Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-03-28, n. 202202241
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Pubblicato il 28/03/2022
N. 02241/2022REG.PROV.COLL.
N. 05415/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5415 del 2021, proposto dalla Regione Lombardia, in persona del Presidente
pro
tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato P P, dell’Avvocatura regionale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L F in Roma, viale Mazzini n. 134;
contro
C.R.E. Centro ricerche ecologiche s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione terza, n. 896 del 7 aprile 2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista l'istanza di passaggio in decisione depositata dalla Regione Lombardia il 17 febbraio 2022;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2022 il consigliere Claudio Tucciarelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il C.R.E.- Centro ricerche ecologiche s.r.l., società operante nel settore del recupero dei fanghi da depurazione e con una linea di produzione dedicata ai gessi di defecazione da fanghi (un fertilizzante abitualmente utilizzato come correttivo del pH del terreno), si era rivolto al T.A.R. per la Lombardia per ottenere l'annullamento:
- della Deliberazione di Giunta Regionale della Lombardia 2 marzo 2020, n. XI/2893, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Lombardia in data 7 marzo 2020, di “ Approvazione del Programma d'azione regionale per la protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole nelle zone vulnerabili ai sensi della direttiva nitrati 91/676/CE – 2020-2023 ”;
- del Decreto n. 18767, del 19 dicembre 2019.
Il C.R.E. – dolendosi del fatto che la Regione aveva dettato una specifica disciplina che, da un lato, estende ai correttivi del pH dei terreni, quali i gessi di defecazione, le norme in materia di utilizzazione agronomica di concimi azotati e ammendanti organici e, dall’altro, prevede uno specifico criterio di efficienza dell’azoto, pari a 1, per tutti i fertilizzanti, tra cui i correttivi medesimi - aveva basato la domanda di annullamento su nove motivi.
1.1. Con il primo motivo ha dedotto il difetto di attribuzione, la nullità, l’incompetenza, la violazione dell’articolo 117 della Costituzione, la violazione della Direttiva n. 676/1991, la violazione degli articoli 92, 112 e 127 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la violazione del Regolamento Comunitario n. 1009/2019, la violazione del d.lgs. n. 75/2010, la violazione del D.M. n. 5046/2016, la violazione dell’articolo 26 della legge n. 221/2015, la violazione del D.M. 19 aprile 1999. In sintesi, è stata eccepita l’incompetenza della Regione rispetto a quanto stabilito dalla direttiva nitrati e dalla normativa nazionale.
1.2. Con il secondo motivo ha dedotto la violazione degli articoli 3- ter , 4, 5, 6, 11 e 12 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, per difetto di istruttoria, per carenza dei presupposti. Ha lamentato in particolare la mancata attivazione del procedimento di valutazione ambientale strategica (VAS)
1.3. Con il terzo motivo ha dedotto la violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, la violazione dell’articolo 101 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’eccesso di potere per violazione del principio del giusto procedimento, per difetto di istruttoria e difetto di motivazione. E’ stata dedotta la violazione delle garanzie partecipative.
1.4. Con il quarto motivo ha dedotto l’eccesso di potere per illogicità e irrazionalità manifesta, il difetto di istruttoria, il difetto di motivazione, la contraddittorietà, la violazione del principio di proporzionalità e la violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
1.5. Con il quinto motivo ha dedotto l’eccesso di potere per illogicità e irrazionalità manifesta, il travisamento dei fatti, la carenza dei presupposti, il difetto di istruttoria, il difetto di motivazione, la contraddittorietà, la violazione del principio di proporzionalità, la violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
1.6. Con il sesto motivo ha dedotto l’eccesso di potere per illogicità e irrazionalità manifesta, travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà, disparità di trattamento, violazione del principio di proporzionalità, violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
1.7. Con il settimo motivo ha dedotto la violazione degli articoli 3- ter , 3- quater , 177, 179 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, per carenza dei presupposti, per difetto di istruttoria e per difetto di motivazione.
I motivi da 1.4. a 1.7. sono accomunati dal lamentato difetto d’istruttoria che affliggerebbe la previsione contenuta nella D.G.R. impugnata, a proposito del coefficiente di efficienza relativo all’apporto dei fertilizzanti, che «si considera uguale a 1». Si tratta, in particolare, del coefficiente da utilizzare per la redazione del «Piano di Utilizzazione Economica», secondo la procedura prescritta dal Programma d’azione, che richiede «la determinazione di alcuni parametri idonei alla formulazione di un bilancio dell’azoto relativo al sistema suolo-pianta che contempli: 1) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture;2) l'apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo e dalla fertilizzazione».
1.8. Con l’ottavo motivo, la società ha dedotto l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, per mancata valutazione dei presupposti, per illogicità, per contraddittorietà e per difetto assoluto di motivazione;la violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, degli articoli 3, 5 e 6 della Direttiva 91/676/CEE, in relazione a quanto previsto dall’Allegato 3 alla medesima Direttiva, la violazione dell’articolo 127 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la violazione del Regolamento UE 1009/2019, la violazione del d.lgs. n. 75/2010, la violazione del Codice di Buona pratica agricola, la violazione del D.M. 25 febbraio 2016.
1.9. Con il nono e ultimo motivo ha dedotto la violazione del secondo e sesto considerando, nonché la violazione dell’articolo 1 della Direttiva n. 86/278/CEE, la violazione degli articoli 127, 179 e 198 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la violazione dell’articolo 1 del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 99, l’eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, per illogicità manifesta, per contraddittorietà e per difetto di motivazione, la violazione del principio di libertà di iniziativa economica privata di cui agli articoli 41 e 44 della Costituzione, la violazione dei principi in materia di proprietà privata, di cui agli artt. 832 ss., e in materia di possesso, di cui agli artt. 1140 ss. del codice civile, la violazione del principio di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione e l’eccesso di potere per disparità di trattamento.
2. Nel processo di primo grado si è costituita la Regione Lombardia.
3. La sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione terza, n. 896 del 7 aprile 2021, dopo avere sintetizzato il quadro normativo di riferimento, ha rigettato i primi tre motivi e ha reputato fondati i motivi dal quarto al settimo, esaminati congiuntamente in quanto tutti relativi al difetto d’istruttoria che affliggerebbe la previsione contenuta nella D.G.R. impugnata, a proposito del coefficiente di efficienza relativo all’apporto dei fertilizzanti, che «si considera uguale a 1». Il quantitativo massimo di azoto apportabile è dato dalla somma della quantità di fertilizzanti disciplinati dal Piano di azione, secondo il proprio coefficiente di efficienza, e della quantità di azoto apportata con matrici organiche diverse dai “fertilizzanti” disciplinati dal Piano di azione.
La ricorrente contesta l’equiparazione dei gessi di defecazione agli altri fertilizzanti e la previsione di un criterio di efficienza dell’azoto pari a 1, uguale per tutti i fertilizzanti, in assenza di una specifica istruttoria di carattere tecnico-scientifico.
La sentenza impugnata, dopo avere richiamato i contenuti rilevanti in materia della direttiva nitrati n. 86/278/CEE, del d.lgs. n. 152/1999, poi trasfuso nel d.lgs. n. 152/2006, in cui è fatto riferimento all’obbligo di tenere conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonché alle condizioni ambientali locali, sottolinea che, come confermato dalla stessa Regione in sede di controdeduzioni alle «osservazioni dei soggetti competenti in materia ambientale», la contestata scelta del parametro «1» sarebbe stata effettuata andando contro i dati tecnico-scientifici. Si sarebbe portato a 1 il valore di efficienza “nominale” di tutti i fertilizzanti, uguale a quello attualmente attribuito ai soli fertilizzanti minerali, nella consapevolezza che si tratta di un valore agronomicamente non reale, ma appunto teorico o nominale. In un’ottica di economia circolare si incentiverebbe il ricorso anche ai fertilizzanti organici, e non solo a quelli chimici, per soddisfare il fabbisogno nutritivo delle piante una volta raggiunto il massimo quantitativo di azoto da effluenti di allevamento utilizzabile, spingendo, nello stesso tempo, verso un’utilizzazione più efficiente delle risorse nel rispetto e tutela dell’ambiente. La sentenza ha inoltre fatto presente che l’efficienza dei fanghi di depurazione è rimasta uguale a quella della programmazione attuale, ossia di 0.5.
Secondo la sentenza, la scelta del predetto coefficiente sarebbe stata effettuata da parte regionale sulla base di una valutazione che, non solo, prescinderebbe dai dati scientifici e tecnici disponibili, ma si porrebbe addirittura in contrasto con il valore agronomicamente reale dei fertilizzanti, disciplinati nel medesimo Programma d’azione.
Ne deriva, secondo la sentenza, lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione e, dunque, la fondatezza delle censure di eccesso di potere dedotte nei suesposti motivi, con particolare riguardo alla irragionevolezza e al difetto d’istruttoria, il cui apprezzamento è possibile senza eccedere dai limiti del sindacato estrinseco, qual è quello rimesso al giudice amministrativo.
La sentenza ha quindi dichiarato l’illegittimità, con annullamento in parte qua , della D.G.R. 2 marzo 2020, n. XI/2893, nella parte recante l’assegnazione del valore «1» al coefficiente di efficienza relativo all’apporto dei fertilizzanti disciplinati dal Programma di azione 2020-2023 (Allegato 10, pagg. 81 e 82 e Tabella 1 di pag. 82 di 86).
La sentenza ha dichiarato assorbite le restanti censure e ha compensato le spese.
4. La Regione ha quindi proposto appello, richiamando il procedimento di approvazione del Programma d’azione impugnato, a conclusione di un procedimento di verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale (VAS). Precisa che, trattandosi di modifiche minori rispetto al precedente Programma già sottoposto a VAS, con decreto 19 dicembre 2019, n. 18767, l’aggiornamento del programma è stato escluso dalla VAS. Durante l’iter di verifica di assoggettabilità a VAS è stata approvata la designazione di nuove zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola, in ottemperanza alla richiesta della Commissione europea avanzata nell’ambito della procedura di infrazione n. 2018/2249.
Evidenzia la Regione che, dopo l’approvazione del Programma di azione 2020-2023, è stato emanato anche il decreto regionale 10 marzo 2020, n.3137, contenente chiarimenti sull’applicazione del Programma d’azione per le zone vulnerabili da nitrati 2020-2023, che differisce l’applicazione di alcune misure del Programma d’azione 2020-2023 al 1° gennaio 2021, tra cui l’applicazione delle tabelle di “Efficienza dell’azoto in rapporto al tipo di matrice utilizzata”, al fine di dare tempo alle imprese di adeguarvisi.
Il ricorso in appello è affidato ai seguenti motivi.
4.1. Violazione della direttiva n. 91/676/CEE, violazione del d. lgs. n. 75/2010, errore di fatto e di diritto. Rileva la Regione che: il T.A.R., nella propria ricostruzione normativa, premette che i gessi da defecazione, oggetto di ricorso, sono da qualificarsi come fertilizzanti;in effetti, la produzione di gessi di defecazione da fanghi di depurazione, ai sensi del d.lgs. n. 75/2010, consente di classificare come fertilizzante il materiale derivato dai fanghi di depurazione e quindi di non sottoporre tale materiale ai vincoli dettati dalla regolamentazione di gestione dei rifiuti e, nello specifico, da quanto previsto dal d.lgs. n. 99/1992 per i fanghi di depurazione e relativo sistema di controllo, verifica e tracciabilità. Precisa l’appello che la Regione Lombardia avrebbe introdotto l’equiparazione dell’efficienza di tutti i fertilizzanti riconosciuti ai sensi del d.lgs. n. 75/2010 per contenere l’apporto complessivo di azoto alle colture della Lombardia, al fine di ridurre l’impatto ambientale dei nitrati (composto dell’azoto altamente mobile nel terreno) sulle acque superficiali (eutrofizzazione) e profonde (non potabilità dell’acqua di falda) ai sensi della direttiva nitrati;il T.A.R., invece, non avrebbe ritenuto che la deliberazione regionale si ponesse del solco dell’attuazione della normativa comunitaria.
La ratio dell’equiparazione disposta dalla Regione sarebbe invece quello di indurre gli operatori agricoli ad utilizzare tutti i fertilizzanti nel migliore dei modi, il che agronomicamente significa ottimizzare la gestione delle fertilizzazioni in modo da consentire alle colture di utilizzare tutto l’azoto distribuito riducendo al minimo le perdite nell’ambiente.
Non sussisterebbe, per l’appellante, alcuna scorrettezza scientifica da parte della Regione, che avrebbe introdotto l’equiparazione dell’efficienza di tutti i fertilizzanti riconosciuti ai sensi del d.lgs. n. 75/2010 per contenere l’apporto complessivo di azoto alle colture della Lombardia e di ridurre l’impatto ambientale. Invece, attribuire a qualunque sostanza una efficienza minore di 1 equivarrebbe ad ammettere che la quota inefficiente è dispersa nell’ambiente (acqua e/o aria);il motivo della minore/bassa efficienza degli effluenti zootecnici non starebbe tanto nel fatto che l’azoto in essi contenuto sia organico, ma nel fatto che le loro caratteristiche (composizione e contenuto in azoto variabile) e le modalità con cui possono essere gestiti fanno sì che una quota rilevante dell’azoto vada perduta. Il Programma di azione si sarebbe quindi preso cura della corretta gestione dell’azoto in tutte le sue forme. E ancora, il richiamo contenuto nella direttiva comunitaria alla scientificità non si riferirebbe alla efficienza dei fertilizzanti, ma starebbe a giustificare, eventualmente, il superamento del limite comunitario di 170kgN/Ha da effluenti di allevamento nelle ZVN (Zone vulnerabili da nitrati). Ammettere efficienze inferiori all’unità per i gessi significherebbe – sempre ad avviso della Regione - andare nella direzione opposta al criterio di salvaguardia ambientale che è alla base della direttiva nitrati, che non utilizzerebbe un valore “scientifico”, ma un valore di tutela ambientale, così come farebbe il D.M. 25 febbraio 2016 per gli effluenti di allevamento e la D.G.R. 1° luglio 2014, n. 2031, che ha vietato l’impiego per uso agronomico dei fanghi sui terreni coltivati già oggetto di utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento e sui terreni che siano territorialmente localizzati in comuni in cui la produzione di effluenti di allevamento dovuta al carico zootecnico insistente sugli stessi, correlato alle coltivazioni presenti sul territorio comunale, superi il limite fissato dalla Direttiva nitrati e dalla norma regionale di settore (170 kgN/ha/anno per le zone vulnerabili;340 kgN/ha/anno per le zone non vulnerabili). Si tratterebbe dunque di un divieto che impone alle aziende che producono fanghi di depurazione utilizzabili in agricoltura di localizzare il proprio prodotto in aree non zootecniche. Similmente, la D.G.R. 2 marzo 2020, n. 2893, utilizzerebbe un valore di tutela ambientale quando definisce per tutti i fertilizzanti un’efficienza nominale dell’azoto pari al 100%.
L’appello contesta quindi il rilievo assegnato dalla sentenza impugnata alle risposte regionali date in merito alle osservazioni del Comune di Trezzo sull’Adda e del Parco Lombardo Valle del Ticino. Le risposte fornite dalla Regione, con cui è stato richiamato il carattere convenzionale dei coefficienti nominali di efficienza, non contrasterebbero con dati scientifici ma affermerebbero esclusivamente che il valore è teorico e nominale in quanto frutto di una convenzione, laddove l’efficienza di una qualsiasi matrice organica e inorganica costituirebbe comunque funzione di diverse variabili. L’equiparazione del “coefficiente di efficienza 1” per tutti i fertilizzanti si baserebbe sul principio per cui essi debbono essere acquistati e distribuiti solamente qualora ve ne sia l’effettiva necessità e sarebbe interesse dell’agricoltore stesso farne un utilizzo virtuoso.
Inoltre, il T.A.R. non considererebbe che, essendo un correttivo, per sua natura il gesso di defecazione dovrebbe essere utilizzato per correggere il pH dei suoli acidi o alcalini e non per soddisfare il fabbisogno delle colture in termini di azoto e che l’efficienza valida per i fertilizzanti pari a 1 costituirebbe una regola di tutela ambientale riconosciuta dall’Unione Europea per i fertilizzanti chimici e finalizzata ad evitare surplus di azoto sui terreni agricoli (art. 10 “Dosi di applicazione” del D.M. 25 febbraio 2016). L’appello mette poi in guardia dalle conseguenze dannose per l’ambiente conseguenti all’annullamento del Programma di azione.
4.2. In secondo luogo, l’appello deduce contraddittorietà, carenza di motivazione, errata valutazione di un elemento decisivo per la risoluzione della controversia, dolendosi del fatto che la sentenza del T.A.R. avrebbe ecceduto i limiti del sindacato estrinseco. La sentenza impugnata affermerebbe aprioristicamente che la valutazione della Regione non solo prescinde dai dati scientifici e tecnici disponibili ma si pone in contrasto con il valore agronomicamente reale dei fertilizzanti, disciplinati nel medesimo Programma d’azione.
5. La Regione, il 21 gennaio 2022, ha depositato propria memoria con cui insiste per l’accoglimento dell’appello.
6. La società appellata non si è costituita in giudizio, nonostante la ritualità della notificazione dell’appello.
7. All’udienza pubblica del 24 febbraio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. Il Collegio rileva preliminarmente che la controversia verte sulla parte del Programma di azione regionale per le zone vulnerabili impugnato, in cui il coefficiente di efficienza dei gessi di defecazione è portato a 1. L’innalzamento del coefficiente, oggetto del ricorso in primo grado, è stato dichiarato illegittimo e fatto oggetto di annullamento da parte della sentenza impugnata, in quanto considerato privo di base scientifica secondo quanto richiesto dalle disposizioni di riferimento. La Regione ha quindi impugnato la sentenza.
9. Merita al riguardo delineare la cornice normativa di riferimento per un corretto inquadramento della questione, che interessa l’utilizzazione in agricoltura, nelle c.d. zone vulnerabili, dei fertilizzanti contenenti azoto e le conseguenze per l’ambiente derivanti da tale utilizzazione.
La direttiva “nitrati” (Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dell'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole) costituisce il primo riferimento normativo. Essa mira espressamente (art. 1) a: ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola;prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo. Inoltre, la direttiva (art. 2) definisce i «fertilizzanti» (qualsiasi sostanza contenente uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi di fognatura), i «concimi chimici» (qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale), gli «effluenti di allevamento» (le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezioni di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato.
La direttiva qualifica come zone vulnerabili tutte le zone note, individuate dagli Stati membri, che scaricano in acque inquinate o che possono essere inquinate e che concorrono all'inquinamento.
In particolare, l’art. 5 della direttiva richiede agli Stati membri, per il conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla medesima direttiva, di fissare programmi d'azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate;stabilisce che un programma d'azione può riguardare tutte le zone vulnerabili nel territorio di uno Stato membro oppure, se lo Stato membro lo giudica opportuno, si possono fissare programmi diversi per diverse zone vulnerabili o parti di zone.
Il par. 3 dell’art. 5 precisa poi che i programmi d'azione debbono tenere conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine;b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi.
I programmi di azione debbono contenere una serie di misure vincolanti (art. 5, par. 4), gran parte delle quali sono elencate nell’allegato III alla direttiva. In base a tale allegato, le misure in questione comprendono norme concernenti: 1) i periodi in cui è proibita l'applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento;tale capacità deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento nel periodo più lungo, durante cui è proibita l'applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all'autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluenti superiore all'effettiva capacità d'immagazzinamento sarà smaltito in un modo che non causerà danno all'ambiente;3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata, in particolare: a) delle condizioni del suolo, del tipo e della pendenza del suolo;b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell'irrigazione;c) dell'uso del terreno e delle prassi agricole, inclusi i sistemi di rotazione delle colture e basata sull'equilibrio tra: i) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture, e ii) l'apporto alle colture di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente: alle quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanenti alla fine dell'inverno);all'apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico nel terreno;all'aggiunta di composti di azoto proveniente da effluenti di allevamento;all'aggiunta di composti di azoto proveniente da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.
All’evidenza, le misure debbono essere determinate in relazione a una serie di elementi di contesto specifici.
Il par. 7 impone agli Stati membri di riesaminare e, se del caso, rivedere i propri programmi d'azione per lo meno ogni quattro anni.
L’art. 6 disciplina poi le modalità cui debbono sottostare gli Stati membri al fine di designare le zone vulnerabili.
E’ poi da porre in evidenza il contenuto degli allegati II e III della direttiva, concernenti, rispettivamente, il codice di buona pratica agricola, intesi a ridurre l'inquinamento da nitrati tenendo conto delle condizioni esistenti nelle varie regioni della Comunità, e le misure da inserire nei programmi di azione, in cui è compresa (numero 3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata, basata sull’equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e l'apporto alle colture di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente a una serie di fattori (le quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa, l'apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico nel terreno, l'aggiunta di composti di azoto proveniente da effluenti di allevamento, l'aggiunta di composti di azoto proveniente da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti). Tali misure debbono garantire che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente di allevamento sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuito dagli animali stessi, non superi un determinato quantitativo per ettaro, corrispondente al quantitativo di effluente contenente 170 kg di azoto.
In ambito nazionale, la disciplina delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, già contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 152/1999, è oggi inclusa nell’art. 92 del d.lgs. n. 152/2006, che rinvia all'Allegato 7/A-I, parte III per i criteri di individuazione delle zone vulnerabili, per poi rimettere (comma 4) alle Regioni l’individuazione di ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone indicate nell'Allegato 7/A-III, le parti che non costituiscono zone vulnerabili e alle stesse Regioni (comma 5) la revisione o completamento periodici delle designazioni delle zone vulnerabili. In tali zone debbono essere attuati i programmi di azione nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola.
Il comma 7 richiede poi alle Regioni di definire o rivedere i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola e di provvedere alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili e nei successivi quattro anni per le altre zone.
L’allegato 7, parte A, alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006, riguarda le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e, nella parte A IV, elenca le indicazioni e le misure per i programmi d'azione, qualificati come obbligatori per le zone vulnerabili. Tali programmi sono tenuti a tenere conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonché delle condizioni ambientale locali. Il medesimo allegato indica le misure che debbono essere incluse nei programmi di azione, in gran parte riprendendo i contenuti dell’art. 92. E’ sui predetti dati scientifici e tecnici che ha fatto leva la sentenza impugnata per giungere all’accoglimento del ricorso in primo grado della società.
La disciplina nazionale dei fertilizzanti, per quanto qui rileva, è contenuta nel d.lgs. n. 75/2010 (Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88), il cui allegato 3 elenca i correttivi (i materiali da aggiungere al suolo in situ principalmente per modificare e migliorare proprietà chimiche anomale del suolo dipendenti da reazione, salinità, tenore in sodio ) quale classe di fertilizzanti e include, a seguito delle modifiche apportate dal D.M. 28 giugno 2016, nello specifico, tra i correttivi calcici e magnesiaci due tipologie di gesso: il gesso di defecazione, qualificato come prodotto di defecazione ottenuto da idrolisi (ed eventuale attacco enzimatico) di materiali biologici mediante calce e/o acido solforico e successiva precipitazione del solfato di calcio;non sono ammessi fanghi di depurazione. (n. 21);il gesso di defecazione da fanghi, qualificato come prodotto ottenuto da idrolisi (ed eventuale attacco enzimatico) di "fanghi" mediante calce e/o acido solforico e successiva precipitazione del solfato di calcio (n. 23).
E’ dunque in questo quadro normativo d’insieme che si colloca il “ Programma d’Azione regionale per la protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole nelle zone vulnerabili ai sensi della Direttiva nitrati 91/676/CEE – 2020-2023 ”.
L’allegato 10 di tale Programma, trattando “Il concetto di bilancio dell’azoto”, precisa che, in ottemperanza alla Direttiva 91/676/CEE, la procedura per la redazione di un Piano di Utilizzazione Agronomica deve contemplare la determinazione di alcuni parametri idonei alla formulazione di un bilancio dell’azoto relativo al sistema suolo-pianta che contempli: 1) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture;2) l'apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo e dalla fertilizzazione.
Viene enucleata la seguente formula per definire il bilancio dell’azoto: (Kc x FC) + (Ko x FO) = MAS.
Il medesimo allegato decodifica l’equazione come segue.
FC è la quantità di N apportata con “fertilizzanti” disciplinati dallo stesso Programma di azione. KC è il coefficiente di efficienza, considerato uguale a 1, relativo agli apporti di “fertilizzanti” disciplinati dallo stesso Programma di azione. FO è la quantità di azoto apportata con matrici organiche diverse dai “fertilizzanti” disciplinati dal medesimo Programma di azione (effluenti zootecnici, digestato disciplinato dal Programma, fanghi di depurazione, acque reflue recuperate di cui al D.M. n. 185/2003, ecc.). KO è il coefficiente di efficienza relativo agli apporti di fertilizzante organico (FO);esso varia in funzione del tipo di fertilizzante organico. MAS è il quantitativo massimo di azoto apportabile per anno alle singole colture. Se ne deduce che la quantità effettiva di ciascun tipo di fertilizzante è determinata dal coefficiente di efficienza (più basso il coefficiente di efficienza maggiore la quantità effettiva di fertilizzante consentita). L’innalzamento del coefficiente porta quindi a dovere ridurre la quantità del fertilizzante (o, per meglio dire, del tipo di fertilizzante cui il coefficiente è riferito).
Tornando alla controversia in esame, risulta dirimente stabilire se siano fondate le censure dell’appellante ovvero se, al contrario, siano da condividere le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata laddove ha accolto le censure della ricorrente proprio con riguardo alla equiparazione dei gessi di defecazione agli altri fertilizzanti e alla previsione di un criterio di efficienza dell’azoto pari a «1» uguale per tutti i fertilizzanti, in asserita assenza di una specifica istruttoria di carattere tecnico-scientifico che giustifichi siffatta scelta.
Le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata non possono essere accolte.
I contenuti della direttiva europea e le disposizioni del d.lgs. n. 152/2006, appena passate in rassegna, evidenziano l’obiettivo di assicurare l’apporto alle colture dei vari tipi di concime nel rispetto e nei limiti degli obiettivi di carattere ambientale. In questo quadro vanno considerati i requisiti indicati già nella direttiva nitrati, che debbono ispirare i programmi d'azione, chiamati a tenere conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, e poi ripresi, come si è visto, nel d.lgs. n. 152/2006.
E’ pertanto condivisibile la considerazione svolta nella sentenza impugnata (pag. 16) circa la necessità di non prescindere dai dati scientifici e tecnici disponibili, idonei a giustificare la scelta effettuata.
Non sono invece condivisibili le conseguenze che la medesima sentenza ne trae. La stessa Regione – ma ancor prima le disposizioni europee e nazionali – ha posto in evidenza l’obiettivo di limitare e ottimizzare l’utilizzo dei fertilizzanti e, in tale ambito, dei correttivi del pH del terreno, sì da ridurre la dispersione nell’ambiente delle componenti azotate.
A tale finalità corrisponde, come si è posto in luce, l’innalzamento del coefficiente di efficienza dei fertilizzanti e, segnatamente, dei gessi di defecazione. Né sussistono elementi per dedurre un effetto incongruo dalla modifica del coefficiente introdotta. Il valore del coefficiente non può che essere convenzionale, costituendo esso un parametro di riferimento – dal contenuto lato sensu precettivo – per l’utilizzazione dei diversi tipi di concime, la cui resa effettiva è determinata da molteplici fattori di contesto specifico. Trova coerente spiegazione, quindi, la scelta regionale di affidarsi all’aumento del coefficiente per spingere in direzione di una maggiore attenzione degli operatori all’uso ottimale dei vari tipi di concime e alle conseguenze ulteriori in termini di minore dispersione di sostanze a base di azoto.
Trova altresì idonea giustificazione il contenuto delle controdeduzioni e risposte regionali – pure citate nella sentenza impugnata - alle osservazioni dei soggetti competenti in materia ambientale, in relazione al valore di efficienza “nominale” di tutti i fertilizzanti, “ uguale a quello attualmente attribuito ai soli fertilizzanti minerali, consapevoli che si tratta di un valore agronomicamente non reale, ma appunto teorico o nominale. In un’ottica di economia circolare, infatti, si incentiva il ricorso anche ai fertilizzanti organici, e non solo a quelli chimici ”.
Questo Collegio, quindi, dovendo limitare le proprie valutazioni a un sindacato estrinseco, non ritiene che la Regione abbia svolto una valutazione, con riguardo al coefficiente di efficienza dei gessi di defecazione, che abbia trascurato i dati scientifici e tecnici disponibili, né che si sia posta in contrasto con il valore agronomicamente reale dei fertilizzanti, disciplinati nel medesimo Programma d’azione.
La verifica propria del sindacato estrinseco del giudice amministrativo, circa la sussistenza di manifesta illogicità e incongruità, o travisamento dei fatti o macroscopici difetti di istruttoria ovvero la mancanza di idonea motivazione (cfr. ad es., Cons. Stato, sez. II, n. 5380 del 2020;sez. V, n. 1783 del 2013;sez. VI, 458 del 2004) non conduce a rilevare alcuno dei vizi dedotti, atteso che il programma di azione e, in particolare, il nuovo coefficiente di efficienza, risultano coerenti con il quadro normativo di riferimento e non sussistono evidenze contrarie nel contesto dato.
Va inoltre osservato incidentalmente che non sono indicati, anche solo per cenni, nella sentenza impugnata quali siano i dati scientifici e tecnici disponibili confliggenti o non considerati dal Programma di azione impugnato.
E’ di conseguenza da escludere lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione e, con esso, sono infondate le censure mosse dal ricorso di C.E.R. e condivise dalla sentenza impugnata.
10. In conclusione, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso proposto in primo grado dalla società C.E.R., essendo immune dai vizi ascrittile la D.G.R. 2 marzo 2020, n. XI/2893, nella parte recante l’assegnazione del valore «1» al coefficiente di efficienza relativo all’apporto dei fertilizzanti disciplinati dal Programma di azione 2020-2023.
Spese compensate per la novità e la complessità delle questioni trattate.