Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-01-02, n. 202000003
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Testo completo
Pubblicato il 02/01/2020
N. 00003/2020REG.PROV.COLL.
N. 00936/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 936 del 2019, proposto dalla società Polisportiva Parioli s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati G M E, G A P e F T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
il Circolo Antico Tiro a Volo, in persona del legale rappresentate
pro tempore
, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione prima, n. 7273 del 2 luglio 2018, resa tra le parti, concernente la domanda di risarcimento del danno conseguente alla sentenza del Consiglio di Stato n. 4311 del 2013 di annullamento della determinazione di Roma Capitale del 15 dicembre 2010 di richiesta del contributo di costruzione, nonché per il silenzio serbato da Roma Capitale sull'istanza della Polisportiva Parioli di ripetizione delle somme corrisposte.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi, per la società appellante, l’avvocato F T, per Roma Captale, l’avvocato Rosalda Rocchi, per delega dell’avvocato A M, e, per la Presidenza del Consiglio, l'avvocato dello Stato Anna Collabolletta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Polisportiva Parioli s.p.a. ha proposto ricorso al T per il Lazio, sede di Roma, per il risarcimento del danno che ritiene spettante in conseguenza della sentenza del Consiglio di Stato n. 4311 del 2013, con la quale sono stati annullati:
- la nota 11 gennaio 2010, n. 1313, nella parte in cui, in risposta all’istanza della ricorrente, Roma Capitale ha affermato la propria competenza a rilasciare il titolo autorizzatorio di cui all’art. 14 del DPR n. 380/2001, anche in presenza dell’attribuzione in deroga di tale competenza al Commissario delegato per lo svolgimento dei mondiali di nuoto “Roma 2009”;
- la delibera della Giunta comunale di Roma 30 giugno 2010, n. 196, nella parte in cui quest’ultima ha ribadito l’interesse pubblico esclusivamente in riferimento agli impianti ivi indicati, senza includere fra essi anche l’impianto della Polisportiva Parioli;
- la determinazione di Roma Capitale, comunicata con nota 15 dicembre 2010, nella parte in cui, pur riconoscendo la conformità allo strumento urbanistico di riferimento delle opere realizzate dalla ricorrente, ha ritenuto necessario il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria, subordinato tra l’altro al pagamento degli oneri di costruzione.
1.1. La stessa società ha poi chiesto che venisse accertata l’illegittimità del silenzio serbato dal Comune sulla sua istanza dell’11 ottobre 2013, con la quale veniva richiesta la ripetizione della somma versata a titolo di contributo di costruzione.
2.1. In particolare, la Polisportiva Parioli S.p.A., proprietaria dell'area sita nel Comune di Roma ove è ubicato il circolo "Antico Tiro a Volo", aveva a suo tempo inoltrato un'istanza di partecipazione alla selezione delle proposte per l’implementazione delle strutture sportive, indetta dal Commissario delegato, nell’ambito del Piano delle Opere e degli interventi occorrenti per lo svolgimento dei mondiali di nuoto “Roma 2009”.
2.2. Con il provvedimento di raggiunta intesa prot. n. 2718/RM2009 dell’8 maggio 2008, a firma del Commissario delegato, " si autorizzavano i lavori di implementazione dell'impianto sportivo sito in Roma, Via Vajna, 21 da parte della Polisportiva Parioli Spa ”, specificando all'art. 2 che " il presente decreto, conforme alla determinazione conclusiva della Conferenza dei Servizi, secondo quanto stabilito dall'art. 14-ter della legge 241/1990 sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso, comunque denominato, di competenza delle amministrazioni ed enti partecipanti ovvero invitati a partecipare alla conferenza, sempre in relazione alla conformità urbanistica delle opere ”.
2.3. Con successiva Ordinanza n. 3787/2009, la Presidenza del Consiglio dei Ministri precisava che l'assenso del Commissario delegato e, ove necessari, l'intesa con l'Assessore all'urbanistica o il conforme parere della Giunta Comunale di Roma “ tengono luogo del permesso di costruire, con gli effetti di cui all'art. 45, comma 3, del citato Decreto del Presidente della Repubblica n.380/2001. L'assenso del Commissario Delegato tiene, altresì, luogo, alle autorizzazioni di cui agli art. 146 e 147 del Decreto Legislativo n. 42 del 2004 ".
2.4. Con nota prot. n. 1313 dell’11 gennaio 2010. Roma Capitale affermava tuttavia che gli interventi realizzati in base al provvedimento di autorizzazione rilasciato dal Commissario delegato fossero privi di titolo e dichiarava la propria competenza a rilasciare il permesso di costruire, previa regolarizzazione delle opere mediante apposita domanda. Inoltre, la Giunta Comunale con delibera del 30 giugno 2010, n. 196, negava la sussistenza di un interesse pubblico per la realizzazione degli stessi impianti.
1.5. Roma Capitale in data 15 dicembre 2010 richiedeva quindi, ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria, euro 259.000,00 a titolo di contributo afferente il costo di costruzione ed euro 5.625.000,00 a titolo di oblazione ex. art. 22 della legge regionale del Lazio n.15/2008.
2.5. La società ricorrente versava l’8 agosto 2011 la somma richiesta a titolo di contributo di costruzione con riserva di ripetizione e contestualmente proponeva ricorso al T per il Lazio, respinto con sentenza n. 7042 del 2011.
2.6. In sede di appello il Consiglio di Stato, con la richiamata sentenza n. 4311 del 2013, annullava gli atti impugnati, ritenendo che il rilascio del titolo edilizio necessario alla realizzazione delle opere rientrasse tra i poteri del Commissario delegato.
2.7. Per questa ragione, la Polisportiva Parioli ha chiesto, in data 11 ottobre 2013, a Roma Capitale la ripetizione della somma versata a titolo di contributo di costruzione.
3. Il T per il Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso volto ad ottenere la condanna al risarcimento del danno, ritenendo non configurabile la sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione comunale, ed ha dichiarato inammissibile la domanda di accertamento del silenzio inadempimento, qualificando poi la stessa azione come autonoma domanda di ripetizione di indebito oggettivo, che ha comunque respinto.
4. Contro la predetta sentenza ha proposto appello la Polisportiva Parioli sulla base dei seguenti motivi di censura.
4.1. Error in procedendo . Violazione dell’art. 64 c.p.a. per avere il giudice posto a fondamento della decisione di rigetto della domanda di ripetizione del costo di costruzione un fatto non adeguatamente provato. Travisamento di fatti e presupposti.
4.1.1. La sentenza impugnata, secondo la ricorrente, sarebbe erronea nella parte in cui rileva l’insussistenza dei presupposti per la ripetizione dell’indebito, partendo dal travisamento del contenuto della nota del Dipartimento programmazione e attuazione urbanistica di Roma Capitale del 10 aprile 2014, prot. n. 55413, ed in particolare dal richiamato affidamento, con memoria della Giunta comunale del 6 luglio 2009, all’Assessore competente anche dei profili relativi alla corresponsione del contributo di costruzione per gli impianti destinati ai ‘mondiali’.
In sostanza, il giudice di prime cure si sarebbe pronunciato pur senza conoscere esattamente il contenuto effettivo della richiamata memoria, ritenendo di conseguenza assoggettato l’impianto natatorio della Polisportiva Parioli al contributo di costruzione anche se lo stesso faceva parte delle strutture della manifestazione sportiva dei “Mondiali di nuoto – Roma 2009”.
4.2. Error in procedendo . Violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. Mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Errata qualificazione della domanda giudiziale.
4.2.1. Secondo la società appellante, il T sarebbe incorso in errore anche nella parte in cui ha qualificato una delle domande proposte come “ domanda di risarcimento del danno, ex art. 30 c.p.a., determinato da un provvedimento illegittimo ”.
Il giudice di primo, senza pronunciarsi sulla perdurante inerzia dimostrata dal Comune in epoca successiva alla sentenza di annullamento del Consiglio di Stato, avrebbe invece qualificato la pretesa risarcitoria come fondata sull’illegittimità dell’atto annullato mediante la predetta pronuncia.
4.2.2. Sostiene parte appellante che nel primo motivo del ricorso di primo grado aveva esattamente individuato la causa legittimante dell’avanzata pretesa risarcitoria, consistente nel mancato attivarsi dell’Amministrazione dopo la pronuncia di annullamento della nota del 15 dicembre 2010 (permesso di costruire in sanatoria). La qualificazione giuridica operata dal T non avrebbe quindi preso in considerazione il contenuto della pretesa sostanziale avanzata.
4.3. Error in iudicando . Difetto di motivazione. Travisamento dei fatti e dei presupposti legittimanti la domanda di risarcimento del danno.
4.3.1. La sentenza appellata sarebbe viziata laddove ha respinto la domanda di risarcimento del danno, affermando la mancanza del presupposto soggettivo da parte dell’Amministrazione.
4.3.2. Il T erroneamente non avrebbe ritenuto sussistente la colpa del Comune alla luce del carattere di novità della fattispecie inerente la gestione commissariale dei “grandi eventi” e dell’assenza di un univoco orientamento giurisprudenziale con riferimento al rilascio dei relativi titoli edilizi.
4.3.2. Il giudice di primo grado non avrebbe, in particolare, rilevato, ai fini dell’accertamento della colpa, l’automatismo tra l’annullamento giurisdizionale del provvedimento e la mancata restituzione delle somme versate in base allo stesso.
4.4. Error in iudicando . insufficiente e contraddittoria motivazione.
4.4.1. La sentenza impugnata sarebbe erronea nella parte in cui afferma che la pronuncia del Consiglio di Stato non conteneva né poteva contenere alcuna menzione diretta dall’esonero del contributo di costruzione di cui all’art. 17 del DPR n. 380/2001.
4.4.2. Secondo parte appellante invece la sentenza del Consiglio di Stato era consapevole delle ulteriori conseguenze giuridiche della ravvisata qualificazione pubblicistica degli impianti sportivi e, in particolare, della applicabilità dell’art. 17 del DPR n 380/2001, con il conseguente beneficio dell’esonero dal contributo di costruzione.
4.5. Error in iudicando . Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 3, lett. c), del DPR n. 380/2001.
4.5.1. La sentenza impugnata sarebbe viziata anche nella parte in cui afferma che la società appellante non soddisfa le necessarie condizioni per essere esclusa dal pagamento del contributo afferente al costo di costruzione, ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. c), del DPR n. 380/2001. Secondo la ricorrente, nel caso di specie la strumentalità dell’opera edilizia al servizio di un interesse pubblico sarebbe indicata dalle Ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri relative ai “Mondiali di nuoto – Roma 2009”, laddove si afferma che “ l’implementazione delle strutture sportive esistenti ” è direttamente funzionale alla celebrazione dell’evento.
4.5.2. Né l’esaurimento della manifestazione avrebbe fatto venir meno tale rapporto strumentale, tenuto conto della natura del costo di costruzione e soprattutto del suo legame con il momento del rilascio del titolo autorizzativo (il contributo di costruzione, secondo l’appellante, sarebbe legato esclusivamente al “rilascio” del permesso di costruire, nel caso di specie ad un atto del Commissario delegato, e non alla sua permanenza nel tempo).
5. La Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita in giudizio il 13 febbraio 2019.
6. Roma Capitale si è costituita in giudizio il 27 febbraio 2019, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato un’ulteriore memoria il 23 settembre 2019, nella quale ha ribadito l’inammissibilità del ricorso di primo grado. Secondo l’Amministrazione appellata, la domanda di ripetizione delle somme versate a titolo di costo di costruzione proposta al T sarebbe stata inammissibile, competendo invece al giudizio di ottemperanza, da svolgere dinanzi al Consiglio di Stato, l’esame delle vicende successive alla pronuncia dello stesso organo giurisdizionale n. 4311 del 2013.
7. La società appellante ha infine depositato una memoria di replica il 3 ottobre 2019.
8. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 24 ottobre 2019.
9. L’appello non è fondato, a prescindere dalla eccezione di inammissibilità riproposta dal Comune appellato (peraltro, in parte accolta dal T con riferimento al richiesto accertamento del silenzio inadempimento, poi valutato, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a., come domanda di ripetizione di indebito oggettivo delle somme versate a titolo di contributo di costruzione).
10. Per i “Mondiali di Nuoto del 2009” sono stati realizzati a Roma diversi impianti natatori sulla base di provvedimenti autorizzatori adottati dal Commissario governativo delegato allo svolgimento della stessa manifestazione. Il rilascio di tali titoli abilitativi è stato ritenuto da Roma Capitale non rientrante tra i poteri del Commissario delegato e tra questi anche quello relativo alla realizzazione dei lavori di implementazione dell’impianto sportivo della Polisportiva Parioli all’interno del circolo “Antico Tiro a Volo”. In particolare, per quest’ultimo intervento, il Comune ha adottato una serie di atti con i quali ha affermato la propria competenza urbanistica ed edilizia, chiedendo anche il versamento dei relativi contributi di costruzione.
10.1. La Polisportiva Parioli ha impugnato gli atti del Comune, poi annullati all’esito del giudizio di appello dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4311 del 2013.
10.2. A seguito della predetta sentenza, la stessa società ha chiesto al T per il Lazio, ai sensi dell’art. 30, comma 5, c.p.a., il risarcimento del danno conseguente, con particolare riferimento al contributo di costruzione versato, nonché l’accertamento del silenzio inadempimento in relazione all’istanza di ripetizione delle relative somme.
10.3. Il Tribunale, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso relativo alla domanda risarcitoria, ritenendo che non sussistesse la colpa dell’Amministrazione nel non aver provveduto alla restituzione della somma corrisposta a titolo di costo di costruzione, ed ha dichiarato inammissibile la domanda sul silenzio in quanto integrante una richiesta di ottemperanza della citata decisione del Consiglio di Stato. Il TAR ha poi convertito quest’ultima, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a., in domanda di ripetizione di indebito oggettivo delle somme versate a titolo di contributo di costruzione, respingendola.
11. Ciò premesso, nel primo motivo di appello, la ricorrente sostiene che il T avrebbe ricavato l’insussistenza dei presupposti per la ripetizione dell’indebito partendo dal travisamento del contenuto della nota del Dipartimento programmazione e attuazione urbanistica di Roma Capitale del 10 aprile 2014, in particolare con riferimento al dedotto affidamento, con memoria della Giunta comunale del 6 luglio 2009, all’Assessore competente anche dei profili relativi alla corresponsione del contributo di costruzione per gli impianti destinati ai mondiali.
11.1. Il motivo non è fondato. Il giudice di primo grado ha richiamato, in aggiunta ad altre considerazioni sulla infondatezza dell’obbligo di ripetizione, la suddetta memoria della Giunta comunale al fine di evidenziare l’assenza di una volontà dell’Amministrazione di affidare la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria, quali gli impianti sportivi di quartiere, a soggetti privati. Ciò al fine di avvalorare la tesi, non contestata ex adverso dall’appellante, dell’assenza di un uso “pubblico” della struttura di cui è causa all’indomani dei mondiali di nuoto del 2009.
12. Con il secondo motivo di appello, la ricorrente lamenta che il T sarebbe incorso in errore anche nella parte in cui ha qualificato una delle domande proposte come “ domanda di risarcimento del danno, ex art. 30 c.p.a .” e non come conseguenza dell’inerzia mantenuta dal Comune dopo la richiamata sentenza del Consiglio di Stato.
12.1. Il motivo è infondato. Nel ricorso di primo grado, a partire dell’epigrafe dello stesso, è evidente l’intenzione della ricorrente di collegare la pretesa risarcitoria alla pronuncia del Consiglio di Stato n. 4311 del 2013. In sostanza, il fondamento del danno è stato configurato fin dall’inizio con riferimento alla circostanza che nessun contributo di costruzione poteva essere richiesto, stante la legittimità, accertata dalla sentenza del Consiglio di Stato, del titolo edilizio formatosi nell’ambito dei poteri del Commissario delegato.
13. Con il terzo motivo di appello, la società ricorrente sostiene che il T erroneamente non avrebbe ritenuto sussistente la colpa del Comune alla luce del carattere di novità della fattispecie inerente la gestione commissariale dei “grandi eventi” e dell’assenza di un univoco orientamento giurisprudenziale con riferimento al rilascio dei relativi titoli edilizi.
13.1. Il motivo non è fondato. Seppure il Consiglio di Stato ha poi evidenziato come il Commissario delegato fosse legittimato ad autorizzare gli interventi edilizi necessari all’effettuazione dei mondiali di nuoto del 2009, è altrettanto vero che sussistevano profili di incertezza normativa e giurisprudenziale sulla stessa questione, così come evidenziato dal T nel giudizio di primo grado (cfr. sentenza n. 7042 del 2011: “ Il Collegio, in primo luogo, rileva su un piano generale che l’art. 5 l. 225/1992, nell’attribuire il potere di ordinanza in deroga alle leggi vigenti, determina un ribaltamento nella gerarchia delle fonti normative presenti nel nostro ordinamento, investendo l’autorità amministrativa del potere di derogare alla norma ordinaria, sia pure nel rispetto dei principi generali. Ne consegue che l’art. 5 l. 225/1992 deve qualificarsi come norma eccezionale, che necessita di strettissima interpretazione e tale esigenza, se possibile, è ancora più rafforzata nella fattispecie in esame dal fatto che non si versa in una situazione emergenziale, ma si è in presenza di un “grande evento” rientrante nella competenza del Dipartimento della protezione civile, circostanza alla quale le norme di cui all’art. 5 l. 225/1992 si applicano per l’estensione prevista dall’art. 5 bis, co. 5, d.l. 343/2001. Il potere di deroga della normativa primaria conferito alla autorità amministrativa, pertanto, è ammissibile subordinatamente non solo al carattere eccezionale e temporaneo della situazione, ma anche all’esigenza che i poteri degli organi amministrativi siano ben definiti nel contenuto, nei tempi e nelle modalità di esercizio.
In sostanza, con riferimento al caso di specie, il Collegio ritiene che l’ordinanza con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri ha autorizzato il Commissario delegato, ove indispensabile, a derogare ad una pluralità di disposizioni normative non sia suscettibile di estensione alcuna, anche ove dovesse ritenersi in ipotesi ragionevole la prospettazione per la quale, avendo attribuito il potere di derogare ad una serie di norme, è plausibile ritenere che avrebbe potuto prevedere la deroga anche di altre norme connesse e funzionalmente collegate alle prime. In altri termini, le norme che il Commissario delegato è stato autorizzato a derogare sono solo e soltanto quelle espressamente indicate nell’OPCM n. 3489/2005, non essendo consentito all’interprete - in ragione del carattere di evidente eccezionalità della norma attributiva del potere di ordinanza, che consente ad una fonte di rango inferiore di derogare ad una fonte normativa superiore – alcuna operazione “estensiva”, quantunque quest’ultima sia basata su plausibili argomenti ermeneutici” ).
13.2. In tale contesto, a fronte di regole di condotta non idonee a costituire, di per sé, un canone di azione sicuro e vincolante, la responsabilità dell'Amministrazione può essere affermata solo qualora l'azione amministrativa abbia disatteso, in maniera macroscopica ed evidente, i criteri del buon andamento e dell'imparzialità, rimanendo ogni altra violazione assorbita nel perimetro dell'errore scusabile (cfr. ex multis , Cons. Stato, Sez. III, n. 6138/2019 e Sez. IV, n. 1683/2015).
13.3. In ogni caso, una volta annullate le determinazioni di Roma Capitale, il diritto alla ripetizione non era automatico, cosicché la mancata restituzione delle somme versate a titolo di contributo di costruzione non poteva essere assunta, neppure sotto il profilo soggettivo, a causa del danno lamentato. Va infatti ricordato che la sentenza del Consiglio di Stato n. 4311 del 2013, dopo aver svolto una serie di considerazioni sui poteri del Commissario delegato e sull’interesse pubblico alla realizzazione delle opere di cui è causa, ha esplicitamente affermato che “ Ovviamente, resta fermo il potere dell’amministrazione di verificare, sulla scorta di quanto ora affermato, le conseguenze a fini determinati della sussistenza della finalità di “interesse pubblico” degli interventi considerati nella presente sede e di accertare la sussistenza di ogni altro presupposto a tali fini occorrente ”.
13.4. Ciò significa che, a prescindere dalla competenza del rilascio del titolo edilizio, ben può restare fermo il principio relativo all’onerosità del permesso di costruire di cui all’art. 16 del DPR n. 380/2001.
13.5. La possibilità di esonero indicata dal successivo art. 17, che individua tra le varie ipotesi anche quella della esistenza di un “interesse generale” (comma 3, lettera c), richiede infatti la concorrenza di due requisiti: uno di carattere oggettivo, attinente al carattere pubblico o di interesse generale delle opere da realizzare, ed uno di carattere soggettivo, in quanto le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente o da privati che abbiano un legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volti alla cura di interessi pubblici (cfr. ex multis , Cons. Stato, Sez. IV, n. 5942/2018).
13.6. Non è dunque la sola destinazione che soggettivamente s’intende dare alla struttura sufficiente ai fini di beneficiare dell’esonero dal costo di costruzione, ma la circostanza che oggettivamente la stessa abbia natura di interesse generale, ipotesi che può rinvenirsi quando l’opera non possa, neppure in astratto, avere una destinazione diversa da quella pubblica. L'esenzione prevista dal citato art. 17 necessita infatti che l'opera, per la quale si chiede l'esenzione del pagamento degli oneri di urbanizzazione, sia, per le sue oggettive caratteristiche, esclusivamente finalizzata ad un utilizzo a tempo indeterminato dell'intera collettività;ciò in quanto il pagamento degli oneri concessori, essendo finalizzato alla realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie al corretto assetto del territorio, costituisce un principio generale dell'ordinamento le cui eccezioni sono di stretta interpretazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 2394/2016).
13.7. Nel caso di specie, manca questo connotato, non risultando presente alcuna forma di convenzione o di utilizzazione a favore del territorio, mentre è ravvisabile invece un’utilizzazione della struttura, al di là dell’evento mondiali di nuoto, esclusivamente rivolta ad una specifica utenza.
14. Per le ragioni in ultimo evidenziate, non sono fondati neppure il quarto ed il quinto motivo di appello. In aggiunta, va solo sottolineato che non può essere condivisa la tesi di parte appellante in ordine al fatto che il contributo di costruzione sarebbe legato esclusivamente al “rilascio” del permesso di costruire e non alla sua permanenza nel tempo.
14.1. Se è vero che, ai sensi dell'art. 16 del DPR n. 380/2001, la quota di contributo relativa al costo di costruzione deve essere determinata con il rilascio del titolo, è altrettanto vero che lo stesso è versato a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione, in proporzione ai benefici che la nuova costruzione consegue ovvero alla compartecipazione del privato alla spesa pubblica necessaria per realizzare le opere di urbanizzazione (cfr. ex multis , Cons. Stato sez. IV, n. 2382/2019).
14.2. Sarebbe dunque con tutta evidenza paradossale che, una volta mutata la destinazione dell’impianto (utilizzato successivamente per l’utenza di un circolo sportivo privato), restasse invariato l’esonero eventualmente accordato per un utilizzo di cui avrebbe dovuto beneficiare la collettività.
15. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
16. Le spese del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.