Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-02, n. 202404019

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2024-05-02, n. 202404019
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404019
Data del deposito : 2 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2024

N. 04019/2024REG.PROV.COLL.

N. 05285/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5285 del 2021, proposto dal Comune di Giovinazzo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C T, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

la società Anthea Hospital S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P M, S S e R N, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato E P in Roma, via Bruno Buozzi n. 68;

per la riforma

della sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Anthea Hospital S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 aprile 2024 il Cons. Eugenio Tagliasacchi e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe, il Comune di Giovinazzo ha impugnato la sentenza n. -OMISSIS- del T.a.r. Puglia - Bari che ha parzialmente accolto il ricorso proposto dalla Anthea Hospital S.r.l., limitatamente alla domanda di accertamento dell’intervenuta decadenza per factum principis della convenzione sottoscritta in data 3 maggio 2000 tra l’anzidetta società e il Comune appellante (poi modificata e integrata con atti del 26 gennaio 2001 e del 15 settembre 2005), avente ad oggetto “ la realizzazione di attrezzature di interesse pubblico in attuazione del Piano particolareggiato di esecuzione del vigente P.R.G.C. ” del Comune di Giovinazzo.

2. Occorre premettere, in punto di fatto, che la società Casa di Cura Villa Giustina S.r.l. (poi divenuta Casa di Cura Villa Giustina S.p.a.) – alla quale è succeduta, per le vicende societarie di cui si dirà meglio nel prosieguo, la società Anthea Hospital S.r.l., ricorrente in primo grado e odierna appellata – era proprietaria dell’area sita nel territorio del Comune di Giovinazzo, contrada “Torre del Ciuccio” o “Torre di Zotto”, catastalmente identificata al Foglio 2, particelle n. 125 e n. 1300, per la superficie complessiva di mq. 7.459, formante il Lotto 3 del piano particolareggiato in zona AS15, area per attrezzature di servizio pubblico, del P.R.G. del Comune di Giovinazzo.

In estrema sintesi – e per quanto rileva in questa sede – in relazione ai predetti terreni, la società Casa di Cura Villa Giustina S.r.l. aveva avviato, con istanza del 29 febbraio 2000, un complesso iter procedimentale per il rilascio del titolo edilizio per la realizzazione in proprio di una struttura sanitaria con trentacinque posti letto, poi elevati a cinquanta.

Tuttavia, tale articolato procedimento – nel cui contesto si inserisce la stipula della convenzione urbanistica del 3 maggio 2000 sopra richiamata, sottoscritta dopo il parere favorevole dell’ASL BA/2 del 12 aprile 2000 prot. n. 24183 – non si è concluso, dapprima a causa del mancato rilascio della verifica regionale di compatibilità del progetto ai sensi del d.lgs. n. 502/1992, che costituiva presupposto necessario per il menzionato titolo edilizio, e, successivamente, a causa dell’entrata in vigore della normativa recante i nuovi criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale.

Per esigenze di chiarezza, occorre ancora dare preliminarmente atto delle vicende societarie rilevanti nel caso di specie. Come già precisato, la Casa di Cura Villa Giustina S.r.l., a seguito di trasformazione societaria avvenuta con atto del 22 dicembre 2004, poi iscritto nel registro delle imprese in data 26 agosto 2005, ha assunto la denominazione di “Casa di Cura Villa Giustina Società per azioni”, per poi divenire “Casa di Cura Villa Giustina Società per azioni a socio unico”, a seguito del trasferimento delle azioni alla GMT Group S.r.l. (società controllata dal Gruppo Villa Maria S.p.a.), e successivamente “Casa di Cura Villa Giustina S.p.a.”. Con atto di fusione per incorporazione del 4 novembre 2009, iscritto nel registro delle imprese in data 23 novembre 2009, la Casa di Cura Villa Giustina S.p.a. è stata, poi, incorporata dalla Medicol S.r.l., cessando il successivo 29 dicembre 2009. A sua volta, la Medicol S.r.l. è stata fusa per incorporazione nella Anthea Hospital S.r.l., con conseguente cancellazione dal registro delle imprese avvenuta in data 26 giugno 2018, sicché, del tutto correttamente, la Anthea Hospital S.r.l., odierna appellata, è da ritenersi parte del presente giudizio quale soggetto cui è riferibile la convenzione del 3 maggio 2000.

3. Con riferimento al sopra menzionato profilo del rilascio della verifica regionale ai sensi del d.lgs. n. 502/1992, va altresì rilevato che la società Villa Giustina S.r.l. – che aveva peraltro già ottenuto, in data 27 febbraio 2001, il parere favorevole dell’A.S.L. BA/2 – a fronte del silenzio della Regione e della nota prot. n. 24/4561 del 15 aprile 2003 con cui la Regione medesima aveva dato atto che non sarebbero state “ prese in considerazione istanze concernenti il rilascio di detto parere ”, ha introdotto un primo giudizio davanti al T.a.r. Puglia - Bari. Il Tribunale, con ordinanza n. -OMISSIS-, ha accolto la domanda cautelare “ fissando alla Regione Puglia il termine di giorni 180 (centottanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza per l’esecuzione del punto A-8… mediante l’emanazione dei criteri e l’individuazione delle procedure per la verifica di compatibilità di cui all’art.

8-ter comma 3 del d.lgs. 30.12.1992, n. 502
”.

Ciononostante la Regione è rimasta inerte, sicché la società si è nuovamente rivolta al T.a.r. per chiedere l’esecuzione dell’ordinanza cautelare. Tale istanza, tuttavia, non è stata accolta, in quanto la Regione, con una disposizione legislativa sopravvenuta, aveva riservato a un apposito disegno di legge la fissazione dei criteri per il rilascio delle autorizzazioni e dei pareri di compatibilità con il piano sanitario regionale.

4. Nelle more, il Comune di Giovinazzo, a fronte delle istanze di concessione edilizia presentate dalla società Villa Giustina S.r.l., rilasciava in data 13 agosto 2004 il permesso di costruire n. 19, la cui efficacia – in difetto del parere di compatibilità che doveva essere adottato dalla Regione – risultava “ subordinata all’acquisizione del parere di compatibilità del progetto, espresso dalla Regione Puglia, giusta disposto dell’art.

8-ter del D.Lgs. n. 502/92 e s.m.i.
”.

5. La Regione Puglia rilasciava, infine, il parere di compatibilità della struttura in data 28 ottobre 2004, reso con la delibera della Giunta Regionale n. 1618, a fronte dell’espressa rinuncia da parte della società Casa di Cura Villa Giustina S.r.l. a qualunque pretesa risarcitoria.

Tale parere, tuttavia, era riferito a una struttura con trentacinque posti letto, diversa, quindi, da quella di cinquanta posti prevista dal progetto edilizio approvato dal Comune e oggetto sia dell’integrazione della convenzione sottoscritta tra le parti, sia del permesso di costruire del 13 agosto 2004, la cui efficacia era condizionata al rilascio del parere di compatibilità da parte della Regione Puglia ai sensi del d.lgs. n. 502/1992.

6. Da ultimo, con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, è entrata in vigore la normativa recante i nuovi criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale, a mente della quale l’area corrispondente al territorio del Comune di Giovinazzo è stata inserita in Classe 3, con conseguente impossibilità di attuare il progetto de quo mediante la realizzazione della struttura oggetto del permesso di costruire sopra richiamato. Pertanto, la società Casa di Cura Villa Giustina S.r.l. – medio tempore divenuta Casa di Cura Villa Giustina Società per azioni – si vedeva costretta ad avviare un nuovo iter procedimentale volto a ottenere il rilascio di un diverso titolo edilizio, presentando un nuovo progetto in data 13 aprile 2007, conforme ai criteri sopravvenuti introdotti dalla disciplina antisismica.

A fronte di tale nuovo progetto, il Comune chiedeva chiarimenti e integrazioni documentali, ai quali la società dava riscontro in data 13 luglio 2007. Successivamente, ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 380/2001, veniva presentata, in data 3 marzo 2009 - 13 maggio 2009, una variante al permesso di costruire n. 19 rilasciato dal Comune il 13 agosto 2004, recante un ampliamento della struttura in conformità con le richieste del Comune e tale variante veniva poi autorizzata dal Comune stesso con deliberazione n. 29 del 3 giugno 2009. In particolare, con la delibera da ultimo citata, veniva autorizzata la realizzazione di una struttura sanitaria di dimensioni più ampie, coerente con il mutato interesse pubblico.

A seguito di tale variante, tuttavia, la Regione Puglia, con nota del 30 luglio 2009, prot. n. 24/3655/2, negava il rilascio del parere di compatibilità in relazione al nuovo progetto.

7. Conseguentemente, essendo nel frattempo ormai decorso il termine decennale di durata del piano particolareggiato, previsto dall’art. 16, comma 5, della l. n. 1150/942, si era delineata l’oggettiva impossibilità di realizzare il progetto in questione, sicché la Medicol S.r.l. (nelle more succeduta alla società Casa di Cura Villa Giustina S.p.a. per effetto della fusione per incorporazione di cui si è dato conto in precedenza), con nota del 5 aprile 2017, rappresentando la sopravvenuta inattuabilità del progetto de quo , ha chiesto al Comune di Giovinazzo di prendere atto dell’intervenuta risoluzione o decadenza della convenzione, procedendo al conseguente “ ripristino dell’originario titolo di proprietà ” e alla restituzione dell’area catastalmente identificata al Foglio 2, particelle n. 125 e n. 1300, che era stata in precedenza trasferita al Comune a titolo di corrispettivo per la concessione alla società del diritto di costruire in proprio la struttura sanitaria, previa costituzione del diritto di superficie della durata di novantanove anni. Tale nota rimaneva, tuttavia, priva di riscontro.

8. A fronte dell’inerzia dell’amministrazione comunale, la società Anthea Hospital S.r.l. – succeduta, a sua volta, alla Medicol S.r.l. per effetto dell’ulteriore fusione per incorporazione di cui parimenti si è dato conto – ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio per chiedere l’accertamento dell’intervenuta decadenza della convenzione del 3 maggio 2000 per factum principis o, comunque, per fatto imputabile al Comune di Giovinazzo nonché per l’accertamento del conseguente diritto alla restituzione dell’area ceduta al Comune.

9. Il T.a.r. Puglia - Bari, con la sentenza n. -OMISSIS-, ha accolto la domanda di accertamento della decadenza della convenzione ritenendola riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
per contro ha declinato la giurisdizione con riferimento alla domanda di restituzione dell’area.

Ad avviso del giudice di primo grado, l’anzidetta domanda restitutoria sarebbe stata riconducibile alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. g), del c.p.a., qualora fosse stata qualificabile come domanda di retrocessione di un bene espropriato per mancata realizzazione dell’opera di pubblica utilità nel termine di dieci anni dal decreto di esproprio;
tuttavia, nel caso di specie, siffatta qualificazione sarebbe stata preclusa dall’assenza della dichiarazione di pubblica utilità.

Per tale ragione, la domanda di restituzione proposta dalla ricorrente in prime cure non era qualificabile né come domanda di retrocessione, la quale avrebbe per l’appunto postulato l’esistenza di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, né poteva essere intesa come domanda afferente all’esecuzione della convenzione medesima, che, come tale, sarebbe stata parimenti riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2), del c.p.a.. Sul punto, infatti, il T.a.r. ha rilevato che, con la convenzione de qua , il soggetto privato aveva trasferito al Comune di Giovinazzo il diritto di proprietà relativo ai terreni in questione, per complessivi 7.459 mq, e la sopravvenuta decadenza della convenzione, rimasta ineseguita, non poteva di per sé privare il Comune del predetto diritto di proprietà. In altri termini, ad avviso del T.a.r., l’effetto traslativo derivante dalla convenzione non poteva venir meno per effetto della decadenza della convenzione medesima. Al riguardo, il Tribunale ha rammentato che, a mente dell’art. 17, comma 3, l. n. 1150/1942, l’inefficacia sopravvenuta del piano particolareggiato a seguito del decorso del termine previsto per la sua esecuzione è limitata alla “ parte in cui non abbia avuto attuazione ”. Poiché, nel caso di specie, la parte della convenzione relativa alla cessione delle aree al Comune aveva già avuto attuazione, il T.a.r. ha pertanto ritenuto che, per quella parte, il piano particolareggiato avesse già prodotto i suoi effetti, effetti che “ tuttora permangono e che non sono travolti dall’eventuale decadenza della convenzione ”. Ne consegue, in tale prospettiva, che la sopravvenuta decadenza della convenzione ha determinato il venir meno della causa del trasferimento del diritto reale;
tuttavia tanto la domanda di arricchimento senza causa quanto quella ex art. 2033 c.c. non sono state ritenute dal T.a.r. riconducibili alla giurisdizione del giudice amministrativo, sicché, per questa ragione, il giudice di primo grado ha dichiarato la domanda restitutoria proposta dalla Anthea Hospital S.r.l. inammissibile per difetto di giurisdizione.

Con riferimento, invece, alla questione della decadenza della convenzione, il T.a.r. Puglia ha ritenuto che essa sia da ritenersi pacifica, essendo viceversa inconferenti i riferimenti normativi invocati dal Comune, “ non potendosi dubitare che si tratti di un piano particolareggiato ”. Sul punto, la pronuncia ha altresì evidenziato che l’anzidetta decadenza è intervenuta a causa di eventi esterni, da ritenersi imprevedibili al momento della sottoscrizione della convenzione e inevitabili, nonché non imputabili né alla ricorrente né alla sua dante causa, società Villa Giustina S.r.l..

10. Avverso tale sentenza ha proposto appello principale il Comune di Giovinazzo formulando tre distinte censure;
ha del pari proposto appello incidentale condizionato la Anthea Hospital S.r.l..

11. Il Comune, nel proprio atto di appello, prima di formulare i predetti tre motivi di gravame indicati con le rispettive rubriche, ha premesso una parte in fatto, nel cui ambito ha espresso ulteriori censure, sostenendo, tra l’altro, che il T.a.r. sia incorso in errore poiché avrebbe erroneamente qualificato la convenzione sottoscritta tra il Comune di Giovinazzo e la Villa Giustina S.r.l. alla stregua di una convezione urbanistica ai sensi della l. n. 1150/1942, poiché si tratterebbe, a suo avviso, di convenzione per la concessione del diritto di superficie per la realizzazione di strutture destinate ai servizi urbani e sociali, ai sensi dell’art. 35, comma 4, l. n. 865/1971.

12. Con il primo motivo di gravame, al punto sub a), il Comune di Giovinazzo insiste nel sostenere che la convenzione del 3 maggio 2000 non possa essere qualificata come convenzione urbanistica sia perché non sono contemplati ulteriori interventi edilizi se non quello relativo alla struttura sanitaria, sia perché è previsto che il privato rimanga titolare del diritto di superficie sulle aree cedute al Comune, sia, infine, perché l’intervento in questione ricadrebbe nell’ambito di un P.E.E.P.. Per tale ragione, secondo l’appellante, il Comune avrebbe fatto applicazione dell’art. 35 della l. n. 865/1971 in tema di convenzioni per la concessione del diritto di superficie sui suoli destinati alla realizzazione di strutture per servizi urbani e sociali e l’approvazione del piano particolareggiato costituirebbe dichiarazione di pubblica utilità e indifferibilità delle opere in esso previste ai sensi dell’art. 52 della medesima l. n. 865/1971, sicché verrebbero in rilievo poteri espropriativi. Secondo la difesa del Comune, infatti, l’amministrazione avrebbe potuto espropriare le aree ma avrebbe viceversa “ proceduto con un’unica convenzione ad acquisire mediante cessione volontaria il bene ”, contestualmente assegnandolo “ in diritto di superficie per novantanove anni ”.

Così inquadrata la vicenda, ad avviso dell’appellante, si dovrebbe pervenire alla conclusione che segue: “ l’impossibilità sopravvenuta all’esecuzione del rapporto concessorio può determinare la risoluzione/decadenza del rapporto concessorio, ma non del presupposto procedimento ablatorio ”.

12.1. Con le prospettazioni di cui al punto sub b) del primo motivo di gravame, l’appellante deduce il vizio di ultrapetizione, sostenendo che non sarebbe stato “ neanche ipotizzato dal ricorrente in primo grado che la convenzione stipulata non fosse configurabile quale concessione in diritto di superficie ai sensi dell'art. 35 Legge n. 865/71, né che nel procedimento in oggetto sia mancata la dichiarazione di pubblica utilità delle opere ”. Al riguardo, sostiene altresì che la dichiarazione di pubblica utilità dipenderebbe dalla delibera del Consiglio Comunale di Giovinazzo n. 114 del 27 dicembre 1999, avente ad oggetto l’approvazione del piano particolareggiato della maglia AS 15 del P.R.G., in quanto, ai sensi dell’art. 52, l. n. 865/1971, l’approvazione del piano particolareggiato costituisce dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste. Per tale ragione, il T.a.r., non avendo preso in considerazione la predetta delibera, avrebbe errato tanto ad escludere che sia stata dichiarata la pubblica utilità dell’intervento quanto a ritenere che non fosse configurabile alcun P.E.E.P..

12.2. Con la censura sub c) del primo motivo di appello, poi, l’appellante contesta la sentenza sostenendo, con argomentazioni non sempre del tutto chiare, che l’assenza di previsioni circa la retrocessione del bene non inficia la validità della concessione, “ essendo facoltà espressamente prevista dal T.U. espropri, senza necessità che venga riprodotta in maniera ultronea ”. Sostiene, inoltre, che dall’asserito meccanismo espropriativo si desumerebbe che il proprietario e l’assegnatario “ sono lo stesso soggetto, sicché le somme a versarsi e a riscuotersi sono state compensate tra le parti ”.

13. Con il secondo motivo di gravame, il Comune di Giovinazzo contesta la sentenza nella parte in cui ha affermato che la convenzione sia decaduta per decorso del termine decennale, in considerazione della circostanza che i piani particolareggiati disciplinati dalla l. n. 865/1971 hanno validità di diciotto anni. Sotto un diverso profilo, osserva che, comunque, la scadenza del termine non comporta l’inedificabilità dell’area ma fa venir meno esclusivamente i vincoli espropriativi, con la conseguenza che il piano continuerebbe ad avere efficacia nella sua parte conformativa.

14. Con il terzo motivo di gravame, infine, insiste nell’addebitare l’inadempimento della convenzione alla società ricorrente, odierna appellata, sostenendo che si tratti del frutto di una libera e autonoma scelta imprenditoriale della stessa, fermo restando che, ad avviso del Comune, la sopravvenuta normativa antisismica non renderebbe inedificabile l’area.

15. Si è costituita in giudizio la società Anthea Hospital S.r.l., replicando alle censure proposte e chiedendo il rigetto dell’appello ex adverso proposto, eccependone altresì l’inammissibilità per genericità dei motivi, sul presupposto che la difesa del Comune non avrebbe formulato specifiche critiche alla sentenza, limitandosi alla mera riproposizione delle considerazioni già espresse nell’ambito del giudizio di primo grado.

In relazione al terzo motivo dell’appello principale, inoltre, deduce un ulteriore profilo di inammissibilità in considerazione della circostanza che detto motivo non recherebbe specifiche censure alla sentenza, la quale, in particolare, aveva puntualmente ritenuto priva di fondamento la tesi del Comune di Giovinazzo secondo cui vi sarebbe stata una scelta imprenditoriale della società di spostare altrove i trentacinque posti letto e aveva del pari reputato convincente la tesi dell’irrealizzabilità del progetto a seguito della sopravvenuta normativa antisismica. Osserva, ancora, la parte appellata che, in ogni caso, sono del tutto inconferenti tanto il richiamo all’art. 52 della l. 865/1971, quanto quello all’esistenza di un “ asserito procedimento ablatorio mai posto in essere dal Comune ”, così come “ l’inutile e fumoso ragionamento di controparte riguardo al “principio di pareggio dei costi” nemmeno lontanamente applicabile al caso di specie ” e l’invocata “ disciplina del riscatto della proprietà del suolo di cui all’art. 31, comma 48, L. 448/98, peraltro sinora mai invocata da controparte ”.

15.1. La società Anthea Hospital S.r.l. ha, inoltre, proposto appello incidentale condizionato avverso la pronuncia del T.a.r., con riferimento alle parti della sentenza che hanno escluso la responsabilità del Comune di Giovinazzo e ha parimenti impugnato in via incidentale condizionata anche la parte della pronuncia in cui il T.a.r., pur riconoscendo il nesso sinallagmatico tra la cessione del bene e la realizzazione del programma costruttivo, ha ritenuto che la decadenza della convenzione non implichi la restituzione dell’area precedentemente ceduta al Comune. Sul punto, peraltro, la società Anthea Hospital S.r.l. precisa di aver proposto l’appello incidentale condizionato soltanto per ragioni di cautela, poiché ritiene che siffatte parti della pronuncia siano meri obiter dicta .

Con il primo motivo di appello incidentale, la società Anthea Hospital S.r.l. sostiene che il T.a.r. abbia contraddittoriamente escluso un profilo di colpevole inerzia in capo al Comune, mentre, con il secondo motivo, contesta le considerazioni della sentenza relative alla restituzione dell’area, in merito alla quale il T.a.r. stesso aveva ritenuto di essere privo di giurisdizione, sicché, proprio per siffatta ragione, si tratterebbe per l’appunto di meri obiter dicta .

16. Il Comune di Giovinazzo, con la memoria depositata in data 11 marzo 2024, ha insistito nelle proprie difese e ha eccepito la tardività dell’appello incidentale, ritenendo che debba essere qualificato come appello incidentale improprio. La società Anthea Hospital S.r.l., per contro, con la memoria di replica del 21 marzo 2024, ha precisato che l’anzidetto appello incidentale è da ritenersi condizionato all’accoglimento di quello principale, non potendo, dunque, essere autonomamente esaminato.

17. Tanto premesso, il Collegio reputa che l’appello principale del Comune di Giovinazzo sia infondato e vada respinto, con conseguente improcedibilità dell’appello incidentale condizionato proposto dalla società Anthea Hospital S.r.l., per le ragioni che di seguito sinteticamente si espongono.

18. In via preliminare – poiché, come si è anticipato in precedenza, il Comune di Giovinazzo ha espresso talune censure alla pronuncia di primo grado inserendole nell’ambito della parte in fatto del proprio atto di appello – si rende necessario rammentare i principi già affermati da questo Consiglio di Stato, a mente dei quali i motivi di ricorso e di appello debbono essere formulati in un’apposita parte dell’atto, espressamente dedicata alla loro illustrazione. Si tratta, infatti, di una regola che la giurisprudenza desume dall’art. 40 c.p.a. e che non solo costituisce attuazione del più generale dovere di chiarezza nella redazione degli atti processuali previsto dall’art. 3 c.p.a., ma risulta altresì funzionale a prevenire i c.d. motivi intrusi ” e il conseguente rischio che la sentenza incorra in un errore di fatto suscettibile di determinarne la revocazione.

In tal senso si è espressa, anche in tempi molto recenti, questa Sezione;
sul punto, cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 18 dicembre 2023, n. 10981, secondo cui: “ È inammissibile la censura che rimanda alla parte in fatto del ricorso, tenuto conto dell'art. 40 del Libro II del Codice del processo amministrativo, come sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. f), d.lg. 14 settembre 2012, n. 160 (c.d. secondo decreto correttivo), applicabile anche al giudizio di appello in virtù della disposizione di rinvio interno di cui all'art. 38 dello stesso Codice, con la conseguenza che i motivi di ricorso devono essere proposti distintamente in una apposita parte dell'atto dedicata alla loro illustrazione, di cui essi costituiscono il nucleo essenziale e centrale: lo scopo dell' art. 40 c.p.a. è infatti quello di incentivare la redazione di ricorsi dal contenuto chiaro e di porre argine alla prassi dei ricorsi non strutturati secondo una esatta suddivisione tra fatto e motivi, con il conseguente rischio che trovino ingresso i c.d. 'motivi intrusi', ossia i motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al fatto, che ingenerano il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminino tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo chiaro e univoco e, di conseguenza, incorrano in un vizio revocatorio ”. In senso del tutto analogo, si veda anche Consiglio di Stato, Sez. V, 17 marzo 2022, n. 1951, che ha affermato quanto segue: “ L’inammissibilità dei motivi del ricorso di appello può dunque conseguire non solo al difetto di specificità – requisito autonomamente previsto per l’appello dall’art. 101, comma 1, Cod. proc. amm. – ma anche alla loro mancata indicazione, “distintamente”, in apposita parte dell’atto dedicata a tale elemento, di cui essi costituiscono il nucleo essenziale e centrale: lo scopo dell’art. 40 Cod. proc. amm. è infatti quello di incentivare la redazione di ricorsi dal contenuto chiaro e di porre argine alla prassi dei ricorsi non strutturati secondo una esatta suddivisione tra “fatto” e “motivi”, con il conseguente rischio che trovino ingresso i c.d. “motivi intrusi”, ossia i motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al “fatto”, che, a loro volta, ingenerano il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminino tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo chiaro e univoco e, di conseguenza, incorrano in un vizio revocatorio”. La pronuncia da ultimo citata, inoltre, fa riferimento agli ulteriori precedenti che seguono: “ Cons. Stato, V, 9 aprile 2020, n. 2343;
31 ottobre 2016, n. 4561;
31 marzo 2016, n. 1268;
VI, 4 gennaio 2016, n.

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