Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-04-19, n. 202303968
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Testo completo
Pubblicato il 19/04/2023
N. 03968/2023REG.PROV.COLL.
N. 04423/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4423 del 2022, proposto dalla ditta Centro Direzionale Est s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato F L, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;
contro
il Comune di Caserta, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato L P, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Sezione Quarta), n. 8370 del 15 dicembre 2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Caserta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2023 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato il ricorso per revocazione proposto dalla società Centro Direzionale Est s.r.l. avverso la sentenza di questa Sezione del 15 dicembre 2021 n. 8370.
2. Il giudizio di cognizione ha avuto ad oggetto il diniego emanato con il provvedimento prot. n. 61022 del 6 agosto 2020, relativo a tre istanze presentate il 30 marzo 2020, per ottenere l’autorizzazione in variante ai precedenti permessi di costruire nn. 55, 56 e 57 del 2019.
2.1. Si premette che:
a) il Comune di Caserta ha rilasciato in favore della società ricorrente i permessi di costruire nn. 54, 55 e 56/2018 aventi ad oggetto un intervento di nuova costruzione con destinazione commerciale – direzionale da realizzarsi nelle aree del P.U.A. Nord di via G. Falcone;
b) nell’ottobre 2019, la società ha ottenuto per il medesimo intervento i permessi di costruire nn. 55, 56 e 57/2019, aventi ad oggetto il cambio di destinazione d’uso degli edifici contemplati nell’originario progetto, prevedendosi edifici ad uso direzionale/commerciale, edifici ad uso civile abitazione/commerciale ed un intero edificio da destinare ad edilizia convenzionata;
c) in data 30 marzo 2020, il Comune ha presentato le istanze prot. n. 35464, n. 35471 e n. 35468, finalizzate ad apportare varianti ai titoli edilizi rilasciati nel 2019;
d) con il provvedimento gravato, il Comune ha respinto le suddette istanze evidenziando: “ Con il rilascio dei permessi di costruire 54/2018, 55/2018 e 56/2018 – secondo il percorso logico -interpretativo della norma, frutto di mediazione tra l’art. 2 e l’art. 7 comma 6 della l.r. 19/2009 e quindi tra “volumetria edificabile” ed “edifici esistenti”- si è legittimata non solo una volumetria ma soprattutto si è cristallizzata la situazione edificatoria, relativa all’intero comparto oggetto di intervento. Solo su edifici “esistenti” da riqualificare avrebbe avuto senso il conseguente mutamento di destinazione d’uso ai fini abitativi previsto dall’art.7 e di fatto autorizzato con i pp.di cc. 55/2019, 56/2019, 57/2019: ed è per tale ragione che i suddetti pp.di cc. con i quali si è concesso il cambio d’uso sono sostanzialmente connessi con i pp. di cc. 54/2018, 55/2018, 56/2018con i quali si è riconosciuta l’esistenza degli edifici. Detto ciò, gli interventi proposti di fatto comportano una modifica sostanziale degli edifici riconosciuti come “esistenti” a seguito del rilascio dei P.d.C. nn. 54, 55 e 56del 2018 e della comunicazione in data 13/7/2018 dell’inizio dei lavori di cantierizzazione per l’esecuzione degli stessi e pertanto pregiudicano in maniera significativa l’applicazione dell’art. 7 co. 6 della L.R n. 19 del 2009 per il cambio di destinazione d’uso ai fini abitativi che si fonda sui requisiti “dell’esistenza degli edifici” e di conseguenza sulla valutazione dell’entità dimensionale degli stessi ”.
3. Con ricorso ritualmente notificato, la società ha impugnato il diniego innanzi al T.a.r. per la Campania, articolando tre motivi di ricorso.
3.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Caserta, resistendo al ricorso.
3.2. Con la sentenza n. 1373 del 2 marzo 2021, il T.a.r. per la Campania ha accolto il ricorso e ha condannato il Comune al pagamento delle spese del giudizio.
4. Il Comune di Caserta ha proposto appello innanzi al Consiglio di Stato.
4.1. Si è costituita la società appellata, resistendo all’appello.
5. Con la sentenza n. 8370 del 15 dicembre 2021, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e riformato la sentenza di primo grado, compensando le spese del doppio grado di giudizio.
6. La società ha impugnato la sentenza n. 8370/2021, proponendo ricorso per revocazione, ai sensi degli articoli 106 c.p.a. e 395, n. 4, c.p.c..
6.1. Segnatamente, la società si duole che la sentenza di accoglimento sarebbe stata inficiata dall’erronea percezione determinata dall’aver ritenuto sussistente un aumento di volumetria e un aumento delle altezze dell’edificato, in realtà insussistente in quanto smentito dagli elaborati progettuali depositati nel giudizio.
6.2. Si è costituito il Comune di Caserta, resistendo al ricorso per revocazione.
6.3. Con la memoria del 23 dicembre 2022, la società ricorrente ha illustrato sinteticamente le sue deduzioni.
6.4. Con la memoria del 27 dicembre 2022, il Comune ha altrettanto sinteticamente replicato.
7. All’udienza del 26 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. In linea generale, per quel che rileva ai fini della decisione del presente contenzioso, la Sezione ha avuto modo di affermare che affinché possa dirsi sussistente il vizio revocatorio contemplato dalla norma è necessario che l’errore di fatto lamentato con il ricorso per revocazione si sia dimostrato determinante, secondo un nesso di causalità necessaria, nel senso che l’errore deve aver costituito il motivo essenziale e determinante della decisione impugnata per revocazione. È stato puntualizzato che il nesso causale non inerisce alla realtà storica, ma costituisce un nesso logico-giuridico, nel senso che la diversa soluzione della lite deve imporsi come inevitabile sul piano, appunto, della logica e del diritto, e non degli accadimenti concreti (Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 826);la falsa percezione della realtà processuale deve dunque riguardare un punto decisivo, anche se non espressamente controverso della causa (Cons. Stato, sez. IV, 6 luglio 2022 n. 5622;1 settembre 2015, n. 4099).
8.1. In ragione di quanto appena evidenziato, il ricorso va dichiarato inammissibile, non potendosi qualificare l’errore stigmatizzato dalla ricorrente e asseritamente commesso dalla sentenza impugnata, quand’anche fosse effettivamente riscontrato, come “ determinante ” ai fini della decisione.
8.2. Come emerge dalla motivazione del provvedimento di diniego al cambio di destinazione d’uso e dal precedente atto di comunicazione delle ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza, la domanda della ditta privata è stata respinta perché, secondo il giudizio tecnico discrezionale del Comune, “ gli interventi proposti di fatto comportano una modifica sostanziale degli edifici riconosciuti come esistenti a seguito del rilascio dei PP. di CC. nn. 54/2018, 55/2018, 56/2018 del 6/07/2018 e della comunicazione in data 13/07/2018 dell’inizio dei lavori di cantierizzazione per l’esecuzione degli stessi …”.
8.3. La motivazione del provvedimento non è incentrata, dunque, come sembrerebbe potersi arguire dal ricorso per revocazione, sui profili che la sentenza impugnata avrebbe travisato e relativi all’incremento volumetrico e/o all’incremento dell’altezza degli edifici, bensì su di una valutazione di carattere globale delle modifiche che l’istante ha chiesto di autorizzare con il rilascio del permesso di costruire in variante e ritenute dal Comune “ modifiche sostanziali degli edifici riconosciuti come esistenti ”, ostative al rilascio del titolo richiesto.
8.4. Tale circostanza, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente in revocazione, è stata colta dal Collegio che ha deciso l’appello, in considerazione del fatto che la motivazione della sentenza d’appello:
i) premette che “ data la consistenza delle opere proposte con le istanze del 2020, se gli edifici fossero stati in concreto edificati, sarebbe stato necessario demolirli (almeno in parte) e ricostruirli con tutto quanto ne consegue anche ai fini del pagamento degli oneri di urbanizzazione;il che certamente integra la nozione di mutamento delle caratteristiche dell’intervento costruttivo …” (§. 15);
ii) chiarisce successivamente che “ le modifiche apportabili, pertanto, avrebbero potuto consistere esclusivamente in variazioni “interne” all’edificato, giammai avrebbero potuto variate le caratteristiche costruttive o la cubatura lorda di edilizia convenzionata ” (§ 23.b);
iii) enfatizza la circostanza che la convenzione urbanistica sottoscritta tra le parti aveva stabilito che “ venissero mantenute «invariate le caratteristiche costruttive, la cubatura lorda complessiva di edilizia residenziale e il prezzo unitario di vendita» riconoscendo come praticabili soltanto le varianti progettuali c.d. interne, riferite cioè ai singoli appartamenti ” (§. 24).
8.5. L’eventuale accoglimento della censura revocatoria e l’eventuale riconoscimento di un errore sulla non sussistenza di un incremento volumetrico e sull’aumento dell’altezza non comporterebbe dunque alcun’incidenza sull’esito del giudizio, in considerazione della circostanza che la medesima sentenza chiarisce che:
i) “ la consistenza delle opere proposte con le istanze del 2020 ” integra “ la nozione di mutamento delle caratteristiche dell’intervento costruttivo ”;
ii) “ le modifiche apportabili avrebbero potuto consistere esclusivamente in variazioni “interne” all’edificato ”;
iii) risultavano “ praticabili soltanto le varianti progettuali c.d. interne, riferite cioè ai singoli appartamenti ”.
9. Giova peraltro rimarcare che il ricorso per revocazione è inammissibile anche per un concorrente profilo.
9.1. La disciplina della revocazione prevede, infatti, che la revocazione è ammessa se “ la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita …”.
9.2. Nel ricorso per revocazione la società afferma che “… l’errore di fatto della sentenza che afferma la modifica delle altezze” costituisce “un asserto radicalmente smentito dagli atti esibiti in giudizio .” e soggiunge che “ Si è dimostrato, con riferimento agli atti progettuali e alle relazioni tecniche allegate alle istanze di variante che la consistenza volumetrica assentita con i p.d.c. del 2018 e del 2019 era pari, rispettivamente a mc 15.963,90 ed a mc.16.430,20.
La variante determinava una riduzione della volumetria pari a mc 16.315,30 mc .”.
9.3. La ricorrente, tuttavia, nell’articolare la censura afferma apoditticamente la sussistenza degli errori in cui sarebbe incorso questo Consiglio, senza permettere di individuare, come richiede l’art. 395 c.p.c. quali sarebbero “ gli atti e i documenti di causa ” dai quali questi errori si renderebbero manifesti e che permetterebbero, conseguenzialmente, di dichiarare che la decisione è fondata sulla supposizione di fatti “ la cui verità è incontrastabilmente esclusa ”.
9.3.1. Gli atti in questione, infatti, vengono indicati in maniera generica o facendosi, del pari, menzione del principio di non contestazione (“ Dagli atti esibiti in giudizio e dalle allegate relazioni conformi ai grafici allegati alle richieste di varianti restava dimostrata, peraltro non oggetto di contestazione …”;“ Si è dimostrato, con riferimento agli atti progettuali e alle relazioni tecniche allegate alle istanze di variante …”, pagina 17 del ricorso per revocazione).
9.3.2. Si onera, in tal modo, il Collegio di un’estenuante disamina della copiosa documentazione depositata (ad es., il doc. n. 3 – Relazione giurata del prof. Cristiano si compone di 196 pagine fra perizia e allegati), mentre è onere della parte, in ogni giudizio, indicare nel ricorso i mezzi di prova (a mente del combinato disposto tra gli articoli 38 e 40 c.p.a.) e con specifico riferimento al giudizio per revocazione individuare, tra quelli depositati, gli atti e i documenti di causa che comprovano l’errore di fatto e smentiscono “ incontrastabilmente ” i presupposti che hanno fondato la decisione del Giudice (secondo quanto previsto dal combinato disposto degli articoli 106 c.p.a. e 395, n., 4, c.p.a.). Del resto, in linea con i principi generali del processo, la parte ben può assolvere agevolmente a tale onere in ragione del principio della “ riferibilità o vicinanza della prova ” (Sulla valenza di questo principio, Cass. Sez. unite, 30 ottobre 2001, n. 13533, §.