Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-05-02, n. 202304413

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-05-02, n. 202304413
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304413
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 04413/2023REG.PROV.COLL.

N. 08270/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8270 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

Comune di Condofuri, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A S F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Reggio Calabria, via Gebbione, n.

9-G;
Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12

per la riforma

previa sospensione degli effetti

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria n. -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Condofuri e del Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili (in seguito: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 marzo 2023 il Cons. Maurizio Antonio Pasquale Francola e uditi per la parte appellante l’avvocato D T;

Viste le conclusioni della parte appellata come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 22 maggio 2019 e depositato il 31 maggio 2019, l’appellante impugnava dinanzi al T.a.r. per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, la determinazione n. -OMISSIS- con la quale il Comune di Condofuri ha dichiarato la decadenza della concessione demaniale marittima n. -OMISSIS- precedentemente rilasciata all’interessato, in ragione di fondati motivi che avrebbero indotto l’Ente locale a ritenere venuti meno i requisiti soggettivi necessari per assicurare e garantire l’uso corretto ed efficiente del bene pubblico concesso, al punto da ritenere il concessionario inadempiente agli obblighi di cui all’art. 47 lett. c ), d ), f ) c.n. poiché: a) sarebbero state mantenute oltre il termine assegnato del 30 settembre di ogni anno le opere di durata stagionale realizzate sul suolo oggetto della rilasciata concessione demaniale marittima;
b) sarebbero state reiteratamente realizzate sul suolo di proprietà dello Stato opere (un chiosco in legno, una piattaforma in piastrelle di cemento, un’area adibita a servizi igienici, un immobile adibito a locali cucina, un gazebo in legno di forma esagonale, un deposito di attrezzature e materiali di rifiuto dello stabilimento) senza il relativo titolo, con conseguente illegittima occupazione del suolo demaniale;
c) per la rimozione delle predette opere sarebbero state necessarie tre ordinanze di rimessione in pristino dell’area in questione, con la precisazione che a due delle stesse l’interessato non avrebbe ottemperato entro il termine assegnato.

Con sentenza n. -OMISSIS- pubblicata il 15 febbraio 2021 e non notificata da alcuna delle parti in causa, l’adito T.a.r., dopo avere rigettato l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Comune di Condofuri, respingeva il ricorso dell’appellante, compensando le spese processuali, poiché: 1) la decadenza conseguirebbe ad un procedimento autonomo nei presupposti e negli esiti rispetto a quelli inerenti alla chiesta estensione della durata della concessione da stagionale ad annuale ed alla chiesta sanatoria delle opere abusivamente realizzate sul suolo demaniale, essendo questi ultimi procedimenti superati ed assorbiti da quello conclusosi con il provvedimento di decadenza impugnato;
2) le reiterate violazioni degli obblighi propri del concessionario avrebbero pregiudicato il rapporto fiduciario con l’Amministrazione;
3) la concessione imponeva al concessionario di non eccedere i limiti assegnati, né di variarli, non potendo erigere opere non consentite, né variare quelle ammesse;
4) il concessionario avrebbe ecceduto i limiti della concessione sia occupando aree demaniali ulteriori rispetto a quelle concesse in uso, sia realizzando opere non consentite, sebbene poi rimosse.

Con appello notificato il 15 settembre 2021 e depositato il 28 settembre 2021, l’appellante impugnava la predetta sentenza lamentandone l’erroneità.

Si costituiva il Comune di Condofuri, opponendosi all’accoglimento dell’appello in quanto inammissibile per mera riproposizione dei motivi di primo grado e, comunque, nel merito infondato in fatto e in diritto.

Si costituiva con memoria di mero stile il Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili (in seguito: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).

L’appellante depositava delle memorie conclusive.

All’udienza pubblica del 7 marzo 2023 il procuratore dell’appellante insisteva nelle proprie difese ed il Consiglio di Stato tratteneva l’appello in decisione.

DIRITTO

I. – Occorre preliminarmente pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dal Comune appellato.

I.

1. Come noto, l'art. 101, comma 1, c.p.a. non consente una generica riproposizione dei motivi di ricorso (respinti o ritenuti) assorbiti dal giudice di primo grado, ma richiede la deduzione di specifici motivi di contestazione della correttezza del percorso argomentativo sul quale si fonda la decisione impugnata, poiché l'oggetto del giudizio di appello è costituito dalla decisione appellata e non dal provvedimento gravato in primo grado (cfr., tra le ultime, Cons. Stato, Sez. II, 19 agosto 2021 n. 5939). L'effetto devolutivo dell'appello, infatti, non esclude l'obbligo dell'appellante di indicare nel relativo atto le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e le ragioni per le quali le conclusioni, cui il primo giudice è pervenuto, non siano condivisibili, non potendo l'appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 26 luglio 2021 n. 5534 e Sez. II, 21 luglio 2021 n. 5504).

I.

2. Sennonché, nella fattispecie, la decisione del giudice di primo grado è stata censurata dall’appellante, essendo stata contestata tanto la conclusione, quanto la motivazione.

I.

3. L’eccezione, pertanto, è destituita di fondamento.

II. – Con il primo motivo di appello si lamenta l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha disatteso il relativo motivo di ricorso con il quale si contestava la legittimità dell’impugnato provvedimento di decadenza dalla concessione demaniale marittima di cui l’appellante era concessionario.

Secondo, infatti, il giudice di primo grado, l’appellante avrebbe ecceduto i limiti temporali prestabiliti dalla concessione, non rispettando la scadenza del 30 settembre prevista per la rimozione annuale delle opere adibite a stabilimento balneare, ed avrebbe, inoltre, abusivamente occupato una parte di suolo demaniale non ricompreso nella concessione, realizzando opere abusive, poi sottoposte a sequestro penale, così integrando, con la propria condotta, le fattispecie previste dall’art. 47 co.1 lett. c ) ed f ) c.n..

Sennonché, l’appellante contesta, in primo luogo, che i presunti abusi edilizi di cui sarebbe stato autore avrebbero determinato un mutamento degli scopi della concessione, poiché sarebbe stata sempre mantenuta la destinazione dell’area all’uso autorizzato di stabilimento balneare con relativo svolgimento delle attività di chiosco adibito alla vendita di bibite e gelati, con area destinata al ristoro, cabine, servizi, pista da ballo, locale DJ, posa ombrelloni e sdraio. Peraltro, il Comune non avrebbe mai contestato alcun mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata rilasciata la concessione.

In secondo luogo, nessun obbligo sarebbe stato violato dall’appellante, potendo al più riferirsi i contestati inadempimenti ad opere insistenti nell’area in concessione, poi sempre rimosse a seguito delle ordinanze di sgombero adottate dal Comune di Condofuri.

In ogni caso, né le controverse difformità edili, né la presunta tardiva rimozione delle opere contestate avrebbero potuto legittimare l’adozione dell’impugnato provvedimento di decadenza dalla concessione, poiché non integrerebbero gli estremi richiesti per la configurabilità di un inadempimento degli obblighi imposti dal titolo o dalla legge, non avendo, peraltro, l’Amministrazione comunale sindacato in modo alcuno la gravità dei presunti abusi edilizi di cui l’appellante sarebbe stato autore.

Né, peraltro, a diverso esito si sarebbe potuto pervenire in ragione del non completamento delle opere di ripristino dell’area in ottemperanza all’ordine di sgombero impartito all’appellante dal Comune di Condofuri con il provvedimento n. -OMISSIS-, poiché il termine per adempiere doveva computarsi non dalla comunicazione dell’atto, ma dal conseguimento del chiesto dissequestro penale dei beni.

II.1. – Occorre, anzitutto, premettere che l’art. 47 co.1 c.n. espressamente elenca la casistica delle ipotesi in cui, testualmente, “ L’amministrazione può dichiarare la decadenza del concessionario ”.

Secondo un certo orientamento, la richiamata disposizione normativa sarebbe esplicativa di un potere tecnico-discrezionale limitato all’accertamento dei presupposti di fatto in presenza dei quali la decadenza costituirebbe una conseguenza automatica ed obbligata, al punto da poter essere annoverata nell’ambito della categoria dei provvedimenti vincolati, in tal senso deponendo il precedente citato Consiglio di Stato Sez. VI, sentenza n. 3044 del 17 giugno 2014 che, a sua volta, richiama una pronuncia del C.G.A.R.S. secondo cui « al ricorrere delle ipotesi decadenziali disciplinate dall'art. 47 del codice della navigazione l'Amministrazione concedente esercita una discrezionalità di tipo tecnico, dovendosi essa cioè limitare al riscontro dei relativi presupposti fattuali (cfr. C.G.A. n. 905 del 2007). Ciò comporta sul piano sostanziale che - una volta appunto accertata la sussistenza di detti presupposti - il provvedimento di decadenza ha natura sostanzialmente vincolata, con conseguente esclusione di ogni possibile bilanciamento tra l'interesse pubblico e le esigenze del privato concessionario (cfr. VI Sez. n. 2253 del 2011) » (C.G.A.R.S. 12 giugno 2012, n. 550).

II.1.1. – L’assunto è infondato.

Come noto, ogni potere amministrativo deve soddisfare il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Il che non consente «l'assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa, che produce l'effetto di attribuire, in pratica, una «totale libertà» al soggetto od organo investito della funzione (Corte Cost. sentenza n. 307 del 2003;
in senso conforme, ex plurimis , sentenze n. 32 del 2009 e n. 150 del 1982). Non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell'azione amministrativa (Corte Cost. n. 115/2011). Il che, quindi, non implica la legittimità soltanto di poteri rigidamente vincolati in ogni loro aspetto, in ragione dell’impossibilità per il legislatore di prevedere e valutare a priori ogni possibile sviluppo ed implicazione o riflesso tanto per l’interesse pubblico perseguito, quanto per gli interessi pubblici e privati eventualmente coinvolti dall’esercizio di un determinato potere. Donde, la legittima facoltà per il legislatore di riconoscere alla competente Autorità Amministrativa margini di operatività, più o meno ampi, idonei a consentire una corretta calibrazione del potere esercitato in base alle peculiarità del caso concreto, nell’ottica del migliore soddisfacimento dell’interesse pubblico da soddisfare. E poiché spesso l’agire autoritativo dell’Amministrazione coinvolge interessi (pubblici e privati) anche confliggenti di non agevole, né (a volte) prevedibile composizione a livello normativo, le leggi attributive disciplinanti poteri pubblici solitamente riconoscono alle Autorità competenti una certa discrezionalità in relazione a quei profili dell’esercizio del potere (ed ossia l’ an , il quid , il quomodo , il quando ) sui quali è opportuno demandare ad una valutazione caso per caso il suo concreto determinarsi.

Nell’ambito, quindi, di un settore contraddistinto dall’accoglimento del principio di legalità in senso forte (Corte Cost. n.115/2011), in cui cioè la legge deve determinare tutti gli aspetti fondamentali dell’esercizio del potere in modo da mantenere costantemente una pur elastica copertura legislativa dell'azione amministrativa, devono ritenersi sussistenti margini di discrezionalità implicanti valutazioni di opportunità presupponenti un contemperamento degli interessi pubblici ed eventualmente anche privati coinvolti, ogniqualvolta il legislatore non vincoli l’agire autoritativo dell’Amministrazione in tutti i suoi aspetti, dovendosi seguire, quindi, il criterio interpretativo secondo cui ubi lex noluit tacuit .

Può, dunque, affermarsi che, in linea di principio, il potere pubblico amministrativo è discrezionale, salvo che non risulti diversamente dalla norma che lo prevede o che ne regolamenta l’esercizio.

II.1.2. – Diversa dalla discrezionalità amministrativa è, poi, la c.d. discrezionalità tecnica che, come noto, rileva (a monte) sul diverso piano della verifica dei presupposti normativamente previsti per l’esercizio del potere (discrezionale o vincolato che sia), allorché il relativo accertamento presupponga l’applicazione di una regola tecnica dai concetti indeterminati o, comunque, suscettibili di apprezzamenti opinabili financo implicanti l'attribuzione di un giudizio di valore (Consiglio di Stato, sez. IV, 19 ottobre 2007, n. 5468).

II.1.3. – L’opinabilità, infatti, è altro rispetto all’opportunità. Sul punto basti considerare che la prima rileva nell’ambito della valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento costituenti presupposto del potere da esercitare e, quindi, presupposto di legittimità del provvedimento amministrativo emanato dall’Autorità amministrativa competente, mentre la seconda opera in un momento successivo, traducendosi in una scelta fra interessi contrapposti una volta già ritenuti sussistenti i presupposti per l’esercizio di quel potere.

Se, dunque, la discrezionalità tecnica concerne (a monte) i presupposti del potere, la discrezionalità amministrativa (o pura), invece, riguarda le modalità (a valle) di esercizio del potere, identificabile nella normativamente riconosciuta (in modo espresso o implicito) facoltà di scelta tra più soluzioni possibili, in ordine all’ an o al quid o al quomodo o al quando o a tutti o soltanto ad alcuni dei predetti profili dell’agire autoritativo.

II.1.4. – Ciò chiarito, con riguardo all’applicazione dell’art. 47 co. 1 lett. f ) c.n. ricorrono entrambe.

II.

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