Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2011-11-28, n. 201106274
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N. 06274/2011REG.PROV.COLL.
N. 02742/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2742 del 2010, proposto da:
F M, rappresentato e difeso dall'avv. A D L, con domicilio eletto presso Francesco De Leonardis in Roma, via Germanico N.172;
contro
Regione Campania, rappresentato e difeso dall'C P, domiciliata per legge in Roma, via Poli, 29;A S, rappresentato e difeso dall'avv. A A, con domicilio eletto presso Studio Adamo-Todini in Roma, via Licia N. 44;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 00289/2009, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO IN GESTIONE PROVVISORIA DI SEDE FARMACEUTICA - RIS.DANNI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Campania e di A S;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2011 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati De Lisio e Barone su delega di Palumbo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La presente controversia trae origine da un procedimento avviato dalla Regione Campania nel 2005 per l’affidamento della gestione provvisoria di tre sedi farmaceutiche resesi vacanti nella Provincia di Benevento. Il procedimento consisteva nell’”interpello simultaneo” ai candidati idonei inseriti nella graduatoria definitiva dell’ultimo concorso per assegnazione di sedi farmaceutiche, bandito nel 1997.
Al procedimento ha partecipato, fra gli altri, l’attuale appellante, dott. M, cui era stato rivolto l’interpello in quanto collocato in posizione utile nella graduatoria di cui sopra. Egli ha optato per la sede n. 1 di S. Angelo a Cupolo e per la sua posizione in graduatoria avrebbe avuto titolo all’assegnazione della gestione provvisoria. L’Amministrazione però invece di procedere in tal senso lo ha escluso in quanto essendo nato nel 1944 aveva superato il limite di età di 60 anni.
2. Il dott. M ha impugnato l’atto di esclusione, e successivamente ha proposto motivi aggiunti impugnando l’affidamento della gestione provvisoria alla controinteressata dottoressa A S.
Il ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti in parola nonché il risarcimento dei danni.
Il T.A.R. Campania con sentenza 21 gennaio 2009 n. 289 ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto non era stato tempestivamente impugnato il decreto dirigenziale n. 25 del 18 maggio 2005, con cui era stato avviato il procedimento di interpello, nella parte in cui stabiliva il limite di età.
3. L’interessato ha proposto appello a questo Consiglio. Resistono all’appello la Regione Campania e la controinteressata dottoressa S.
4. Passando all’esame del merito, questo Collegio osserva che le essenziali disposizioni di legge che regolano la fattispecie sono le seguenti:
(a) la legge n. 48/1990, art. 1, comma 2, che dispone: «ove si verificassero gestioni provvisorie di farmacie urbane o rurali, le stesse devono essere attribuite a coloro che sono risultati idonei all'ultimo concorso per l'assegnazione di farmacie vacanti o di nuova istituzione, secondo l'ordine della graduatoria»;
(b) la legge n. 362/1991, art. 4, che disciplina i concorsi provinciali per l’assegnazione della titolarità delle farmacie vacanti e stabilisce che al concorso sono ammessi i candidati che, oltre a possedere gli altri requisiti «non abbiano compiuto i sessanta anni di età alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande».
Come si vede, il limite di età riguarda l’ammissione ai concorsi per la titolarità, e la norma è chiarissima nel senso che il relativo requisito deve essere posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione delle domande. Se ne ricava, logicamente, che una volta che il candidato sia stato debitamente ammesso al concorso non è motivo di esclusione l’eventualità che egli superi il limite di età in seguito, ossia durante la procedura concorsuale, ovvero dopo la formazione della graduatoria in attesa che si perfezionino gli atti di conferimento e presa di possesso della farmacia cui la graduatoria gli dà titolo. E ciò resta vero anche se fra la presentazione delle domande e la presa di possesso della farmacia trascorra un tempo insolitamente lungo, ad es. perché l’una o l’altra delle fasi del complesso iter abbia dato luogo ad un contenzioso.
Anche la difesa della Regione, nella memoria difensiva in appello, conferma che ai fini del conferimento della titolarità la graduatoria del concorso ha valore a tempo indeterminato e che l’attuale appellante potrebbe ancora giovarsene, a nulla rilevando il sopravvenuto superamento del limite di età.
5. Quanto alla legge n. 48/1990, essa appare a sua volta altrettanto chiara nel senso che per l’assegnazione delle gestioni provvisorie non si fa un concorso ad hoc , ma si deve utilizzare la graduatoria dell’ultimo concorso svolto nella provincia per l’assegnazione di farmacie in titolarità.
In precedenza l’assegnazione delle gestioni provvisorie non aveva altro riferimento normativo che l’art. 129 t.u.l.s. il quale attribuiva all’autorità sanitaria (originariamente il prefetto) il compito di adottare provvedimenti d’urgenza (non meglio specificati) in caso di interruzione del servizio farmaceutico. Di fatto, la scelta del gestore provvisorio era un atto ampiamente discrezionale, per non dire arbitrario;e ciò rappresentava un grave inconveniente, a maggior ragione da quando il legislatore ha iniziato ad emanare di tanto in tanto leggi “di sanatoria” aventi l’effetto di trasformare in titolarità definitiva le gestioni provvisorie in atto a una certa data. In questa situazione di vuoto normativo, era possibile, e anzi opportuno, che l’autorità amministrativa si autolimitasse stabilendo procedure, criteri e requisiti;ed è verosimile che in qualche caso tali atti amministrativi di autoregolazione abbiano introdotto anche un limite di età.
La legge n. 48/1990 ha radicalmente mutato tale sistema, sottraendo all’autorità amministrativa sanitaria qualsivoglia discrezionalità nella scelta del gestore provvisorio;l’ha obbligata infatti ad attenersi puramente e semplicemente alla graduatoria dell’ultimo concorso provinciale. Esclusa ogni discrezionalità, è venuto meno anche il potere (implicito) di autolimitazione. Eventuali atti di autoregolamentazione emanati in precedenza con atto amministrativo hanno perso la loro efficacia.
Per effetto della legge del 1990, in sostanza, le graduatorie concorsuali hanno acquistato una duplice valenza: da un lato, sono utili (e vincolanti) per la individuazione dell’avente diritto alla titolarità di una farmacia messa a concorso;dall’altro lato, sono utili (e vincolanti) per la individuazione dell’avente diritto alla gestione provvisoria di una farmacia che l’autorità sanitaria intenda affidare con questa formula. Questa seconda valenza permane a tempo indeterminato, sino a che non venga bandito un nuovo concorso.
6. Se tutto questo è vero, ne consegue che per i farmacisti interessati il posto occupato in graduatoria è la condizione necessaria e sufficiente per conseguire l’affidamento della gestione provvisoria, e l’amministrazione non può imporre, a sua iniziativa e discrezione, requisiti ulteriori e diversi da quelli che erano necessari per l’ammissione al concorso.
E ciò si dice in particolare per il requisito dell’età, il quale come si è visto si deve possedere alla scadenza del termine per la presentazione delle domande di concorso e non oltre.
7. La controinteressata sostiene che nel quadro normativo si rinvengono disposizioni da cui si desumerebbe che in caso di affidamento della gestione provvisoria sulla base di una graduatoria esistente si debba verificare ancora il requisito dell’età, riferendolo al momento attuale e non più a quello della presentazione delle domande per il pregresso concorso. Tali disposizioni sarebbero l’art. 1, comma 2, della legge n. 389/1999 e l’art. 46 della legge n. 3/2003.
Il Collegio osserva che le disposizioni richiamate, comunque vadano interpretate, non sono pertinenti alla fattispecie. Si tratta di due leggi di c.d. “sanatoria”, vale a dire di trasformazione ope legis delle gestioni provvisorie in titolarità. Riguardano dunque una fattispecie diversa dall’affidamento della gestione provvisoria. Inoltre, in entrambe il riferimento all’età vi è fatto in altro senso. In nessun modo se può ricavare la regola che l’affidamento della gestione provvisoria sia escluso quando l’avente titolo (ossia il farmacista collocato utilmente nella graduatoria concorsuale) abbia superato il limite di età nell’intervallo fra la partecipazione al pregresso concorso e il momento attuale.
8. Conviene ora fare qualche precisazione sulla funzione e sulla natura della procedura di “interpello simultaneo”, avviata con il decreto dirigenziale n. 25, la quale secondo le parti appellate sarebbe assimilabile ad un nuovo concorso, con ciò che ne consegue in ordine alla possibilità di fissare appositi requisiti di partecipazione.
L’interpello, invece, non è altro che la modalità di utilizzare la graduatoria del concorso già espletato. Di norma, l’assegnazione delle farmacie in titolarità ai vincitori del concorso dovrebbe essere fatta interpellando singolarmente e consecutivamente i candidati secondo l’ordine della graduatoria;il che può comportare molta perdita di tempo, visto che a ciascuno degli interpellati deve essere concesso un congruo intervallo per decidere se accettare o meno una determinata sede;senza contare che anche dopo averla accettata è possibile che l’interpellato non curi tutti gli adempimenti necessari per prenderne effettivamente possesso.
Per rimediare a tali inconvenienti, è entrato nella prassi il c.d. interpello simultaneo, effettuato nella fattispecie dalla Regione Campania. Come si vede, è solo un espediente organizzativo legittimo e anzi opportuno per procedere sollecitamente ed efficacemente, ma non può essere considerato come un nuovo concorso, nel cui àmbito possano essere dettate apposite regole e requisiti di partecipazione.
Se in questa occasione la Regione Campania avesse inteso introdurre nella procedura di interpello nuovi criteri di selezione dei candidati, inclusa la fissazione di un (nuovo) limite di età, avrebbe compiuto un atto illegittimo.
9. Sin qui, si è esaminata la vicenda dal punto di vista del quadro normativo.
Ci si chiede ora come abbiano concretamente inciso gli atti amministrativi con i quali la Regione ha avviato e regolamentato il procedimento di interpello.
Il problema si pone perché la sentenza appellata si articola essenzialmente nelle seguenti considerazioni: (a) in punto di fatto, la Regione ha dettato la lex specialis del procedimento introducendovi un’apposita clausola di esclusione riferita all’età dei candidati;(b) tale clausola, avendo un effetto immediatamente escludente nei confronti del dott. M, doveva essere impugnata immediatamente dall’interessato;(c) costui non ha impugnato la lex specialis e pertanto il ricorso contro l’atto applicativo (esclusione) è inammissibile.
10. In presenza di un quadro normativo chiaro ed esauriente nel senso che si è visto sopra, in tanto si potrebbe ravvisare nella lex specialis una clausola di segno contrario, in quanto risulti formulata in modo altrettanto esplicito e chiaro. Altrimenti, nel dubbio, gli atti amministrativi debbono essere interpretati in senso conforme alla legge. E ciò è tanto più vero se si vuole far carico al privato interessato di tutelarsi tempestivamente mediante l’impugnazione immediata della lex specialis .
In questo caso, poi, una clausola esplicita era vieppiù necessaria, dal momento che l’attuale appellante era stato nominativamente invitato dalla Regione a rispondere all’interpello (nota del 6 giugno 2005, doc. 5 allegato all’atto di appello) e dunque doveva ragionevolmente presumere che la Regione avesse già verificato tutti i suoi requisiti (e specialmente quello dell’età, che era il più facilmente verificabile).
Ora, nell’atto di avvìo del procedimento, e cioè nel decreto dirigenziale n. 25 del 18 maggio 2005, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R. (facendone derivare l’inammissibilità del ricorso) non vi è traccia di una clausola escludente riferita all’età. Non si può dire neppure che vi sia contenuta per relationem , giacché vi si dice in buona sostanza che si applicherà la normativa vigente;e che, mancando una disciplina apposita, si applicheranno per analogia le modalità previste per l’utilizzazione della graduatoria ai fini dell’assegnazione delle farmacie in titolarità (modalità che non contemplano il limite di età, come si è visto sopra al punto 4).
E’ significativo che le parti appellate, pur insistendo nell’affermare che la clausola escludente è contenuta nel decreto dirigenziale n. 25, non hanno spiegato come e da quale dei suoi numerosi capoversi essa si ricavi, benché sia proprio questo il punto centrale dell’appello dell’interessato.
11. Quanto alla lettera di invito spedita individualmente al dott. M, un riferimento all’età si legge in una frase che conviene trascrivere per intero: «Si comunica, altresì, che gli interessati possono presenziare all’apertura delle buste e alla conseguente individuazione dei candidati ai quali vengono assegnate le predette sedi nel rispetto delle norme che disciplinano l’assegnazione delle sedi farmaceutiche in titolarità compreso il possesso del requisito dell’età ».
Questa frase suscita perplessità, sotto diversi profili.
In primo luogo si potrebbe osservare che la lex specialis del procedimento era compiutamente contenuta nel decreto dirigenziale n. 25 (dove non si parlava del limite di età) e ci si potrebbe chiedere se la lettera, apparentemente scritta solo per darne notizia agli interessati, potesse introdurvi nuove clausole escludenti.
In secondo luogo potrebbe sembrare criticabile la scelta di introdurre una clausola così rilevante, formulandola en passant e per inciso nel contesto di una frase il cui oggetto principale era la pubblicità delle operazioni.
Ma su questi aspetti si può sorvolare. E’ dirimente invece la considerazione che la frase citata non ha il significato che poi la Regione le ha voluto attribuire.
Essa dice infatti che l’assegnazione delle sedi sarà fatta «nel rispetto delle norme che disciplinano l’assegnazione delle sedi farmaceutiche in titolarità compreso il possesso del requisito dell’età ». Ma nella procedura di assegnazione delle farmacie in titolarità il requisito dell’età viene verificato una volta per tutte al momento delle domande di partecipazione al concorso, e non rileva che il limite venga superato nelle fasi successive della formazione della graduatoria e della gestione della graduatoria medesima. Inoltre, la frase in esame appare quanto meno oscura ed ambigua: se, infatti, si voleva introdurre un nuovo limite di età, ulteriore a quello previsto dall’originario bando di concorso, si sarebbe dovuto specificare – quanto meno – quale ne fosse la scadenza di riferimento.
Di conseguenza, il destinatario dell’invito, consapevole di avere soddisfatto il requisito dell’età nell’unico momento previsto dalla normativa, e cioè alla presentazione delle domande di concorso, non aveva alcuna ragione di farsi carico di impugnare sùbito come “clausola escludente” quella che tale non era e comunque tale non appariva. Tanto più che, come si è già detto, egli aveva ricevuto un interpello indirizzatogli individualmente e quindi aveva ragione di presumere che la sua posizione fosse stata già vagliata con successo. A tutto concedere alla tesi della Regione, all’interessato si dovrebbe riconoscere la scusabilità dell’errore.
La sentenza appellata va dunque annullata nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso con la motivazione che l’interessato aveva trascurato di impugnare immediatamente la lex specialis .
12. Posto che il ricorso era ammissibile e doveva essere esaminato nel merito, resta poco da aggiungere.
Una volta accertato che la clausola escludente non era desumibile né dal quadro normativo né dalla lex specialis , l’appellante non poteva essere escluso.
Ciò comporta l’accoglimento dell’appello, la riforma della sentenza, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti impugnati, ossia l’esclusione dal procedimento, il diniego dell’assegnazione della farmacia all’appellante e l’assegnazione alla controinteressata.
13. Si passa ora alla domanda risarcitoria proposta dall’interessato.
13.1. Ci si chiede innanzi tutto se nella fattispecie il ricorrente, per ottenere il risarcimento, abbia l’onere di provare la colpa dell’amministrazione.
In proposito si osserva che è molto discussa, in termini generali, la questione se la responsabilità della p.a. per danni derivanti da lesione di interessi legittimi presupponga l’accertamento della colpa, o se al contrario la colpa sia in re ipsa una volta accertata l’illegittimità dell’atto amministrativo.
Tale questione ha ricevuto sinora risposte diversificate e per lo più empiriche. Per lo più si ritiene che il mero accertamento dell’illegittimità dell’atto non renda superfua l’indagine sulla colpa, ma non tanto nel senso che spetti al danneggiato darne piena dimostrazione, quanto nel senso che la p.a. possa darne la prova contraria dimostrando la buona fede e/o la scusabilità dell’errore ovvero l’imputabilità di questo a terzi.
Peraltro il problema si può porre in termini diversi a seconda del tipo di vizio riconosciuto a carico dell’atto impugnato. Se si tratta di eccesso di potere, ad es. per travisamento di fatti o per difetto d’istruttoria e simili, è ragionevole che si proceda alla disamina se l’errore in cui è caduta l’autorità emanante sia colpevole o incolpevole. Quando invece si tratta – e questo è il caso – di violazione di legge, allora è difficile ipotizzare che l’errore sia incolpevole, tranne che in ipotesi particolari caratterizzate ad es. dalla frammentarietà e contraddittorietà della normativa, ovvero dalla presenza di orientamenti giurisprudenziali consolidati cui la p.a. si sia attenuta, ma siano stati in seguito sconfessati dalla giurisprudenza sopravvenuta.
In questo caso però non si ravvisano gli estremi per riconoscere la scusabilità dell’errore o comunque la mancanza della colpa. In buona sostanza, la Regione ha applicato a danno dell’interessato una disposizione inesistente.
13.2 Quanto al danno, la difesa della Regione afferma che l’interessato non ha dato prova dell’esistenza di un danno risarcibile e tanto meno della sua entità.
Il Collegio osserva che il danno di cui si chiede il risarcimento è, in sostanza, il mancato guadagno derivante dalla mancata assegnazione della gestione provvisoria per l’intero periodo in cui detta gestione è stata tenuta dalla controinteressata.
Ciò posto si deve ritenere sufficientemente provata l’esistenza del danno ingiusto, e che anche la sua entità sia di non difficile quantficazione.
Ed invero:
(a) che il dott. M avesse pieno titolo a conseguire la gestione provvisoria della sede n. 1 di Sant’Angelo a Cupolo emerge univocamente dagli atti impugnati;
(b) allo stesso modo è certo che l’unica ragione addotta (peraltro erroneamente) per privarlo di tale bene della vita era il supposto difetto del requisito dell’età;altre ragioni ostative non sono state indicate, neppure in forma ipotetica;
(c) l’illegittimo diniego della gestione della farmacia ha privato l’interessato dei relativi ricavi, il cui ammontare presuntivo può essere facilmente stimato, assumendo come primo riferimento i ricavi lordi realizzati dalla controinteressata;considerate le peculiari caratteristiche dell’esercizio farmaceutico (natura dei beni offerti in vendita;regime amministrativo dei prezzi;monopolio di fatto garantito entro una certa area;etc.), è verosimile che l’afflusso della clientela e la relativa domanda siano scarsamente influenzati dalla personalità del gestore e dalle sue iniziative imprenditoriali;
(d) allo stesso modo è ragionevole stimare che i costi della gestione non siano significativamente diversi;e così pervenire alla stima dell’utile netto non percepito dal ricorrente;
(e) dall’importo del danno va detratto quanto l’interessato abbia percepito, nel frattempo, quale retribuzione di altra attività lavorativa;
(f) saranno calcolati interessi e rivalutazione nella misura di cui alle norme vigenti.
13.3. Si ritiene che le considerazioni testé svolte costituiscano una base sufficiente per fungere da criteri della liquidazione del danno, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 34, comma 4, del codice del processo amministrativo. La Regione dovrà quindi formulare una proposta di risarcimento, attenendosi, in principio, a quei criteri;ulteriori dettagli e precisazioni sono rimessi alla negoziazione fra le parti, come suggerito dallo stesso art. 34, comma 4, salvo l’intervento del giudice ove richiesto ai sensi della stessa norma.
14. L’affermazione del diritto del ricorrente ad ottenere la gestione provvisoria della farmacia di Sant’Angelo a Cupolo n. 1, in una con l’annullamento dell’assegnazione alla controinteressata, comporta naturaliter il subentro nella gestione. La conseguente regolazione dei rapporti patrimoniali fra i due farmacisti esula dalla presente controversia e rimane totalmente impregiudicata, fermo restando che nella causazione del danno subìto dal ricorrente nessun addebito può farsi alla controinteressata.
15. All’appellante spettano le spese dei due gradi del giudizio, che pare equo porre a carico solo della Regione, restando a carico della controinteressata solo le spese da essa sostenute per la propria difesa.
16. Si ravvisano gli estremi per trasmettere la presente sentenza alla Procura della Corte dei Conti, non potendosi escludere una responsabilità per danno erariale.
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