Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-06-10, n. 202204761
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Testo completo
Pubblicato il 10/06/2022
N. 04761/2022REG.PROV.COLL.
N. 06755/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6755 del 2017, proposto da:
L A, rappresentato e difeso dall'avv. A F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G N in Roma, Piazzale Don L. Sturzo, 9;
contro
Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia delle dogane e dei monopoli, Ufficio dei monopoli per il Veneto ed il Trentino Alto Adige, sezione territoriale di Verona, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 252/2017, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. Laura Marzano;
Udito, nell'udienza smaltimento del giorno 27 maggio 2022, l’avv. Ferretto Antonio;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in epigrafe il sig. L A ha impugnato la sentenza 9 marzo 2017, n. 252 con cui la Sez. III del TAR Veneto ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento n. 39596 del 29 luglio 2016, con cui l’Ufficio dei Monopoli per il Veneto e il Trentino Alto Adige ha respinto l’istanza, proposta dal ricorrente, quale unico coadiutore di rivendita, per l’assegnazione della rivendita generi di monopolio n. 22 di Montecchio Maggiore ai sensi dell’art. 52 comma 3 DPR 1074/1958, resasi vacante per rinuncia alla gestione del titolare Alecci Achille, padre dell’appellante.
L’appello è affidato ai motivi di seguito sintetizzati.
1) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione ed interpretazione; difetto di motivazione della sentenza; violazione e falsa applicazione degli artt. 25 comma 4, 28 comma 3 e 29 L. 1293/57; illegittimità dell’art. 2, comma 8, secondo periodo DM 38/13 per contrasto con gli artt. 25, comma 4, 28 comma 3, e 29 L. 1293/57; difetto dei presupposti; violazione e falsa applicazione degli artt. 52, comma 2 e 3, 65, 66 DPR 1074/58; eccesso di potere per sviamento; contraddittorietà e illogicità manifesta; difetto di motivazione; eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti; contrasto con il principio della continuità dell’attività di rivendita; sviamento, difetto e infondatezza della motivazione (in relazione ai motivi n.1 e 2 di ricorso di primo grado).
Con tale motivo l’appellante cesura la sentenza nella parte in cui ha respinto i primi due motivi di ricorso.
La sentenza impugnata si fonderebbe su un errore di interpretazione ed applicazione della disposizione dell’art. 2, comma 8, DM 38/13, secondo cui “Le rivendite in esperimento non possono formare oggetto di cambio di titolarità, salvo il caso di assegnazione al coadiutore nell’ipotesi di premorienza del titolare”, ritenuta infondatamente disposizione legittima e quindi applicabile alla fattispecie, nonché in grado di riattivare una discrezionalità in capo all’Amministrazione in ordine alle rivendite vacanti.
Inoltre contesta la sentenza laddove afferma, con riferimento alle norme vigenti, che in caso di vacanza della rivendita vi sarebbe una priorità in favore del coadiutore (o di altri specifici soggetti) e una prelazione nella assegnazione della vendita vacante, solo per le rivendite che abbiano superato il periodo di esperimento triennale e non per quelle in esperimento e, comunque, queste non istituirebbero alcun diritto di subentro nella titolarità della rivendita resasi vacante, richiamando l’ampio potere discrezionale dell’Amministrazione circa la rivendita, come indicato dall’art. 25 comma 4, dall’art. 28, comma 3, e dall’art. 29 L. 1293/57.
2) Error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 5, L. 1293/57 e degli artt. 50 e 52 DPR 1074/58; contraddittorietà e contrasto con precedenti provvedimenti; carenza di istruttoria; difetto di motivazione; sviamento, violazione e falsa applicazione dell’art. 34 L. 1293/57, degli artt. 50 e 52 DPR 1074/58; violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 L. 241/90; violazione e falsa applicazione dell’art. 94 DPR 1074/58; violazione e falsa applicazione dell’art. 21 quinquies L. 241/90; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento; carenza di istruttoria e di motivazione; illogicità manifesta (con riferimento ai motivi n. 3 e 4 di ricorso di primo grado).
Con tale motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui ha respinto gli altri motivi di ricorso.
Il TAR avrebbe cercato di superare la dedotta illegittimità intrinseca dell’art. 2, comma 8, DM 38/2013, richiamando la libertà di esercitare un potere discrezionale sul destino della rivendita resasi vacante, senza avvedersi che, nel denegare il subentro al coadiutore, non è stata esercitata alcuna discrezionalità, confondendosi così il presupposto con il fine della tutela.
La sussistenza di una rivendita vacante per la quale l’Amministrazione nega l’applicazione della normativa vigente circa la prosecuzione dell’attività della rivendita, rappresenterebbe una violazione del disposto dell’art. 21, comma 5, L. 1293/57 e dell’art. 50, comma 1, DPR 1074/58 che fissano in un triennio la durata dell’esperimento della nuova rivendita (triennio che, nel caso della rivendita in questione, è espressamente indicata come ancora in corso di svolgimento, come menzionato nel provvedimento di rigetto impugnato, dove si riconosce “l’esperimento … peraltro non concluso”).
Inoltre i provvedimenti in questione sarebbero illegittimi ove, in ipotesi, ricondotti ad una revoca e/o decadenza, tra l’altro neppure preannunciate in violazione degli artt. 7 e 8 L. 241/90 da apposita comunicazione di avvio del procedimento, da ritenersi necessaria, attesa la natura pregiudizievole per il concessionario e il coadiutore delle misure adottate.
3) Error iudicando: violazione e falsa applicazione dell’art. 94 DPR 1074/58; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento; carenza di istruttoria e di motivazione; illogicità manifesta; carenza di motivazione (con riferimento motivo n. 5 di ricorso di primo grado).
La sentenza sarebbe ingiusta anche dove nega che nella fattispecie sussistano provvedimenti sanzionatori ai sensi