Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-07-08, n. 202004391
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Pubblicato il 08/07/2020
N. 04391/2020REG.PROV.COLL.
N. 00236/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 236 del 2020, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Emanuele D'Alterio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
U.T.G. - Prefettura di Napoli, Gruppo Ispettivo Antimafia, DIA di Napoli, U.T.G. - Prefettura di Salerno, non costituiti in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente una informativa di interdittiva antimafia;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno, del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza con modalità telematiche del giorno 25 giugno 2020 il Pres. Franco Frattini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società appellante, attiva nel settore degli appalti pubblici e privati, veniva attinta in data -OMISSIS-, con la quale la Prefettura di Napoli informava circa la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata nei confronti della società -OMISSIS-
2. L’odierno appellante proponeva ricorso dinanzi al Tar per la Campania, chiedendo l’annullamento:
a) della nota prot. -OMISSIS-, con la quale la Prefettura di Napoli informa che nei confronti della ricorrente “sussistono tentativi di infiltrazione mafiosa da parte della criminalità organizzata e tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi, previsti, dagli artt. 84 e 91 del Codice Antimafia”;
b) del verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia del -OMISSIS- mai notificati né comunicati, richiamati nella nota sub lett. a);
c) di ogni altro atto preordinato, collegato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente, ivi compresi, e per quanto di ragione, quelli richiamati nella nota sub lett. a), segnatamente i rapporti informativi delle FF.OO. ed in particolare della DIA di Napoli del -OMISSIS-, la relazione del Gruppo Interforze di accesso nominato dalla Prefettura di Salerno con Decreto -OMISSIS-
A seguito del deposito degli atti e documenti posti a fondamento dell’interdittiva da parte della Prefettura, in ottemperanza all’ordinanza presidenziale -OMISSIS-, l’odierno appellante proponeva ricorso per motivi aggiunti avverso la relazione conclusiva dell’accesso svolto dalla Commissione Interforze nominata dalla Prefettura di Salerno con decreto -OMISSIS-.
3. Con la sentenza -OMISSIS-, qui gravata, il Giudice di prime cure respingeva il ricorso.
4. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, l’appellante chiede l’annullamento e/o la riforma della pronuncia.
5. Resiste in giudizio la Prefettura – U.T.G. di Napoli, chiedendo la conferma della decisione appellata.
6. All’udienza del 25 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con l’unico motivo di appello l’appellante denuncia “Error in judicando – Violazione e falsa applicazione artt. 84 e 91 codice antimafia”.
Riferisce l’appellante che il provvedimento prefettizio per cui è causa si fonderebbe esclusivamente sull’avvenuto riscontro di rapporti di cointeressenza e di frequentazione tra -OMISSIS-sarebbe un mero dipendente, il cui rapporto lavorativo sarebbe peraltro cessato in data anteriore all’emissione dei provvedimenti cautelari da cui è stato interessato.
Peraltro, l’operato della Prefettura di Napoli sarebbe contraddittorio in quanto l’interdittiva sarebbe giunta a distanza di pochi mesi da valutazioni positive, compiute nella relazione dell’aprile 2016 dalla Commissione Interforze designata dalla Prefettura di Salerno ai sensi dell’art. 93 d.lgs. 159/2011, e che aveva concluso nel senso che “sono da ravvisarsi forti elementi di criticità, pur in assenza, segnatamente alle società interessate alla realizzazione dell’appalto, di elementi di cui alla fattispecie ex art. 84 del D.Lgs. 159/11”, nonché in occasione dei controlli attivati dalla Prefettura a seguito dell’aggiudicazione di un appalto per la Città Metropolitana di Bari, conclusi favorevolmente per formazione del silenzio-assenso.
Conclusivamente, mancherebbero di attualità i riferimenti della Prefettura ai rapporti personali e di cointeressenza economica in grado di condizionare le scelte gestionali della società appellante, riguardando essi la persona di un solo dipendente, lo -OMISSIS-, peraltro non ancora condannato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., al pari di altri personaggi ritenuti controindicati, ma frequentati in data antecedente all’emersione delle relative problematiche penali.
2. Resiste in giudizio la Prefettura – U.T.G. di Napoli, la quale ha prodotto una memoria in vista dell’odierna udienza pubblica, nella quale ha ribadito la completezza del quadro indiziario posto a fondamento dell’interdittiva e la validità delle valutazioni discrezionali operate in ordine alla ritenuta prossimità dell’appellante a contesti criminali.
3. L’appellante ha quindi depositato una memoria di replica, sostanzialmente riproponendo i medesimi argomenti già contenuti nell’atto di appello.
4. L’appello è infondato e va respinto.
5. Giova ripercorrere brevemente i fatti di causa nonché gli elementi posti a fondamento dell’impugnata interdittiva.
Il capitale sociale della società appellante, -OMISSIS-.
Quest’ultimo, già in passato segnalato per reati non ostativi ai fini antimafia, risulta controllato -OMISSIS-, in quanto indagato per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 c.p., 12 quinquies d.l. 306/92 con l’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91 per aver agevolato l’attività del clan;nonché di ulteriore provvedimento di sequestro emesso dal medesimo Tribunale e riferito al medesimo procedimento, in esito al quale è stato sequestrato l’intero capitale della società -OMISSIS- infine, rinviato a giudizio per il reato di cui all’art. 12 quinquies L. 356/92 e art. 7 L. 203/91.
5.1. Dai rapporti delle Forze di Polizia, emergeva l’esistenza dei seguenti rapporti e cointeressenze societarie ed economiche tra -OMISSIS-
a) dal -OMISSIS-
b) dal -OMISSIS-
c) dal -OMISSIS-
d) nei mesi di luglio e novembre 2015 per la società -OMISSIS-
Risultava, inoltre, che la residenza anagrafica di-OMISSIS-
5.2. Il -OMISSIS-
5.3. Ulteriore collegamento tra il -OMISSIS- assolutamente non alieno da saldi contatti (che ne hanno determinato anche il coinvolgimento in vari procedimenti penali) con gli ambienti della criminalità organizzata di stampo camorristico” (si legge nell’ordinanza del Tribunale di Napoli di applicazione di misura cautelare personale e reale), inoltre, risulta aver intrattenuto rapporti commerciali con -OMISSIS-per il reato di cui all’art. 648 bis c.p. connesso ad attività mafiosa). Stando, poi, alle dichiarazioni del -OMISSIS-
6. Dalla valutazione delle risultanze fattuali emerse, la Prefettura ha quindi ritenuto altamente probabile e di facile realizzazione l’ingerenza delle consorterie criminali di tipo mafioso nelle scelte e nell’indirizzo gestionale della società -OMISSIS-
6.1. Le censure dell’appellante si fondano essenzialmente sulla ritenuta mancanza dei presupposti di emissione dell’informativa interdittiva antimafia, in quanto la società -OMISSIS-sarebbe stata attinta dal predetto provvedimento di rigore solo per i legami e le frequentazioni riscontrate tra -OMISSIS-e quindi ben prima che emergessero i rilievi d’interesse antimafia sulla sua persona;con l’ulteriore specificazione che lo -OMISSIS- risulterebbe coinvolto in un procedimento penale per errore, o meglio in seguito ad una sostituzione di persona che i suoi coindagati avrebbero operato, al fine di farlo risultare coinvolto in un’operazione criminale della quale era, al contrario, ignaro.
6.2. Orbene, tralasciando l’ultima suggestione, dell’accertamento della cui veridicità sarà incaricata la competente magistratura (la quale, comunque, ha già disposto il rinvio a giudizio per lo -OMISSIS-) ritiene il Collegio che rilevanti elementi della vicenda, inducano, in linea con le valutazioni correttamente operate dalla Prefettura e dal Tar, a ritenere che il pericolo infiltrativo al quale la società -OMISSIS-risulta esposta è palpabile.
Come questo Consiglio di Stato ha più volte sottolineato, infatti, l’estraneità formale degli organi direttivi della società od impresa a vicende, anche prive di accertato rilievo penale, ma comunque fortemente indizianti ai fini della prevenzione antimafia, non può da sola bastare a ritenere la stessa società od impresa fuori dal “giro” e cioè del pericoloso circuito attrattivo o condizionante che la criminalità mafiosa costituisce laddove individua possibilità di profitto. Come anche il Tar ha ricordato nella sentenza impugnata, infatti, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha da tempo chiarito che il condizionamento mafioso, essenziale al fine del controllo del territorio, può ben derivare dalla presenza di soggetti controindicati nell’impresa interessata, in ruoli comprensibilmente defilati rispetto a quella che appare, formalmente ed al pubblico, la gestione della stessa: il tutto al fine di consentire alle consorterie criminali, per il tramite di propri uomini di fiducia inseriti quali meri dipendenti o esecutori nell’assetto societario, di dettare dall’esterno gli obiettivi e le iniziative che l’impresa deve perseguire. Il che è tanto più vero in quanto emergano, come nel caso di specie, situazioni, rapporti, frequentazioni e legami ambigui, che lascino intendere o comunque ragionevolmente ipotizzare la disponibilità dell’impresa e dei suoi gestori a far entrare, nelle valutazioni di gestione, logiche criminali.
7. Costituisce oramai un fatto accertato in più occasioni che vi sia stato, e vi sia tuttora, una evoluzione o ri-direzionamento di metodi e ambizioni delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, le quali non paiono più considerare quale primo obiettivo gli attacchi frontali allo Stato ed ai suoi rappresentanti, per infiltrare invece i tentacoli in azioni e progetti per occupare o condizionare settori dell’economia, della gestione dei rifiuti, della politica, non di rado riuscendovi per il tramite di personalità deviate o di personaggi compiacenti, che si pongono sulla labile linea di confine tra legalità ed illegalità (da ultimo, v. Cons. St., Sez. III, 11 maggio 2020, n. 2962).
L’attenzione dell’ordinamento per i fenomeni illeciti che possono interessare lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, specialmente nel delicato settore delle commesse pubbliche, è, pertanto, massima, in ragione del disvalore sociale e del notevole danno che l’infiltrazione di soggetti portatori di interessi contrastanti con gli interessi dello Stato-comunità comporta. Ciò giustifica il conferimento, all’Autorità di Pubblica Sicurezza preposta, di un’ampia gamma di poteri da esercitarsi in una fase preventiva rispetto alla causazione del danno.
7.1. Com’è noto, infatti, gli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 disegnano l’informativa antimafia come un provvedimento a carattere preventivo, finalizzato ad attestare la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi gestionali della società od impresa interessata, e che il Prefetto, nelle proprie valutazioni discrezionali di competenza, può desumere da “provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata”.
Pertanto, come anche di recente ribadito da questa Sezione (si vedano, per tutte, le sentt. 2 maggio 2019, n. 2855;27 novembre 2018, n. 6707;28 ottobre 2016, n. 4555), la finalità preventiva ed anticipatoria che permea l’istituto in esame giustifica l’attivazione dei poteri inibitori di cui è titolare l’Autorità di Pubblica Sicurezza in uno stadio assolutamente preliminare del procedimento penale, ed anche in presenza di condotte non penalmente rilevanti e persino nell’ipotesi in cui il procedimento penale si sia concluso con un’archiviazione o un’assoluzione: la ratio di anticipazione della tutela nel settore del contrasto alla criminalità organizzata impone al Prefetto di attestare la sussistenza del rischio infiltrativo siccome desunto dalla lettura integrata degli elementi fattuali rilevanti nella vicenda, i quali possono infatti risultare significativi ai fini antimafia pur se non assistiti da un’evidenza tale da ritenere raggiunta la relativa prova “oltre ogni ragionevole dubbio” nell’ambito penale.
7.2. Ed infatti, non si richiede – alla Prefettura come al Giudice amministrativo – di pervenire ad un grado di convincimento che resista ad ogni ragionevole dubbio. È sufficiente, ai fini dell’emissione di un’informativa interdittiva antimafia e della valutazione in sede giurisdizionale in ordine alla sua legittimità, l’essere ragionevolmente persuasi della ricorrenza, nel caso che viene in rilievo, di indici fortemente sintomatici di contiguità, connivenza o comunque condivisione di intenti criminali. Il metro di valutazione è, come noto, quello del “più probabile che non”, dove appunto la probabilità cruciale che il pericolo infiltrativo sussista esclude ogni ipotesi di segno diverso.
L’impianto motivazionale dell’informativa deve, quindi, rappresentare compiutamente il quadro degli elementi indiziari in base ai quali l’Autorità abbia ritenuto attuale e concreto il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso all’interno della società od impresa interessata, evidenziando in particolar modo gli elementi di permeabilità criminale che possono influire anche indirettamente sull'attività dell'impresa, la quale si viene a trovare in una condizione di potenziale asservimento - o comunque di condizionamento - rispetto alle iniziative della criminalità organizzata di stampo mafioso (ovvero "comunque localmente denominata”) (si veda, per tutte, la sentenza Cons. St., Sez. III, 11 maggio 2020, n. 2962, già citata).
7.3. In particolare, laddove il nucleo forte della motivazione del provvedimento prefettizio consista nella valorizzazione dei legami o conoscenze intercorrenti tra esponenti della compagine sociale e soggetti affiliati o vicini alle consorterie criminali, dovranno con chiarezza emergere gli elementi concreti che abbiano indotto l’Autorità a ritenere il predetto legame o conoscenza una via d’accesso agevolata alla gestione dell’impresa.
Il che, evidentemente, è avvenuto nel caso di specie.
8. L’intreccio di legami ed interessi tra la -OMISSIS-e le famiglie criminali locali è evidente se solo si considera la quantità e la frequenza delle commistioni rilevate all’interno, sostanzialmente, di poche famiglie -OMISSIS-le quali hanno ampliato il proprio raggio d’azione nel mondo dell’imprenditoria, servendosi di propaggini familiari e di rapporti di parentela e d’affari così intensi da giustificare pienamente le valutazioni operate dalla Prefettura. Il quadro che emerge rimanda l’immagine classica dell’organizzazione mafiosa a base clanica, la quale finisce per creare un reticolo di rapporti così fitto da inviluppare chiunque si ritrovi ad orbitare nella sua sfera d’attrazione, e contestualmente si dirama all’esterno per conquistare nuove porzioni di territorio e nuovi affari, arrivando, grazie a soggetti che fanno da tramite, ad arruolare nuovi soggetti, ad ottenere nuove risorse, a governare nuove società.
8.1. La società -OMISSIS-è formalmente “pulita”: opera da anni nel settore, ha ottenuto svariate ed importanti commesse pubbliche. E tuttavia, all’interno della società -OMISSIS-
Risulta dagli atti che i personaggi frequentati dal -OMISSIS- sono entrati, in veste diversa, nell’orbita delle imprese a lui riconducibili: basti fare riferimento, per tutti, alla figura di -OMISSIS--, con il quale il -OMISSIS- vanta una conoscenza ed una frequentazione pluridecennale. Risulta, infatti, che lo -OMISSIS- ha lavorato dal 2004 al 2012 presso le società --OMISSIS-, riconducibili entrambe al -OMISSIS-, per poi passare alle dipendenze della -OMISSIS-dal 2013 al 2014 ed alla società -OMISSIS-. Né può ritenersi che i rapporti tra i predetti siano risalenti e rimasti isolati al predetto periodo, in cui – a detta dell’appellante – si ignoravano le operazioni criminali e le conoscenze dello -OMISSIS-: al contrario, la tempistica degli incontri e delle relazioni che emergono dai rapporti delle Forze di Polizia dimostra la familiarità che lega -OMISSIS- a -OMISSIS-, il quale lo ha anche introdotto nelle società della famiglia della-OMISSIS-
8.2. I rapporti, quindi, non solo non sono mai stati interrotti, ma si sono addirittura intensificati e permangono nel periodo attuale (dal momento che la residenza anagrafica dello -OMISSIS- coincide con le sedi delle unità locali in -OMISSIS- quindi, contrariamente a quanto sostiene l’appellante, in un arco temporale nel quale l’attitudine criminale dello -OMISSIS- e la sua affiliazione al -OMISSIS-era già nota, per essere stata consacrata in un provvedimento di sequestro, emesso dal Tribunale di Napoli il 24 aprile 2013, nell’ambito di un’indagine per i reati di cui agli artt. 81 cpv 110 c.p. 12 quinquies d.l. 306/92 con l’aggravante di cui all’art. 7 L. 203/91 per aver agevolato l’attività del clan;nonché di ulteriore provvedimento di sequestro emesso dal medesimo Tribunale e riferito al medesimo procedimento, in esito al quale è stato sequestrato l’intero capitale della società -OMISSIS-, nonché le quote dell’impresa -OMISSIS-. A tal proposito, come detto, lo -OMISSIS- sostiene di essere stato vittima di uno scambio di persona e di essere stato trascinato in un’operazione criminale che non avrebbe, in realtà, mai compiuto: sarà la magistratura competente a vagliare la fondatezza di tale ricostruzione, nel procedimento penale in corso nel quale, peraltro, lo -OMISSIS- risulta rinviato a giudizio per il reato di cui all’art. 12 quinquies L. 356/92 e art. 7 L. 203/91.
8.3. Non vi era, e non vi è, tuttora, una certezza “oltre ogni ragionevole dubbio”, per essere il predetto procedimento ancora in corso, ma l’interessamento delle Procure alla persona dello -OMISSIS-, con indagini avviate già prima del 2013, doveva rappresentare, per il -OMISSIS- e le imprese a lui riconducibili, un campanello d’allarme che avrebbe dovuto consigliargli quantomeno di attendere l’esito favorevole del procedimento, prima di assumere lo -OMISSIS-. L’aver assunto un soggetto in capo alla cui affidabilità era lecito nutrire dubbi, getta legittimi sospetti anche sull’impresa interessata e, soprattutto, sui soggetti che ne hanno disposto l’inserimento lavorativo, soprattutto se si pone mente alla circostanza per la quale la residenza dello -OMISSIS- tuttora coincide con le sedi delle unità locali delle società di --OMISSIS-: con la conseguenza che viene a mancare il requisito di assoluta affidabilità che la Pubblica Amministrazione pretende dalla propria controparte contrattuale, e l’Autorità di Pubblica Sicurezza preposta è tenuta a darne atto e notizia mediante l’emissione dell’informativa.
9. Da quanto sinora detto, emerge chiaramente che i predetti elementi, tutti presi in considerazione dalla Prefettura, interessano la -OMISSIS-in via diretta e sarebbero già di per sé soli sufficienti a giustificare l’emissione del provvedimento di rigore per cui è causa. Tuttavia, la Prefettura ha fornito un quadro indiziario completo ed esauriente, che ricostruisce il profilo della -OMISSIS-e del -OMISSIS- non solo dall’interno, ma anche inquadrandoli nel contesto in cui si trovano ad operare.
9.1. Il -OMISSIS-, infatti, non solo ha consentito l’ingresso nelle proprie società del conoscente, affiliato al -OMISSIS-
Il -OMISSIS- appare essere, in sostanza, l’anello di congiunzione tra la società e, da un lato, il -OMISSIS-.
9.2. Quanto al primo versante, oltre alla vicinanza con -OMISSIS--, sono emerse dagli atti ulteriori conoscenze ed operazioni societarie poste in essere dal -OMISSIS- sin dal 2000 con esponenti del clan: egli, infatti, ha fatto parte -OMISSIS-
9.3. Ma il -OMISSIS- condivide interessi economici evidenti anche con i propri -OMISSIS-
I cugini del --OMISSIS-, costituiscono un ulteriore collegamento con la criminalità organizzata. Essi, infatti, condividevano interessi societari nella -OMISSIS-
9.4. -OMISSIS--
Né è di poco momento l’emersione di un’altra circostanza fattuale: e cioè la coincidenza, già riferita, tra la residenza anagrafica di -OMISSIS-, in contrada -OMISSIS-
9.5. La -OMISSIS-è evidentemente esposta su più fronti alle ingerenze criminali, a causa della posizione rivestita dal -OMISSIS-, strumento efficace per l’ingresso nella società dello -OMISSIS-, e tramite lui del -OMISSIS-.
Questo Collegio, pertanto, non può che condividere l’operato della Prefettura e confermare le valutazioni compiute dal Giudice di prime cure in punto di legittimità dell’informativa interdittiva antimafia oggetto del giudizio.
10. Per le ragioni sopra esposte, l’appello deve essere respinto perché infondato, con conseguente integrale conferma della sentenza del Tar Campania (Sezione Prima) -OMISSIS-.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.