Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-01-17, n. 202000414

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-01-17, n. 202000414
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000414
Data del deposito : 17 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/01/2020

N. 00414/2020REG.PROV.COLL.

N. 03407/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3407 del 2019, proposto da
Consorzio di Cooperative Sociali Athena, in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con la coop. La Rete, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ambito Sociale N. 18, Comune di Casoria, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Aido Cooperativa Sociale Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Consorzio Confini Soc. Coop., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 1642/2019, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Aido Cooperativa Sociale Onlus;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2019 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati L T e M F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con la sentenza appellata, il T.A.R. Campania ha respinto il ricorso proposto dalla odierna appellante avverso il provvedimento di esclusione della stessa dalla gara per l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare socio-assistenziale indetta dall’Ambito Sociale n.18, con importo a base d’asta di € 600.000,00: esclusione disposta sul presupposto che il costo orario della manodopera sarebbe stato inferiore ai valori indicati nelle tabelle ministeriali di cui all’art. 23, comma 16, d.lvo n. 50/2016.

La statuizione reiettiva ha altresì attinto, in via consequenziale, i motivi aggiunti con i quali è stata impugnata la determinazione del Comune di Casoria n. 10548 del 27 dicembre 2018, di aggiudicazione della gara alla coop. AIDO soc. coop..

Il T.A.R., premesso di essere “ben consapevole dell’orientamento (Cons. Stato, V, 7.5.2018, n.2691;
30.3.2017, n. 1465;
III, 13.3.2018, n.1609) secondo il quale non può assegnarsi rilievo dirimente al fatto che il costo del lavoro indicato in offerta sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali, occorrendo ai fini in questione, perché possa dubitarsi della congruità dell’offerta, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata”, ed evidenziati gli scostamenti tra i costi orari aziendali previsti dall’impresa e quelli risultanti dalle citate Tabelle ministeriali, ha concluso nel senso che “deve ritenersi che lo scostamento proposto da parte ricorrente sia irragionevole e non giustificato, pregiudizievole della affidabilità e qualità del servizio oggetto di gara nella misura in cui incide in misura preponderante sulla qualità delle prestazioni lavorative e sulla tutela dei lavoratori, con riflessi negativi anche sui valori dell’efficienza dell'azione amministrativa come volta ad assicurare la scelta del migliore contraente in una gara celere e trasparente e ad evitare la stipulazione con soggetti che non garantiscono le tutele minime di lavoro, non potendosi valorizzare l’argomento secondo il quale le tabelle ministeriali costituiscono esclusivamente un parametro comparativo e non un limite inderogabile”.

Quanto in particolare alla consulenza tecnica prodotta dalla parte ricorrente, il T.A.R., premesso che con la stessa “si pretende sostenere che le tabelle ministeriali utilizzano valori medi e non minimi inderogabili per legge o per contratto, che il personale assunto riguarda soprattutto donne con riduzione dei contributi posti a carico del datore di lavoro e che si usufruisce della riduzione del tasso INAIL dopo il primo biennio di attività”, ha rilevato che “il giudizio che si assume contestare non poteva che essere calibrato sulla singola offerta presentata, sulla sua sostenibilità alla stregua della capacità propria del singolo operatore e nel rispetto delle prescrizioni imposte dalla specifica disciplina di gara e delle soglie minime fissate dal legislatore, mentre invece nella consulenza di parte si ha riguardo a personale assunto del quale non si dimostrano né il relativo costo né i benefici di cui potrebbe giovarsi”.

Mediante i motivi di appello – cui resiste la controinteressata società

AIDO

Cooperativa Sociale ONLUS – viene dedotto in via preliminare che la stazione appaltante ha escluso la società appellante sulla scorta del fatto che il costo orario del lavoro indicato in sede di relazione giustificativa si discosterebbe dai valori di cui alle tabelle ministeriali ex art. 23, comma 16, d.lvo n. 50/2016.

Premesso che tali scostamenti ammonterebbero:

- ad € 0,95/h per il livello C1;

- ad € 1,57/h per il livello C2;

e che in ordine al livello D2 l’odierna appellante ha previsto un costo del lavoro (€ 39,75/h) maggiore di quello risultante dalle suddette tabelle ministeriali (€ 20,91/h), viene dedotto che non può assegnarsi rilievo dirimente al fatto che il costo del lavoro indicato in offerta sia stato calcolato secondo valori inferiori a quelli risultanti dalle tabelle ministeriali, occorrendo ai fini in questione, perché possa dubitarsi della congruità dell’offerta, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.

Ebbene, deduce la parte appellante che essa, nella propria relazione giustificativa, ha chiarito le ragioni dello scostamento dai minimi tabellari, mentre la stazione appaltante ha totalmente pretermesso qualsivoglia analisi delle giustifiche in tal modo prodotte.

A fondamento dell’appello, la parte appellante richiama altresì la relazione di consulenza la quale si chiarisce che:

- in primo luogo, il personale assunto riguarda soprattutto donne (ovvero soggetti socialmente deboli, con l’applicazione dei corrispondenti sgravi contributivi);

- le giornate di assenze medie sono più basse della media (con un conseguente minor costo necessario per garantire le sostituzioni);

- sono state effettuate assunzioni in territori svantaggiati, con possibilità di usufruire di agevolazioni contributive e crediti di imposta;

- sono stati previsti gli sgravi fiscali per nuove assunzioni per l’assunzione di giovani, disoccupati e donne;

- sono state effettuate assunzioni a tempo indeterminato, le quali comportano il pagamento di un’aliquota contributiva pari allo 0,5%, inferiore rispetto a quella prevista per i dipendenti assunti con contratto a tempo determinato.

Per effetto dei rilievi esposti, la minor incidenza del costo orario del lavoro è così schematizzata:

- livello C1: meno € 3,25 per ogni ora;

- livello C2: meno € 3,86 per ogni ora;

con la conseguente adeguatezza delle somme preventivate dalla odierna appellante nella propria relazione ai fini della verifica del rispetto del costo minimo del lavoro.

Deduce ancora la parte appellante che la stazione appaltante non ha tenuto in considerazione il fatto che, se per il livello C1 e C2 il costo del lavoro è leggermente inferiore a quello individuato nelle tabelle ministeriali, per il livello D2 il costo orario del lavoro è stato considerato in maniera maggiore rispetto ai dati desumibili dalle medesime tabelle.

La parte appellante richiama quindi il disposto dell’art. 2 del d.m. che ha approvato le tabelle ministeriali, il quale stabilisce che “la tabella prescinde: a) da eventuali benefici previsti da norme di legge di cui l’impresa può usufruire”.

Allega ancora la parte appellante che il thema decidendum del giudizio di primo grado non poteva che coincidere con la indagine volta a stabilire se i valori indicati nelle tabelle ministeriali fossero o meno derogabili, non potendo il T.A.R. spingersi alla verifica della congruità delle giustificazioni rese, ostandovi il disposto dell’art. 34, comma 2, c.p.a., a mente del quale “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

Essa contesta infine la sentenza appellata laddove rileva che “nella consulenza di parte si ha riguardo a personale assunto del quale non si dimostrano né il relativo costo né i benefici di cui potrebbe giovarsi”, evidenziando di avere nella specie effettuato la scomputazione delle voci di costo che vanno a comporre l’incidenza oraria della manodopera, così agevolmente consentendo alla stazione appaltante di verificare quali delle voci inserite all’interno delle tabelle ministeriali non dovevano ritenersi applicabili (o applicabili in minor misura) nei suoi confronti.

Tanto premesso, l’appello non è meritevole di accoglimento.

E’ sì vero che il provvedimento di esclusione impugnato reca la seguente motivazione:

“Il costo orario aziendale è diverso da quanto previsto dalla Tabella del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (…) per le lavoratrici ed i lavoratori delle cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo del 13.9.2013 il quale prevede:

a. per il livello C1 un costo orario aziendale, scomputato dell’indennità di turnazione, pari a € 16.95;

b. per il livello C2 un costo orario aziendale, scomputato dell’indennità di turnazione, pari ad € 17.57;

c. per il livello D2 un costo orario aziendale, scomputato dell’indennità di turnazione, pari ad € 20.91.

Pertanto i giustificativi presentati non si ritengono congrui, con conseguente esclusione dell’offerta del concorrente dalla procedura di gara”.

Esso, quindi, fa discendere la valutazione di anomalia, propedeutica all’adozione della determinazione escludente, dal mero scostamento del costo orario del personale da utilizzare ai fini dello svolgimento del servizio de quo dalle indicazioni ricavabili dalla pertinenti Tabelle ministeriali.

Il provvedimento, così motivato e almeno prima facie , palesa profili di contrarietà rispetto all’indirizzo giurisprudenziale (cfr., di recente, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5353 del 29 luglio 2019), a mente del quale “i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell'offerta, perciò l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità e occorre, perché possa dubitarsi della congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale e sintetica”.

Invero, affinché il giudizio di anomalia, esclusivamente fondato sulla difformità del costo del lavoro esposto dalla concorrente sottoposta alla relativa valutazione, possa ritenersi legittimamente adottato occorre, alla stregua delle citate indicazioni giurisprudenziali, che lo scostamento sia “considerevole ed ingiustificato”.

Ebbene, la parte appellante contesta appunto la mancata considerazione da parte della stazione appaltante delle deduzioni da essa formulate al fine di dimostrare il carattere “giustificato” dello scostamento.

La censura, tuttavia, non è meritevole di accoglimento.

Deve preliminarmente rilevarsi, in linea generale, che, laddove la stazione appaltante si sia limitata a richiamare, a fondamento del provvedimento di esclusione adottato, lo scostamento del costo del lavoro dichiarato dai dati ricavabili dalle Tabelle ministeriali, e la parte ricorrente contesti la carenza istruttoria del provvedimento medesimo, lamentando che esso non è stato preceduto da una attenta analisi dei fattori giustificativi esposti dalla concorrente, spetta al giudice amministrativo verificare che gli elementi giustificativi, nei termini rappresentati in giudizio, siano stati effettivamente sottoposti alla valutazione della stazione appaltante e che gli stessi attingano ad un livello minimo di attendibilità e rilevanza: solo in tal caso potendo esigersi, come sostiene la parte appellante, che il sindacato giurisdizionale si arresti all’accertamento del deficit istruttorio del provvedimento impugnato, per devolvere alla stazione appaltante il compito, da esplicare nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica, di verificare la concreta pregnanza giustificativa degli elementi - tempestivamente e nella pertinente sede procedimentale - rappresentati.

Ebbene, premesso che gli elementi giustificativi dello scostamento, nei termini rappresentati in giudizio dalla parte appellante, attengono prevalentemente alle specifiche caratteristiche della manodopera (composta da soggetti “deboli” o comunque meritevoli di specifiche misure incentivanti), tali da giustificare l’applicazione di benefici contributivi atti a ridurre il connesso costo del lavoro, ovvero a situazioni occupazionali che solo l’impresa interessata potrebbe conoscere e comprovare, non può non rilevarsi, coerentemente con le premesse dianzi illustrate, che gli stessi non possono essere originariamente rappresentati in sede giudiziale, dovendo esigersi la loro tempestiva e documentata allegazione già nell’ambito del sub-procedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta, onde consentire alla stazione appaltante di conoscerli ed apprezzarli, nella loro effettiva attitudine giustificativa.

Nella specie, invece, la parte appellante si è limitata a produrre, in riscontro alla richiesta di giustificazioni formulata dalla stazione appaltante con la nota prot. n. 64787 del 22 novembre 2018, una “relazione”, a firma dei legali rappresentanti delle imprese appellanti, con la quale essa si limita ad esporre il calcolo del costo orario del lavoro (pervenendo a quantificarlo in € 16/h per il livello C/1, in € 16/h per il livello C/2 ed in € 39,75/h per il livello D/2), senza illustrare le circostanze giustificative dello scostamento rispetto ai valori risultanti dalle Tabelle ministeriali, ma solo evidenziando che “nello specifico l’avere in organico Assistenti Sociali, personale OSA, OSS, con contratti subordinati a tempo indeterminato, soci lavoratori, con esperienze pregresse, suddividendo gli oneri su più servizi permette all’offerente di poter formulare offerte sulla voce relativa agli oneri di gestione”: indicazione che tuttavia non denota alcun concreto ed analitico collegamento con le giustificazioni, esplicitate solo nella sede processuale, incentrate sui benefici contributivi cui darebbero diritto le specifiche categorie di appartenenza della manodopera assunta.

Non può invece assumere rilievo la relazione tecnica a firma della consulente del lavoro dott.ssa C T, non risultando che la stessa sia stata tempestivamente prodotta alla stazione appaltante (e ciò a prescindere da ogni considerazione in ordine alla idoneità giustificativa dei rilievi in essa contenuti e riassunti nella parte in fatto della presente sentenza).

Deve solo aggiungersi che, sebbene il tema non sia espressamente sollevato dalla parte appellante, la suddetta discrasia, oltre che “ingiustificata”, appare anche “considerevole”, se è vero che, come si evince dalla relazione tecnica prodotta nel giudizio di primo grado dalla parte controinteressata (non contestata, quantomeno relativamente al numero di ore per ciascun livello di inquadramento connesso all’esecuzione del servizio de quo ), il costo del lavoro, commisurato ai parametri desumibili dalle Tabelle ministeriali, è pari a complessivi € 548.236,80, a fronte del costo del lavoro calcolato dalla parte appellante, pari ad € 522.076,29 (e ad un’offerta complessiva, al netto dell’IVA, pari ad € 535.657,14).

Né diverse conclusioni si raggiungono applicando il costo del lavoro desumibile dalle Tabelle ministeriali, come recepito dalla sentenza appellata (non impugnata in parte qua ), pervenendosi ad un costo del lavoro complessivo (in relazione al numero di ore per ciascun livello computato dalla controinteressata) pari ad € 551.047,68.

Non meritevole di accoglimento è infine la censura intesa a lamentare che la predicata sottostima del costo del lavoro relativo ai livelli C1 e C2 sarebbe “compensata” dalla sovrastima relativa al livello D2: invero, il costo del lavoro risultante dall’applicazione del costo orario indicato dalla parte appellante, quantificato dalla controinteressata in € 522.076,29, risulta comunque inferiore, pur tenendo conto della suddetta “sovrastima”, al costo del lavoro discendente dall’applicazione delle Tabelle ministeriali.

L’appello, in conclusione, deve quindi essere respinto e conseguentemente confermata la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado.

La peculiarità dell’oggetto della controversia giustifica la compensazione delle spese del secondo grado di giudizio.

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