Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-03-12, n. 202402380

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-03-12, n. 202402380
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402380
Data del deposito : 12 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/03/2024

N. 02380/2024REG.PROV.COLL.

N. 03762/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3762 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Ufficio Territoriale del Governo Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2023 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 7 agosto 2020, il signor -OMISSIS- ha presentato domanda di emersione dal lavoro irregolare ex art. 103, comma 1, d.l. n. 34 del 2020, in favore del signor -OMISSIS-, odierno appellante.

Nelle more del procedimento, la Prefettura di Milano ha richiesto una integrazione documentale, riscontrata dal datore di lavoro.

A fronte dell’inerzia dell’Amministrazione, con pec del 21 settembre 2022, il lavoratore, per il tramite del suo difensore, ha sollecitato la conclusione del procedimento di emersione, chiedendo l’intervento del dirigente titolare del potere sostitutivo, ai sensi dell’art. 2, comma 9-ter, della l. 241/1990.

Con ricorso notificato in data 4 gennaio 2023, il cittadino straniero, a fronte della perdurante inerzia della Prefettura, ha chiesto al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione in relazione al procedimento avviato in data 21 settembre 2022, ai sensi dell’art. 2, comma 9-ter, della l. 241/1990.

Il Tar adito, con sentenza del 16 marzo 2023, -OMISSIS-, ha dichiarato il ricorso irricevibile, in quanto proposto a distanza di più di un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento di emersione avviato nei confronti del cittadino straniero.

Con appello notificato il 28 aprile 2023 e depositato in data 1 maggio 2023, il cittadino straniero ha impugnato detta sentenza, affermando la sussistenza dei requisiti di ricevibilità del ricorso di primo grado e chiedendo nuovamente l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione in ordine al sub-procedimento avviato ai sensi dell’art. 2, comma 9-ter, della l. 241/1990.

L’appellante ha altresì formulato istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, accolta dalla competente Commissione del Consiglio di Stato con decreto -OMISSIS-.

In data 22 maggio 2023, si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate senza espletare difese.

Alla camera di consiglio del 16 novembre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con un unico motivo di gravame, l’appellante censura la sentenza impugnata nella misura in cui ha ritenuto irricevibile il ricorso di primo grado, in quanto proposto a distanza di più di un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento di emersione dal lavoro irregolare avviato nei suoi confronti.

Rileva l’appellante che, invero, il ricorso di primo grado non sarebbe volto ad accertare l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione in ordine al procedimento di emersione dal lavoro irregolare, bensì orientato alla declaratoria di illegittimità dell’inerzia della Prefettura in relazione al sub-procedimento avviato mediante la richiesta di esercizio del potere sostitutivo previsto dall’art. 2, comma 9-ter, della l. 241/1990. Di qui la sussistenza dei requisiti di ricevibilità del ricorso di primo grado.

Il motivo non è suscettibile di positivo apprezzamento per le considerazioni che seguono.

Il silenzio-inadempimento rappresenta una condizione patologica del procedimento amministrativo, che si verifica nel caso in cui l’Amministrazione ometta di provvedere entro i termini stabiliti dalla legge sull’istanza di avvio del procedimento (ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n. 5417/2019).

L’inerzia della Pubblica Amministrazione rileva, ai fini del silenzio in parola, solo nel caso in cui viga in capo all’Amministrazione l’obbligo di provvedere attraverso un atto tipizzato, gravitante nella sfera autoritativa della Pubblica Amministrazione, volto ad incidere in maniera positiva o negativa sulla posizione giuridica e differenziata del ricorrente (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5206/2023).

In altre parole, l’azione avverso il silenzio inadempimento ha quali presupposti, da un lato, l’esistenza di uno specifico obbligo di provvedere, dall’altro lato, la natura provvedimentale dell’attività oggetto dell’istanza.

Restano escluse dalla suddetta area degli obblighi di provvedere le istanze di autotutela (che rappresentano una mera denuncia ovvero sollecitazione ma che non generano un obbligo giuridico di provvedere), i poteri di alta amministrazione ovvero gli atti politici;
ne restano, a maggior ragione, ragione esclusi gli atti amministrativi generali e quelli regolamentari.

Svolta la verifica sulla sussistenza di un obbligo a provvedere, è necessario svolgere un’ulteriore indagine che riguarda il termine di formazione del silenzio- inadempimento che si lega al termine per fare valere la pretesa in giudizio.

Viene in rilievo, a tal proposito, il combinato disposto di cui agli artt. 2 e 2 bis L. 241/90 e artt. 31 e 117 c.p.a. Bisogna anzitutto individuare il termine legale di conclusione del procedimento e poi quello finale entro cui l’azione avverso il silenzio non è più proponibile.

Nel caso della procedura di emersione dal lavoro irregolare la prima questione è stata risolta in via interpretativa dalla giurisprudenza di questa Sezione, con la sentenza 9 maggio 2022, n. 3578 che, valorizzando una lettura sistematica delle altre regole del settore normativo di riferimento, ha individuato il termine per la conclusione dei procedimenti in materia di emersione in 180 giorni (art. 2 comma 4 L. 241/90). Secondo tale pronuncia, infatti, “La soluzione che sottrae il procedimento in materia di emersione alla regola ordinaria del termine di 30 giorni è quella che meglio si raccorda con le richiamate previsioni di settore, tutte riferite alla più ampia materia della “immigrazione”, posto che le stesse:

i) superano la regola “residuale” prevista dal comma 2 dell’art. 2;

ii) la superano attraverso plurime previsioni speciali che non fanno alcun richiamo al menzionato art. 2;

iii) non rivestono i caratteri formali e giuridici degli atti derogatori previsti dai commi 3 e 4 del medesimo articolo”.

Tanto premesso, occorre indagare il secondo requisito per l’esperibilità dell’azione avverso il silenzio: il termine finale entro cui l’azione non è più proponibile.

Ai sensi dell’art. 31, comma 2 del codice del processo amministrativo “l’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti”.

Secondo il primo comma dell’art. 117 cpa “il ricorso avverso il silenzio è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all’amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all’art. 31, comma 2”.

Sotto il profilo procedimentale, invece, per il privato è prevista la tutela di cui al comma 9 bis dell’art. 2 L. 241/90 secondo cui, decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, il privato può rivolgersi al responsabile dell’unità operativa di riferimento perché, entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto, concluda il procedimento attraverso le strutture competenti o con la nomina di un commissario.

Lo strumento previsto all’art. 2 comma 9 bis L. 241/90 è un mezzo di tutela procedimentale che concorre con la tutela giurisdizionale, rimanendone indipendente. Esso può essere esperito “decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento” ma non è sottoposto a termini di decadenza né prescrizione.

Questo comporta che non possa essere qualificato come “nuova istanza di avvio del procedimento” ai sensi dell’art. 31 comma 2 cpa per due ordini di ragione.

In termini generali, perché si tratta di uno strumento procedimentale di tutela e qualificarlo come “nuova istanza” determinerebbe un aggiramento dei termini processuali previsti in materia di azione avverso il silenzio. Ed invero, non essendo sottoposto a termini di decadenza, provocare il potere sostitutivo molto tempo dopo – come è accaduto nel caso di specie – eluderebbe il termine previsto per l’azione avverso il silenzio.

In un’ottica particolare, deve aggiungersi che la procedura di emersione dal lavoro irregolare è governata da norme di carattere eccezionale, ancorate ad una specifica finestra temporale. Le domande potevano infatti essere proposte, ai sensi del comma 5 dell’art. 103 decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, dall’1 giugno 2020 al 15 agosto 2020 (termine così prorogato dal decreto legge 16 giugno 2020, n. 52).

La riproponibilità dell’istanza è infatti ancorata dall’art. 31 comma 2 cpa alla sussistenza dei relativi presupposti.

Da tali premesse emerge, dunque, che fuori da quella finestra temporale non possono essere presentate ulteriori istanze perché non ricorrono i presupposti di legge.

Il legislatore, per questi casi, ha previsto la tutela risarcitoria che però è sottoposta ad un termine di decadenza stringente pari a 120 giorni decorrenti, a norma del comma 4 dell’art. 30 cpa, dopo un anno dalla scadenza del termine a provvedere.

Tanto premesso, il ricorso di primo grado, notificato il 4 gennaio 2023, è irricevibile, essendo stato promosso entro il termine di decadenza fissato al 21 settembre 2023.

Come sottolineato anche nella sentenza 9 maggio 2022, n. 3578 sopra richiamata, tale limite temporale rappresenta un punto di equilibrio tra il numero di istanze che l’Amministrazione deve istruire e valutare e la tutela del cittadino straniero che altrimenti sarebbe stato sottoposto a termini di decadenza molto più brevi per proporre l’azione avverso il silenzio in mancanza di indicazioni puntuali da parte della legge.

Il termine annuale a pena di decadenza è spirato il 3 febbraio 2022. Il sub-procedimento volto a ottenere l’esercizio del potere sostitutivo di cui all’art. 2, comma 9-ter, della l. 241/1990 è stato avviato con pec del 21 settembre 2022 nella quale, il difensore di parte appellante, ha precisato “ il presente atto di intervento ha anche valore di espressa richiesta di intervento del dirigente titolare del potere sostitutito, di cui all'art. 2, comma 9 bis e ter L. 241/1990, che conseguentemente i Pagina 2 di 2 Serial ID : set-21-2022 16:07:29 24D81D30-F50F-BF88-3B7C-7AD99CC7B652@cert.interno.it termini per la conclusione del relativo sub procedimento sono 90 giorni dal ricevimento della presente istanza e che decorso inutilmente detto termine ho mandato per impugnare silenzio inadempimento ai sensi e per gli effetti dell'art. 117 del CdA”.

Tale circostanza non è idonea, per le ragioni suesposte, a rimettere nei termini rispetto all’azione avverso il silenzio-inadempimento sull’istanza di emersione né ad assumere essa stessa il valore di “nuova istanza” da cui far decorrere il termine per proporre azione di silenzio, non essendo sottoposta a termini decadenziali con la conseguenza che l’azione avverso il silenzio potrebbe essere proposta ad libitum con pregiudizio rispetto alla ratio e alle finalità.

L’azione avverso il silenzio pone infatti un onere a carico del privato di immediata attivazione che è sintomatico di perduranza di interesse. La circostanza che nel corso dell’iter procedimentale si sia instaurato un dialogo tra amministrazione e istante tale da far presumere o indurre il privato in errore circa una celere definizione del procedimento amministrativo non può essere valorizzata in questa sede ma, al più, in sede risarcitoria, tutela questa non esperita nel caso di specie.

Tutto quanto premesso, l’appello deve essere respinto.

Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti ai sensi dell’articolo 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

Per quanto attiene all’ammissione al gratuito patrocinio giova rilevare che l’oggetto della controversia, per la sua particolarità e novità non può dirsi manifestamente infondato, ai sensi dell’art. 73 d.p.R 115/02. Tanto premesso, il Collegio dispone la conferma definitiva dell’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato anticipata con decreto della Commissione -OMISSIS-.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese in giudizio.

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