Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-10-15, n. 202408252
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Testo completo
Pubblicato il 15/10/2024
N. 08252/2024REG.PROV.COLL.
N. 10412/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10412 del 2021, proposto da
A R, rappresentata e difesa dagli avvocati N P e G R, con domicilio eletto presso lo studio del dott. A P in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
contro
Ministero della Cultura e Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 00684/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari e del Ministero della Cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2024 il Cons. Stefano Lorenzo Vitale e udito per le parti l’avvocato Nicola Laurenti in dichiarata delega dell'avvocato N P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso di primo grado, i sigg.ri Michele Ragone, Paola Ragone, Filippo Ragone e A R (di seguito anche “proprietari”) hanno chiesto la condanna del Ministero odierno appellato al risarcimento del danno, ex art. 2-bis legge n. 241/1990, asseritamente causato dal ritardo con cui l’amministrazione anzidetta ha concluso il procedimento per la liquidazione del premio ai medesimi dovuto per il ritrovamento, all’interno del sito denominato “Grotta di Lamalunga” situato su fondo di loro proprietà, dello scheletro di Homo Arcaico denominato “Uomo di Altamura” e di alcuni reperti paleontologici faunistici.
2. I principali svolgimenti del detto procedimento, così come risultanti dagli atti di causa, possono sintetizzarsi come segue.
3. Il ritrovamento dei reperti è avvenuto il 7 ottobre 1993 da parte di speleologi del Centro Altamurano Ricerche Speleologiche (CARS) e del Centro Alpino Italiano (CAI) di Bari e, in data 21 ottobre 1993, i proprietari hanno formulato istanza per la liquidazione dell’indennizzo ai sensi dell’allora vigente L. n. 1089/1939.
4. A seguito di sollecito dei proprietari del 28 marzo 1996, con nota del 3 giungo 1997 la Soprintendenza ha chiesto supporto al Ministero ai fini dell’effettuazione della stima dei reperenti in base alla quale calcolare l’importo del premio spettante.
I proprietari, con nota del 20 ottobre 1999, hanno fornito al Ministero una stima di parte.
5. Con un primo parere reso il 13 settembre 2000, trasmesso ai proprietari con nota della Soprintendenza del 19 luglio 2001, il Comitato di settore beni archeologici del Ministero ha ritenuto non congrua la stima di parte e, al tempo stesso, ha considerato “prematura una valutazione del bene” in quanto “non sono state ancora decise modalità di valorizzazione della grotta”.
Successivamente, in data 15 novembre 2001, il medesimo Comitato ha stimato il valore del reperto Uomo di Altamura in euro 250.000; con nota del 31 maggio 2002 il Ministero ha comunicato tale stima alla Soprintendenza invitando quest’ultima ad istruire la pratica per la liquidazione del premio ai proprietari e agli scopritori sulla base di detta stima.
6. Con nota del 10 settembre 2002, la Soprintendenza ha comunicato agli istanti di aver determinato in euro 300.000 il valore dei complessivi ritrovamenti paleontologici (Uomo di Altamura e reperti faunistici).
7. Con nota del 17 ottobre 2002, i proprietari hanno rappresentato all’amministrazione di non accettare la quantificazione del premio “preannunciando l’avvio dei procedimenti previsti dalla L. 490/99, per l’accertamento della stima del bene e la determinazione del relativo premio di rinvenimento”; analoga non accettazione è stata inoltrata dal CARS.
8. A seguito di ripetuti solleciti dei privati, con nota del 7 luglio 2006 la Soprintendenza ha proposto il nominativo del soggetto cui affidare la nuova stima dei reperti ai sensi dell’art. 93 del D.lgs. n. 42/2004; detto nominativo veniva accettato dai proprietari ma non dal CARS.
Il 7 novembre 2008 i proprietari hanno proposto ricorso al Tribunale di Bari ai fini della nomina del terzo incaricato di effettuare la stima dei beni ex art. 93, comma 3, D.lgs. n. 42/2004. Il Tribunale ha effettuato la nomina con ordinanza del 17 novembre 2008 e le parti hanno nominato i rispettivi consulenti di parte.
9. Il perito, in data 8 febbraio 2011, ha comunicato al Tribunale la stima dei reperti effettuata, pari ad euro 1.800.000.
10. Con nota del 6 giugno 2011, i proprietari hanno diffidato il Ministero al pagamento del premio dovuto e, a seguito di ulteriore diffida del 3 febbraio 2012, il 20 giugno 2014 il premio di 450.000,00 euro, pari al 25 per cento del valore complessivo dei reperti, è stato corrisposto ai medesimi.
11. Con il ricorso di primo grado, i quattro proprietari hanno domandato di accertare “l’illegittimità” del comportamento serbato dall’amministrazione nonché di condannare la stessa al pagamento del danno da ritardo subito, consistente negli interessi legali e nella rivalutazione maturati dal 21 gennaio 1994 al 7 novembre 2008 (data del ricorso al presidente del Tribunale di Bari) nonché dal 6 giugno 2011 (data della prima diffida al pagamento) al 20 giugno 2014 (data della effettiva liquidazione), per complessivi euro 348.677,58 (di cui euro 327.623,95 a titolo di interessi ed euro 21.052,63 a titolo di rivalutazione).
Altresì, i proprietari hanno domandato l’ulteriore “danno economico e patrimoniale” derivante dai costi relativi alla nomina del terzo perito, quantificati in euro 5.000 per esborsi ed euro 30.000 per compensi. I ricorrenti di primo grado hanno al riguardo evidenziato che l’art. 93, comma 3, ultimo periodo, del D.lgs. n. 42/2004 prevede che le spese della perizia sono “anticipate” dagli aventi titolo al premio e, pertanto, a loro avviso tali spese devono essere poste in via definitiva a carico del Ministero ove la perizia accerti un valore dei beni superiore a quello originariamente stimato dall’amministrazione. I ricorrenti, pertanto, hanno chiesto al Tar di accertare che il Ministero è tenuto al pagamento delle spese di perizia, con obbligo di manlevare i ricorrenti.
In subordine, i ricorrenti hanno chiesto la quantificazione del danno in via equitativa.
12. Il giudice di primo grado, ritenuta la propria giurisdizione anche con riguardo alla domanda di riguardante le spese della perizia “in quanto trattasi di pregiudizio in senso lato riconducibile alla lesione dell’interesse legittimo in conseguenza della lamentata inerzia della P.A.”, assorbite le eccezioni sollevate dalla difesa erariale, ha rigettato la domanda dei ricorrenti.
Ad avviso del Tar, deve escludersi la colpa del Ministero e risulta provato un “errore scusabile” in cui il medesimo è incorso attesa la “complessità e novità della fattispecie de qua e il comportamento ostruzionistico tenuto dai ricorrenti e da altri soggetti nel corso del procedimento”. Inoltre, il Tar ha riscontrato un concorso di colpa dei ricorrenti che non hanno prontamente agito con un’azione avverso il silenzio.
13. L’odierna appellante, sig.ra A R, con appello notificato il 18 novembre 2021 e depositato il 13 dicembre 2021, ha impugnato la sentenza reiterando le deduzioni avanzate in primo grado e insistendo nel ritenere integrati tutti i presupposti della responsabilità risarcitoria dell’amministrazione, il cui comportamento sarebbe connotato da colpa grave non sussistendo, invece, gli atteggiamenti ostruzionistici che il Tar ha addebitato ai privati.
In conclusione, l’appellante ha chiesto di riformare la sentenza del Tar e, per l’effetto, di accogliere le domande avanzate in prime cure, con la precisazione che la domanda risarcitoria viene ora formulata dall’unica appellante nella misura di euro 87.169,39, corrispondente ad un quarto della somma che era stata complessivamente chiesta dai quattro ricorrenti in primo grado.
14. La difesa erariale si è costituita con atto di stile depositato il 15 dicembre 2021 e, il 13 novembre 2023, ha depositato la memoria ed i documenti prodotti nel precedente grado.
15. All’udienza del 26 settembre 2024, in vista della quale l’appellante ha depositato una memoria, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. In primo luogo, il Collegio deve esaminare l’eccezione di decadenza dall’azione risarcitoria, sollevata in primo grado dalla difesa del Ministero e che non necessita di riproposizione ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. essendo rilevabile d’ufficio in sede di appello ex art. 35 c.p.a. (sulla rilevabilità d’ufficio in appello della tardività del ricorso di primo grado cfr. Cons. St., Ad. Plen., 9 agosto 2012, n. 32).
1.1. Con tale eccezione, la difesa erariale ha sostenuto che sia decorso il termine fissato dall’art. 30, commi 3 e 4, c.p.a.