Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-11-02, n. 202209483

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-11-02, n. 202209483
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202209483
Data del deposito : 2 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/11/2022

N. 09483/2022REG.PROV.COLL.

N. 03376/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3376 del 2022, proposto dal comune di Ascea, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati A B e Pasquale D’Angiolillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A B in Roma, via Taranto. n. 18;

contro

la signora M E R, in proprio e nella qualità di liquidatrice della società Immobiliare Ascea Marina s.r.l. in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avvocato L T, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo, n. 323;
il Ministero della cultura (già Ministero per i beni e le attività culturali), in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, (sezione seconda) n. 783 del 22 marzo 2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della signora M E R e del Ministero della cultura;

Visto l’appello incidentale del Ministero della cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2022 il consigliere A V e uditi per le parti l’avvocato Alessandro Biamonte, su delega dichiarata dell’avvocato A B, e l’avvocato L T;

Vista l’istanza di passaggio in decisione depositata dall’avvocato dello Stato Bruno Dettori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del giudizio è rappresentato dal silenzio serbato dal comune di Ascea e dal Ministero per i beni e le attività culturali sull’istanza-diffida presentata in data 21 settembre 2018 dalla signora R Maria Esmeralda, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società Immobiliare Ascea a r.l., volta alla definizione della procedura espropriativa avviata con decreto del direttore generale del Dipartimento per i beni culturali e paesaggistici – Servizio patrimonio architettonico del Ministero per i beni e le attività culturali del 15 febbraio 2006, recante la dichiarazione di pubblica utilità di “Palazzo De Dominicis – R”, ubicato in Ascea, via Roma, e censito in catasto, quanto alle porzioni immobiliari in proprietà della proponente, al foglio 45, particelle 240, sub 2, 5, 9,10, 11, 12, 19, 241, 243, 776, 777.

2. In particolare, occorre dare atto che:

i ) con il citato decreto del 15 febbraio 2006, il Ministero per i beni e le attività culturali dichiarava la pubblica utilità dell’espropriazione ex artt. 95 ss. del d.lgs. n. 42/2004 del “Palazzo De Dominicis – R”, sottoposto a vincolo storico-architettonico con d.m. 24 gennaio 1995 e ricompreso nel Progetto Integrato “Grande Attrattore Culturale ‘Paestum – Velia’”, finanziato con risorse POR Campania 2000/2006;

ii ) in data 19 aprile 2007 il comune di Ascea, previa comunicazione ex art. 16, comma 4, del d.P.R. n. 327/2001 (nota prot. n. 4305 del 27 marzo 2006) adottava il decreto di occupazione di urgenza;

iii ) con ricorso iscritto a r.g. n. 998/2006 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, le signore M E R e Adriana Acquaviva d’Aragona, comproprietarie dell’immobile, impugnavano gli atti della procedura ablatoria;
il ricorso veniva in seguito dichiarato perento con decreto presidenziale n. 257 del 28 ottobre 2014;

iv ) le parti in causa (R, Acquaviva d’Aragona e comune di Ascea) addivenivano, nell’anno 2010, alla stipula di un accordo transattivo avente per oggetto l’ammontare del “ristoro economico” relativo alla procedura ablatoria de qua e quantificato in € 850.000,00;

v ) a seguito dell’istanza-diffida del 21 settembre 2018 - presentata dalla signora R a causa del parziale inadempimento del debito contratto con l’accordo transattivo e diretta ad ottenere la restituzione dell’immobile ovvero, in subordine, l’adozione del provvedimento ex art. 42- bis del d.P.R. n. 327/2001 – quest’ultima, a fronte della perdurante inerzia amministrativa, proponeva dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, il ricorso iscritto a r.g. n. 68/2019 per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio inadempimento serbato dal comune di Ascea e dal Ministero per i beni e le attività culturali e l’accertamento dell’obbligo delle amministrazioni intimate a determinarsi in via espressa e motivata alla restituzione dell’immobile occupato sine titulo ovvero, in subordine, alla sua acquisizione ai sensi dell’art. 42- bis citato;

vi ) il T.a.r., con sentenza n. 982 del 12 giugno 2019, dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di interesse qualificato ad agire avverso il silenzio nonché per difetto di giurisdizione;

vii ) il Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza n. 224 del 9 gennaio 2020, annullava tale pronuncia con rinvio, ai sensi dell’art. 105, comma 2, c.p.a., in ragione della rilevata sussistenza della giurisdizione dell’adito giudice amministrativo;
seguiva la riassunzione del giudizio con ricorso dinanzi al T.a.r. per la Campania (r.g. n. 151/2020);

viii ) con sentenza n. 32688 del 9 novembre 2021, le Sezioni unite della Corte di cassazione, in parziale accoglimento del ricorso proposto dal comune di Acea ex art. 111, comma 8, Cost., art. 110 c.p.a. e art. 360, comma 1, n. 1), c.p.c., dichiaravano la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria sulla domanda di pagamento dell’indennità di espropriazione e di risoluzione della transazione, e quella del giudice amministrativo sulla domanda di definizione del procedimento di espropriazione;

ix ) pertanto, la signora M E R, con istanza di fissazione di udienza del 7 dicembre 2021, proseguiva il processo sospeso innanzi al T.a.r., ai sensi dell’art. 80, comma 1, c.p.a., e, con ricorso ex art. 702- bis c.p.c. (r.g. n. 82/2022), riassumeva innanzi alla Corte di appello di Salerno le domande di accertamento della risoluzione de iure dell’accordo transattivo e di liquidazione del saldo dell’indennizzo.

3. Come anticipato, con ricorso n.r.g. 151 del 2020, la signora R, riassumendo la causa ab origine instaurata col ricorso iscritto a r.g. n. 68/2019, ha chiesto:

a) l’accertamento dell’illegittimità del silenzio inadempimento serbato dal comune di Ascea e dal Ministero per i beni e le attività culturali (Mibac) sull’istanza-diffida del 12 marzo 2018;

b) l’accertamento dell’obbligo delle amministrazioni intimate a determinarsi in via espressa e motivata alla restituzione dell’immobile occupato sine titulo ovvero, in subordine, alla sua acquisizione coattiva ai sensi dell’art. 42- bis del d.P.R. n. 327/2001.

4. Il T.a.r per la Campania, Salerno, sez. II, con la sentenza n. 783 del 22 marzo 2022:

a) preliminarmente:

a1) ha respinto l’eccezione di difetto di interesse ad agire della signora R (capo non impugnato);

a2) ha respinto le eccezioni di inammissibilità fondate sulla intervenuta soluzione transattiva;

a3) ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione alla regione Campania;

a4) ha assodato la legittimazione passiva del Mibac;

b) nel merito:

b1) ha assodato la persistenza del diritto di proprietà della signora R sull’immobile, permanendo la situazione di occupazione abusiva;

b2) ha assodato l’assenza di qualsivoglia transazione traslativa della proprietà del bene;

b3) ha imposto alle amministrazioni di valutare fra le uniche due alternative residue, consistenti nell’adozione del provvedimento ex art. 42- bis cit. ovvero nella restituzione dell’immobile;

b4) ha individuato i termini per provvedere;

c) ha compensato fra le parti le spese di lite.

5. Il comune di Ascea ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto integrale del ricorso originario, affidandolo a sette motivi (estesi da pagina 11 a pagina 33 del ricorso) e corredato da istanza cautelare. In particolare, l’Amministrazione comunale ha articolato le seguenti censure:

a) al comune di Ascea non sarebbe addebitabile alcun comportamento omissivo, giustificativo di una declaratoria di illegittimità del silenzio della pubblica amministrazione, in quanto l’Ente, a fronte della diffida della proprietà, ha formulato una proposta transattiva (prot. n. 11527 del 16 novembre 2018) e, a seguito della risposta positiva della signora R, ha avviato il conseguente iter conferenziale;
peraltro, la nota prot. n. 1278/is/2018 inviata dalla ricorrente, per il suo contenuto, non sarebbe idonea a far sorgere, in capo allo stesso ente locale, un obbligo coercibile riconducibile alla fattispecie del silenzio-inadempimento di cui all’art. 31 c.p.a.;

b) il primo giudice avrebbe errato nel compiere uno scrutinio sulla fondatezza della pretesa e, quindi, nel prescrivere alla parte pubblica l’esatta condotta da tenere, obbligando ad emanare un provvedimento a contenuto definito ovvero a dismettere il cespite a favore della ricorrente, in tal modo travalicando il limite del petitum ;

c) il T.a.r. avrebbe errato nell’imporre unilateralmente alle Amministrazioni le decisioni da assumere sul caso di specie, limitando la scelta tra l’assunzione del provvedimento acquisitivo ovvero la restituzione del bene, espungendo pertanto la soluzione transattiva, peraltro, già in itinere ;

d) il primo giudice, ai fini dell’accertamento del silenzio amministrativo, avrebbe omesso di valutare gli atti del giudizio, non ritenendo rilevanti a tal fine le manifestazioni di volontà rese, rispettivamente, dal comune, con la nota prot. n. 11527/2018, e dalla signora R, con la nota prot. n. 1278/is/2018;

e) il T.a.r. non avrebbe tenuto conto dell’opzione data dalla conclusione dell’ iter conferenziale in corso, espressamente preordinato alla sottoscrizione dell’accordo transattivo-traslativo, omettendo qualsivoglia motivazione in merito all’esistenza di “ragionevoli alternative” al provvedimento acquisitivo;

f) il T.a.r. non avrebbe considerato che l’oggetto della vicenda è rappresentato da un “bene culturale”, il cui esproprio è soggetto alla disciplina speciale dell’art. 95 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e quindi non è sottoponibile all’emissione del provvedimento ex art. 42- bis del d.P.R. n. 327 del 2001;

g) il primo giudice avrebbe erroneamente disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso originario a causa della mancata notifica di esso alla regione Campania, quale amministrazione sottoscrittrice dell’accordo di programma presupposto al P.I. “Grande Attrattore Culturale “Paestum-Velia””.

5.1. Si è costituita in giudizio la signora R per resistere all’appello, eccepire preliminarmente l’inammissibilità del gravame per assenza di censure avverso l’impugnata sentenza e formulare domanda di condanna alle spese anche ex artt. 26 c.p.a. e 96 c.p.c. nei confronti del comune appellante.

5.2. Si è costituito in giudizio il Ministero della cultura, il quale, a sua volta, ha proposto appello incidentale autonomo contestando la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto il medesimo Dicastero legittimato passivo con riferimento alle pretese del giudizio de quo . L’appellante incidentale ha quindi articolato un’unica censura, a mezzo della quale ha evidenziato le specificità del procedimento espropriativo di cui all’art. 95 d.lgs. n. 42 del 2004, seguito nel caso di specie, osservando che, in applicazione del secondo comma, il Ministero ha autorizzato l’ente richiedente a procedere all’espropriazione, limitandosi ad adottare la dichiarazione di pubblica utilità.

6. Con ordinanza della sezione n. 2184 del 13 maggio 2022 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensione della esecutività della impugnata sentenza, con la seguente motivazione: “ Considerato che, ai fini della persistenza dell’obbligo di provvedere dell’Amministrazione accertato in primo grado, non appaiono rilevanti, sulla base di una valutazione propria della presente sede, le deduzioni del Comune appellante;
Considerato, tuttavia, che la censura inerente alla limitazione della discrezionalità dell’Amministrazione comunale derivante dalla pronuncia di condanna in questa sede gravata appare suscettibile di favorevole esame, ferma restando la necessità di un approfondimento nel merito;
Rilevata, altresì, la sussistenza del pregiudizio grave ed irreparabile che si verificherebbe in caso di immediata esecuzione del dictum di condanna all’adozione del provvedimento ex art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001 ovvero alla restituzione del bene;
Ritenuto, pertanto, di dover accogliere l’istanza cautelare presentata incidentalmente dal Comune appellante, ferma restando la necessità che lo stesso, nell’esercizio della propria discrezionalità, concluda la procedura espropriativa;

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