Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-21, n. 202401731

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-21, n. 202401731
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401731
Data del deposito : 21 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/02/2024

N. 01731/2024REG.PROV.COLL.

N. 01257/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1257 del 2021, proposto dall’ACRC-Associazione culturale radiofonica comunitaria (titolare dell’emittente 'Radio Freccia'), cui è subentrata (cfr. atto di costituzione in giudizio in data 1° dicembre 2022) RTL 102,500 Hit Radio s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G M e D S, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma, via Antonio Gramsci n. 14;



contro

il Comune di Rocca di Papa, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio del medesimo, sito in Roma, via G.G. Belli, n. 39;



nei confronti

Gest.I.Tel. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;



per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sez. II- quater , n. 8089 del 2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rocca di Papa;

Viste le memorie delle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il cons. Giuseppe La Greca;

Uditi nell’udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2024 per le parti gli avvocati D S e G P;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1.1.- Con l’originaria domanda di annullamento, introdotta con il ricorso di primo grado, la parte privata lamentava, per quanto d’interesse, l’illegittimità dell’ordinanza n. 79 del 2019 con la quale il Comune Rocca di Papa ingiungeva, nei suoi confronti, la rimozione di « n. 1 manufatto in ferro su base in cemento “Box 1 e 1/A”, delle seguenti dimensioni (BOX 1) 4,00 x 3,50 mt x h media 2,50 mt – (BOX 1/A) 4,00 x 1,60 mt x h – 2 – media 2,50 e n. 1 traliccio metallico su base in cemento sul quale sono presenti parabole e varie antenne “traliccio D” delle seguenti dimensioni base mt. 3,50 x 3,50 per altezza mt. 25,00, il tutto su area privata distinta in catasto al foglio 10, particelle 853 – 854” » (pag. 1 dell’impugnata ingiunzione demolitoria).

1.2.- Le ragioni poste alla base dell’ingiunzione di ripristino erano rinvenibili nel carattere abusivo del manufatto e nella presenza, sull’area di cui trattasi, dei seguenti vincoli: a) vincolo paesaggistico (d. lgs. n. 42 del 2004); b) vincolo sismico (l. n. 64 del 1974); c) vincolo ex d.m. 24 aprile 1954 (con cui l’area sarebbe stata riconosciuta di notevole interesse pubblico); d) vincolo del Parco regionale dei Castelli romani (l.r. Lazio n.2 del 1984); e) vincolo idrogeologico ai sensi del r.d. n. 3267 del 1923; f) vincolo Enac (art. 711 cod. nav.). Nel provvedimento si dava anche atto che l’area: a) ricadeva all’interno della zona classificata « RP8 » del PTP (l.r. Lazio n. 24 del 1998); b) ricadeva in zona « paesaggio naturale » di cui all’art. 21 PTPR; c) aveva, sul versante urbanistico, la destinazione urbanistica « V/2 aree verdi (inedificabilità assoluta) ».

2.- A sostegno delle proprie pretese la ricorrente deduceva dinanzi al T.a.r. i vizi come di seguito – in via di estrema sintesi – esposti:

a) quanto al primo motivo :

- l’indicazione dei vincoli sarebbe stata generica;

- non sarebbe stato specificato in che termini il traliccio di cui trattasi, asseritamente ivi collocato da oltre 30 anni, avesse potuto alterare lo stato dei luoghi in assenza di fatti nuovi, stante l’assenza di un impatto paesaggistico;

- il Comune di Rocca di Papa sarebbe stato a conoscenza dell’opera fin dal 1984 e ciò sarebbe stato dimostrato dall’esito di un giudizio penale (in atti meglio specificato) che si sarebbe concluso nel senso di escludere la qualificazione dell’intervento come opera edilizia;

- erroneamente (e contraddittoriamente) il traliccio sarebbe stato considerato opera di « nuova costruzione » poiché risalente a oltre trent’anni prima;

- sarebbe erroneo il richiamo – nell’impugnato provvedimento – dell’art. 10 d. P.R. n. 380 del 2001 sul rilievo che, alla data di entrata in vigore di tale disposizione, il traliccio sarebbe stato esistente da 16 anni;

- la sopravvenuta disciplina in tema di comunicazioni elettroniche (d. lgs. n. 259 del 2003) avrebbe ammesso la compatibilità del manufatto di cui trattasi con qualunque destinazione di zona;

B) quanto al secondo motivo :

- nel 1995 sarebbe stata rilasciata una autorizzazione comunale (n. 20/95) allo spostamento delle antenne con cui il Comune avrebbe pure evidenziato come i tralicci non necessitassero di concessione edilizia;

c) quanto al terzo motivo :

- l’infrastruttura colpita dell’ordine di demolizione sarebbe stata finalizzata all’esercizio di attività radiotelevisiva, di interesse pubblico, e il Comune non avrebbe indicato – pur essendone asseritamente tenuto – siti alternativi per la delocalizzazione (lo spostamento dei manufatti dalla zona urbana di Rocca di Papa, già autorizzato dal Comune nel 1995, avrebbe dovuto avere, in tesi, carattere temporaneo, in attesa dell’individuazione di una nuova ubicazione).

3.- Con sentenza n. 8089 del 2020, il T.a.r. per il Lazio, sez. II- quater , rigettava il ricorso, così articolando il proprio iter argomentativo:

- l’opera non sarebbe risultata assistita da autorizzazione paesistica e da nulla-osta per la sismicità, sebbene il vincolo paesaggistico risalisse al d.m. 24 aprile 1954, anteriore alla realizzazione del traliccio, e quello sismico all’aprile del 1976;

- non sarebbe stata contestata la presenza del vincolo idrogeologico;

- l’autorizzazione n. 20 del 1995 del Comune, che consentiva il potenziamento di un impianto fino alla realizzazione di un progetto definitivo, con obbligo del gestore di rimuoverlo « su semplice richiesta dell’amministrazione », quand’anche riferibile all’impianto per cui è causa, non avrebbe avuto i requisiti – né di forma, né di sostanza – propri di un permesso di costruire;

- il giudicato penale assolutorio – che, tra l’altro, escludeva la necessità del titolo abilitativo – non vincolava il giudice amministrativo anche avuto riguardo alla incontestata assenza dell’autorizzazione paesaggistica, del nulla osta sismico e alla valutazione (giuridica) in ordine alla necessità di munirsi di concessione edilizia per la realizzazione dell’opera, dovendosi, invece, sul punto, ritenersi che la esecuzione di un traliccio su base in cemento armato, quale piattaforma delle antenne, avrebbe dato luogo ad una trasformazione permanente del suolo, con necessità di titolo concessorio (la giurisprudenza amministrativa a quei tempi avrebbe, peraltro, escluso dalla necessità del titolo edilizio la sola installazione di antenne equiparabili a quelle casalinghe);

- contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la confluenza in un unico procedimento autorizzatorio dei profili edilizi e urbanistici legati alla realizzazione degli impianti (ai sensi dell’art. 87 d.lgs. n. 259 del 2003) non significherebbe affatto che la (necessaria) verifica di compatibilità di essi con la disciplina propria del territorio sia venuta meno, ma, piuttosto, che essa andrà valutata in quella sola

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