Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-12-15, n. 202108370

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-12-15, n. 202108370
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108370
Data del deposito : 15 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/12/2021

N. 08370/2021REG.PROV.COLL.

N. 03984/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3984 del 2021, proposto da
Comune di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

S.R.L. Centro Direzionale Est, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 01373/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di S.R.L. Centro Direzionale Est;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2021 il consigliere Giuseppe Rotondo e uditi per le parti gli avvocati L P e F L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Il presente giudizio involge lo scrutinio di legittimità della determinazione dirigenziale del Comune di Caserta – n. 61022 del 6 agosto 2020 – recante il diniego opposto a tre istanze, presentate in data 30 marzo 2020 dalla ditta Centro Direzionale Est (CDE), per ottenere l’autorizzazione in variante ai precedenti permessi di costruire nn. 55, 56 e 57 del 2019, rilasciati in suo favore.

2. La vicenda origina dai permessi di costruire nn. 54-55-56 del 2018 che il Comune di Caserta rilasciò in favore della società ricorrente, aventi ad oggetto un intervento di nuova costruzione con destinazione commerciale – direzionale da realizzarsi nelle aree del P.U.A. Nord di via G. Falcone.

Nel successivo anno 2019, la ditta C.D.E. otteneva, per il medesimo intervento (in relazione alle tre U.M.I. interessate), i permessi di costruire 55, 56 e 57 che assentivano il cambio di destinazione d’uso (direzionale/commerciale, edifici ad uso civile abitazione/commerciale e un intero edificio da destinare ad edilizia convenzionata) ai sensi dell’articolo 7, comma 6, della legge regionale Campania n. 19 del 2009.

2.a. La stessa ditta presentava, in data 30 marzo 2020, tre istanze acquisite al protocollo n. 35464, n. 35471 e n.35468 finalizzate ad apportare varianti ai tioli edilizi rilasciati nel 2019.

3. Il Comune, con l’avversata determinazione, denegava le istanze per la seguente motivazione: “Con il rilascio dei permessi di costruire 54/2018, 55/2018 e 56/2018 – secondo il percorso logico - interpretativo della norma, frutto di mediazione tra l’art. 2 e l’art. 7 comma 6 della l.r. 19/2009 e quindi tra “volumetria edificabile” ed “edifici esistenti”- si è legittimata non solo una volumetria ma soprattutto si è cristallizzata la situazione edificatoria, relativa all’intero comparto oggetto di intervento. Solo su edifici “esistenti” da riqualificare avrebbe avuto senso il conseguente mutamento di destinazione d’uso ai fini abitativi previsto dall’art. 7 e di fatto autorizzato con i permessi di costruire nn. 55/2019, 56/2019, 57/2019: ed è per tale ragione che i suddetti permessi con i quali si è concesso il cambio d’uso sono sostanzialmente connessi con i pp. di cc. 54/2018, 55/2018, 56/2018 con i quali si è riconosciuta l’esistenza degli edifici. Detto ciò, gli interventi proposti di fatto comportano una modifica sostanziale degli edifici riconosciuti come “esistenti” a seguito del rilascio dei permessi di costruire nn. 54, 55 e 56 del 2018 e della comunicazione in data 13/7/2018 dell’inizio dei lavori di cantierizzazione per l’esecuzione degli stessi e pertanto pregiudicano in maniera significativa l’applicazione dell’art. 7 co. 6 della L.R n. 19 del 2009 per il cambio di destinazione d’uso ai fini abitativi che si fonda sui requisiti “dell’esistenza degli edifici” e di conseguenza sulla valutazione dell’entità dimensionale degli stessi”.

4. La ditta CDE impugnava il diniego articolando tre autonomi motivi, compendiati nei seguenti vizi: violazione dei principi generali regolanti il rilascio delle varianti dei titoli edilizi: artt.10 e 32 del d.P.R. 380 del 2001;
violazione della convenzione n. 37210 del 12 luglio 2019;
eccesso di potere per inesistenza dei presupposti, illogicità manifesta;
violazione art. 2 e 7, co. 6, della l.r. n. 19 del 2009;
violazione art. 10 bis, l. 241 del 1990 nel testo integrato dal d. l. 76 del 2020;
violazione del giusto procedimento. In sintesi, le censure:

- il riferimento operato nel provvedimento impugnato ai titoli edilizi del 2018, per inferire la cristallizzazione della situazione edificatoria del comparto, è errato in quanto l’esistenza degli edifici è riferibile al disposto dell’art. 2, co. 1, lett e), della L.R. n. 19 del 2009;

-erroneo è il riferimento ai permessi di costruire del 2018 quale titolo ricognitivo della esistenza degli edifici;

- sono irrilevanti i titoli edilizi del 2018 perché gli stessi non precludono affatto la realizzazione di varianti, anche a mente dell’art. 32 del DPR 380 del 2001;

- giuridicamente inesistenti sono la conclamata “mediazione” e il percorso logico interpretativo della norma frutto di ibridazione tra l’art. 2 e l’art. 7, co. 6 della L.R. n. 19 del 2009;

- l’asserita “cristallizzazione” è smentita dalla relazione dello stesso Dirigente n. 54902/2019, dalla convenzione n. 37210 del 12 luglio 2019 e dai titoli edilizi del 2019;

-le varianti proposte sono “modeste”;

- l’operato della Amministrazione si pone in contrasto con l’art. 10 bis della l.n. 241/1990come novellato per effetto del D.L. n. 76/2020.

5. Si costituiva il Comune di Caserta che, oltre a chiedere il rigetto del ricorso, ne eccepiva l’inammissibilità sul rilievo del carattere pienamente satisfattivo dei titoli del 2019 emessi in favore della ricorrente;
i ricorsi avverso il silenzio serbato sulle relative istanze furono definiti, infatti, con declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

6. Il T.a.r per la Campania, sez. VIII, con la sentenza n. 1373 del 2 marzo 2021:

- respingeva l’eccezione di inammissibilità del ricorso;

- accoglieva il primo e secondo motivo di ricorso;

-annullava il diniego, facendo salve le ulteriori determinazioni del comune

- condannava alle spese di lite il Comune (euro 2.000,00).

7. Appella il Comune, che articola cinque complessi motivi (il primo ripropone l’eccezione inammissibilità del ricorso di primo grado;
il quinto contrasta la statuizione sulle spese) da pagina 9 a pagina 31 del gravame, corredato da istanza cautelare.

8. Si è costituita la ditta CDE per resistere.

9. Alla camera di consiglio del 27 maggio 2021 il Collegio, su concorde richiesta dei difensori delle parti, ha disposto il differimento dell'esame dell'istanza cautelare all'udienza pubblica, successivamente da fissare.

10. Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica.

11. All’udienza del 18 novembre 2021, l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

12. Preliminarmente, il Collegio dà atto che, a seguito della proposizione dell’appello, è riemerso l’intero thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. – sicchè, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, verranno presi direttamente in esame gli originari motivi posti a sostegno del ricorso introduttivo (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020).

13. Il ricorso proposto dal Centro Direzionale Est è infondato.

14. La sua infondatezza consente di prescindere dall’esame dei rilievi di inammissibilità e improcedibilità eccepiti dal Comune di Caserta e riproposti nell’atto di appello.

15. Sul piano generale, il Collegio osserva che:

-le norme sul piano casa sono eccezionali e di stretta esegesi (Corte cost. n. 30 del 2020, n. 208 del 2019, Cons. Stato, sez. IV, n. 3680 del 2017, n. 1828 del 2017 [relativa al piano casa Regione Campania di cui alla l.r. n. 19 del 2009);

- i benefici del piano casa (ma anche della disciplina delle varianti non essenziali di cui all’art. 32, T.U. Edilizia) – attesa la loro ratio che è quella di prevenire il consumo del suolo e riqualificare il patrimonio edilizio esistente – presuppongono la concreta edificazione,

- la variante richiesta, in realtà, va a incidere su permessi di costruire che, a loro volta, sono stati rilasciati in variante a precedenti permessi (del 2018) con cambio di destinazione d’uso, in virtù della norma sancita dall’art. 7 comma 6, l.r. n. 19 del 2009 (di stretta esegesi);

- data la consistenza delle opere proposte con le istanze del 2020, se gli edifici fossero stati in concreto edificati, sarebbe stato necessario demolirli (almeno in parte) e ricostruirli con tutto quanto ne consegue anche ai fini del pagamento degli oneri di urbanizzazione;
il che certamente integra la nozione di mutamento delle caratteristiche dell’intervento costruttivo ai sensi dell’art. 32, lett. d) cit. (cfr. da ultimo sul punto relativo alle relazioni fra titoli edilizi, presupposti del pagamento dei contributi di costruzione e mutamento della destinazione d’uso sez. IV, n. 4810 del 2020).

16. Tanto premesso, in sintesi espositiva e motivazionale, sulle ragioni della infondatezza del ricorso proposto dal C.D.E., il Collegio svolge le seguenti considerazioni.

17. Dirimente, in punto di fatto, è la circostanza che il mutamento di destinazione d’uso di cui ai titoli del 2019 non costituisce un “quid novi” rispetto al quale parametrare, i termini di “edificato esistente”, la successiva, denegata variante.

17.a. Il cambio di destinazione d’uso riposa esattamente sulla assentita edificazione di cui ai titoli edificatori rilasciati nel 2018, i quali fungono da presupposto storico, fattuale e giuridico su cui si sono innervati i titoli assentiti nel 2019.

Quest’ultimi (implicanti il mutamento di destinazione d’uso dei manufatti assentiti nel 2018), giammai avrebbero potuto essere rilasciati in assenza di un “edificato” oggetto di “riqualificazione” ai sensi dell’articolo 7 della legge regionale n. 19 del 2009.

18. E allora, il punto di partenza cui fare riferimento per determinare il volume edificato (c.d. cristallizzatosi) non può che essere quello accertato, definito e considerato nella sua entità dimensionale in sede di rilascio dei titoli edilizi del 2018, rispetto ai quali i permessi del 2019 hanno assentito, ai sensi dell’articolo 7, comma 6, della citata legge regionale, il (solo) cambio d’uso funzionale.

19. La variante del 2020 (oggetto delle tre istanze denegate) va, dunque, a modificare il “volume dell’edificio”, indicato come parametro di riferimento dal comma 6 del citato articolo 7, in quanto i permessi del 2019 già costituivano variante a quelli del 2018 e presupponevano, pertanto, la “volumetria esistente”, come definita ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale n. 19/2009 e compendiata nei titoli del 2018.

20. In altri termini, la variante assentita con i titoli rilasciati nel 2019 per il cambio di destinazione d'uso poteva riguardare, come ha riguardato, i (soli) manufatti esistenti, ovvero quelli autorizzati nel 2018, il cui volume costituiva e perimetrava l’ambito di rilevanza dell’edificato ed edificabile ai sensi dell’articolo 2 della legge regionale n. 19 del 2009.

21. Già nel 2019, dunque, non si sarebbero potute apportare modifiche volumetriche altrimenti modificative della volumetria “esistente” ovvero “edificabile”, quale cristallizzatasi in sede di rilascio dei permessi del 2018.

22. Rispetto a tale situazione di fatto, la variante del 2020 denegata dal Comune e oggi motivo di contenzioso, introduce modifiche niente affatto marginali alla volumetria esistente incidendo sulle altezze degli edifici, prevedendo la realizzazione di cavedi, ascensori, scale protette, dunque neppure reputabili come “modeste”. Modifiche che, se assentite, finirebbero per variare in modo essenziale l’intero comparto edificatorio definito nella sua entità volumetrica dai titoli edilizi che si sono succeduti tra il 2018 e il 2019.

23. Il Collegio ritiene che difetti tra i titoli rilasciati nel 2018 e quelli assentiti nel 2019 una piena e totale autonomia ontologica e funzionale, come diversamente patrocinato dall’appellato.

23.a. Il cambio di destinazione d’uso (ottenuto nel 2019 ex art. 7, co. 6, legge reg. citata) presuppone fisiologicamente l’esistenza materiale o giuridica dei manufatti sui quali va ad incidere, quindi di una volumetria esistente sulla quale operare il mutamento funzionale di categoria urbanistica.

23.a. Tale volumetria non può che essere, pertanto, quella riveniente dal comparto autorizzato, ancorché non ancora realizzato, assentito nel 2018.

23.b. Le modifiche apportabile, pertanto, avrebbero potuto consistere esclusivamente in variazioni “interne” all’edificato, giammai avrebbero potuto variate le caratteristiche costruttive o la cubatura lorda di edilizia convenzionata.

24. In tal senso (a confutazione del secondo e terzo motivo di ricorso di primo grado e in senso contrario a quanto prospettato in tesi della ditta) milita anche la convenzione urbanistica sottoscritta inter partes il 12 luglio 2019 che, all’articolo 17, nel definire “in parte qua” in via consensuale il contenuto dei provvedimenti accessivi al contratto, con un accordo riconducibile al paradigma dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990, ha espressamente stabilito che venissero mantenute “invariate le caratteristiche costruttive, la cubatura lorda complessiva di edilizia residenziale e il prezzo unitario di vendita”, riconoscendo come praticabili soltanto le varianti progettuali c.d. interne, riferite cioè ai singoli appartamenti.

25. In conclusione, in accoglimento dei motivi di appello proposti dal Comune di Caserta, e per quanto sin qui argomentato, il ricorso di primo grado proposto dal Centro Direzionale Est è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

26. La complessità del giudizio è giusto motivo per disporre la compensazione delle spese del doppio grado.

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