Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-11-11, n. 201405526

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-11-11, n. 201405526
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201405526
Data del deposito : 11 novembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06340/2010 REG.RIC.

N. 05526/2014REG.PROV.COLL.

N. 06340/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6340 del 2010, proposto da:
N I, T F, rappresentati e difesi dall'avv. C R, con domicilio eletto presso C R in Roma, via Nizza, 59;

contro

Comune di Castel San Giorgio, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. R R, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria N. 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Campania – Sezione Staccata di Salerno- Sezione II n. 03912/2010, resa tra le parti, concernente approvazione progetto esecutivo variante alla ss 266 S.Croce - espropriazione beni - ris.danni


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Castel San Giorgio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014 il Consigliere F T e rilevata l’assenza degli Avvocati delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno –ha dichiarato in parte irricevibile ed in parte inammissibile, il ricorso di primo grado corredato da plurimi motivi aggiunti, proposto dalla odierna parte appellante Irno Nunziante e Fiume Teresa volto ad ottenere l’annullamento, degli atti relativi alla realizzazione di una variante alla S. S. 266 e connessa procedura espropriativa di un’area di loro pertinenza.

L’odierna appellante era insorta, prospettando plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il Tar ha in via prioritaria scrutinato l’eccezione sollevata dalla difesa dell’Amministrazione Comunale di Castel San Giorgio, volta ad ottenere la declaratoria di irricevibilità del ricorso, per tardività dell’impugnativa della deliberazione del Consiglio Comunale di Castel San Giorgio n. 10 del 12.06.07, d’approvazione del progetto definitivo dei lavori di realizzazione della variante alla S. S. n. 266 alla località S. Croce, in variante al p. r. g., ai sensi dell’art. 98 del d. l.vo n. 163/06.

Di essa ha dichiarato la fondatezza, ala stregua delle seguenti considerazioni:

Premesso infatti il mezzo di primo grado era stato notificato il 5.11.2008 e depositato in Segreteria il successivo 17.11.2008, il primo giudice ha ritenuto che gli originari ricorrenti avessero avuto conoscenza dell’adozione della deliberazione n. 10 del 12.06.07, in un periodo che si situava, temporalmente, ben oltre il decorso del termine di sessanta giorni, previsto dalla legge per l’impugnativa della medesima.

Infatti, dalla relazione del 23.06.09, prot. n. 16133, a firma del funzionario responsabile del Comune, arch. A M, era dato rinvenire l’attestazione secondo cui “gli atti di merito citati nelle comunicazioni, prot. n. 17736 – 17737 entrambe datate 18.09.2007 e messi a disposizione per la presentazione delle eventuali osservazioni da parte degli interessati sono: 1) Elaborati progettuali;
2) Copia della delibera di Consiglio Comunale n. 10 del 12.06.2007 ad oggetto “Approvazione progetto definitivo relativo ai lavori di realizzazione Variante SS 266 Nocerina alla località S. Croce in variante al P. R. G. ai sensi dell’art. 98 d. l.vo n. 163/2006 (…)”.

La difesa di parte appellante non aveva contestato il detto dato, ma si era limitata a osservare, in senso contrario, che la suddetta deliberazione consiliare non era stata portata a conoscenza dei propri assistiti, con lettera raccomandata con a. r., ovvero con altra forma equipollente di comunicazione, come previsto dall’art. 17 del d. P. R. 327/01 ( costituente disciplina speciale, prevalente sulla regola generale, dell’impugnabilità nel termine di giorni sessanta dalla conoscenza effettiva del provvedimento).

Senonchè –ha osservato il Tar- comunque, le comunicazioni, prot. 17736 e 17737 dell’8.09.2007, rispettivamente indirizzate – entrambe per mezzo di lettera raccomandata a. r. – a Irno Nunziante e a Fiume Teresa, dall’Amministrazione Comunale, erano state effettuate proprio nella forma, prescritta dall’art. 17 d. P. R. 327/01, dell’avvio del procedimento per l’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio e della dichiarazione di p. u. relativamente ai lavori per la realizzazione della variante alla S. S. 266 in località Croce.

Ciò, unitamente all’attestazione contenuta nella relazione prima indicata, doveva far ritenere che l’odierna parte appellante fosse perfettamente a conoscenza della deliberazione di C. C., sin dal periodo, immediatamente successivo alla ricezione – avvenuta in data 20.09.07 – delle suddette raccomandate, loro trasmesse dal Comune di Castel San Giorgio.

La presentazione, da parte dei medesimi, delle osservazioni a loro firma, prot. 19111 del 4.10.07, e delle successive prot. 19497 del 10.10.07, prot. 20105 e 20106 del 18.10.07, consentiva di ricavare senza dubbio, la loro conoscenza delle caratteristiche essenziali del progetto, approvato con la deliberazione “ de qua ”.

L’accertata tardività del gravame, riguardante l’impugnativa della suddetta deliberazione consiliare, determinava poi, ad avviso del Tar, (oltre che l’inammissibilità delle censure, rivolte, avverso detta delibera) anche la inammissibilità di quelle successive, anche dirette contro la deliberazione di G. C., n. 242 dell’11.08.08, fondate, sempre e comunque, sulla dedotta illegittimità della deliberazione consiliare di cui sopra, impositiva del vincolo preordinato all’esproprio. Anche il secondo atto di motivi aggiunti, rivolto avverso il decreto d’esproprio, era attinto dalla medesima causa di inammissibilità.

Quanto invece alla doglianza, sollevata con il primo atto di motivi aggiunti, essa era inammissibile per carenza di giurisdizione del G. A.,poiché si controverteva sulla misura dell’indennizzo e non era invece denunciata l’assoluta mancanza di tale previsione indennitaria (unica fattispecie, questa ultima, conoscibile dal plesso giurisdizionale amministrativo).

Conclusivamente, il mezzo è stato dichiarato in parte irricevibile ed in parte inammissibile.

L’odierna appellante, già ricorrente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ripercorsa in dettaglio la fase procedimentale prodromica alla instaurazione del contenzioso, e quella relativa al processo di primo grado, ha riproposto la tesi disattesa in primo grado della tempestiva proposizione della impugnazione chiedendo la riforma della sentenza e ribadendo il petitum risarcitorio.

L’appellata amministrazione comunale di Castel San Giorgio ha depositato una articolata memoria chiedendo la reiezione del mezzo perché infondato.

Alla odierna pubblica udienza del 7ottobre 2014 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO


1.L’appello è totalmente infondato e va disatteso, nei termini di cui alla motivazione che segue.

2.Quanto al primo motivo di censura, ivi si sostiene che la delibera di Consiglio Comunale n. 10 del 12.06.2007 ad oggetto “Approvazione progetto definitivo relativo ai lavori di realizzazione Variante SS 266 sarebbe radicalmente nulla in quanto approvata ai sensi dell’art. 98 d. l.vo n. 163/2006 posto che detta norma “fondante” in ultimo citata era stata dichiarata incostituzionale (Corte Cost. sent. n. 401 del 19-23 novembre 2007).

2.1. In contrario senso, osserva il Collegio che è ben vero che il fondamento normativo della detta delibera si rinviene nella suindicata norma dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Consulta: senonchè, avveduta giurisprudenza – che il Collegio condivide e fa propria – correttamente ritiene che il venir meno del presupposto normativo di un atto per sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità non ne comporta la caducazione " ipso iure ", essendo necessaria la sua rimozione con un provvedimento giurisdizionale o in via di autotutela qualora esso sia divenuto inoppugnabile (Consiglio Stato sez. IV, 22 marzo 2001 n. 1695 T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 26-04-2013, n. 1097).

Dell’applicabilità del predetto principio giurisprudenziale potrebbe dubitarsi ove l'atto adottato dalla p.a. avesse un contenuto normativo, dettando una disciplina generale ed astratta riferita ad una serie di situazioni future astrattamente ripetibili per un indeterminato numero di volte (una volta venuto meno il presupposto legislativo dell'atto regolamentare dovrebbe negarsi che che esso possa dispiegare la propria efficacia normativa anche per il futuro, determinando un permanente contrasto fra la norma secondaria e la legge o per di più con la Costituzione).

La delibera, quindi, non è affatto nulla: era contestabile, ma la possibilità di tale contestazione risente delle disposizioni processuali in materia di tempestiva –o meno- proposizione del ricorso, il che postula la compiuta disamina delle ulteriori censure mentre il primo motivo dell’appello, per quanto sinora rappresentato, deve essere senz’altro disatteso.

3. E proprio passando all’esame delle ulteriori doglianze, volte a contestare la statuizione di irricevibilità del mezzo di primo grado, osserva il Collegio che è pacifico che ove manchi l’avviso dell’avvio del procedimento espropriativo, la delibera non è affetto da nullità, come inesattamente a tratti si adombra nell’ appello, ma semplicemente annullabile.

3.1. Ed a tal proposito, pare al Collegio che l’appello muova da un fraintendimento. Può darsi per incontestato che la delibera del di Consiglio Comunale n. 10 del 12.06.2007 ad oggetto “Approvazione progetto definitivo relativo ai lavori di realizzazione Variante SS 266 Nocerina alla località S. Croce in variante al P. R. G. ai sensi dell’art. 98 d. l.vo n. 163/2006 fosse viziata per non essere stata preceduta da alcuna comunicazione.

Senonchè il nucleo centrale della causa non è questo: il problema, invece, riposa nel comprendere quando l’appellante abbia avuto cognizione della esistenza di detta delibera, della sua conseguente illegittimità, e, di conseguenza, quando avrebbe dovuto impugnarla.

3.2.Che l’impugnazione di essa sia tardiva appare provato al di là di ogni dubbio.

3.2.1.Le plurime comunicazioni dell’amministrazione;
l’avvenuta presentazione di osservazioni -poi respinte- da parte degli appellanti, rende chiaro (prima, ed a prescindere dalla relazione del funzionario del Comune che dichiara che la detta delibera fu messa a disposizione delle parti) che essi erano in grado di conoscere l’esistenza e l’avvenuta approvazione della medesima;
che ciò costituiva il presupposto dell’iter procedimentale da essi contestato.

A fronte di tali comunicazioni, la circostanza – solo labialmente affermata - che parte appellante non conoscesse l’esistenza della delibera, consente di affermare che essa sia irrilevante: se è vero che non la conosceva, ciò avvenne per propria autoresponsabilità, ma l’amministrazione la mise in condizione di conoscerla ed eventualmente tempestivamente dedurre il vizio di omesso invio dell’avviso prodromico alla sua adozione.

La risalente giurisprudenza citata (Cons. Stato Sez. VI, 18-01-2007, n. 86) è stata già da tempo superata da un approdo maggiormente sostanzialistico ( ex aliis Cons. Stato Sez. IV, 05-06-2013, n. 3112 “ai fini della decorrenza del termine d'impugnazione dell'approvazione del progetto di un'opera pubblica, avente valore di dichiarazione di pubblica utilità, non è sufficiente la mera pubblicazione dell'atto ma è necessaria la notifica o, almeno, la piena conoscenza dello stesso, quante volte esso ha effetti specifici e circoscritti all'area da espropriare per l'esecuzione dell'opera e, quindi, è rivolto a soggetti determinati anche se non esplicitamente nominati”) e fa decorrere dalla piena conoscenza il termine di proposizione del gravame.

Il secondo capoverso di pag. 6 dell’appello, assume portata addirittura confessoria della tardività del mezzo: fermandosi alle affermazioni ivi riportate, infatti, laddove si consideri che a parte appellante venne data notizia dell’avviso del procedimento teso ad imporre il vincolo preordinato all’esproprio non prima, ma successivamente all’adozione della delibera, e che essa ebbe a presentare le osservazioni al Comune, non possono che farsi discendere due conseguenze.

La prima di esse, è quella per cui l’omesso avviso viziava la delibera,

la seconda, è quella per cui a detta data in cui avvenne la comunicazione (20.09.07) l’appellante conosceva dell’esistenza del procedimento e del suo approdo;
avrebbe potuto compulsare gli atti;
ed invece, errando, propose osservazioni (comunque negativamente delibate dal comune) sebbene il procedimento si trovasse in uno stato più avanzato. In realtà a partire da quella data avrebbe potuto e dovuto insorgere avverso la delibera denunciando che essa era illegittima per omesso avviso dell’avvio del procedimento. Nulla di tutto ciò è avvenuto, se non assai tardivamente.

Si aggiunge, poi, che le considerazioni dell’appellante volte a censurare il ragionamento del Tar in ordine alle conseguenze che potevano inferirsi dalla relazione del funzionario del comune, sono del tutto fallaci: nel processo amministrativo, l’amministrazione procedente “forma” gli atti gravati, ed è, insieme, parte processuale.

Una attestazione proveniente dall’Amministrazione che si assume inesatta, errata, addirittura ideologicamente falsa, può essere contestata, nella sua rilevanza probatoria, all’interno del processo: ma ciò ove si propongano elementi che ne dimostrino appunto la inesattezza.

L’appellante si limita ad affermare che essa non può avere fede privilegiata, ma non nega che gli fu messa a disposizione la prefata delibera, e che comunque, al più tardi a quella data, di essa gli fu data conoscenza “storica”

3.2. Una ulteriore circostanza concorre a comporre un quadro dimostrativo della conoscenza da parte degli appellanti della delibera gravata, in data ben antecedente ai sessanta giorni precedenti la notifica del ricorso di primo grado (notificato, come detto prima, il 5 novembre 2008): essi chiesero il rilascio di un permesso di costruire il 19.10.2007 e il 20 dicembre 2007 furono destinatari di un preavviso di diniego motivato dall’omesso rispetto dell’erigendo fabbricato delle distanze dalla strada di progetto approvata con delibera del 12.6.2007: pare al Collegio che emerga anche per tal via la piena conoscenza della delibera predetta in capo a parte appellante.

3.3. La irricevibilità del mezzo, implica che la detta delibera non sia contestabile da parte appellante e determina – come in parte già chiarito- la non refluenza della successiva declaratoria di incostituzionalità (Corte Cost. sent. n. 401 del 19-23 novembre 2007) del disposto di cui all’art. 98 del d.Lgs. 12-4-2006 n. 163 ai sensi del quale essa era stata adottata (quarto motivo di appello).

Ne consegue la immunità da vizi anche degli atti successivi, censurati unicamente per illegittimità derivata, mentre è pacifica l’esattezza della statuizione di inammissibilità del petitum fondato sulla misura dell’indennizzo spettando la giurisdizione su detta domanda al Giudice Ordinario.

La reiezione in parte qua del mezzo e la conferma della gravata decisione, impedisce la favorevole scrutinabilità del petitum risarcitorio riproposto, mentre tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso

4. Conclusivamente, l’appello va integralmente disatteso.

5. Quanto alle spese processuali, esse possono essere compensate a cagione della particolarità della fattispecie, laddove la declaratoria di incostituzionalità della norma fondante della delibera gravata seguì di pochissimo tempo quest’ultima.

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