Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-08-27, n. 201404367

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-08-27, n. 201404367
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404367
Data del deposito : 27 agosto 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04694/2013 REG.RIC.

N. 04367/2014REG.PROV.COLL.

N. 04694/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4694 del 2013, proposto da:
Consorzio Industriale di Interesse Regionale di Siniscola, rappresentato e difeso dagli avvocati F T e L P, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Cola di Rienzo 111;

contro

Impresa Solinas geom. Salvatore, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni 35;

nei confronti di

Fallimento Sarda Costruzioni Opere Pubbliche Sacop s.r.l.;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA, SEZIONE I, n. 115/2013, resa tra le parti concernente la domanda di risarcimento danni dell’Impresa Solinas per la mancata aggiudicazione del pubblico incanto per i lavori di urbanizzazione comparto “b” della zona industriale Siniscola.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'appello incidentale dell’Impresa Solinas geom. Salvatore;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2014 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Titomanlio e Pesce, per delega di Cappella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’Impresa Solinas geom. Salvatore adiva il TAR Sardegna chiedendo che il Consorzio industriale di interesse regionale di Siniscola fosse condannato a risarcirle i danni subiti per la mancata aggiudicazione dell’appalto dei lavori di urbanizzazione del comparto B della zona industriale Siniscola, di cui al bando pubblicato il 14 novembre 1998, per il quale la stazione appaltante stabiliva il criterio del massimo ribasso sull’elenco dei prezzi e sull’importo delle opere a base d’asta, ex art. 21 della (allora vigente) l. n. 109/1994, con esclusione automatica delle offerte anomale.

Alla gara per l’affidamento di detto contratto aveva partecipato l’Impresa Solinas, la quale era poi insorta davanti al medesimo TAR contro l’aggiudicazione in favore della Sa.co.p. s.r.l., contestando l’errata determinazione della soglia di anomalia.

2. L’impugnativa veniva accolta dal medesimo TAR Sardegna, con sentenza n. 7 del 10 gennaio 2002. Con questa pronuncia si accertava che per effetto dell’erronea determinazione della soglia di anomalia, l’aggiudicazione era stata illegittimamente preclusa alla Solinas.

La sentenza ora menzionata veniva confermata da questa Sezione con sentenza n. 6070 del 9 ottobre 2003. Quindi, con sentenza n. del 9601 del 27 aprile 2006 le Sezioni unite della Cassazione respingevano il successivo ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione ai sensi dell’art. 111, ultimo comma, Cost.

Da qui la proposizione da parte dell’Impresa Solinas della presente domanda risarcitoria, parzialmente accolta in primo grado dal TAR Sardegna con la sentenza in epigrafe.

3. Il giudice di primo grado ha riconosciuto alla ricorrente:

- la somma di € 94.760,28 a titolo di mancato utile, determinato in via forfetaria e presuntiva nella misura del 5% del ribasso offerto in gara, a sua volta ottenuto dimezzando il 10%, invocato dalla Impresa Solinas, in ragione della mancata prova aliunde perceptum vel percipiendum da parte di quest’ultima;

- l’ulteriore somma € 2.842,80 << a titolo di danno curriculare >>, commisurata nel 3% dell’importo liquidato a titolo di mancato utile;

- sul capitale come sopra liquidato, gli accessori consistenti nella rivalutazione monetaria << dal giorno della stipulazione del contratto da parte della ditta illegittima aggiudicataria fino alla pubblicazione della presente sentenza >>, e negli interessi legali, da quest’ultima data sino all’effettivo pagamento.

4. La sentenza è appellata in via principale dal Consorzio industriale di interesse regionale di Siniscola ed incidentale dall’Impresa Solinas.

L’amministrazione ripropone le eccezioni:

- di difetto di giurisdizione, che asserisce essere devoluta al giudice ordinario, stante la propria natura di ente pubblico economico, non deputato alla gestione di servizi pubblici o attività di interesse pubblicistico e tenuto all’applicazione delle norme sull’evidenza pubblica << soltanto nelle marginali e causali ipotesi in cui gode, per l’esecuzione dei lavori, di finanziamenti pubblici >>, evenienza a suo dire non sussistente nel caso di specie, in cui << il finanziamento derivava dalle imprese insediate nel comprensorio>> ;

- di estinzione della pretesa risarcitoria per prescrizione, il cui termine quinquennale assume essere già spirato all’epoca della notificazione della diffida stragiudiziale, avvenuta il 6 ottobre 2006, a fronte della verificazione del fatto lesivo nel 1999 (epoca di aggiudicazione definitiva in favore della Sa.co.p. s.r.l.) o, al più tardi, nel 2001 (in cui, dopo la sentenza non definitiva del TAR 18 maggio 2001, n. 563, il Consorzio aveva nuovamente aggiudicato la gara alla predetta società).

Nel merito, assume che l’errore commesso in sede di gara è scusabile e che non vi è prova del pregiudizio ex adverso lamentato. Censura inoltre per ultrapetizione la condanna risarcitoria a titolo di danno curriculare.

5. Nel proprio appello incidentale, la Impresa Solinas deduce:

- l’inammissibilità dell’eccezione di prescrizione, perché sollevata dal Consorzio con memoria conclusionale tardivamente depositata nel giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 73 cod. proc. amm., e la conseguente erroneità del capo di sentenza con cui il TAR ha disatteso questa controeccezione;

- l’erronea decurtazione del risarcimento del danno da mancato utile in base alla mancata prova dell’ aliunde perceptum vel percipiendum ;

- l’erronea quantificazione del danno curriculare, per avere il giudice di primo grado determinato l’ammontare di detta posta risarcitoria in percentuale rispetto alla somma liquidata a titolo di mancato utile, anziché all’offerta da essa appellante presentata in sede di gara;

- l’omessa pronuncia sul danno << da indisponibilità finanziaria >>, conseguente al mancato impiego fruttifero delle somme dovute a titolo risarcitorio, per il quale ipotizza un rendimento del 4% per effetto del deposito della somma su propri conti correnti;

- il mancato riconoscimento degli interessi legali sulla somma liquidata a titolo risarcitorio annualmente rivalutata.

DIRITTO

1. Così riassunte le opposte domande ed eccezioni delle parti, in conformità all’insegnamento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (sentenza 3 giugno 2011, n. 10), deve essere esaminata con priorità la questione di giurisdizione riproposta dal Consorzio industriale appellante principale.

Detta questione deve essere risolta in senso contrario a quanto quest’ultimo afferma, donde il rigetto del pertinente motivo d’appello.

Come già statuito dal TAR, gli assunti del Consorzio industriale sono smentiti dalla pronuncia delle Sezioni unite della Cassazione n. 9601 del 27 aprile 2006, resa nel giudizio di impugnazione della gara per l’affidamento in appalto dei lavori di urbanizzazione del comparto B della zona industriale Siniscola.

Le Sezioni unite hanno affermato che sulla controversia ora detta sussisteva la giurisdizione amministrativa, perché il Consorzio odierno appellante era tenuto, in virtù dell’art. 2, comma 2, lett. a), della legge quadro sui lavori pubblici n. 109/1994, ad affidare il predetto appalto in contestazione in base alle norme sull’evidenza pubblica, allora vigenti. Sul punto è il caso di riportare il § 3.2 della pronuncia in esame: << tra i soggetti destinatari cui si applica la legge quadro che regola "l'attività amministrativa" in materia di lavori pubblici (L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 1), l'art. 2, comma 2, lett. a, di questa comprende pure gli "enti pubblici, compresi quelli economici" come il Consorzio, che sono assoggettati, per gli appalti di cui all'art. 19 della stessa legge, alle procedure di scelta del contraente e ai criteri di aggiudicazione nelle gare di pubblico incanto (cfr. L. 11 febbraio 1994, n. 109, artt. 20 e 21). Per detti appalti di lavori pubblici, nella fase prodromica alla stipula del contratto, poiché la gara è destinata solo ad individuare il contraente indicato dall'aggiudicazione definitiva, che non è costitutiva del rapporto d'appalto (…) , la giurisdizione non può che spettare ai giudici amministrativi, che devono decidere sugli interessi legittimi dei partecipanti alla gara, che possono essere incisi da provvedimenti di esclusione o da atti di determinazione del prezzo a base d'asta sul si provvede poi all'aggiudicazione >>.

Pertanto, la pretesa risarcitoria azionata nel presente giudizio si sostanzia in un danno da lesione di interessi legittimi, consequenziale ad illegittimità provvedimentali commesse nella predetta procedura di affidamento ad evidenza pubblica. In base a questo petitum sostanziale, deve affermarsi che all’epoca in cui è stata proposta davanti al TAR Sardegna (2007) la domanda risarcitoria era devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, comma 3, l. n. 1034/1971, come modificato dall’art. 7, comma 4, della legge di riforma della giustizia amministrativa n. 205/2000.

2. Segue nell’ordine delle questioni l’esame dell’eccezione preliminare di merito di prescrizione, in relazione alla quale vi è la controeccezione di inammissibilità sollevata dalla Impresa Solinas nel proprio appello incidentale.

Quest’ultima deve essere respinta, ancorché per ragioni diverse da quelle espresse dal giudice di primo grado.

Posto infatti che, come deduce l’appellante incidentale, il giorno 16 settembre 2012 era domenica, il termine a ritroso, ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., di trenta giorni liberi dall’udienza di discussione del 17 ottobre successivo per il deposito della memoria conclusionale, scontava l’anticipazione << al giorno antecedente non festivo >>
prevista dall’art. 52, comma 4, del medesimo codice del processo. Pertanto, tenuto conto della sospensione feriale dal 1° agosto al 15 settembre, la scadenza va individuata al 31 luglio precedente, mentre la memoria conclusionale è stata depositata il 14 settembre.

3. Nondimeno, malgrado il tardivo deposito della memoria, la controeccezione di inammissibilità dedotta a mezzo del motivo d’appello incidentale in esame non può essere accolta.

E’ infatti decisiva la considerazione che nessuna barriera preclusiva, sanzionata con la decadenza, la legge processuale prevedeva all’epoca dell’instaurazione del ricorso di primo grado, avvenuta sotto l’imperio della legge Tar n. 1034/1971 (ed in ogni caso, tanto meno prevede oggi) per sollevare l’eccezione di prescrizione.

Quest’ultima, ancorché non rilevabile d’ufficio (art. 2938 cod. civ.), e dunque qualificabile come eccezione in senso stretto, può essere in realtà sollevata sino all’udienza di discussione, mancando nella legge processuale previgente, così nell’attuale codice del processo amministrativo, una comminatoria di decadenza nel giudizio di primo grado analoga a quella valevole per tale tipologia di eccezioni nel processo civile, ai sensi dell’art. 167, comma 2 cod. proc. civ. (mentre il divieto è applicabile laddove l’eccezione sia sollevata per la prima volta in appello: cfr. Ad. plen., 29 dicembre 2004, nn. 14 e 15).

4. Come infatti di recente chiarito dall’Adunanza plenaria nel vigore dell’attuale normativa processuale (sentenza 25 febbraio 2013, n. 5), ricalcante nella sostanza quella previgente, i termini per la costituzione in giudizio delle parti intimate non sono perentori, e quando il legislatore ha inteso sanzionare il mancato rispetto di questi (e di altri termini) con la decadenza lo ha fatto espressamente.

Degno di menzione è il fatto che, nell’affermare la possibilità di costituirsi fino all’udienza di discussione per svolgere in tale sede tutte le difese, l’Organo di nomofilachia non ha mancato di precisare che le esigenze connesse al diritto di difesa alle altre parti rispetto ad eccezioni svolte per la prima volta all’udienza sono in ogni caso salvaguardate attraverso il potere di rinvio della discussione, per cui << il giudice (…) può comunque disporre il rinvio dell’udienza a data fissa, nel termine che riterrà congruo rispetto alla rilevanza delle questioni sollevate in udienza per consentirne la valutazione a garanzia del contraddittorio sostanziale >>
(§ 2.3).

5. Non induce ad una diversa conclusione il costante indirizzo di questo Consiglio di Stato e della giurisprudenza amministrativa in generale che sanziona con “l’inutilizzabilità” o l’inammissibilità il tardivo deposito degli scritti conclusionali previsti dall’art. 73 cod. proc. amm. ( ex multis : Cons. Stato, Sez. III, 13 settembre 2013, n. 4546;
Sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 916;
Sez. 7 novembre 2012, n. 5649, 23 febbraio 2012 n. 1058).

Occorre infatti operare una distinzione tra termini per l’esercizio del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., da un lato, e termini per il compimento di atti dall’altro lato.

Come visto finora, il diritto di difesa è assicurato nel processo amministrativo sino al passaggio in decisione della causa, ancorché l’esercizio delle singole attività processuali sia scandito attraverso la previsione di termini endoprocedimentali attraverso i quali esercitare il predetto diritto di difesa, per ragioni connesse ad un ordinato svolgimento del giudizio, consustanziali a tutti gli ordinamenti processuali.

Tanto precisato, é certamente indiscutibile che l’ordinato svolgimento del giudizio che si realizza attraverso il rispetto dei termini per esso previsti rappresenta una condizione fondamentale affinché il diritto di difesa costituzionalmente garantito sia assicurato.

Tuttavia, secondo una costante giurisprudenza della Cassazione, essa non è ritenuta necessaria ogniqualvolta alla violazione della norma processuale, conformativa in via astratta del diritto di difesa, non sia comunque derivato alcun pregiudizio concreto per la parte in favore della quale questa sia prevista (solo per citare le più recenti pronunce che si inseriscono in questo indirizzo di legittimità: Sez. un., 25 luglio 2006, n. 16898;
Sez. I, 21 marzo 2011, n. 6343, 21 febbraio 2008, n. 4435, 19 maggio 2006, n. 11844, 5 dicembre 2003, n. 18618, 8 agosto 2003, n. 11969;
Sez. II, 30 dicembre 2011, n. 30652, 7 febbraio 2011, n. 3024, 27 luglio 2007, n. 16630, 28 agosto 2002, n. 12594;
Sez. III, 12 settembre 2011, n. 18635, 23 febbraio 2010, n. 4340, 26 luglio 2005, n. 15623;
Sez. lav. 23 maggio 2008, n. 13373 ;
Sez. trib. 8 settembre 2009, n. 13091).

La medesima Suprema Corte ha ritenuto di trarre conforto a questo orientamento in virtù del c.d. filtro al ricorso per cassazione di cui all’art. 360- bis , n. 2), cod. proc. civ., introdotto dalla l. n. 69/2009 (“Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”), a norma del quale costituisce requisito di ammissibilità del mezzo di impugnazione la non manifesta infondatezza della << censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo >>. Il Giudice di legittimità ha tratto da tale innovazione (in particolare nella sentenza n. 30652/2011 sopra citata) il corollario che il vizio processuale è concretamente sanzionabile solo se esso abbia dato luogo ad una lesione dei valori fondamentali sanciti dall’art. 111 Cost., tra i quali - per quanto rileva nel caso di specie – il contraddittorio e la parità delle parti, nei quali si compendia il diritto di difesa in giudizio.

Questo Collegio condivide la posizione della Suprema Corte, in quanto attributiva dell’unico significato plausibile al filtro introdotto dalla novella del 2009, nonché che di una diretta ed immediata precettività alle sopradette norme costituzionali, ed anche perché coerente con il principio generale della strumentalità delle forme processuali rispetto allo scopo, sancito dall’art. 156, comma 3, cod. proc. civ.

6. Sulla base di queste premesse occorre verificare se la violazione del termine per il deposito della memoria conclusionale nel giudizio di primo grado da parte del Consorzio industriale abbia determinato una lesione del diritto di difesa della Impresa Solinas.

Questa evenienza è da escludere, perché quest’ultima ha avuto a disposizione la memoria di replica e la discussione finale per prendere specifica posizione sull’eccezione, non risultando in tal modo lesa nelle proprie prerogative difensive, e certamente in misura inferiore di quanto non lo sarebbe stata se il Consorzio si fosse costituito solo all’udienza, formulando in tale sede l’eccezione, come pure sarebbe stato suo diritto fare.

In forza delle considerazioni finora svolte, il primo motivo dell’appello incidentale deve essere respinto.

7. A questo punto l’eccezione di prescrizione, oggetto del secondo motivo dell’appello principale, può essere esaminata nel merito.

Essa è fondata.

Innanzitutto deve stabilirsi quale sia la decorrenza della prescrizione quinquennale (ex artt. 2947 e 2043 cod. civ.) applicabile nel caso di specie.

Ebbene, come sostiene il Consorzio industriale, questa va individuata nel momento in cui l’aggiudicazione è stata definitivamente disposta in favore della Sa.co.p. s.r.l.

Ciò è per la precisione avvenuto con deliberazione n. 12 del 14 giugno 2001 dell’ente, emessa in seguito alla riapertura della gara dopo il primo annullamento giurisdizionale (sentenza interlocutoria del TAR Sardegna 18 maggio 2001, n. 563) sulla base di nuovo calcolo della media dei ribassi e della conseguente soglia di anomalia.

Da questa notazione segue che il quinquennio necessario a prescrivere risultava già spirato al momento dell’atto interruttivo consistente nella diffida stragiudiziale notificata dalla Impresa Solinas al Consorzio il 6 ottobre 2006.

8. Il suddetto dies a quo non può invece essere fatto risalire alla data di pubblicazione della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 9601 del 27 aprile 2006, con cui è stato definito il giudizio di impugnazione.

A questa conclusione si perviene in virtù della circostanza che la domanda risarcitoria conseguente all’illegittima (ri)aggiudicazione era proponibile sin dal momento dell’aggiudicazione, tanto in via autonoma, come avvenuto nel caso di specie, quanto in via consequenziale all’impugnazione di tale provvedimento e dunque nei motivi aggiunti concretamente proposti dalla Impresa Solinas avverso tale atto, e poi accolti dal TAR Sardegna con la sentenza n. 7 del 10 gennaio 2002.

Come sopra osservato, infatti, in virtù dell’art. 7, comma 3, l. n. 1034/1971, nella versione risultante dalle modifiche apportate dall’art. 7, comma 4, l. n. 205/2000, il giudice amministrativo poteva conoscere, nell’ambito della sua giurisdizione, di << tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno >>.

9. Ne consegue che esattamente il Consorzio ritiene inapplicabile la regola contra non valentem agere non currit praescriptio sancita dall’art. 2935 cod. civ. sin da tale momento, e non già, come invece ritenuto dal TAR, dalla pubblicazione della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione.

Deve infatti convenirsi con l’appellante principale circa il fatto che una simile affermazione di principio finisce per reintrodurre la teoria della pregiudiziale amministrativa, che tuttavia mai era stata accettata dalla giurisprudenza di legittimità (tra le altre: Cass., Sez. unite, ord. 13 giugno 2006, n. 13569 e 13660), ed in seguito è stata ripudiata anche da quella amministrativa (Adunanza Plenaria 23 marzo 2011, n. 3). In virtù della teoria ora citata l’annullamento dell’atto amministrativo costituiva un requisito di ammissibilità della domanda risarcitoria, e dunque costituiva un impedimento giuridico, rilevante ai sensi del citato art. 2935 cod. civ. ai fini del decorso della prescrizione. Tuttavia, di null’altro si trattava che di una costruzione teorica, non condivisa dal giudice titolare del potere di sindacare, sotto il profilo dell’eccesso di potere giurisdizionale, l’omesso esercizio dei poteri giurisdizionali devoluti al Consiglio di Stato.

Conseguentemente, l’impedimento frapposto all’Impresa Solinas deve qualificarsi di fatto, tale da non impedire la decorrenza della prescrizione già al momento del fatto ingiusto, ovvero dell’illegittimità provvedimentale fonte del fatto lesivo lamentato.

10. Alla luce delle considerazioni da ultimo svolte, si rivela quindi non condivisibile l’orientamento giurisprudenziale invocato dalla Impresa Solinas nella propria memoria conclusionale, che riconduce la decorrenza del termine di prescrizione della domanda risarcitoria al passaggio in giudicato della sentenza di annullamento (si tratta delle sentenze di questa Sezione n. 966 del 18 febbraio 2013, n. 5453 del 31 ottobre 2008, n. 4461 del 2 settembre 2005;
nonché della III Sezione n. 2082 del 12 aprile 2012 e n. 3267 del 31 maggio 2011).

L’indirizzo in questione si è infatti formato e consolidato in epoca antecedente alla “svolta” operata dall’Adunanza plenaria nella sopra citata sentenza n. 3 del 23 marzo 2011, per essere poi traliziamente riaffermato anche successivamente.

11. Una ulteriore conferma a quanto finora detto si può ricavare dall’art. 30, commi 3 e 5, cod. proc. amm., disposizioni, che sebbene applicabile ratione temporis al caso di specie, visto che la presente domanda risarcitoria è stata proposta nel 2007, fornisce tuttavia significativi elementi per ritenere non condivisibile il pregresso orientamento.

Il comma 3, assoggetta la domanda di risarcimento << per lesione di interessi legittimi>> al termine decadenziale di centoventi giorni << decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo >>. Il successivo comma 5, invece fissa la decorrenza del medesimo termine decadenziale << sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza>> , nello specifico caso in cui la domanda risarcitoria non sia stata proposta << nel corso del giudizio >>.

Soffermandosi su quest’ultima disposizione, occorre sottolineare questa è stata appositamente introdotta nel codice del processo per disciplinare l’ipotesi di domanda risarcitoria svolta in via autonoma e, coerentemente con la funzione tipica dell’istituto, è diretto a dare certezza a situazioni giuridiche “aperte” per effetto dell’annullamento giurisdizionale, al fine di stabilire il limite temporale massimo oltre il quale il diritto di azione per il conseguente risarcimento del danno si estingue per effetto dell’inerzia del relativo titolare.

Peraltro, tale disposizione è applicabile a tutti i casi nei quali il danno non sia direttamente conseguente al provvedimento illegittimo, i quali trovano la loro disciplina nel comma 3 sopra visto. Ed infatti, la medesima norma non assume certamente la funzione di rimettere in termini la parte che ha lasciato spirare il termine decadenziale di cui al ridetto comma 3, o il termine di prescrizione della medesima pretesa, laddove questo sia applicabile, come appunto al caso di diritti al risarcimento già sorti in epoca antecedente all’entrata in vigore del codice di cui al d.lgs. n. 104/2010.

12. A questo specifico riguardo, il Collegio reputa condivisibile una recente pronuncia della VI Sezione di questo Consiglio di Stato (sentenza 21 maggio 2014, n. 2610), che in una fattispecie in termini rispetto a quella oggetto del presente giudizio è pervenuta alle stesse conclusioni cui si è ora giunti, affermando che la pretesa risarcitoria, decorrente dal provvedimento illegittimo si era estinta per prescrizione, sul rilievo il termine di decadenza di cui al citato art. 30, comma 5, è << strutturalmente e funzionalmente diverso dal termine di prescrizione >>, di cui invece si discute nel caso di specie.

13. Pertanto, in accoglimento del secondo motivo dell’appello principale, deve essere riformata la sentenza, di primo grado, dovendosi respingere il ricorso della Impresa Solinas, essendosi la domanda risarcitoria in esso contenuta estinta per prescrizione al momento della relativa proposizione. Ciò comporta l’assorbimento logico degli altri motivi dell’appello principale ed il rigetto di tutti i motivi dell’appello incidentale, dipendenti dal capo della sentenza riformato, poiché relativi alla quantificazione del risarcimento.

Le spese del doppio grado di giudizio possono tuttavia essere compensate per la complessità e parziale novità delle questioni trattate, salvo il rimborso in favore del Consorzio industriale del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 6- bis , t.u. spese di giustizia di cui al d.p.r. n. 115/2002.

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