Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-11-15, n. 202107563

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-11-15, n. 202107563
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107563
Data del deposito : 15 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2021

N. 07563/2021REG.PROV.COLL.

N. 07081/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7081 del 2013, proposto dalla signora
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato G C S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Porta Pinciana n. 6,

contro

il Comune di Zagarolo, non costituito in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente acquisizione gratuita al patrimonio comunale di opere edilizie abusive.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2021 il Cons. Carla Ciuffetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia in esame concerne l’acquisizione al patrimonio comunale di opere oggetto di interventi edilizi sine titulo , relativo sedime e ulteriore area di circa mq. 2500 in zona agricola, di cui l’appellante è comproprietaria con i genitori. L’acquisizione era stata disposta dal Comune di Zagarolo con ordinanza in data -OMISSIS-, notificata agli stessi genitori e all’appellante in data 26 novembre 2007 con il verbale di accertamento dell’inottemperanza.

1.1. Il Comune di Zagarolo aveva in precedenza ingiunto la sospensione dei lavori edilizi e la demolizione delle opere ai genitori dell’interessata, all’epoca minorenne, nella qualità sia di comproprietari del terreno su cui i lavori erano in corso, sia di esercenti la patria potestà sulla minore, nonché a quest’ultima nella qualità di comproprietaria, con le ordinanze n. -OMISSIS- e, - dopo il sequestro giudiziario delle opere disposto in data -OMISSIS-, l’accertamento della prosecuzione degli interventi edilizi in data 8 febbraio 2001 e il sequestro delle ulteriori opere - n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-, notificate in unico atto.

2. Il ricorso presentato dall’odierna appellante, ormai maggiorenne, avverso le menzionate ordinanze di demolizione, il verbale di accertamento dell’inottemperanza e l’ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio comunale è stato accolto dal T limitatamente alla censura di difetto di motivazione dell’ordinanza n.-OMISSIS-circa le ragioni per cui l’Amministrazione aveva ritenuto di acquisire anche l’area circostante al sedime delle opere, pari a 2.500,00 mq. Sicché l’atto impugnato è stato annullato dal T nella sola parte in cui dispone l’acquisizione al patrimonio comunale di tale area, con “ salvezza degli ulteriori motivati provvedimenti che l’amministrazione, sul punto, riterrà di adottare ”.

3. L’odierna appellante deduce l’erroneità della sentenza in epigrafe quanto ai seguenti profili.

All’epoca dei fatti l’interessata aveva quattordici anni e sarebbe stata quindi estranea alla costruzione delle opere abusive. Il T si sarebbe limitato a constatare che l’appellante era indicata come coesecutrice delle opere in questione nelle ordinanze impugnate, considerandole ritualmente notificate nei suoi confronti, in quanto notificate ai genitori nella qualità di esercenti la potestà genitoriale. Inoltre, il primo giudice avrebbe considerato irrilevante il sequestro penale delle opere ai fini dell’ottemperanza all’ordine di demolizione.

Ma, la responsabilità dell’appellante nella commissione degli abusi edilizi avrebbe dovuto essere esclusa in ragione della condanna dei genitori per il reato di abusi edilizi disposta con sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale penale -OMISSIS-, confermata dalla competente Corte di Appello con sentenza n. -OMISSIS-.

Se l’acquisizione dei beni al patrimonio comunale consegue all’inottemperanza alle ingiunzioni di demolizione, tale effetto non avrebbe potuto prodursi nei confronti dell’appellante, sia in quanto non le sarebbero state correttamente notificate le relative ordinanze, sia in quanto le opere erano sottoposte a sequestro penale. La dimostrazione della fondatezza di tali deduzioni sarebbe evidenziata dalla circostanza che l’appellante, “ non appena divenuta maggiorenne e avuta effettiva conoscenza della situazione ”, si sarebbe adoperata per sanare gli abusi, presentando, insieme ai genitori, un’istanza di permesso di costruire in sanatoria non ancora esaminata dall’Amministrazione.

La mancanza di responsabilità dell’appellante sarebbe basata sull’art. 29 d.P.R. n. 380/2001, sostanzialmente conforme al previgente art. 6 1. n. 47/1985, che non contemplerebbe la responsabilità del proprietario estraneo alla realizzazione degli abusi edilizi;
tale responsabilità sarebbe esclusa, sotto il profilo penale, dalla giurisprudenza della Suprema Corte, nonché dalla giurisprudenza dalla Corte costituzionale. Del resto l’appellante, essendo minorenne all’epoca dei fatti, non avrebbe avuto la responsabilità giuridica, né la capacità economica, per la costruzione di opere abusive e non avrebbe potuto impedire il reato edilizio altrui. Perciò, l’interessata non avrebbe potuto essere incolpevolmente coinvolta nelle attività illecite altrui, subendo la perdita della proprietà dei beni.

Una tale responsabilità sarebbe da escludere anche alla luce dell’art. 320, terzo comma, c.c. che dispone che l’amministrazione dei beni dei figli spetta, congiuntamente, ai genitori, e per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, come la realizzazione di opere edilizie, occorre l’autorizzazione del giudice tutelare, con la conseguente invalidità e opponibilità al minore degli atti compiuti in assenza di tale autorizzazione.

Alla ricorrente, nella qualità di proprietaria, avrebbero dovuto essere notificate le ordinanze di demolizione ai sensi dell’art 31 d.P.R. n. 380/2001, fermo restando il dovere del Comune appellato di svolgere un’idonea istruttoria che avrebbe consentito di rivelarne la mancanza di ogni responsabilità. Comunque l’interessata, non appena venuta a conoscenza della sussistenza degli abusi in questione, si sarebbe “ attivata con gli strumenti offerti dall’ordinamento per sanare la situazione, se possibile, o ad altrimenti provvedere nel caso in cui la sanatoria non dovesse realizzarsi ”. Il termine per adempiere alle ordinanze di demolizione sarebbe dovuto decorrere dalla data dell’eventuale istanza di dissequestro, della quale l’interessata non sarebbe stata tenuta a darsi carico.

In definitiva, sarebbe evidente nella fattispecie il difetto di motivazione, sotto il profilo dei presupposti di fatto e di diritto, dell’atto di acquisizione gratuita dei beni al patrimonio. Perciò, la violazione dell’art. 7 l.241/1990 assumerebbe un particolare rilievo nella fattispecie e sarebbe quindi erroneo il convincimento del T in ordine alla preclusione dell’annullamento dell’ordinanza di acquisizione dei beni al patrimonio comunale per la correttezza sostanziale del provvedimento ai sensi dell’art. 21- octies , co. 2, l. n. 241/1990.

La sanzione dell’acquisizione dei beni al patrimonio comunale sarebbe sproporzionata, in quanto gli abusi costituirebbero interventi edilizi minori, riconducibili ad interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione, che avrebbero potuto essere realizzati con DIA, la cui mancanza avrebbe richiesto al più una sanzione pecuniaria. Su tale censura formulata in primo grado il T non si sarebbe pronunciato.

Erroneamente il primo giudice avrebbe ritenuto tardiva la censura proposta in primo grado in merito al termine per impugnare le ordinanze di demolizione, che avrebbe dovuto farsi decorrere dalla data di acquisizione della piena conoscenza degli atti.

La motivazione con cui il T ha respinto la censura della violazione dell’art. 3, co. 4, 1. 7 agosto 1990, n. 241 là dove prevede testualmente che “ in ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere ” sarebbe insufficiente, poiché la ricorrente non solo non aveva avuto piena conoscenza delle ordinanze di demolizione e del verbale di accertamento di inottemperanza, ma, quand’anche avesse avuto tale conoscenza, anche per il tramite dei genitori esercenti la potestà genitoriale, il suo diritto alla difesa sarebbe stato leso per effetto di tale omissione;
tali considerazioni sarebbero state di per sé sufficienti per disporre una rimessione in termini per l’impugnazione dei suddetti atti.

Il T avrebbe travisato la portata del motivo di ricorso con cui si deduceva che l’ordinanza n.-OMISSIS-era stata adottata in violazione delle disposizioni dell’art. 51, co. 3, l. n. 142/1990, come in seguito modificato e integrato, per cui spettano ai dirigenti i provvedimenti di vigilanza in campo edilizio e di irrogazione delle relative sanzioni (lettera f- bis );
con tale censura si intendeva evidenziare che l’attribuzione di competenza agli stessi dirigenti non sarebbe derivata automaticamente dalle norme di legge, ma avrebbe richiesto la previa modifica da parte del Comune delle disposizioni statutarie e regolamentari in materia di organizzazione dell’Ente, che non erano state richiamate negli atti impugnati.

4. La causa, chiamata all’udienza del 12 ottobre 2021, è stata trattenuta in decisione.

5. Il Collegio osserva che l’appellante, divenuta maggiorenne il 1 ottobre 2001, ha impugnato le ordinanze di demolizione e l’ordinanza di acquisizione dei beni al patrimonio comunale con il ricorso di primo grado notificato in data 25 gennaio 2008 e depositato in data 22 febbraio 2008.

L’istanza di permesso di costruire in sanatoria è stata presentata al Comune di Zagarolo in data 23 marzo 2008.

Da comunicazione resa dall’Amministrazione comunale in adempimento alle ordinanze istruttorie di questo Consiglio (Cons. Stato, sez IV, -OMISSIS-e sez. II -OMISSIS-) risulta che: la suddetta istanza è stata respinta dall’Amministrazione comunale in data 14 luglio 2008, a motivo del contrasto delle opere in questione con il piano regolatore generale, sia all’epoca di costruzione che nell’attualità;
nessuna risposta è stata data all’istanza degli interessati di sospensione degli atti consequenziali al rigetto della domanda di accertamento di conformità.

5.1. Tanto premesso, va rilevato, in conformità all’indirizzo di questo Consiglio, che “ il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime debbono considerarsi consequenziali, connessi e conseguenti all’ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi, con la conseguenza che non sono autonomamente impugnabili, in mancanza di impugnazione dell’atto con cui si ingiunge la demolizione o di irricevibilità dell’impugnazione tardivamente proposta avverso tale atto ” (Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4479;
cfr. sez. II, 20 maggio 2019, n. 3207).

Nella fattispecie il T ha correttamente ritenuto infondata la censura dell’appellante per cui le ordinanze di demolizione non le sarebbero mai state notificate, in quanto le ingiunzioni ivi contenute erano rivolte ai genitori anche nella qualità di esercenti la potestà genitoriale e nessuna disposizione del d.P.R. n. 380/2001 prevede l’obbligo dell’Amministrazione “ di notificare una pluralità di copie dell’ordinanza di demolizione qualora il destinatario, come nella fattispecie, sia passivamente legittimato sotto una pluralità di profili ”.

Perciò, deve concludersi che, dalla notifica delle ordinanze di demolizione ai genitori nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sull’appellante, fosse conseguita la produzione degli effetti delle stesse ordinanze nella sfera giuridica di quest’ultima, implicandone la conoscenza a fini di legge, anche allo scopo della loro impugnazione. Perciò non possono essere accolte le censure contenute nel gravame dirette a collocare l’acquisizione di effettiva conoscenza delle ordinanze di demolizione alla data di notificazione dell’ordinanza di acquisizione dei beni al patrimonio comunale. Non consente una diversa conclusione la tesi contenuta nel gravame riferita all’art. 320 c.c., in quanto la disposizione contenuta nel comma terzo va riferita agli atti di straordinaria amministrazione compiuti dagli esercenti la tutela sul minore, non agli atti compiuti dall’Amministrazione in base all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.

In merito all’asserita estraneità dell’appellante alla realizzazione dell’abuso: da un lato occorre rilevare che, come sottolineato dalla medesima interessata, le pronunce del giudice penale richiamate sub 3. hanno accertato la responsabilità penale dei soli genitori nella commissione dei reati edilizi;
dall’altro, però, che non può essere considerato erroneo il rilievo del T in merito all’indicazione nelle ordinanze impugnate anche dell’appellante tra gli autori degli abusi edilizi, in quanto l’estraneità del proprietario alla commissione degli stessi abusi non può avere effetto ex se preclusivo rispetto al trasferimento della proprietà dei beni al Comune. Infatti, il medesimo proprietario può evitare l’effetto acquisitivo solo ove risulti in modo inequivocabile la sua estraneità alla realizzazione dell’abuso e comunque dimostri che, una volta venutone a conoscenza, si sia adoperato per impedirne gli effetti pregiudizievoli (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 febbraio 2021, n. 1648 e 7 febbraio 2018 n. 775). Un “ tale sistema non presenta profili di criticità sul piano del rispetto dei principi costituzionali, e tanto per la dirimente ragione che si parla di sanzioni in senso improprio, non aventi carattere personale, ma reale, essendo adottate in funzione di accrescere la deterrenza rispetto all’inerzia conseguente all’ordine demolitorio e di assicurare ad un tempo la effettività del provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi e la soddisfazione del prevalente interesse pubblico all’ordinato assetto dei territori ” (Cons. Stato, sez.VI, 24 giugno 2020, n. 4070).

In proposito bisogna evidenziare che l’attivazione dell’interessata (oltre 7 anni dopo il raggiungimento della maggiore età) non è stata diretta al ripristino dello stato dei luoghi, ma si è rivolta: prima, nella direzione dell’opposizione all’ingiunzione di demolizione, impugnando i relativi atti;
poi, nella direzione della sanatoria delle opere abusive.

Inoltre, in merito alle censure circa l’impossibilità di effettuare la demolizione delle opere durante il sequestro penale e il difetto di obbligo in capo all’appellante di chiedere il dissequestro - a prescindere dal riscontro, da un lato, dell’orientamento giurisprudenziale che ritiene di non poter considerare l’interessato onerato dell’effettuazione di una tale richiesta in mancanza di una conforme disposizione di legge (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 maggio 2017 n. 2337) e, dall’altro, dell’indirizzo per cui il termine assegnato dall’ordinanza per la demolizione o la rimessione in pristino non decorre finché l’immobile rimane sotto sequestro, restando all’autonoma iniziativa della difesa ovvero della magistratura inquirente attivare gli strumenti che al dissequestro possono condurre (cfr. Cons. Stato sez. VI 2 ottobre 2019, n.6592) - va notato che: il sequestro delle opere non aveva dissuaso i responsabili degli abusi dalla prosecuzione delle opere, tanto anche gli ulteriori interventi erano stati fatti oggetto di sequestro e di nuovo ordine di demolizione;
il dissequestro era stato disposto dalla sentenza del Tribunale penale -OMISSIS- n. -OMISSIS-, depositata in data -OMISSIS-, confermata, come visto, in appello con sentenza in data -OMISSIS-, sicché l’appellante avrebbe potuto procedere alla demolizione prima della notifica dell’atto di acquisizione al patrimonio comunale, in data 26 novembre 2007, a prescindere dalla presentazione di istanza di dissequestro.

Dunque, ai fini della pretesa illegittimità degli atti impugnati, non può ritenersi sufficiente la rivendicata estraneità alla commissione delle opere abusive, in quanto la posizione del proprietario rispetto agli abusi edilizi può essere considerata neutra rispetto alle sanzioni previste dal d.P.R. n. 380/ 2001, in particolare rispetto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, solo se risulti che, venuto a conoscenza delle opere, egli si sia adoperato per il ripristino dello stato dei luoghi. Infatti ai sensi dell’art. 31, co. 2, del medesimo d.P.R., che si pretende violato, l’ordine di demolizione è rivolto congiuntamente al proprietario e al responsabile dell’abuso, così che entrambi sono tenuti al ripristino del legittimo assetto edilizio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2017, n. 4547).

Nel caso in esame, invece, la stessa appellante rappresenta che, “ non appena divenuta maggiorenne e avuta effettiva conoscenza della situazione ”, si sarebbe adoperata per ottenere una sanatoria degli abusi - ed “ è difficile sostenere che ciò sia indicativo della volontà di attivarsi per rimuovere gli abusi ” (Cons. Stato, sez. II, 13 giugno 2019, n. 3962) - non già per effettuare la più volte ingiunta rimessione in pristino.

Devono essere considerate infondate le deduzioni dell’appellante in merito all’affidamento che si sarebbe consolidato per effetto del tempo trascorso tra le ingiunzioni di demolizione e l’atto di acquisizione al patrimonio comunale. Infatti, per quanto previsto dall’art. 31 d.P.R. n. 380/2001, l’effetto acquisitivo - conseguente all’inottemperanza, protratta nel tempo, ad un ordine di demolizione legittimo - si produce ope legis . Tanto che “ l’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione è normativamente configurato alla stregua di un atto ad efficacia meramente dichiarativa, che si limita a formalizzare l’effetto (acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale) già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l’ingiunzione stessa ” (Cons. Stato, sez. IV, 26 maggio 2020, n. 3330). Infatti, “ l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce effetto automatico dell’omessa ottemperanza all’ingiunzione a demolire. Il formale provvedimento di acquisizione è funzionale all’immissione nel possesso e alla trascrizione nei registri immobiliari e deve essere preceduto dall’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione ” (Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3097;
id. sez. VI, 5 giugno 2019, n. 4336). Dal che consegue che, all’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, non può essere opposto alcun affidamento da parte del privato. Peraltro, nell’appello in esame il richiamo ad un tale affidamento risulta contraddittorio rispetto alla tesi dell’interessata di aver acquisito conoscenza delle ordinanze di demolizione solo con la notifica dell’ordinanza n. -OMISSIS-.

Dunque, per quanto sopra considerato in merito alla corretta notificazione delle ordinanze di demolizione ai genitori anche nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sull’interessata e alla conseguente acquisizione di conoscenza legale da parte della medesima, devono essere ritenute infondate anche le censure circa la violazione delle garanzie procedimentali partecipative e il difetto di motivazione dell’atto di acquisizione gratuita al patrimonio comunale.

Ad analoga conclusione deve giungersi per le deduzioni con cui si avversa il rigetto da parte del T pure della censura diretta a stigmatizzare il difetto di indicazione nell’ordinanza n. -OMISSIS-del termine e dell’autorità cui ricorrere. Tale difetto, secondo il pacifico indirizzo di questo Consiglio, non costituisce di per sé causa di illegittimità dell’atto, ma ne rappresenta una mera irregolarità che, al più, può dar luogo alla concessione della rimessione in termini per errore scusabile (cfr. Cons. Stato, sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7103).

Deve poi ritenersi infondata anche la tesi dell’appellante circa la natura di interventi edilizi minori delle opere costruite sine titulo : infatti, essa è priva di specifico supporto probatorio atto a dimostrare per ognuna di esse, in ragione delle rispettive specifiche, la realizzabilità sulla base di DIA, senza necessità di permesso di costruire.

Anche la tesi secondo la quale il T avrebbe travisato la portata del motivo di ricorso con cui si deduceva che l’ordinanza n. -OMISSIS-era stata adottata in violazione delle disposizioni dell’art. 51, co. 3, l. n. 142/1990 e successive modificazioni e integrazioni deve essere considerata infondata. L’ordinanza in questione è stata adottata ai sensi dell’art. 107, co. 3, lett. g), d.lgs. n. 107/2000 (che attribuisce ai dirigenti “ secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente ”, la competenza ad adottare anche “ tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale ”). La mancanza nella medesima ordinanza di specifici richiami alla “ normativa regolamentare di attuazione ” non dimostra in sé il preteso difetto di determinazione da parte dell’ente locale “ dei criteri e delle norme dettati dagli statuti e dai regolamenti ” cui si riferisce l’alinea dell’art. 107, co. 3, d.lgs. n. 267/2000, da cui l’appellante vorrebbe far discendere il vizio dell’atto sotto il profilo della competenza.

In conclusione, per quanto sopra considerato, l’appello deve essere respinto.

Non si fa luogo a pronuncia sulle spese del grado di giudizio, non essendosi costituito il Comune appellato.

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