Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-08-30, n. 202407322
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Testo completo
Pubblicato il 30/08/2024
N. 07322/2024REG.PROV.COLL.
N. 06702/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6702 del 2023, proposto dalle sigg.re
M Agresta e S C, rappresentate e difese dall’avv. M T e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via Chelini, n. 5;
contro
Ministero dell’Università e della Ricerca, Ministero dell’Istruzione e del Merito, Università degli Studi di Bari, Università degli Studi di Bologna “
Alma Mater Studiorum
”, Università degli Studi di Brescia, Università degli Studi di Cagliari, Università degli Studi di Catania, Università degli Studi “
Magna Graecia
” di Catanzaro, Università degli Studi “
Gabriele D’Annunzio
” di Chieti, Università degli Studi del Molise, Università degli Studi di Ferrara, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Foggia, Università degli Studi di Genova, Università degli Studi di Messina, Università degli Studi di L’Aquila, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Milano “
Bicocca
”, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Università degli Studi di Palermo, Università degli Studi di Napoli “
Federico II
”, Università degli Studi Politecnica delle Marche, Università degli Studi di Parma, Università degli Studi di Pavia, Università degli Studi di Perugia, Università degli Studi di Pisa, Università degli Studi di Roma “
La Sapienza
”, Università degli Studi di Salerno, Università degli Studi di Sassari, Università degli Studi di Siena, Università degli Studi di Torino, Università degli Studi di Trieste, Università degli Studi di Udine, Università degli Studi di Vercelli “
Avogadro
”, Università degli Studi “
dell’Insubria
” di Varese, Università degli Studi di Roma “
Tor Vergata
” ed Università degli Studi di Verona, in persona dei legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Università degli Studi di Padova, in persona della Rettrice
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto Toniolo, Sabrina Visentin e Marika Sala e con domicilio digitale come da
P.E.C.
da Registri di Giustizia;
Università degli Studi di Napoli “
Luigi Vanvitelli
”, non costituita in giudizio;
Università degli Studi di Roma “
Campus Bio-Medico
”, non costituita in giudizio;
nei confronti
sig. Federico Pasquetti, non costituito in giudizio;
sig.ra Beatrice Simone, non costituita in giudizio;
sig.ra Elisa Brangi, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, Sezione Terza Stralcio, n. 271/2023 del 9 gennaio 2023, resa tra le parti e non notificata, con cui è stato respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, R.G. n. 14632/2016.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero dell’Istruzione e del Merito, dell’Università degli Studi di Bari, dell’Università degli Studi di Bologna “ Alma Mater Studiorum ”, dell’Università degli Studi di Brescia, dell’Università degli Studi di Cagliari, dell’Università degli Studi di Catania, dell’Università degli Studi “ Magna Graecia ” di Catanzaro, dell’Università degli Studi “ G. D’Annunzio ” di Chieti, dell’Università degli Studi del Molise, dell’Università degli Studi di Ferrara, dell’Università degli Studi di Firenze, dell’Università degli Studi di Foggia, dell’Università degli Studi di Genova, dell’Università degli Studi di Messina, dell’Università degli Studi di L’Aquila, dell’Università degli Studi di Milano, dell’Università degli Studi di Milano “ Bicocca ”, dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, dell’Università degli Studi di Palermo, dell’Università degli Studi di Napoli “ Federico II ”, dell’Università degli Studi di Parma, dell’Università degli Studi di Pavia, dell’Università degli Studi di Perugia, dell’Università degli Studi di Pisa, dell’Università degli Studi Politecnica delle Marche, dell’Università degli Studi di Roma “ La Sapienza ”, dell’Università degli Studi di Salerno, dell’Università degli Studi di Sassari, dell’Università degli Studi di Siena, dell’Università degli Studi di Torino, dell’Università degli Studi di Trieste, dell’Università degli Studi di Udine, dell’Università degli Studi di Vercelli “ Avogadro ”, dell’Università degli Studi “ dell’Insubria ” di Varese, dell’Università degli Studi di Roma “ Tor Vergata ” e dell’Università degli Studi di Verona;
Viste la relazione e la documentazione depositate dalla difesa erariale;
Viste le istanze delle parti di passaggio della causa in decisione;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 35, comma 1, 38 e 85, comma 9, c.p.a.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 maggio 2024 il Cons. P D B e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe le sigg.re M Agresta e S C hanno proposto appello nei confronti della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III-stralcio, n. 271/2023 del 9 gennaio 2023, chiedendone l’annullamento e/o la riforma.
1.1. La sentenza appellata ha respinto il ricorso collettivo, integrato da motivi aggiunti, proposto da un folto gruppo di candidati, tra cui le appellanti, per l’annullamento del mancato superamento dei test di ammissione ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’anno accademico 2016/2017 e degli atti presupposti e connessi (graduatoria unica nazionale, con i successivi scorrimenti, decreti rettorali di istituzione del numero programmato per l’a.a. 2016/2017, decreti di programmazione dei posti per l’a.a. 2016/2017 per l’accesso ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e, rispettivamente, in Odontoiatria e Protesi Dentaria, decreto ministeriale contenente le modalità di svolgimento dei test , ecc.), nonché per la declaratoria del diritto dei ricorrenti di iscriversi ai suddetti corsi.
1.2. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado i ricorrenti hanno dedotto plurime censure (contro: la determinazione del numero complessivo dei posti;la mancata assegnazione di tutti i posti disponibili;la violazione della segretezza dei quiz; la previsione di una graduatoria unica nazionale, che estrometterebbe le singole Università dalla scelta dei candidati da ammettere;la modifica delle procedure selettive attuata in pretesa violazione della riserva di legge;la sottrazione agli studenti, da parte del nuovo sistema adottato, della scelta della sede e del corso di laurea;la carenza di istruttoria nella determinazione dei posti;l’illegittimità di alcuni quesiti, perché ambigui;l’assenza di chiarezza sui criteri e sulle modalità per la formulazione dei quesiti stessi). Due dei ricorrenti (sigg.ri T A e A A) hanno poi proposto motivi aggiunti contro l’esclusione dalla graduatoria per mancata conferma dell’interesse.
1.3. Con la sentenza appellata il T.A.R. adito ha ritenuto di soprassedere alle eccezioni preliminari sollevate dalle resistenti e ha respinto il ricorso originario e i motivi aggiunti, in quanto infondati nel merito.
2. Nel gravame le appellanti contestano l’ iter argomentativo e le statuizioni della sentenza impugnata, deducendo i seguenti motivi:
I) violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3, 33, 34 e 97 Cost.), violazione e falsa applicazione della l. 2 agosto 1999, n. 264, delle direttive n. 75/362/CEE, n. 75/363/CEE, n. 82/76/CEE e n. 93/16/CEE, della l. n. 241/90 e successive modificazioni, dell’art. 1 della l. n. 910/1969, della l. 9 maggio 1989, n. 168 (autonomia universitaria), mancanza della normativa di riferimento e degli atti presupposti, eccesso di potere, illogicità, sviamento, carente o insufficiente motivazione, violazione del giusto procedimento per carenza di adeguata attività istruttoria, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III- bis , sentenza n. 2788/2009, segnalazione pubblicata il 21 aprile 2009 da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, poiché con il ricorso di primo grado era stato contestato che il Ministero avrebbe determinato il numero complessivo dei posti a livello nazionale e la ripartizione di questi tra i singoli Atenei senza disporre un ampliamento dei posti, nonostante l’offerta formativa degli Atenei fosse superiore rispetto all’anno precedente ed anzi procedendo per Medicina e Chirurgia ad un’ampia riduzione, ma la sentenza appellata si sarebbe limitata a sostenere genericamente che si tratta di scelte fondamentali di carattere organizzativo e programmatico riservate alla P.A. difficilmente sindacabili sul piano della legittimità, senza entrare nel merito della questione e della censura;
II) violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3, 33, 34 e 97 Cost.), violazione e falsa applicazione della l. 2 agosto 1999, n. 264, delle direttive n. 75/362/CEE, n. 75/363/CEE, n. 82/76/CEE e n. 93/16/CEE, della l. n. 241/90 e successive modificazioni, dell’art. 1 della l. n. 910/1969, della l. 9 maggio 1989, n. 168 (autonomia universitaria), mancanza della normativa di riferimento e degli atti presupposti, eccesso di potere, illogicità, sviamento, carente o insufficiente motivazione, violazione del giusto procedimento per carenza di adeguata attività istruttoria, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III- bis , sentenza n. 2788/2009, segnalazione pubblicata il 21 aprile 2009 da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, perché i ricorrenti avevano censurato i provvedimenti impugnati per non avere il Ministero previsto l’assegnazione di tutti i posti disponibili e stabiliti dal decreto ministeriale, ma il T.A.R. si sarebbe limitato a contestare il difetto della c.d. prova di resistenza (cioè la mancanza della prova che i ricorrenti sarebbero stati ammessi con lo scorrimento della graduatoria): orbene, tale affermazione non terrebbe conto del sistema di selezione adottato a graduatoria unica nazionale, in base al quale sarebbe impossibile per i ricorrenti fornire detta prova, a causa non solo dei punteggi, ma anche delle indicazioni di preferenza di sede e di corsi, poiché i ricorrenti non conoscerebbero, né potrebbero conoscere le scelte degli altri candidati (anche in ordine all’intenzione di fruire o meno dello scorrimento);
III) violazione e falsa applicazione degli artt. 33 e 34 Cost., dell’art. 3 della l. n. 264/1999 e della direttiva n. 93/16/CEE, eccesso di potere, illogicità, sviamento, carente o insufficiente motivazione, violazione del giusto procedimento per carenza di adeguata attività istruttoria, violazione e falsa applicazione dell’art. 6- ter del d.lgs. n. 502/1992, violazione della rilevazione del fabbisogno delle professioni sanitarie (Tavolo tecnico istituito ai fini della programmazione, Accordo Stato-Regioni), eccesso di potere, illogicità e contraddittorietà, violazione del giusto procedimento, in quanto sarebbe illegittima la determinazione del numero dei posti, poiché adottata senza effettuazione di accertamenti precisi sulle potenzialità delle sedi universitarie intimate e verifiche delle effettive capacità didattiche: invero, non solo non sarebbe stato dato conto dello svolgimento da parte degli Atenei di tale attività istruttoria, ma dagli atti emergerebbe che le Università intimate hanno formulato un’offerta formativa inferiore alle capacità delle proprie strutture.
2.1. Si sono costituiti in giudizio, per il tramite del patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato, il Ministero dell’Università e della Ricerca e quello dell’Istruzione e del Merito, nonché le Università elencate in epigrafe, resistendo all’appello di controparte.
2.2. Si è altresì costituita in giudizio l’Università degli Studi di Padova, per il tramite del patrocinio del proprio Ufficio legale, resistendo a sua volta all’appello di controparte.
2.3. La difesa erariale ha depositato documentazione sui fatti di causa, tra cui le schede individuali delle appellanti, e poi una relazione del Ministero dell’Università e della Ricerca.
2.4. Le appellanti e l’Avvocatura Generale dello Stato hanno depositato distinte istanze di passaggio della causa in decisione senza previa discussione orale.
2.5. All’udienza pubblica del 28 maggio 2024 il Collegio ha verbalizzato, ex art. 73, comma 3, c.p.a., il rilievo ex officio di possibili dubbi di ammissibilità dell’appello per assenza di critica specifica alla decisione appellata. Di seguito la causa è stata trattenuta in decisione.
3. L’appello presenta molteplici profili di inammissibilità, in parte evidenziati dalle Amministrazioni resistenti e, in specie, dalla relazione del Ministero dell’Università e della Ricerca del 12 settembre 2023 versata in atti dalla difesa erariale, e per il resto rilevati d’ufficio a verbale dal Collegio ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. in sede di udienza pubblica.
3.1. Va premesso, al riguardo, che dalle schede individuali delle appellanti versate in atti dalla difesa erariale emerge che le stesse hanno riportato nel rispettivo test punteggi piuttosto bassi pur dopo il ricalcolo, da parte della P.A., del punteggio per la domanda n. 16: in particolare, la sig.ra Agresta ha ottenuto n. 36,2 punti, scesi con il ricalcolo a 34,3, mentre la sig.ra Colombaroli ha ottenuto n. 42,4 punti, rimasti immutati anche a seguito del predetto ricalcolo. Le stesse si sono collocate in posizioni assai distanti da quelle utili, occupando la sig.ra Agresta la posizione n. 39.802, la sig.ra Colombaroli la posizione n. 30.885. Dalle schede ora citate emerge altresì il loro distacco dalle posizioni utili in graduatoria. Per la sig.ra Agresta, la posizione più vicina attiene alla sede di Catania, dove l’ultimo candidato in posizione utile ha ottenuto n. 65,1 punti e il numero di candidati che la precedono è pari a 601: infatti, per la sede di Messina l’ultimo candidato in posizione utile ha n. 62,9 punti, ma per tale sede il numero di candidati che precedono la citata appellante è pari a 612. Per la sig.ra Colombaroli la posizione più vicina è relativa alla sede di Cagliari, dove l’ultimo candidato in posizione utile ha n. 61 punti e i candidati che la precedono sono in numero di 186;anche in questo caso vi sono alcune sedi universitarie in cui, pur essendo il punteggio dell’ultimo candidato in posizione utile più basso di quello dell’Ateneo di Cagliari, il numero di candidati che precedono la predetta candidata è, però, maggiore.
4. Tanto premesso, nell’appello in estrema sintesi si deducono: a) l’illegittimità della determinazione del numero complessivo dei posti;b) la mancata assegnazione di tutti i posti disponibili;c) la formulazione, ad opera delle Università, di un’offerta formativa inferiore alla capacità delle proprie strutture. Si tratta, tuttavia, di censure che: I) per un verso violano il principio di specificità dei motivi ex art. 101, comma 1, c.p.a., nella misura in cui non recano critiche puntuali alla sentenza di primo grado (ciò che vale, in particolare, per il primo e il terzo motivo di appello);II) peccano di eccessiva genericità, come già evidenziato in primo grado;III) non soddisfano la c.d. prova di resistenza, poiché non è in alcun modo dimostrato che dal loro accoglimento le ricorrenti otterrebbero un beneficio, visti i punteggi piuttosto bassi dalle stesse conseguiti nei test ;IV) fanno emergere una divaricazione delle posizioni delle ricorrenti, con conseguente mancanza dei presupposti del ricorso collettivo, come del resto rilevato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nella sua relazione.
4.1. Quanto al primo profilo si osserva che, per giurisprudenza consolidata, il principio di specificità dei motivi di impugnazione, previsto dall’art. 101, comma 1, c.p.a., prescrive che venga rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non bastando la semplice riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo e ciò, in quanto il giudizio di appello innanzi al giudice amministrativo ha natura di revisio prioris instantiae , i cui limiti oggettivi risultano segnati dai motivi di impugnazione (cfr., ex plurimis , C.d.S., Sez. VII, 9 aprile 2024, n. 3245;id., 22 giugno 2023, n. 6147;Sez. V, 15 gennaio 2024, n. 503;7 marzo 2022, n. 1619;Sez. IV, 20 novembre 2023, n. 9938;id., 24 febbraio 2020, n. 1355;Sez. II, 15 novembre 2023, n. 9811;id., 2 febbraio 2022, n. 717;Sez. VI, 14 novembre 2023, n. 7956).
4.2. Pertanto, l’appello deve censurare le motivazioni della sentenza impugnata ed esporre le ragioni per le quali questa sarebbe erronea e da riformare (cfr., ex multis , C.d.S., Sez. VII, n. 3245/2024, cit.;Sez. II, 12 marzo 2021, n. 2152;id., 21 maggio 2019, n. 3253;Sez. V, 4 aprile 2017, n. 1543;id., 17 giugno 2014, n. 3088;Sez. III, 3 aprile 2017, n. 1529;Sez. IV, 26 settembre 2016, n. 3936;Sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 158). Non è necessario che i motivi di gravame siano rubricati in modo puntuale, né espressi con formulazione giuridica assolutamente rigorosa, rilevando invece che gli stessi siano esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile all’identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale (C.d.S., Sez. V, 27 settembre 2022, n. 8321);in ogni caso, la specificità si articola in relazione alla natura delle controversie (C.d.S., Sez. VI, 9 luglio 2012, n. 4006).
4.3. Orbene, nel caso di specie il precetto dell’art. 101, comma 1, c.p.a. non risulta rispettato, avuto riguardo al primo e al terzo motivo di appello.
4.3.1. Con il primo motivo, infatti, le appellanti contestano la motivazione della sentenza appellata che ha affermato che la determinazione del numero dei posti disponibili a livello nazionale e presso ciascun Ateneo attiene alle “ scelte fondamentali a carattere organizzativo e programmatico riservate all’Amministrazione difficilmente sindacabili sul piano della legittimità ”, ma non indicano in alcun modo le ragioni per le quali detta affermazione sarebbe errata e da correggere e, più in generale, non muovono sul punto alcuna critica specifica alla sentenza impugnata, limitandosi a riportare la censura già formulata al riguardo nel ricorso introduttivo del giudizio.
4.3.2. La violazione del principio di specificità dei motivi è ancora più evidente con riferimento al terzo motivo di appello. In questo, infatti, la determinazione del numero dei posti disponibili viene censurata sotto il profilo del difetto di istruttoria per il mancato accertamento delle potenzialità delle Università resistenti, senza però che le appellanti muovano la benché minima critica alle motivazioni espresse sul punto dalla sentenza appellata, riguardanti la necessità di tenere conto anche di altri criteri per detta determinazione e in specie del criterio relativo alla capacità di assorbimento nel mercato del lavoro, a livello nazionale, delle professionalità in discorso.
4.4. La genericità delle censure dell’appello si coglie dunque in questo, che le appellanti si limitano, in sostanza, a riproporre i motivi già formulati nel ricorso di primo grado.
5. Per quanto riguarda il mancato soddisfacimento della c.d. prova di resistenza, osserva il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto nel secondo motivo di appello, le candidate avrebbero potuto almeno allegare (e cercare di dimostrare) la spettanza di un punteggio aggiuntivo per i quiz contestati, tale da consentire loro di collocarsi in posizione utile, o in una posizione in grado di rivelarsi utile, anche a seguito degli scorrimenti (indirettamente verificabili tramite l’acquisizione delle schede con i punteggi aggiornati dell’ultimo candidato in posizione utile in ciascuno degli Atenei indicati dalle candidate). Ma nulla di ciò è dato leggere nel gravame.
5.1. “ Per consolidata giurisprudenza nelle controversie relative alla contestazione dei risultati di un concorso pubblico non può prescindersi – ai fini della verifica della sussistenza di un concreto e attuale interesse al ricorso – dalla c.d. prova di resistenza, dovendo, infatti, il ricorrente dimostrare (o comunque quantomeno fornire un principio di prova) la possibilità di ottenere un collocamento in graduatoria in posizione utile in caso di eventuale accoglimento dei motivi di ricorso proposti, essendo altrimenti inammissibile la domanda formulata (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 agosto 2019, n. 5837;sez. IV, 2 settembre 2011) ” (C.d.S., Sez. VI, 9 gennaio 2023, n. 109). Nel caso di specie, le odierne appellanti non hanno fornito alcun elemento per soddisfare la c.d. prova di resistenza e anzi è stata la difesa erariale a fornire elementi di segno opposto, depositando le schede individuali delle due candidate, da cui si evince, come già detto, che esse occupano una posizione in graduatoria ben lontana da quelle utili: di qui la sussistenza di un (ulteriore) elemento di inammissibilità dell’appello dalle stesse proposto.
5.2. Da ultimo, la posizione delle appellanti, per come emerge dalle rispettive schede individuali, fa venire alla luce la carenza dei presupposti per la proposizione del ricorso in forma collettiva. Infatti, non solamente non è chiaro di quanto si dovrebbe ampliare il numero complessivo di posti per farle ammettere ai corsi di laurea richiesti, ma è evidente dalle differenti posizioni occupate che all’una ricorrente (la sig.ra Agresta) occorrerebbe un numero di posti assai maggiore di quello sufficiente all’altra (la sig.ra Colombaroli).
6. In conclusione, per tutte le ragioni esposte l’appello va dichiarato inammissibile.
7. Le spese del giudizio di appello seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo in favore del Ministero dell’Università e della Ricerca (che ha depositato in giudizio una relazione e documenti), mentre vengono compensate nei confronti delle altre parti pubbliche (il Ministero dell’Istruzione e del Merito e le varie Università costituitesi), trattandosi di parti che si sono costituite formalmente in appello senza svolgere difese.
7.1. Non si fa luogo a pronuncia sulle spese nei confronti delle parti evocate in giudizio ma che non si sono costituite nello stesso.