
pro tempore
, nonché ANAS s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono elettivamente domiciliati;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 802/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e di ANAS s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2022 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti l’avvocato Stajano e l’avvocato dello Stato Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio, Autostrade per l’Italia, titolare di concessione di costruzione e gestione di tratta autostradale rilasciata da ANAS, impugnava il provvedimento prot. 0030552-P del 2 marzo 2009, con il quale era stata approvata la “ Perizia di Variante Tecnica e Suppletiva relativa al progetto di “ampliamento alla terza corsia Barberino di Mugello – Incisa Valdarno, Tratto: Firenze Nord – Firenze Sud, Tratta C – Lotti 7-8 ”.
La ricorrente evidenziava come “ nel corso dell’esecuzione dell’appalto, emergevano, tuttavia, una serie di circostanze, impreviste e imprevedibili al momento dell’affidamento dei lavori, che rendevano necessario procedere alla redazione di una perizia di variante tecnica e suppletiva del progetto per superare le criticità riscontrate ”.
Rilevava in particolare come ANAS, “ pur confermando la sussistenza dei presupposti per il legittimo ricorso alle varianti in corso d’opera ”, avesse poi con il provvedimento impugnato “ stralciato alcune voci di importi indicati in perizia ed ha ridotto sensibilmente la protrazione della durata dell’appalto, nei termini di seguito sinteticamente riportati ”.
In particolare, ANAS avrebbe stralciato alcune voci di importi indicati in perizia, riducendo sensibilmente la protrazione della durata dell’appalto, nei seguenti termini: a) veniva esclusa l’ammissione dell’incremento degli oneri per la sicurezza relativi all’esecuzione dello spritz-beton, in quanto ritenuto non giustificato nella documentazione presentata;b) venivano stralciati i costi relativi alle voci “ Monitoraggio imbocco e pozzo lato Roma ” e “ Monitoraggio lavori in sotterraneo ” in quanto attività ritenute rientranti nella voce “spese generali”;c) venivano stralciati gli importi relativi alla conclusione dell’accordo bonario con l’impresa appaltatrice ai sensi dell’art. 31- bis della l. 11 febbraio 1994, n. 109, trattandosi di importo da inserire obbligatoriamente nel bilancio ( ex art. 12 d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554) e non nel quadro economico;d) venivano
stralciati gli oneri connessi all’atto aggiuntivo per il riconoscimento di un corrispettivo aggiuntivo legato alla rideterminazione dei termini intermedi di esecuzione dell’appalto, richiamando la disciplina dell’art. 23 del Capitolato generale;e) per quanto attiene ai maggiori tempi necessari per il completamento dei lavori, a fronte dei complessivi 874 giorni indicati in perizia (rispettivamente,
814 per la realizzazione di maggiori lavori e per cause che avevano impedito il regolare andamento dei lavori e 60 giorni quale proroga al normale andamento dei lavori), venivano riconosciuti esclusivamente 419 giorni per i nuovi lavori e 60 giorni per una sospensione dei lavori disposta nel corso dell’appalto.
La ricorrente deduceva, a sostegno delle proprie ragioni, due articolate censure, con le quali variamente contestava la legittimità del provvedimento impugnato.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente proponeva nei confronti del provvedimento gravato un’ulteriore censura volta a contestare la differente condotta tenuta da ANAS a fronte di situazioni analoghe;quindi, con ulteriori motivi aggiunti Autostrade per l’Italia impugnava la “ Relazione, Verbale di Visita Finale e Certificato di Collaudo nei rapporti tra Concessionario ed
Impresa ”, trasmessale dalla Commissione di collaudo in data 18 febbraio 2019, muovendo censure di illegittimità derivata.
Costituitisi in giudizio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed ANAS s.p.a. concludevano per l’infondatezza del gravame, chiedendone la reiezione.
Con ordinanza n. 2304 del 2018, il TAR adito dichiarava però la propria incompetenza a favore del TAR della Toscana. Quest’ultimo, peraltro, con ordinanza n. 144 del 2020 sollevava dinanzi al Consiglio di Stato un regolamento d’ufficio di competenza, ritenendo che la controversia fosse in realtà riconducibile alla competenza del TAR del Lazio.
Con ordinanza n. 5013 del 2020 la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, decidendo sul regolamento di competenza, si pronunciava a favore della competenza del TAR Toscana.
Con sentenza 27 maggio 2021, n. 802, il giudice adito declinava infine la propria giurisdizione sulla base dei seguenti argomenti:
a) l’oggetto della controversia era la gestione funzionale ed economica dell’opera;
b) la questione riguardava una controprestazione principale e tipica a favore del concessionario, senza che venga in diretto rilievo l’esercizio di poteri riconducibili alle funzioni pubblicistiche dell’amministrazione, che in sede di approvazione di una perizia di variante si esprime in un rapporto paritetico tra stazione appaltante ed aggiudicatario.
Avverso tale decisione Autostrade per l’Italia s.p.a. interponeva appello, sostenendo la giurisdizione del giudice amministrativo in quanto:
a) la decisione era intervenuta successivamente all’esperimento, da parte dello stesso TAR, del regolamento di competenza territoriale, dovendosi pertanto ritenere che la decisione di avviare lo specifico strumento volto all’individuazione del giudice territorialmente competente implicasse una statuizione implicita sulla giurisdizione;
b) il potere di approvazione dei progetti delle infrastrutture autostradali è riconosciuto direttamente da norme legislative che radicano, in capo al concedente, una pregnante funzione di controllo nei confronti dei concessionari autostradali;
c) l’art. 2 del d.lgs. 26 febbraio 1994, n. 143, nel disciplinare i compiti e le funzioni dell’ANAS, chiarisce, fra l’altro, che compete al predetto Ente “[…] d) vigilare sull’esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e controllare la gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione […] ”;
d) il comma 2 dell’articolo citato precisa altresì che “ l’approvazione, da parte dei competenti organi dell’ente, dei progetti relativi ai lavori di cui al comma 1 equivale a dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza, al fine dell’applicazione delle leggi in materia di espropriazione per pubblica utilità ”;
e) appare pregnante poi la disciplina introdotta con il d.l. del 3 ottobre 2006, n. 262, attraverso il quale, da un lato, è stata prescritta una modifica delle convenzioni che disciplinano le concessioni autostradali, individuando, peraltro, nuovi specifici obblighi a carico dei concessionari;dall’altro lato, sono stati ulteriormente declinati i poteri spettanti all’ente concedente nell’ambito delle funzioni di controllo già riconosciute attraverso le disposizioni citate;
f) è evidente la primaria e generale funzione di controllo che l’ordinamento riconosce in capo all’amministrazione concedente, riservandole ex lege la potestà autoritativa di approvare i progetti degli interventi autostradali, come piena espressione della sua funzione di vigilanza;
g) il settore delle concessioni autostradali è connotato da un poliedrico apparato normativo, dal quale è possibile evincere il radicamento di un indubbio e pregnante potere di controllo in capo all’amministrazione concedente che, nelle sue esternazioni, è in grado di incidere unilateralmente sui rapporti giuridici con il concessionario;
h) nel settore autostradale il rapporto concessorio riguarda l’espletamento di un servizio di interesse generale, rappresentato dall’esercizio di una infrastruttura di viabilità di preminente interesse nazionale, risulta disciplinato da una c.d. Convenzione Unica, riconducibile nel novero degli accordi pubblicistici ex art. 11 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e ha ad oggetto la gestione di beni a vocazione demaniale;
i) l’impianto motivazionale articolato nella sentenza impugnata deve ritenersi erroneo in quanto sostanzialmente incentrato sulla giurisdizione di legittimità, senza considerare che nella fattispecie sussistono indubbi profili di giurisdizione esclusiva;
l) i concessionari autostradali sono incaricati dello svolgimento di un servizio pubblico;la fattispecie rientra, dunque, nella casistica dell’art. 133, lett. c) Cod. proc. amm., sia in quanto in quanto riguardante “ controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi ”, sia perché afferente “ alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore ”;
m) contrariamente a quanto sostenuto in sentenza, deve escludersi che la fase esecutiva del rapporto concessorio sia equiparabile allo svolgimento di un ordinario contratto di appalto;inoltre, l’amministrazione concedente agisce secondo schemi autoritativi in grado di poter incidere autonomamente nella sfera giuridica del concessionario attraverso l’unilaterale modifica dei quadri economici di progetto e delle voci di perizia proposti;
n) deve escludersi che il giudizio riguardi profili prettamente patrimoniali;
o) in via subordinata può essere rilevato che il complesso rapporto giuridico derivante dalle concessioni autostradali, così come interpretato dalla giurisprudenza, offre lo spunto per individuare ulteriori elementi che permettono di ricondurre la fattispecie nell’ambito delle ipotesi disciplinate dall’art. 133 Cod. proc. amm.;a tale riguardo, la giurisprudenza ha ripetutamente affermato la riconducibilità della convenzione riguardante le concessioni di beni e servizi pubblici nell’alveo degli accordi amministrativi di cui all’art. 11 della legge generale sul procedimento;
p) in via ulteriormente gradata rileva, al riguardo, la vocazione demaniale dei beni oggetto della concessione autostradale nonché la tipologia del bene qualificabile come infrastruttura di trasporto;la fattispecie può dunque essere ricondotta all’ipotesi prevista dall’art. 133, lett. b) che radica la cognizione del giudice amministrativo per le controversie “ aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche ”;
q) in via ulteriormente gradata sussistono ulteriori elementi che consentono di ritenere incardinata anche la generale giurisdizione amministrativa di legittimità;le questioni afferenti alle procedure di approvazione dei progetti di realizzazione degli interventi rimessi ai concessionari autostradali, non soltanto sono demandate ad una specifica autorità amministrativa, ma costituiscono esplicitazione di un potere pubblico in ordine al controllo nei confronti dell’attività svolta dai concessionari autostradali.
Concludeva quindi l’appellante per l’annullamento della sentenza, ai sensi dell’art. 105 Cod. proc. amm., con rimessione della causa al TAR quale giudice di primo grado.
Con propria memoria difensiva, ANAS s.p.a. puntualmente replicava alle argomentazioni svolte dall’appellante, soffermandosi, in particolare (e negandolo), sulla questione dell’asserito intervenuto giudicato implicito sulla giurisdizione.
Occorre prendere le mosse dalla prima questione: la decisione di avviare lo specifico strumento volto all’individuazione del giudice territorialmente competente avrebbe implicato una statuizione implicita sulla giurisdizione.
Il motivo è infondato.
Va intanto ricordato che ogni giudice, in qualsiasi stato e grado del processo, ha il potere e il dovere di verificare se ricorrono le condizioni cui l'ordinamento subordina la possibilità che egli emetta una decisione nel merito. Si tratta, infatti, di condizioni all'esercizio del potere giurisdizionale che l'ordinamento normalmente prevede per la tutela di interessi di ordine pubblico, sottratti alla disponibilità delle parti, la cui tutela, pertanto, non può essere rimessa alla loro tempestiva e rituale eccezione.
Il caso che l’appellante sottopone al Collegio è del tutto particolare e deve essere risolto tenendo conto dei concorrenti principi di pregiudizialità della questione di giurisdizione rispetto a quella di competenza, di economia processuale e di ragionevole durata del processo.
Intanto, coglie nel segno la difesa di ANAS s.p.a. laddove afferma che sollevare il dubbio di competenza non comporta statuizione sulla stessa;ugualmente condivisibile è l’affermazione secondo cui l’avvenuta decisione del regolamento non spiega alcun effetto in relazione all'eventuale difetto di giurisdizione che può essere rilevato d'ufficio, anche in epoca successiva alla definizione dello stesso.
Va poi precisato che il giudicato implicito sulla giurisdizione si forma tutte le volte in cui la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione delle decisioni che non contengano statuizioni implicanti l'affermazione della giurisdizione, sicché la preclusione da giudicato non può scaturire da una pronuncia che non contenga alcuna statuizione sull'attribuzione o sulla negazione del bene della vita preteso, ma si limiti a risolvere questioni giuridiche strumentali all'attribuzione del bene controverso. E’ quindi solamente il passaggio in cosa giudicata di una pronuncia del giudice, recante statuizioni sul merito di una pretesa attinente ad un determinato rapporto, che estende i suoi effetti al presupposto della sussistenza della giurisdizione di detto giudice su tale rapporto, indipendentemente dal fatto che essa sia stata o meno oggetto di esplicita declaratoria.
Chiarito che alcuna statuizione sulla giurisdizione è intervenuta, la questione può a questo punto essere affrontata. Autostrade per l’Italia s.p.a. ha argomentato le proprie tesi con ampi svolgimenti che, tuttavia, non convincono il Collegio.
Il giudice regolatore della giurisdizione ha già chiarito che il potere non è ravvisabile in linea di principio quando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario, sia sorto il vincolo contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto, salvo che l'amministrazione intervenga con atti autoritativi che incidono direttamente, seppure successivamente all’aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d'ufficio o comunque nella fase esecutiva mediante altri poteri riconosciuti dalla legge (Cass. civ. Sez. unite, 8 luglio 2019, n. 18267), tutte evenienze che in questo caso non si ravvisano.
E’ evidente che la questione attiene alla fase esecutiva del rapporto, sulla quale la relativa controversia spetta al giudice ordinario (Cass. civ. Sez. unite, 26 ottobre 2020, n. 23418, id., 28 febbraio 2020, n. 5594).
Il TAR, dopo aver approfondito e ricostruito l’istituto della concessione di lavori pubblici, ha colto il fulcro della questione laddove ha affermato che la gestione funzionale ed economica dell’opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma direttamente la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario, con la conseguenza che le controversie relative alla fase di esecuzione appartengono alla giurisdizione ordinaria, poiché attengono a profili applicativi del contratto intercorso tra le parti.
Va, in definitiva, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adito, in quanto la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Per l'effetto l’appello va respinto.
Quanto alle spese, il Collegio ritiene vi siano gli estremi per la compensazione tra le parti in causa, vista la difficoltà, nel caso esaminato, di individuare il criterio discretivo della giurisdizione.