Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-21, n. 202202019

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-21, n. 202202019
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202202019
Data del deposito : 21 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/03/2022

N. 02019/2022REG.PROV.COLL.

N. 09764/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9764 del 2021, proposto da I.N.A.I.L.- Istituto Nazionale contro gli infortuni sul lavoro, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo D'Alia, L D e D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

l’Associazione Avvocati Inail aderente alla Federazione Legali Enti Parastatali - Flepar, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi, n. 35b;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma (Sezione Terza), 18 ottobre 2021, n. 10605, resa tra le parti e concernente l’istanza di accesso avanzata dall’odierna appellata ai sensi dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Associazione Avvocati Inail aderente alla Federazione legali enti parastatali - Flepar;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2022 il Cons. Giovanni Pescatore, udito per la parte appellante l’avvocato L D e vista l'istanza di passaggio in decisione depositata per la parte appellata dall'avvocato R C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con la sentenza qui appellata, il TAR per il Lazio ha accolto il ricorso proposto dall’Associazione degli Avvocati dell’Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro – INAIL avverso la nota di quest’ultimo Istituto del 10 marzo 2021, con la quale è stato opposto un parziale diniego alla richiesta di accesso agli atti del 24 febbraio 2021, avanzata dalla suddetta Associazione ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dell’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, al fine di ottenere “ il dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità ”.

L’impugnativa ha riguardato anche la successiva nota INAIL prot. n. 4380 del 18 marzo 2021, con la quale, a seguito della reiterazione della richiesta da parte della medesima Associazione in data 11 marzo 2021, è stato confermato il diniego parziale già opposto alla prima istanza del 24 febbraio 2021.

2. - Deve premettersi che l’Associazione degli Avvocati dell’INAIL è un’associazione che si è definita apolitica, a carattere sindacale, che non persegue fini di lucro e aderisce alla F.L.E.PAR. - Federazione legali enti del parastato: essa, in particolare, “ persegue la tutela degli interessi giuridici, morali ed economici, nonché della funzione, professionalità, dignità e autonomia degli appartenenti al ramo legale dell’I.N.A.I.L. ed in generale degli avvocati, dei professionisti e dei dirigenti degli Enti Previdenziali ” (cfr. art. 2 del relativo Statuto).

In tale veste, con nota del 24 febbraio 2021, essa ha presentato all’INAIL richiesta di accesso, ai sensi della l. n. 241/90 e dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. 33/2013, chiedendo:

-- “ al fine di poter valutare la rappresentatività relativa di ciascuna OO.SS., di conoscere il numero di iscritti dell’Area Funzioni Centrali di ogni Organizzazione rappresentativa nella predetta area, distinti per sezione (dirigenti, medici e professionisti) ”;

-- “ al fine di consentire alla scrivente tutte le necessarie ricognizioni e verifiche in ordine agli effetti dell’azione delle singole Organizzazioni sindacali ed anche allo scopo di escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa, di fornire il dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità ”.

3. - Con nota del 10 marzo 2021, l’INAIL ha riscontrato la richiesta trasmettendo alla richiedente “ l’allegato prospetto in cui è riportato per categoria di personale (dirigenti, medici e professionisti) e per sigla sindacale il numero complessivo di deleghe attive al 1° gennaio 2021 ”, mentre l’ha respinta con riferimento al dato relativo agli iscritti distinti per incarico di coordinamento, in quanto “ l’iscrizione a sigle sindacali da parte dei dipendenti dell’Istituto costituisce un dato “riservato” tutelato dalla normativa in materia di privacy (d.lgs. 196/03 e s.m.i., Codice in materia di protezione dei dati personali) e, pur avendo la richiesta in esame ad oggetto un dato aggregato, privo dei nominativi dei dipendenti, per alcuni tipi di incarichi (es. di coordinamento generale) è possibile risalire al nominativo del dipendente incaricato ”.

4. - Con nota dell’11 marzo 2021, l’Associazione ha rappresentato all’INAIL che la richiesta di accesso riguardava anche i dati aggregati relativi al numero degli iscritti di ogni organizzazione rappresentativa dell’Area funzioni centrali con incarico di coordinamento centrale, regionale e distrettuale e al numero dei professionisti iscritti di ogni organizzazione rappresentativa dell’Area funzioni centrali che avevano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità, richiedendo all’Istituto di esplicitare quantomeno le motivazioni del rifiuto di accesso agli stessi.

5. - Con nota n. 4380 del 18 marzo 2021, l’INAIL, nel richiamare la precedente nota del 10 marzo 2021, ha ribadito il diniego all’accesso, evidenziando che “ le richieste di accesso agli atti dell’Amministrazione è consentita alle organizzazioni sindacali soltanto nei casi in cui le stesse siano fondate su di un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, riguardante le prerogative del sindacato e/o le posizioni di lavoro di singoli iscritti e non si traduca in forme di preventivo controllo dell’attività dell’Amministrazione datrice di lavoro, in quanto diretta a verificare se la procedura di conferimento degli incarichi/livelli sia o meno legittimamente e correttamente svolta, che non sono demandate alle organizzazioni sindacali ”.

6. - L’Associazione si è quindi rivolta al TAR per il Lazio, chiedendo di “ annullare in parte qua i provvedimenti impugnati e, comunque, accertare il diritto della Associazione ricorrente ad accedere, mediante presa visione ed estrazione di copia, anche ai sensi dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90 ovvero comunque ai sensi dell’art. 5 d.lgs. n.33/2013, al “dato aggregato costituto del numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità”, oggetto della richiesta formulata con nota del 24.02.2021,condannando in tal senso l’INAIL alla relativa ostensione ”.

7. - Il giudice di primo grado, come accennato, ha accolto il ricorso sulla base dei seguenti principali postulati motivazionali:

-- a differenza di quanto previsto dall’art. 22 della l. n. 241/1990, l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013 non subordina l’esercizio del diritto di accesso civico ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente: pertanto, “ poiché la richiesta di accesso è stata presentata anche ai sensi del D.Lgs. n. 33/2013, nel caso un problema di legittimazione non si pone ”;

-- ai sensi del citato art. 5 d.lgs. n. 33/2013, il “ diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni ” deve avvenire “ nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti”, “secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis ”;

-- l’art.

5-bis, comma 2, d.lgs. cit. prevede che “ l’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:

a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia ”;

-- ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b), decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), per " dato personale " deve intendersi “ qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale ”, mentre, per la lett. d), i " dati sensibili " sono “ i dati personali idonei a rivelare (…) l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale… ”;

-- ai sensi dell’art. 22, comma 2, decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, a decorrere dal 25 maggio 2018, l’espressione " dati sensibili ", utilizzata ai sensi della citata lettera, ovunque ricorrente, si intende riferita alle categorie particolari di dati di cui all’art. 9 del Regolamento (UE) n. 2016/679;

-- il citato art. 9, relativo al “ trattamento di categorie particolari di dati personali ”, prevede, al comma 1, che “ è vietato trattare dati personali che rivelino (…) l’appartenenza sindacale… ”;

-- ai sensi del comma 2, tuttavia, il divieto non si applica “ se si verifica uno dei seguenti casi: (…) g) “il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato ”;

-- lo stesso Reg. n. 2016/679/UE, all’art. 6, par. 1, prevede che il trattamento è lecito solo se, tra gli altri casi, “ il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento ” (lett. e);

-- secondo il par. 3, “ la base su cui si fonda il trattamento dei dati di cui al paragrafo 1, lettere c) ed e), deve essere stabilita: a) dal diritto dell’Unione;
o b) dal diritto dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento
”;
inoltre, “ la finalità del trattamento è determinata in tale base giuridica o, per quanto riguarda il trattamento di cui al paragrafo 1, lettera e), è necessaria per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Tale base giuridica potrebbe contenere disposizioni specifiche per adeguare l’applicazione delle norme del presente regolamento, tra cui: le condizioni generali relative alla liceità del trattamento da parte del titolare del trattamento;
le tipologie di dati oggetto del trattamento;
gli interessati;
i soggetti cui possono essere comunicati i dati personali e le finalità per cui sono comunicati;
le limitazioni della finalità, i periodi di conservazione e le operazioni e procedure di trattamento, comprese le misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto, quali quelle per altre specifiche situazioni di trattamento di cui al capo IX. Il diritto dell’Unione o degli Stati membri persegue un obiettivo di interesse pubblico ed è proporzionato all’obiettivo legittimo perseguito
”;

-- “ la “base giuridica”, a cui il regolamento rinvia per ritenere legittimo il trattamento di dati personali, per quanto riguarda il nostro ordinamento è data :

--- innanzitutto, dall’art. 59 del d.lgs. n. 196/2003, il quale, “fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60”, per quanto riguarda “i presupposti, le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale”, rinvia alla legge n. 241/1990, “anche per ciò che concerne i tipi di dati di cui agli articoli 9 e 10 del regolamento e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso”; con l’ulteriore precisazione che “i presupposti, le modalità e i limiti per l’esercizio del diritto di accesso civico restano disciplinati dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”; dalla stessa legge n. 241/1990, che agli artt. 24 e 22, comma 1, lett. d), prevede che il diritto di accesso è escluso (solo) per i tipi di documenti ivi elencati, e che per " documento amministrativo " deve intendersi “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. E solo per quanto riguarda invece i dati c.d. “ super sensibili ” (quelli cioè “ relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale ”), l’art. 60 prevede che “quando il trattamento concerne dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale”, mentre , “in casi come quello in esame, l’accesso può essere rifiutato solo se il diniego è “necessario” (dovendosi intendere tale requisito letteralmente), al fine di “evitare un pregiudizio concreto alla tutela”, tra gli altri interessi privati, della “protezione dei dati personali”, peraltro “in conformità con la disciplina legislativa in materia ”;

-- “ il Collegio ritiene che i documenti chiesti dalla ricorrente riguardino “attività di pubblico interesse”, nel senso che, come previsto dal citato regolamento, “il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento”. Infatti, l’Associazione ricorrente ha motivato la propria richiesta con la necessità di effettuare “tutte le necessarie ricognizioni e verifiche in ordine agli effetti dell’azione delle singole Organizzazioni sindacali ed anche allo scopo di escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa”. Ed è possibile affermare che tale eventualità ha certamente a che fare con “l’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento”, cioè l’INAIL. Oltretutto, se, da una parte, i dati finora forniti dall’INAIL rispettano il descritto requisito della proporzionalità, dall’altra, per quanto riguarda la richiesta della ricorrente di ottenere “il dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità”, la possibilità, paventata dall’INAIL, che “per alcuni tipi di incarichi (es. di coordinamento generale) è possibile risalire al nominativo del dipendente incaricato”, non è sufficiente per il Collegio per negare l’accesso richiesto, sia perché la motivazione avrebbe avuto bisogno di maggiore dimostrazione, e sia perché quella stessa (mera) possibilità non concretizza una significativa violazione di diritti dei soggetti interessati, sulla posizione dei quali organizzazioni come l’Associazione ricorrente possono vantare un preciso interesse e diritto a sapere se l’adesione di quei dipendenti a una determinata Organizzazione sindacale, piuttosto che a un’altra, li abbia favoriti nella carriera, a detrimento di altre ”.

8. - Mediante i motivi di appello, l’INAIL censura la sentenza appellata in relazione ai profili così sintetizzabili:

i) l’estraneità dell’interesse ostensivo fatto valere dall’Associazione ricorrente al paradigma finalistico di cui all’art. 5 d.lgs. n. 33/2013;

ii) l’inammissibilità dell’istanza ostensiva avente ad oggetti dati necessitanti una attività di elaborazione da parte dell’Amministrazione;

iii) nell’ottica di un bilanciamento tra l’interesse alla conoscenza e la tutela della riservatezza dei dati personali, la necessità di effettuare un confronto in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, nell’ambito del quale quello fatto valere dall’Associazione ricorrente non può essere considerato prevalente rispetto alla seconda;

iv) l’insussistenza dell’interesse legittimante l’accesso ai sensi della l. n. 241/1990;

v) la mancata verifica da parte del giudice di primo grado della necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di eventuali controinteressati.

Si è costituita in giudizio l’originaria ricorrente, per opporsi all’accoglimento dell’impugnativa, anche eccependo l’inammissibilità – per mancanza di specificità – del primo motivo.

9. - L’appello risulta fondato e va accolto per le ragioni e nei limiti di seguito precisati.

10. - In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del primo mezzo di gravame per mancanza di sufficiente specificità, rivelando esso un contenuto più ampio di quello che l’Associazione resistente pone a fondamento dell’eccezione medesima (in quanto inteso, come meglio si vedrà nel prosieguo, a contestare in senso lato la sussistenza di una finalità pubblicistica a fondamento dell’istanza ostensiva).

11. - Ciò premesso, la controversia, così come sottoposta alla cognizione di questa Sezione (quindi al netto della statuizione, non contestata, con la quale – seppure implicitamente – è stata esclusa la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza ostensiva sulla base delle disposizioni concernenti il cd. accesso documentale), attiene essenzialmente ai limiti applicativi dell’istituto del cd. accesso civico ex art. 5 ss d.lgs. n. 33/2013, suscettibile – ad avviso del giudice di primo grado – di offrire copertura legittimante all’interesse ostensivo dell’Associazione ricorrente relativamente al “ dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità ”, cui si riferiva l’impugnato atto di diniego (parziale) all’accesso opposto dall’Istituto appellante.

Come si evince dalla esposizione che precede delle ragioni poste a base della sentenza appellata, il primo giudice ha evidenziato che:

- la disciplina dell’accesso civico non subordina il soddisfacimento dell’istanza ostensiva alla sussistenza di una specifica legittimazione ad exhibendum in capo al soggetto istante;

- non è opponibile, all’esibizione dei documenti richiesti, il limite connesso alla protezione dei dati personali ( recte , sensibili) dei soggetti cui gli stessi si riferiscono, ex art.

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