Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-01-03, n. 202400089

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-01-03, n. 202400089
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400089
Data del deposito : 3 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/01/2024

N. 00089/2024REG.PROV.COLL.

N. 05967/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5967 del 2019, proposto da
Comitato Gestione Partecipata del Territorio Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

Comune di C, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato V M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Direzione Regionale Territorio, Urbanistica e Mobilità della Regione Lazio,
Ufficio Consortile Interregionale della Tuscia, non costituiti in giudizio;
Città Metropolitana di Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanna Albanese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Elisa Caprio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

nei confronti

Soc. A.P.C. Attività Produttive C, Consorzio Attività Produttive C, Ostilia S.r.l., non costituiti in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 325/2019


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di C, della Città Metropolitana di Roma Capitale e della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 dicembre 2023 il Pres. C C e udito l’avvocato V M per il Comune di C;

Viste, altresì, le conclusioni delle altre amministrazioni appellate costituite come in atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I termini fattuali della vicenda per cui è causa sono descritti nei termini che seguono nell’ambito dell’impugnata sentenza del TAR del Lazio n. 325 del 2019.

Il Comune di C è dotato di Piano Regolatore Generale approvato dalla Regione Lazio con Delibere della Giunta della Regione Lazio n. 3505 del 7 giugno 1980, n. 5582 del 6 novembre 1980 e n. 5144 del 6 ottobre 1981;

A seguito della adesione al PRUSST “ Patto territoriale degli Etruschi ”, il Commissario Straordinario del Comune di C, con determinazione n. 587 del 5 novembre 1998, approvava l’elenco dei progetti imprenditoriali inclusi nel predetto patto e provvedeva ad adottare una necessaria variante urbanistica al P.R.G. vigente, connessa ai suddetti progetti.

La fase operativa finale del PRUSST doveva essere attuata dal 2012 al 2017 (durata prorogata dal D.M. 14 febbraio 2014 e dalla circolare ministeriale del 17 novembre 2014, al 31 dicembre 2018, per quanto attiene all’utilizzo dei contributi ministeriali residui assegnati ai soggetti aderenti al PRUSST, e al 31 dicembre 2020 con riferimento alla conclusione dei lavori e delle attività oggetto del PRUSST).

Nel Piano Territoriale Provinciale Generale (P.T.P.G.) approvato dal Consiglio Provinciale della Provincia di Roma con Delibera n. 1/2010, pubblicata sul

BURL

Lazio il 6 marzo 2010 e, ai sensi dell’art. 21 comma 12 della L.R. 38/1999 - avente efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione -, sono state recepite integralmente tutte le innovazioni previste dal

PRUSST

Patto Territoriale degli Etruschi.

Con la Deliberazione del Consiglio Comunale n. 18 del 2 maggio 2017 il Comune di C ha adottato il progetto di pianificazione urbanistica recante “ Nuovo Piano Regolatore Generale (Variante Generale al PRG) del Comune di C ”.

Avverso tale deliberazione e gli atti presupposti il Comitato ricorrente e il sig. Pagnotta proponevano ricorso in sede giurisdizionale, articolando plurimi motivi in diritto:

Con la sentenza n. 325 del 9 gennaio 2019, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II- quater , dichiarava inammissibile il ricorso. Il Tribunale amministrativo adito rilevava, in particolare, che il Comitato ricorrente fosse privo di legittimazione alla proposizione dell’impugnativa, difettando nello specifico: i ) del carattere non occasionale o strumentale dell’interesse sotteso alla proposizione della impugnativa; ii ) di uno stabile collegamento con il territorio consolidatosi nel tempo, nonché iii ) dei relativi parametri di rappresentatività numerica.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal Comitato ‘Gestione partecipata del territorio’ il quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi di doglianza.

Nel particolare, l’appellante contesta:

1) Error in iudicando et in procedendo sul difetto di legittimazione attiva del comitato - sussistenza dei presupposti.

2) Error in iudicando et in procedendo - violazione art. 112 c.p.c. - violazione e falsa applicazione artt. 97 e 98 Cost. - violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 5, d.l.vo n. 267/2000 - violazione e falsa applicazione art. 21 septies l. 241 del 1990 - incompetenza - carenza di potere - nullità.

3) Error in iudicando et in procedendo - violazione e falsa applicazione art. 112 c.p.c. - violazione e falsa applicazione degli art. 28, c. 2, art. 32, c. 2, art. 33, c. 2, art. 65 c. 1 e art. 66 c. 1 della legge regione Lazio n. 38/1999 - violazione e falsa applicazione dell’art. 89 d.p.r. 380/2001 - adozione di una variante generale al PRG in luogo del PUCG - violazione dell’iter di adozione del PUCG - illogicità - ingiustizia - eccesso di potere.

4) Error in iudicando et in procedendo violazione art. 112 c.p.c. in relazione alla violazione e falsa applicazione art. 97 Cost. - violazione e falsa applicazione art. 34 TUEL - violazione pianificazione sovraordinata (PRUSST) - difetto di motivazione - difetto di istruttoria - illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza - eccesso di potere.

5) Error in iudicando et in procedendo per violazione di legge - violazione pianificazione sovraordinata (PTPG) - illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza - eccesso di potere.

6) Error in iudicando et in procedendo per violazione art. 112 c.p.c. - violazione e falsa applicazione d.lgs. n. 152/2006 - violazione e falsa applicazione art. 97 Cost. - violazione e falsa applicazione art. 3 l. 241/1190 - difetto di motivazione - difetto di istruttoria - illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza - eccesso di potere.

7) Error in iudicando et in procedendo - violazione art. 122 c.p.c. - violazione e falsa applicazione d.lgs. n. 152/2006 - violazione e falsa applicazione d.lgs. n. 152/2006 - violazione e falsa applicazione artt. 11 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 - mancato espletamento della procedura di VAS - violazione e falsa applicazione art. 97 Cost. - violazione e falsa applicazione art. 3 l. 241/1990 - difetto di motivazione - difetto di istruttoria - illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza - eccesso di potere.

8) Error in iudicando et in procedendo per violazione di legge - violazione delle finalità del d.l.vo 152 del 2006 - violazione e falsa applicazione l. 1150 del 1942 - violazione pianificazione sovraordinata (PTPG, PTPR, PRUSST) con riferimento alla zona pian del candeliere - difetto di motivazione - disparità di trattamento - illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza - eccesso di potere.

9) Error in iudicando et in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c. - violazione e falsa applicazione art. 97 Cost. - violazione e falsa applicazione l. 1150 del 1942 - violazione e falsa applicazione l.r. 38/1999 - violazione e falsa applicazione artt. 1 e 3 l. 241 del 1990 - ingiustizia manifesta ed illogicità - travisamento dei presupposti - eccesso di potere.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di C, la Città Metropolitana di Roma Capitale e la Regione Lazio i quali hanno concluso nel senso della reiezione dell’appello.

All’udienza straordinaria del 15 dicembre 2023, svoltasi in modalità da remoto, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Comitato “Gestione Partecipata del Territorio Onlus” avverso la sentenza n. 325 del 9 gennaio 2019 resa dal Tribunale Amministrativo per il Lazio con cui è stato rigettato il ricorso introduttivo proposto avverso la Deliberazione consiliare n. 18 del 2 maggio 2017 con cui il Comune di C ha adottato il progetto di variante generale al PRG.

2. Con il primo motivo di ricorso il Comitato appellante lamenta che erroneamente il primo Giudice abbia dichiarato la carenza in capo ad esso della legittimazione ad impugnare la delibera consiliare recante variante generale al PRG.

In particolare, in modo erroneo il TAR avrebbe dichiarato l’assenza in capo all’appellante del carattere non occasionale o strumentale dell’interesse sotteso alla proposizione della impugnativa, di uno stabile collegamento con il territorio consolidatosi nel tempo, nonché dei relativi parametri di rappresentatività numerica.

2.1. Il motivo è fondato.

Il primo Giudice ha correttamente richiamato i canoni generali in relazione ai quali valutare la sussistenza della legittimazione ad agire in capo alle associazioni e ai comitati portatori di interessi superindividuali, ma ne ha declinato in modo non corretto le conseguenze applicative in relazione alla vicenda per cui è causa.

Va qui richiamato il consolidato – e condiviso – orientamento secondo cui la legittimazione ad agire in giudizio a favore delle associazioni e dei comitati del genere di quella odiernamente appellante può riconoscersi solo nel caso che sia accertata la concomitante sussistenza delle seguenti condizioni: il carattere non occasionale o strumentale alla proposizione di una determinata impugnativa, lo stabile collegamento col territorio consolidatosi nel tempo (che deve presuntivamente escludersi in caso di associazioni costituite poco prima della proposizione del ricorso), la rappresentatività della collettività locale di riferimento - requisito quest'ultimo, che non può prescindere dalla considerazione, quanto meno indiziaria, del numero delle persone fisiche costituenti l'associazione - (sul punto – ex multis -: Cons. Stato, V, 16 aprile 2013, n. 2095).

Ebbene, tali essendo i canoni generali in base ai quali scrutinare la sussistenza in capo all’appellante della legittimazione ad agire, erroneamente il primo Giudice ne ha affermato la carenza in capo all’appellante.

Per quanto riguarda, infatti, il carattere non occasionale o strumentale dell’interesse sotteso alla proposizione della impugnativa, nonché di uno stabile collegamento con il territorio consolidatosi nel tempo, è vero che il Comitato appellante è stato costituito nel 2013 (mentre gli atti impugnati in primo grado risalgono al 2017), ma è anche vero che nel quadriennio 2013-2017 la stessa appellante si era resa promotrice di numerose e iniziative finalizzate alla tutela di interessi di segno omogeneo rispetto a quello sotteso alla presente iniziativa giudiziaria, sì da potersi escludere il carattere estemporaneo e non strutturato di tale ultima iniziativa.

Le iniziative in questione, inoltre, avevano avuto il medesimo ambito territoriale di riferimento e la tutela dei medesimi valori ed interessi qui perseguiti.

Fra le iniziative a tal fine rilevanti (richiamate alle pagine 11-12 dell’atto di appello) ci si limita qui a richiamare:

- la proposizione, nel corso del 2016, di un ricorso al TAR del Lazio per l’annullamento delle deliberazioni aventi ad oggetto il recupero, la riqualificazione e il razionale inserimento territoriale e urbano del comprensorio di Campo di mare;

- la proposizione, nel corso del 2016, di due ricorsi al TAR del Lazio per l’annullamento del decreto sindacale n. 51 del 2016 e della delibera consiliare n. 39 del 2016;

- la presentazione, nel corso del mese di agosto del 2017, di specifiche osservazioni allo schema di nuovo PRG comunale ( rectius : di variante al vigente PRG).

Risulta in ogni caso in atti che proprio nel corso del procedimento finalizzato all’adozione degli atti impugnati in primo grado il Comune avesse puntualmente controdedotto sulle osservazioni formulate dall’appellante, in tal modo dimostrando per facta concludentia di riconoscere in capo al Comitato appellante un’entità legittimata a formulare tali osservazioni (e, in via riflessa, ad agire in giudizio per la tutela dei medesimi interessi già perseguiti nella sede partecipativa)

Pertanto, l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata in primo grado dal Comune – e dichiarata fondata dal TAR – si poneva in contrasto, a tacer d’altro, con il generale divieto di venire contra factum proprium .

La sentenza in epigrafe deve essere quindi riformata per la parte in cui ha dichiarato in radice l’inammissibilità del ricorso proposto dall’odierna appellante e le ragioni di impugnativa sollevate avverso gli atti gravati dinanzi al TAR devono essere esaminate nel merito.

3. Nel merito, l’appello è infondato.

Giova premettere che la maggior parte delle censure sollevate dall’odierna appellante avverso la delibera consiliare di approvazione della variante generale al PRG di C sono state già da questo Consiglio esaminate e dichiarate infondate con le sentenze numme. 8553 e 8555 del 2022.

Il Collegio condivide le conclusioni già formulate nell’ambito dei richiamati giudizi e le richiama integralmente, anche ai sensi dell’articolo 88, comma 2, lettera d) del cod. proc. amm..

4.1. In particolare, è infondato il secondo motivo di appello con cui – riproponendo un analogo motivo di ricorso già articolato in primo grado e non esaminato dal TAR – il Comitato appellante lamenta l’illegittimità della delibera consiliare impugnata in primo grado per essere stata adottata successivamente all’indizione dei comizi elettorali.

4.1.1. Il motivo è infondato.

Come già rilevato con la sentenza n. 8553/2022, nel corpo della deliberazione impugnata si è dato conto analiticamente delle ragioni di opportunità e di urgenza che hanno presieduto all’adozione della Variante in data successiva al decreto di indizione dei comizi elettorali (27 aprile 2017);
in sintesi si tratta di argomenti che, nei limiti del sindacato esperibile dal Giudice amministrativo in una scelta che rimane nell’ambito dell’ampia discrezionalità dell’Amministrazione, non appaiono illogici o irragionevoli poiché la motivazione si riferisce a quanto disposto dal Ministero dell’Interno con la circolare del 7 dicembre 2006, in base alla quale l’adozione di una Variante al PRG viene ritenuta sufficientemente motivata con l’esigenza di evitare danni al paesaggio naturale o all’assetto urbanistico ovvero in nel caso di rischi di danni rilevanti in caso di ritardo nell’adozione dell’atto.

Nel caso in esame, la motivazione ostesa dal provvedimento impugnato fa riferimento alla necessità di procedere alla riorganizzazione dell’assetto urbanistico del territorio avuto riguardo al fatto che il P.R.G. vigente, approvato dalla Regione Lazio nel 1980, è estremamente datato e nel corso degli anni ha subito una saturazione pressoché totale;
è stata altresì rappresentata l’esigenza di soddisfare il reperimento di adeguati standard urbanistici ex D.M. n. 1444 del 1968 “ stante l’attuale carenza, indispensabile per un miglioramento della qualità della vita della cittadinanza e adeguare il confort di vivibilità, avuto riguardo al fatto che quest’ultimo coinvolge diritti primari dell’individuo ”.

Alla luce di tale motivazione appaiono integrati i requisiti richiesti dall’art. 38 d.lgs. 267 del 2000 alla luce della circolare del Ministero dell’Interno sopra citata.

4.2. È infondato il terzo motivo di appello con cui – riproponendo ancora un analogo motivo di ricorso già articolato in primo grado e non esaminato dal TAR – il Comitato appellante lamenta l’illegittimità della delibera consiliare impugnata in primo grado per violazione dell’articolo 89 del d.P.R. 380 del 2001 e dell’articolo 66, comma 1 della legge regionale n. 38 del 1999 (la quale impedisce ai comuni, dopo la pubblicazione dei PTPG, di adottare nuovi PRG o loro varianti generali, residuando per gli stessi la sola possibilità di adottare i PUCG).

4.2.1. Il motivo è infondato.

Infatti, dal punto di vista letterale, la disposizione dell’articolo 66, L.R. n. 38 del 1999, come modificata dall’articolo 3, L.R. n. 10 del 2014 prevede l’applicazione del regime transitorio “ fino alla scadenza del termine previsto sia per l'adeguamento dei piani regolatori generali ai PTPG sia per il recepimento del PTPR ” (in tal senso, ancora, la sentenza n. 8553/2022), cit..

La formulazione appare chiara nel ricollegare il regime transitorio alla “scadenza del termine” per l’adeguamento ad uno degli strumenti di pianificazione sovraordinata in ambito regionale (sia esso il PTPG oppure, alternativamente, il PTPR).

Anche dal punto di vista della ratio , del resto, risulta evidente la finalità della disposizione di ricollegare l’applicazione del nuovo regime di pianificazione locale alla intervenuta adozione degli strumenti di coordinamento sovraordinati disciplinati dalla stessa L.R. n. 38 del 1999.

Pertanto, essendo intervenuta l’approvazione del P.T.P.G. con deliberazione n. 1 del 18 gennaio 2010, nella specie non avrebbe potuto trovare applicazione il regime transitorio di cui all’art. 66, con conseguente obbligo per il Comune di adottare il P.U.G.C. in conformità con il nuovo modello procedimentale.

4.3. È altresì infondato il quarto motivo di appello con cui – riproponendo ancora una volta un analogo motivo di ricorso già articolato in primo grado e non esaminato dal TAR – il Comitato appellante lamenta che la delibera consiliare impugnata in primo grado sarebbe illegittima per violazione della pianificazione sovraordinata disciplinata dal PRUSST “Patrimonio di San Pietro in Tuscia ovvero il territorio degli Etruschi” e, in particolare, dall’Accordo di programma del 4 luglio 2012 finalizzato all’attuazione delle sua previsioni.

4.3.1. Il motivo è infondato.

Come già stabilito con la più volte richiamata sentenza n. 8553/2022, non vi è stata alcuna definizione della pianificazione urbanistica negoziata in ambito comunale sulla base del Patto territoriale degli Etruschi, dell’iniziativa finalizzata alla variante di PRG di cui alla determinazione n. 587 del 1998 e del PRUSST, per cui non si è radicata alcuna aspettativa giuridicamente tutelata, ma la posizione della ricorrente può essere annoverata tra le aspettative di mero fatto.

Conseguentemente non sussiste alcun obbligo di motivazione rafforzata o di una particolare motivazione delle singole scelte operate poiché le posizioni dei soggetti interessati dalle previsioni dell’Accordo di programma non si sono mai consolidate in una scelta urbanistica definitivamente approvata.

In proposito si rileva che:

a) l’accordo di programma del 4 luglio 2012, all’articolo 3 stabilisce in modo espresso che lo stesso non comporta variazione agli strumenti urbanistici;

b) la delibera consiliare del 2 maggio 2017 n. 22 ha precisato che “ Rilevato che per quanto attiene l’accordo di programma finalizzato all’attuazione della fase operativa finale del PRUSST “Patrimonio di San Pietro in Tuscia ovvero il Territorio degli Etruschi” sottoscritto dal Sindaco in data 4 luglio 2012, coerentemente con quanto previsto dai precedenti accordi del 31 maggio 2002 e del 2 febbraio 2010, questo deve considerarsi decaduto, avuto riguardo che, in assenza di una esplicita previsione di durata temporale dello stesso, questa è da ricondursi alla durata prevista dai precedenti suddetti accordi (quattro anni) e ciò a prescindere dall’indicazione riportata sul frontespizio ”.

4.4. È altresì infondato il quinto motivo di appello con cui – riproponendo ancora una volta un analogo motivo di ricorso già articolato in primo grado e non esaminato dal TAR – il Comitato appellante lamenta che la delibera consiliare impugnata in primo grado sarebbe illegittima per contrasto con la pianificazione sovraordinata di cui al PTPG, le cui previsioni presenterebbero un carattere vincolante.

4.4.1. Il motivo è infondato.

La più volte richiamata sentenza di questo Consiglio n. 8553/2022 ha negato che le previsioni della pianificazione di livello superiore del PTPG del 2010 abbiano definitivamente recepito le destinazioni urbanistiche di cui alla deliberazione n. 587 del 1998 (in tal modo determinando le discrasie qui lamentate dall’appellante).

Invero, l’art. 3, comma 7, della NTA del PTPG prevede che “ le previsioni dei PRG vigenti alla data di adozione del PTGP, nonché quelle dei PRG e delle varianti ai PRG adottati, controdedotti e trasmessi alla Regione entro la stessa data, come confermate dalla Regione in sede di approvazione, sono fatte salve ”.

La salvezza delle varianti solo adottate rientra nell’ambito dell’art. 3, comma 7, delle NTA del PTGP e riguarda soltanto quelle che sono state anche trasmesse alla Regione e nei limiti in cui siano state approvate.

Tali circostanze non ricorrono nel caso in esame, nel quale la variante generale al PRG del Comune di C adottata con la determinazione n. 587 del 1998 non è stata né trasmessa alla Regione Lazio né approvata, per cui non opera la disposizione di salvezza di cui all’art. 3, comma 7, delle NTA sopra citata.

In merito all’invio alla Regione Lazio di cui alla nota del 30 gennaio 2003 prot. n. 3044, giova precisare che il Comune di C ha trasmesso la deliberazione di Consiglio comunale n. 69 del 14 dicembre 2000 di controdeduzioni alle osservazioni, che presupponeva l’attivazione dei procedimenti previsti dall’articolo 34 del T.U.E.L. e quindi l’attuazione dell’Accordo di programma, che tuttavia non si sono attualizzati, dimodoché la deliberazione inviata alla Regione non ha assunto una valenza pianificatoria tale per cui possa essere considerata come causativa degli effetti di cui all’art. 3, comma 7, delle NTA sopra indicato.

4.5. Con il sesto motivo di appello – riproponendo ancora una volta un analogo motivo di ricorso già articolato in primo grado e non esaminato dal TAR – il Comitato appellante lamenta che la delibera consiliare impugnata in primo grado sarebbe illegittima per violazione della disciplina in materia di tutela dell’ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, determinando un utilizzo non accorto delle risorse naturali e ambientali.

Con il settimo motivo si lamenta l’illegittimità della medesima delibera per la mancata, previa acquisizione del parere VAS (Valutazione Ambientale Strategica) di cui all’articolo 12 del medesimo decreto n. 152.

4.5.1. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Si osserva al riguardo:

- che è infondato il motivo (articolato a pagina 28 dell’appello) con il quale si lamenta che gli atti impugnati in primo grado si porrebbero in contrasto con una disciplina statale – quella in tema di c.d. ‘consumo di suolo’ – che, per ammissione della stessa parte appellante, non risultava ancora approvata al momento di adozione degli atti impugnati, non potendo evidentemente rappresentare, per tale ragione, un valido parametro di legittimità;

- che è infondato il motivo con il quale si lamenta il carattere non veritiero dell’affermazione comunale secondo cui il provvedimento impugnato “non comporta impegno di spesa”. L’appellante si limita al riguardo ad affermare – peraltro, in modo generico - che la nuova pianificazione determinerebbe nuovi e maggiori oneri a carico di cittadini ed operatori economici, ma non indica le ragioni per cui sarebbe errata l’affermazione di invarianza di oneri a carico della finanza pubblica;

- che è infondato il motivo con cui si lamenta che, a ben vedere, le previsioni edificatorie di cui al PRG del 1980 risulterebbero ancora suscettibili di realizzazione, contrariamente a quanto affermato dal Comune. In realtà, dalla lettura degli atti di causa emerge invece che il Comune avesse affermato la saturazione “pressoché totale” del PRG del 1980 (e non che – come invece affermato dall’appellante – fosse ormai preclusa ogni ulteriore facoltà edificatoria);

- che è infondato il motivo con cui si è lamentato che il rispetto degli standard urbanistici di cui al D.M. 1444 del 1968 fosse obbligatorio e non già derivante da una libera scelta dell’Ente locale. Al riguardo ci si limita ad osservare che – non essendo stata allegata alcuna violazione dei richiamati standard – non è evidentemente predicabile l’illegittimità degli atti impugnati in primo grado per una sorta di ‘vizio di conformità’ rispetto alla normativa di settore, che in realtà risulta puntualmente rispettata.

4.5.2. È altresì infondato il motivo di appello relativo al lamentato, mancato rispetto della normativa nazionale in tema di VAS e di assoggettabilità a VAS.

Al riguardo - come eccepito dalla difesa comunale – va osservato che la delibera di Giunta regionale n. 169 del 2010 chiarisca come la verifica di assoggettabilità a VAS debba essere avviata sin dalle fasi preparatorie del Piano/Programma, “ e comunque anteriormente alla sua adozione o approvazione ”.

Ne consegue che, nelle more della procedura di verifica di assoggettabilità a VAS (o di VAS), il procedimento di approvazione resti comunque sospeso.

Non sussiste, quindi, il profilo di illegittimità lamentato dall’appellante.

4.6. L’ottavo motivo di appello (con il quale si lamenta che la variante generale al PRG sia illegittima per contrasto con il PRUSST ‘Patto Territoriale degli Etruschi’ e con il PTPG è infondato per le ragioni già esposte retro , sub 4.2.1, 4.3.1 e 4.4.1, che qui si intendono espressamente richiamate.

4.7. Con il nono motivo (ancora una volta reiterativo di analogo motivo già articolato in primo grado e non esaminato dal TAR) l’appellante lamenta l’illegittimità della variante generale al PRG, la quale – oltretutto, in violazione di giudicati formatisi in subiecta materia – avrebbe consentito una sostanziale sanatoria della lottizzazione abusiva riguardante l’area di ‘Campo di Mare’.

4.7.1. Il motivo è infondato.

Si osserva al riguardo:

- che l’affermazione secondo la quale la variante generale qui in contestazione avrebbe determinato una sanatoria in senso sostanziale di pregresse lottizzazioni abusive avrebbe dovuto essere suffragata da idonei elementi a comprova, restando – in caso contrario – relegata al rango di mera statuizione di principio;

- che, per le ragioni già esposte retro , sub 4.5.1, non può trovare accoglimento l’argomento fondato sul (mancato) rispetto degli standard urbanistici di cui al D.M. 1444 del 1968 (difettando anche in questo caso una qualunque allegazione in ordine ai lamentati profili di difformità);

- che, nonostante il carattere suggestivo della prospettazione offerta dalla ricorrente alle pagine 36-38 dell’appello, non emerge in atti che la scelta di affrontare in modo unitario il tema della dotazione di aree per servizi negli insediamenti di Campo di Marte e di Cerenova abbia avuto quale finalità unica – o prevalente – quella di far gravare le conseguenze degli abusi commessi su talune aree su cittadini ai quali quegli abusi non fossero in alcun modo imputabili.

5. Per le ragioni dinanzi esposte, pur dovendosi affermare che l’odierna appellante fosse munita di legittimazione ad impugnare le delibere consiliari gravate in primo grado, l’appello in epigrafe deve comunque essere respinto.

Sussistono giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti.

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