Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-18, n. 202104715
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Pubblicato il 18/06/2021
N. 04715/2021REG.PROV.COLL.
N. 00150/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 150 del 2014, proposto da R F, rappresentato e difeso dagli avvocati F L e M M, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. F L in Roma, via G.P. Da Palestrina,47;
contro
A S, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
F C F, rappresentato e difeso dagli avvocati A D M, G D M e F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. 02221/2013, resa tra le parti, e concernente il diniego di annullamento del provvedimento del 20.07.2011 prot. n. CMI-0034782-I di rilascio della concessione a titolo oneroso di aree ANAS ad uso parcheggio e verde privato in Comune di Luino (Va) in favore del sig. F F.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di A S e di F C F;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2021, tenutasi ex art. 4 del d.l. n. 84 del 2020 ed ex art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Cons. C A e uditi l’Avv. Micheletti Matteo per parte appellante e l’Avv. Dal Molin Alessandro per la parte appellata F;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con l’appello in epigrafe il sig. R F ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione prima, n. 2221/2013 del 3 ottobre 2013 con cui è stato rigettato il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento del 20.07.2011 prot. n. CMI-0034782-I di rilascio della concessione a titolo oneroso di aree ANAS ad uso parcheggio e verde privato in Comune di Luino (Va) in favore del sig. F F.
2. Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, successivamente trasposto in sede giurisdizionale, l’appellante chiedeva l’annullamento del provvedimento di rilascio di concessione a titolo oneroso di aree ANAS a favore del signor F F, affermando di essere proprietario dell’area interessata.
2.1 A sostegno di quanto asserito, il signor F deduceva che:
- tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso il Ministero dei Lavori Pubblici dava avvio ai lavori di ammodernamento e sistemazione generale di tratti fra i km 38+700 e 46+700 della S.S. 394 del Verbano Orientale, nel Comune di Luino;
- tra i beni temporaneamente occupati era rientrato anche il mappale n. 528 in proprietà della sig.ra N D P, sito nelle adiacenze dell’ex tracciato della strada statale n. 394;
- in data 12.11.1975, la Prefettura di Varese disponeva l'indennità per l’istituzione di una servitù di sottopasso e per l'occupazione temporanea, tra gli altri, del mappale 528;
- poiché non seguiva alcun atto di espropriazione formale dell'area, iI terreno, una volta conclusi i lavori, era ritornato nella piena disponibilità della sig.ra D P;
- successivamente l’appellante, a seguito di atto di donazione, era divenuto proprietario del terreno sito a Luino, via della Vittoria n. 22, comprendente anche il mappale n. 528 di cui si tratta, realizzandovi una strada di accesso alla proprietà nel 1994;
- in data 24.10.2007, il sig. F F, proprietario dell'immobile confinante con quello dell’appellante, presentava istanza per la concessione a titolo oneroso di aree di proprietà dell'A.N.A.S. S.p.a. (da destinare ad uso parcheggio e verde privato), ivi compreso il terreno di cui al mappale n. 528;
- tale istanza veniva accolta in data 20.7.2011 dall’ ANAS. che fissava la durata della concessione in dieci anni, decorrenti dal 1.7.2011, e prevedeva il pagamento di un canone annuo di euro 4.550,00;
- di tale circostanza, ovvero della sussistenza del provvedimento di concessione, il legale del ricorrente acquisiva conoscenza solamente in data 27.2.2012, a seguito di comunicazione nell'ambito di un altro giudizio che vedeva come parti contrapposte gli stessi F e F.
2.2 Il Tar, con sentenza in forma semplificata ex art 74 c.p.a., rigettava il ricorso, compensando integralmente le spese tra le parti.
3. Con atto di appello notificato in data 20 dicembre 2014, il signor F ha impugnato la sentenza di primo grado per i seguenti motivi:
1) VIOLAZIONE DELL'ART. 42 COST., VIOLAZIONE DELL'ART. 1 DEL PROTOCOLLO 1 ALLEGATO ALLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO, VIOLAZIONE DELL'ART. 117 COST. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 1362 E SEGG. DEL COD. CIV. E DEI PRINCIPI IN MATERIA DI INTERPRETAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI. MOTIVAZIONE ILLOGICA E CARENTE;ERRORE E TRAVISAMENTO DEI FATTI.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, nel rigettare il ricorso, ha affermato che, con il decreto prefettizio del 12 novembre 1975, sarebbe stata disposta l'espropriazione anche del mappale 528 di proprietà della signora D P, dante causa dell'odierno appellante. Contrariamente a quanto affermato dal TAR, tuttavia, l’interpretazione letterale del decreto citato esclude che sia intervenuta un’espropriazione totale dell’area, essendo stata costituita una mera servitù per l’esistenza di una finestra a servizio di una galleria e per il passaggio dei mezzi diretti alla galleria stessa.
2) MOTIVAZIONE ILLOGICA E CARENTE. ERRORE E TRAVISAMENTO DEI FATTI. FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE: ART. 829 COD. CIV. ERRORE DI DIRITTO PER VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA TRA IL CHIESTO E IL PRONUNCIATO;VIOLAZIONE DELL'ART. 112 COD. PROC. CIV. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 24 E 111 COST. E DELL'ART. 1, COD. PROC. AMM. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 6 E 13 CEDU. VIOLAZIONE DELL'ART. 8 COD. PROC. AMM.
Non si può condividere nemmeno il capo della sentenza impugnata che ha escluso l’usucapibilità del bene in quanto di natura demaniale.
Anche a voler ritenere l’originaria demanialità del bene, si deve concludere per la sdemanializzazione tacita a seguito di atti univoci e concludenti della pubblica amministrazione che non ha fatto più uso dell’area a decorrere dal 1976. Per contro, già nel 1991, la signora D P aveva presentato richiesta di concessione edilizia per realizzare una nuova strada di accesso al proprio immobile e, in data 11.01.1994, il sig. F, in qualità di proprietario, chiedeva ed otteneva la concessione edilizia per realizzare una strada passante sul mappale di cui si tratta.
La sentenza, inoltre, risulta viziata da errore di diritto per violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, laddove ha omesso di prendere posizione sulla richiesta dell’originario ricorrente di sospensione del giudizio, ove ritenuto necessario, per la proposizione di un’azione di accertamento dell’avvenuta usucapione dell’area di fronte al giudice ordinario;
3) MOTIVAZIONE ILLOGICA E CARENTE;ERRORE E TRAVISAMENTO DEI FATTI. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 24 COST. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COST, DELL'ART. 1 DELLA L. N. 241/1990, DEGLI ARTT. 3 R.D. 18.11.1923, N. 2440 E 37 R.D. 23.5.1924 N. 827.
Parimenti deve essere contestato il capo della sentenza che ha respinto il motivo afferente alla mancata indizione di una procedura comparativa per il rilascio della concessione di cui si discorre.
Secondo il Tribunale Amministrativo Regionale, infatti, si sarebbe formata acquiescenza, non avendo l'odierno appellante formulato alcuna opposizione in seguito alla pubblicazione sull’albo pretorio del Comune dell'avviso di rilascio della concessione. L’appellante, tuttavia, non era a conoscenza dell’avviso pubblicato sull’albo pretorio di Luino, e, per tale ragione, non ha nemmeno potuto proporre opposizione. Inoltre, sull’albo non era stato pubblicato il provvedimento di concessione oggetto del presente gravame, bensì un atto diverso e dichiarante l'intenzione di rilasciare una concessione al Dott. F;
4) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 7 E SEGG. DELLA L. 241/1990. MOTIVAZIONE ILLOGICA E CARENTE;ERRORE E TRAVISAMENTO DEI FATTI.
Nemmeno risulta condivisibile il capo della sentenza che ha respinto il motivo afferente alla violazione delle regole sulla partecipazione al procedimento amministrativo.
L’ANAS avrebbe dovuto consentire all’appellante di partecipare al procedimento volto al rilascio della concessione a favore del sig. F, in quanto soggetto a cui il provvedimento avrebbe potuto recare pregiudizio, avendo realizzato una strada sul mappale 528;
5) MOTIVAZIONE ILLOGICA E CARENTE. VIOLAZIONE DEGLI ART. 1362 E SEGG. COD. CIV. ERRORE DI DIRETTO E TRAVISAMENTO DEL FATTO.
Si censura il capo della sentenza che ha respinto il motivo relativo al difetto di rappresentanza in applicazione del principio secondo cui l'organo delegante non si spoglia del potere di provvedere.
Nel provvedimento impugnato si dà atto che il Compartimento ANAS è rappresentato per la stipula della concessione dall’Avv. N R, quale Dirigente Amministrativo del Compartimento medesimo autorizzato alla stipula dell'atto giusta Procura Speciale per atto del Notaio C, tuttavia, la sottoscrizione in calce è del Capo Dipartimento Ing. C D L, senza ulteriori specificazioni in merito al senso ed alla valenza della sostituzione. Difetta, quindi, la sottoscrizione del soggetto cui è stata rilasciata specifica delega — come visto l'Avv. N R - ovvero l'unico soggetto legittimato alla sottoscrizione del provvedimento di cui si tratta, quantomeno per come esso è stato concepito: esso è pertanto invalido;
6) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE: ARTI. 47 E SS. D.P.R. N. 327/2001. TRAVISAMENTO DEI FATTI;MOTIVAZIONE ILLOGICA E CARENTE. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI CORRETTEZZA, BUONA FEDE E TUTELA DEL LEGITTIMO AFFIDAMENTO. VIOLAZIONE DELL'ART. 97 COST. E DELL'ART. 1 L. 7.8.1990, N. 241.
Anche il capo della sentenza relativo alla mancata retrocessione del bene oggetto di concessione, in cui il TAR della Lombardia rileva che, non essendo stata formulata mai nessuna richiesta in tal senso, non sussisteva alcun onere di ANAS S.p.A. di verificare in via preliminare la volontà di avvalersi di tale facoltà da parte del soggetto interessato, non appare condivisibile. Anche a ritenere che nel caso in esame si fosse in presenza di un provvedimento di espropriazione, l’ANAS S.p.A. aveva l’onere di verificare l'interesse alla retrocessione in capo all'odierno appellante, con conseguente di difetto istruttoria e violazione degli artt. 47 e ss. del D.P.R. n. 327/2001.
4. Si sono costituiti in giudizio ANAS S.p.a. ed il signor F F, chiedendo il rigetto del ricorso e la conferma della sentenza impugnata.
5. Le parti hanno scambiato memorie e depositato documenti.
6. All’udienza dell’8 giugno 2021, previa discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. In via preliminare, il Collegio esamina l’eccezione di inutilizzabilità dei documenti depositati dalla parte appellata F in data 6.05.2021, avanzata dalla difesa di parte appellante nella memoria di replica del 17 maggio 2021.
7.1 L’eccezione è fondata.
7.2 Sul punto, ci si limita a richiamare quanto costantemente statuito dalla giurisprudenza amministrativa: “ Al processo amministrativo si applica, infatti, l’art. 345 c.p.c. (Cons. St., sez. V, 28 aprile 2011, n. 2539) che, al comma 3, dispone che “non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile….”. Ai sensi dell’art. 104, comma 2, c.p.a., dunque, anche nel processo amministrativo in appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova e documenti (Cons. St., sez. III, 21 maggio 2013, n. 2750;id. 15 aprile 2013, n. 2032;id., sez. V, 28 febbraio 2013, n. 1204;id., sez. III, 3 gennaio 2013, n. 3), salvo che il Collegio giudicante li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa (Cons. St., sez. IV, 31 agosto 2017, n. 4114;id., sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6200;id., sez. III, 15 gennaio 2014, n. 124) ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile ” (Consiglio di Stato, sezione III, n. 4335 del 17/07/2018).
7.3 Il Collegio, pertanto, non terrà conto dei documenti nuovi, non essendo indispensabili per la decisione.
8. Sempre in via preliminare, deve essere esaminata la richiesta istruttoria di parte appellante, già avanzata in primo grado e concernente l’assunzione di testimonianze scritte in merito al possesso ed all’utilizzo, da parte dell’appellante e del dante causa di esso, del mappale 528.
8.1 L’istanza istruttoria è infondata per la ragione indicata al paragrafo precedente, avendo ad oggetto l’assunzione di prove testimoniali che non sono indispensabile ai fini della decisione ai sensi dell’art 104 comma 2 c.p.a.
8.2 Anche l’istanza istruttoria di parte appellante, pertanto, deve essere rigettata.
9. Nel merito, l’appello è infondato.
9.1 Con il primo motivo il signor F censura il capo della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che con il decreto prefettizio del 1975 sia stata disposta l’espropriazione del mappale 528 di proprietà della signora D P, dante causa dell’odierno appellante. Deduce che, sulla base dell’interpretazione letterale della documentazione avente ad oggetto l’espropriazione dell’area (in particolare, il verbale di ANAS del 29.02.1972 di liquidazione definitiva dell’indennità dovuta alla sig.ra D P ed il decreto del Prefetto della Provincia di Varese del 12.11.1975), emerge che la procedura si è conclusa con la mera apposizione di una servitù a favore dell’ANAS sul mappale interessato.
9.2 Il motivo è infondato.
9.3 Dalla documentazione in atti e sulla base della più volte invocata (da parte appellante) interpretazione letterale della stessa è emerso come il procedimento avviato con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 30.06.1967, per quanto afferisce al mappale 528, sia nato come servitù di sottopasso e si sia concluso con l’esproprio integrale.
9.4 In questo senso depongono:
-la nota 4727/CP.33 del 15.07.1974 in cui si fa espressamente riferimento al pagamento dell’indennità di esproprio, accettata senza riserve dalla signora D P che rilasciava relativa quietanza;
-il decreto del Prefetto di Varese del 12.11.1975, che testualmente dispone: “ l’Azienda Nazionale Autonoma Strade “A.N.A.S.” è autorizzata alla occupazione permanente degli immobili appresso indicati i quali sono definitivamente espropriati a favore dell’A.N.A.S. per l’esecuzione dei sopraddetti lavori siti nel territorio del Comune censuario di Luino ”;
-la nota di trascrizione presentata alla Conservatoria delle ipoteche di Varese del 16.03.1976 che indica tra i beni da intestare ad ANAS l’intera superficie del mappale 528;
-la richiesta di volturazione presentata al catasto in data 1.04.1976 con intestazione “Demanio dello Stato”;
-l’atto di donazione posto in essere dalla signora D P a favore dell’odierno appellante, avente ad oggetto vari immobili siti nel comune di Luino, ad esclusione del mappale 528. Sotto tale profilo, l’affermazione di parte appellante secondo cui la mancata indicazione nell’atto di donazione non avrebbe pregiudicato il trasferimento della proprietà dell’area, ai sensi dell’art 818 c.c., non coglie nel segno, essendo, da un lato, i beni oggetto di donazione indicati in maniera specifica e, dall’altro lato, non provato il vincolo di pertinenzialità dell’intero mappale in questione.
9.5 Le circostanze sopra indicate convergono univocamente nel senso della titolarità in capo ad ANAS della proprietà dell’area, in conseguenza dell’espropriazione disposta con decreto prefettizio del 12.11.1975.
9.6 Privo di pregio appare l’assunto difensivo secondo cui le risultanze del catasto e dei registri immobiliari sarebbero privi di rilevanza probatoria, in quanto rivestenti valore meramente dichiarativo e non costitutivo. Siffatte risultanze, infatti, pur non assurgendo a prova privilegiata, non sono del tutto sfornite di rilevanza, costituendo elementi presuntivi ai fini dell’accertamento della titolarità del diritto dominicale, al di fuori dell’esercizio dell’azione di rivendicazione di cui all’art 948 c.c. (Cfr. Cass. civ. Sez. II Ord., 18/03/2019, n. 7567: “ Al di fuori dell'ipotesi della rivendicazione, per la quale l'art. 948 c.c. prevede un regime probatorio rigoroso, la proprietà può essere dimostrata, come tutti i fatti, anche con presunzioni e, quindi, pure attraverso il ricorso alle risultanze catastali ”).
9.7 Dagli atti di causa emerge, quindi, l’appartenenza del bene al demanio dello Stato, sicché nessun rilievo possono avere, ai fini della titolarità del diritto, né l’animus dell’odierno appellante che ha utilizzato il mappale nella convinzione di esserne proprietario né la circostanza che lo stesso abbia acquistato per successione legittima le proprietà non incluse nell’atto di donazione della signora D P (trattandosi di terreno non compreso nell’asse ereditario).
9.8 Per le ragioni sopra indicate, prive di fondamento sono le censure relative all’asserita violazione dell’art 1 prot. 1 CEDU, essendo stato il bene acquisito nell’ambito di una regolare procedura espropriativa.
10. Con il secondo motivo l’appellante censura la sentenza impugnata sia nella parte in cui ha escluso l’avvenuta usucapione dell’area in suo favore sia nella parte in cui non si è pronunciata sulla riserva, proposta dal ricorrente, di sospensione del giudizio per proporre un’azione di accertamento dell’avvenuta usucapione davanti al giudice ordinario.
10.1 Il motivo è infondato.
10.2 La natura demaniale dell’area in esame ne esclude la usucapibilità né è possibile affermare che vi sia stata la sdemanializzazione tacita del bene in conseguenza della mancata opposizione all’utilizzo da parte dell’appellante.
10.3 La sdemanializzazione tacita, infatti, è ravvisabile solo in presenza di atti e/o fatti che mostrino inequivocabilmente la perdita di destinazione ad uso pubblico del bene, non potendosi desumere dalla mera circostanza che il medesimo non sia più adibito, anche per lungo tempo, all’uso pubblico (cfr Cassazione civile sez. un., 07/04/2020, n.7739;Consiglio di Stato sez. IV, 25/05/2018, n.3143).
10.4 Nel caso di specie la perdita della demanialità non emerge in maniera inequivocabile ed è anzi contraddetta dallo stesso rilascio della concessione onerosa a favore del signor F F. Quanto al rilievo per cui l’amministrazione non si è mai opposta ai comportamenti del signor F che ha utilizzato il terreno come se fosse proprio, ci si limita ad osservare che gli atti posti in essere con l’altrui tolleranza, se non sono idonei a far conseguire il possesso utile per l’usucapione (art. 1144 c.c.), a maggior ragione non sono idonei a provare l’avvenuta perdita del carattere demaniale del bene.
10.5 In relazione alla censura di omesso esame della richiesta di sospensione del giudizio ai fini dell’esercizio dell’azione per l’accertamento dell’avvenuta usucapione, la superfluità della stessa discende dal regime giuridico di bene demaniale che ne preclude l’usucapione.
11. Con il terzo motivo l’appellante censura il capo della sentenza che ha respinto il motivo di ricorso afferente alla mancata indizione di una procedura comparativa per il rilascio della concessione.
11.1 La necessità del previo esperimento di una, pur sommaria, procedura comparativa ai fini del rilascio della concessione di un bene demaniale, atteso il carattere di risorsa scarsa ed economicamente sfruttabile dello stesso, discende dal diritto comunitario ed è ormai ius receptum nel panorama normativo e giurisprudenziale nazionale (segnatamente, art. 12 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, c.d. direttiva Bolkestein recepita in Italia con il d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59), costituendo ormai principio consolidato sul piano giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2018, n. 2622;VI, 12 febbraio 2018, n. 873;VI, 31 gennaio 2017, n. 394;Adunanza plenaria 25 febbraio 2013, n. 5).
11.2 Ciò posto, dagli atti di causa risulta che, prima del rilascio della concessione, l’autorità concedente ha pubblicato sull’albo pretorio del Comune di Luino un avviso circa l’intendimento dell’adozione del provvedimento, avviso idoneo a rendere edotti i potenziali interessati al fine di fare opposizione e presentare eventuali richieste.
11.3 La mancata conoscenza, da parte dell’appellante, dell’avviso pubblicato integra una mera circostanza di fatto che non priva di rilevanza l’avvenuto adempimento dell’onere pubblicitario volto a sollecitare eventuali portatori di interesse.
11.4 Per tali ragioni, anche il terzo motivo di appello è infondato.
12 Con il quarto motivo l’appellante censura il capo della sentenza che ha respinto il motivo del ricorso di primo grado afferente alla violazione delle regole del procedimento per l’omessa comunicazione all’appellante dell’avvio del procedimento volto al rilascio della concessione.
12.1 Il motivo è infondato.
12.2 A prescindere dalla circostanza che l’ANAS aveva pubblicizzato il proprio intendimento volto al rilascio della concessione mediante pubblicazione sull’albo pretorio comunale, correttamente il TAR ha affermato che nessun obbligo di comunicazione sussisteva nei confronti dell’odierno appellante, non essendo lo stesso titolare di un diritto dominicale sul bene. Né a diverse conclusioni conduce quanto osservato in ordine all’utilizzo del mappale da parte dello stesso, in quanto, come già osservato, il bene risultava di proprietà demaniale, sicché il pregiudizio subito dall’appellante si determina esclusivamente in via riflessa e di mero fatto (nel senso dell’insussistenza dell’obbligo di comunicazione per chi subisce un pregiudizio in via meramente riflessa ed indiretta, cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 08/06/2007, n.3023).
12.3 Il motivo deve, pertanto, essere rigettato.
13. Con il quinto motivo l’appellante censura il capo della sentenza impugnata che ha escluso il difetto di rappresentanza del soggetto firmatario dell’atto di concessione a favore del sig. F, pur risultando costui diverso da quello indicato nella premessa del provvedimento quale rappresentante munito di procura speciale.
13.1 Anche tale censura è priva di pregio.
13.2 Dal testo del provvedimento risulta che la concessione è stata rilasciata dal Compartimento ANAS della Viabilità per la Lombardia, rappresentato dall’Avv. N R quale dirigente amministrativo del compartimento medesimo. La firma in calce al provvedimento è stata apposta dal Capo del Compartimento, Ing. C D L.
13.3 In qualità di capo del compartimento rappresentato, l’ing D L era indubbiamente munito del potere di firma. La valenza della sostituzione, contrariamente a quanto affermato da parte appellante, non necessitava di specificazioni, in quanto il capo compartimento, nella qualità di titolare dell’ufficio delegante era investito del potere di sottoscrizione.
13.4 Nell'ambito amministrativo, la delega di firma realizza un mero decentramento burocratico, atteso che il delegato agisce come longa manus del delegante, senza esercitare in maniera autonoma e con assunzione di responsabilità poteri che rientrano nelle competenze amministrative allo stesso riservate (Consiglio di Stato sez. V, 30/10/2019, n.7418).
13.5 O, è noto che la mera delega interorganica o di firma, che attribuisca al soggetto delegato il potere di sottoscrivere atti che continuano ad essere - sostanzialmente - atti dell'autorità delegante, non altera affatto l'ordine delle competenze e delle funzioni amministrative stabilito dalla legge, sicché non può ritenersi configurabile alcun vizio di incompetenza (Cons. di St., IV, 8.5.2013, n. 2486).
13.6 Anche il quinto motivo deve essere rigettato.
14. Con il sesto motivo l’appellante contesta il capo della sentenza che ha escluso la violazione dell’art 47 D.P.R. 327/2001 per avere l’ANAS rilasciato la concessione senza aver prima accertato la volontà dell’appellante di chiedere la retrocessione del bene.
14.1 Il motivo è infondato. Nessuna disposizione poneva un obbligo in capo all’autorità concedente di effettuare la verifica preliminare della volontà di retrocessione del bene (peraltro, espropriato più di 35 anni prima).
14.2 L’art 47 dpr 327/2001, citato da parte appellante, contempla solo la facoltà del soggetto espropriato di chiedere la retrocessione parziale del bene non utilizzato per l’opera pubblica o di pubblica utilità, ma non impone nessun obbligo di interpello in capo all’autorità espropriante. L’affermato obbligo risulta, quindi, del tutto sfornito di base normativa né può sopperire a tale mancanza il generico richiamo della difesa di parte appellante ai principi di correttezza, buona fede e tutela dell’affidamento, avendo l’amministrazione correttamente esercitato il potere.
14.3 Il motivo è quindi infondato e deve essere rigettato.
15 In conclusione, l’appello deve essere rigettato.
16. Sussistono giustificati motivi, stante la peculiarità e la complessità della fattispecie concreta, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.