Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-12-10, n. 202108247

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-12-10, n. 202108247
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108247
Data del deposito : 10 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/12/2021

N. 08247/2021REG.PROV.COLL.

N. 01025/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1025 del 2017, proposto da
Wind Tre s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tommaso Gulli, n. 11;

contro

Comune di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso l’ufficio dell’Avvocatura civica del Comune di Reggio Calabria in Reggio Calabria, via S. Anna II° Tronco, P.zzo Ce.dir.;
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, n. 1353/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Calabria e del Ministero dello Sviluppo Economico;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 settembre 2021 il Cons. Stefano Fantini e udito, per l’appellante, l’avvocato Sartorio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.-La Wind Tre s.p.a. ha interposto appello nei confronti della sentenza 23 dicembre 2016, n. 1353 del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, che ha dichiarato in parte irricevibili ed in parte inammissibili il suo ricorso ed i motivi aggiunti avverso la delibera del Consiglio comunale di Reggio Calabria n. 39 in data 3 settembre 2015, avente ad oggetto l’approvazione del “ regolamento per l’applicazione dei canoni patrimoniali non ricognitori ” (di cui all’art. 27 del d.lgs. n. 285 del 1992), laddove assoggetta a canone le occupazioni permanenti della durata non inferiore all’anno finalizzate ai lavori di scavo, nonché avverso le note in data 21 ottobre 2015 (di liquidazione dei corrispondenti importi) ed in data 21 aprile 2016, condizionanti il rilascio dell’autorizzazione al pagamento del canone.

Il ricorso introduttivo ha ad oggetto il regolamento per l’applicazione dei canoni non ricognitori, nella parte in cui, agli artt. 2, 3 e 4, assoggetta a canone concessorio, in aggiunta alla Tosap, le occupazioni permanenti della durata non inferiore all’anno, anche se relative ad erogazione di servizi pubblici per telecomunicazioni in regime di licenza del M.S.E.;
i primi motivi aggiunti riguardano la nota dirigenziale in data 21 aprile 2016 richiedente il pagamento del canone patrimoniale;
con i secondi motivi aggiunti è poi stata impugnata la nota in data 15 aprile 2016 con la quale il dirigente ha disposto di procedere al rilascio delle autorizzazioni subordinandole al pagamento del canone non ricognitorio.

La società Wind Tre, titolare di licenza individuale per il servizio radiomobile di comunicazione sul territorio italiano, al fine di realizzare il servizio pubblico di telecomunicazioni (ivi incluso quello di telefonia fissa in banda larga), ha provveduto a collocare, in tutto il territorio nazionale, i cavi telefonici in fibre ottiche, conseguendo allo scopo le prescritte autorizzazioni;
in particolare, nella città di Reggio Calabria, ha realizzato nel sottosuolo circa 6,2 Km. di Rete Man e circa 5,8 Km. di rete secondaria destinata ai clienti ed a collegare tra di loro le stazioni radio base mobile.

2. - Con il ricorso in primo grado la allora Wind Telecomunicazioni s.p.a. ha impugnato il regolamento per l’applicazione dei canoni patrimoniali non ricognitori nonché le note comunali che le chiedevano il relativo pagamento, per violazione, tra l’altro, dell’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003 (Codice comunicazioni elettroniche) che preclude, per l’esecuzione delle opere connesse alla realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni, qualsiasi pretesa finanziaria al di fuori della Tosap o della Cosap.

3. - La sentenza appellata ha dichiarato irricevibile il ricorso, notificato in data 21 dicembre 2015, avverso il regolamento del Comune di Reggio Calabria sul canone patrimoniale non ricognitorio, di cui alla delibera consiliare n. 39 del 2015, pubblicata mediante affissione all’albo dal 18 agosto al 2 settembre del 2015, nell’assunto che l’impugnativa avrebbe dovuto essere proposta entro sessanta giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio del regolamento stesso, in ragione della sua natura immediatamente lesiva della sfera giuridica della ricorrente, ed inammissibile, per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, l’impugnativa degli avvisi di pagamento del canone patrimoniale non ricognitorio, integranti atti paritetici di mera quantificazione del debito vantato dall’amministrazione, sulla base di criteri predeterminati in modo vincolante.

4.- Con il ricorso in appello la società Wind Tre ha criticato la sentenza deducendone l’erroneità, nella considerazione, per quanto riguarda la statuizione di irricevibilità, che il regolamento comunale gravato non ha immediata lesività, sicchè l’interesse all’impugnazione è divenuto attuale solamente con la richiesta di versamento del canone;
per quanto concerne poi la declinatoria di giurisdizione, ha dedotto che la giurisdizione del giudice ordinario riguarda solamente l’invito di pagamento del 6 aprile 2016. Nel merito, l’appellante, reiterando i motivi di primo grado, ha dedotto che l’utilizzo del sottosuolo della sede stradale non comporta la corresponsione del canone concessorio, la violazione dell’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003, la non cumulabilità del canone con la Cosap o Tosap.

5. - Si sono costituiti in resistenza il Comune di Reggio Calabria ed il Ministero dello sviluppo economico chiedendo la reiezione del ricorso in appello.

6. - All’udienza pubblica del 16 settembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Il primo motivo di appello critica la statuizione di irricevibilità del ricorso introduttivo avverso il regolamento comunale sui canoni patrimoniali non ricognitori, di cui alla delibera consiliare n. 39 del 3 settembre 2015, nell’assunto che il regolamento non contiene disposizioni immediatamente lesive, ma costituenti mera volizione preliminare, con la conseguenza che l’attualità dell’interesse al ricorso si ha solo con il provvedimento attuativo od applicativo, mediante il quale è stato dal Comune determinato il canone e poi individuato il soggetto tenuto al pagamento del medesimo, atti che andavano dunque cumulativamente impugnati.

Il motivo è fondato.

Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, rispetto agli atti di contenuto normativo (tra i quali rientra il regolamento oggetto del giudizio) è soltanto con il successivo atto applicativo che si viene a radicare tanto l’interesse al ricorso, quanto la legittimazione. Invero, sebbene il regolamento preveda, in via generale ed astratta, che anche le concessioni di suolo pubblico finalizzate alla distribuzione di energia elettrica rientrino tra quelle soggette al canone concessorio non ricognitorio, tuttavia è solo l’adozione dell’atto applicativo che concretizza ed attualizza la lesione e soprattutto differenzia l’interesse del singolo concessionario rispetto a quello di tutti gli altri concessionari che, rispetto all’annullamento della previsione normativa generale ed astratta, si trovano nella medesima indifferenziata posizione (in termini Cons. Stato, V, 8 novembre 2017, n. 5145). Fino al momento dell’adozione dell’atto applicativo, dunque, il termine per l’azione di annullamento non decorre, perché non sono ancora sorte, per il singolo concessionario, le necessarie condizioni dell’azione, ovvero l’interesse al ricorso e la legittimazione al ricorso (Cons. Stato, V, 7 ottobre 2016, n. 4130).

Ne consegue che deve ritenersi tempestivo il ricorso di primo grado, notificato in data 21 dicembre 2015, avente ad oggetto la richiesta in data 21 ottobre 2015 di adeguamento a quanto disposto dal regolamento, oltre al regolamento pubblicato sino al 3 settembre 2015;
la domanda di annullamento del regolamento n. 39 del 2015 va pertanto esaminata nel merito.

2. - Il secondo mezzo censura poi la statuizione di inammissibilità per difetto di giurisdizione dell’impugnativa della richiesta di pagamento del canone di concessione, deducendo come la declinatoria di giurisdizione in favore del giudice ordinario (ai sensi dell’art. 133, lett. b, Cod. proc. amm.) possa, se del caso, riguardare l’avviso di accertamento ed invito al pagamento del canone per le annualità 2015 e 2016 (in data 6 aprile 2016), ma non anche le note dirigenziali con le quali l’amministrazione comunale ha chiesto alla società di adeguarsi al regolamento (nota del 21 ottobre 2015), ovvero condizionato il rilascio dell’autorizzazione al pagamento del canone non ricognitorio (nota del 21 aprile 2016, impugnata con i primi motivi aggiunti), od, ancora, disposto di procedere al rilascio delle autorizzazioni subordinatamente al pagamento della Tosap e del canone (nota in data 15 aprile 2016, gravata con ulteriori motivi aggiunti), in tale guisa esprimendo valutazioni discrezionali sull’applicabilità o meno del canone patrimoniale.

Anche tale motivo è fondato.

Se appare condivisibile la statuizione di primo grado declinatoria della giurisdizione limitatamente all’avviso di pagamento avente ad oggetto le somme dovute a titolo di canone concessorio patrimoniale non ricognitorio (di cui all’art. 27 del d.lgs. n. 285 del 1992), trattandosi di atto contenente una pretesa patrimoniale dell’amministrazione priva di valenza provvedimentale (in termini Cons. Stato, V, 28 giugno 2016, n. 2913), al contrario la giurisdizione amministrativa permane con riguardo alle altre note dirigenziali con le quali è stata data attuazione al regolamento con precisazioni in ordine alla debenza del canone unitamente alla Tosap, atteso che detti atti esprimono un’attività valutativa, esorbitante dall’ambito delle controversie concernenti le indennità, i canoni e gli altri corrispettivi.

3. - Il terzo motivo, reiterativo del primo di primo grado, contesta la soggezione al canone non ricognitorio delle opere realizzate nel sottosuolo stradale, con particolare riguardo ai cavidotti, ai cavi ed agli accessori per telecomunicazioni, in asserita violazione di quanto prescritto dall’art. 27 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice della strada), che disciplina il rilascio delle autorizzazioni e concessioni sul suolo stradale, con palese riferimento alla sua superficie, escludendo dunque la debenza del canone per le occupazioni che non limitino l’utilizzo della sede stessa.

Il motivo è fondato nei termini di cui appresso.

Il canone non ricognitorio di cui all’art. 27, commi 7 e 8, del codice della strada è una prestazione patrimoniale che si applica in correlazione con l’uso singolare della risorsa stradale (intesa ai sensi dell’art. 3, comma 1, n. 46, dello stesso codice, quale “ superficie compresa entro i confini stradali ”, comprensiva della carreggiata e delle fasce di pertinenza) e dunque in funzione della limitazione od esclusione dell’ordinaria fruizione generale (Cons. Stato, V, 22 settembre 2016, n. 3921).

Ne consegue che, in linea di principio, alle occupazioni (come quella oggetto di controversia) finalizzate all’interramento di condutture per l’esercizio di pubblici servizi non si applica il canone ricognitorio;
si tratta infatti di una modalità di utilizzo della sede stradale che non preclude ordinariamente la generale fruizione della risorsa pubblica, limitandosi alla presenza nel sottosuolo dell’infrastruttura di servizio a rete.

Tale imposizione può essere però consentita in relazione all’arco temporale nel quale viene eseguito l’intervento di posa dell’infrastruttura (così Cons. Stato, V, 12 maggio 2016, n. 1926) e, più in generale, per il tempo in cui le lavorazioni di realizzazione impediscono la piena fruizione della sede stradale;
una siffatta imposizione non può peraltro proseguire nel periodo successivo, durante il quale la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non impedisce né limita la pubblica fruizione della sede stradale.

4. - Il quarto e centrale motivo deduce poi la violazione, da parte del gravato regolamento, dell’art. 93 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche) nell’assunto che l’impianto di reti per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica non è assoggettabile a pretese finanziarie (indennità o canoni) che non siano stabilite per legge, e dunque ulteriori rispetto alla Tosap o alla Cosap.

Il motivo è fondato.

Ai sensi dell’art. 93, comma 2, del C.C.E. (come autenticamente interpretato dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 33) gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica sono sottoposti unicamente alle tasse o ai canoni indicati nella predetta disposizione e pertanto l’amministrazione non può pretendere il c.d. canone di soggezione previsto dall’art. 27 del d.lgs. n. 285 del 1992. Invero l’art. 93 in esame è espressione di un principio fondamentale dell’ordinamento di settore delle telecomunicazioni, in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi ulteriori oneri o canoni, posto che, ove ciò non fosse, ogni singola amministrazione dotata di potestà impositiva potrebbe liberamente prevedere obblighi pecuniari a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio di una ingiustificata discriminazione rispetto agli operatori di altre Regioni, Province o Comuni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti (in termini Cass., I, 10 gennaio 2017, n. 283).

Nella stessa direzione interpretativa milita la previsione dell’art. 231, comma 3, del codice della strada, alla cui stregua « in deroga a quanto previsto dal capo I del titolo II -(nel cui ambito rientra l’art. 27 in tema di canone non ricognitorio)-, si applicano le disposizioni di cui al capo V del titolo II del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni ».

La giurisprudenza costituzionale, da parte sua, ha chiarito che la previsione dell’art. 93 C.C.E. costituisce espressione di un principio fondamentale della materia “ordinamento della comunicazione”, in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione di un divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni (da ultimo, Corte cost., 25 novembre 2020, n. 246).

Logico corollario è l’illegittimità di un regolamento, quale quello in questa sede gravato, che, contravvenendo alla fonte primaria, impone agli operatori delle comunicazioni una prestazione pecuniaria diversa ed ulteriore rispetto alla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap), oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap), espressamente contemplati dall’art. 93, comma 2, dello stesso testo normativo (in termini anche Cons. Stato, VI, 3 giugno 2020, n. 3467).

5. - L’accoglimento dei motivi scrutinati appare assorbente ai fini del decidere, portando all’annullamento, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, dei provvedimenti impugnati, ed in particolare, del regolamento comunale (limitatamente alle prescrizioni di cui gli artt. 2 e 3, che assoggettano a canone concessorio, in aggiunta alla Tosap, le occupazioni permanenti della durata non inferiore all’anno, anche se relative ad erogazione di servizi pubblici per telecomunicazioni in regime di licenza del M.S.E.), nonché, in via derivata (e prescindendo dunque dalla disamina dei vizi propri), delle note dirigenziali applicative (salvo che dell’avviso di pagamento, per il quale difetta la giurisdizione del giudice amministrativo). Ciò esime il Collegio dalla disamina del quinto motivo con cui si deduce la non cumulabilità del canone non ricognitorio con la Cosap (canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche) o con la Tosap (tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, alternativa al canone da ultimo indicato), in quanto asseritamente basantisi sullo stesso presupposto, costituito dall’occupazione del medesimo bene pubblico.

6. - Va infine accolto, in applicazione del principio della soccombenza, il settimo motivo con cui si chiede la riforma della statuizione di primo grado di condanna della società Wind alla refusione delle spese di giudizio in favore del Comune di Reggio Calabria e del Ministero dello sviluppo economico.

7. - In definitiva, alla stregua di quanto esposto, l’appello va accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, vanno accolti il ricorso ed i motivi aggiunti di primo grado, con conseguenziale annullamento, nei sensi di cui in motivazione, degli atti impugnati.

La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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