Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-03-01, n. 202302189
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Pubblicato il 01/03/2023
N. 02189/2023REG.PROV.COLL.
N. 05829/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5829 del 2022, proposto da
M M, rappresentato e difeso dall'avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Apiro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Le.Man di M V &C. S.r.l., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 00213/2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Apiro;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2023 il Cons. Massimo Santini e preso atto della richiesta di passaggio in decisione, senza preventiva discussione, da parte degli avvocati Cantiani e Perugini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante è un consigliere comunale di un Comune marchigiano (APIRO) il quale, ai fini dell’esercizio delle proprie funzioni e, in particolare, allo scopo di procedere alla verifica dei residui attivi dell’ente, chiedeva in data 20 ottobre 2021 l’accesso agli atti relativi alla gestione della TARSU 2010 – 2012. Più da vicino si chiedevano avvisi di pagamento, ingiunzioni, iscrizioni a ruolo, cartelle esattoriali ed eventuali contenziosi tributari relativi alle somme a tale titolo non altrimenti corrisposte da cittadini morosi. Si chiedevano altresì gli atti relativi al contenzioso in essere con la società Le. Man.;
2. Stante il silenzio diniego del Comune di APIRO veniva proposto ricorso dinanzi al TAR Marche che tuttavia rigettava il gravame sia in quanto l’istanza risultava “scarsamente motivata”, sia in quanto si sarebbe trattato di atti incidenti sulla riservatezza dei contribuenti.
3. La sentenza di primo grado formava oggetto di appello per le seguenti ragioni:
3.1. Error in iudicando nella parte in cui è stato ritenuto che l’istanza di accesso del consigliere comunale sia soggetto ad onere motivazionale;
3.2. Error in iudicando nella parte in cui è stato ritenuto opponibile, nei confronti del consigliere comunale, il diritto alla riservatezza di terzi soggetti;
3.3. Error in iudicando nella parte in cui non è stato considerato che la mole dei dati richiesti sarebbe stata di gran lunga più contenuta di quanto a suo tempo ipotizzato dalla appellata amministrazione comunale.
4. Si costituiva in giudizio il Comune di APIRO il quale, nel chiedere il rigetto del gravame, proponeva in via subordinata di mettere a disposizione un documento di sintesi contenente il “solo numero delle posizioni esistenti riferite al ruolo TARSU anni 2010-2011-2012 e ai relativi importi”.
5. Alla camera di consiglio del 16 febbraio 2023 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
6. Tutto ciò premesso l’appello è fondato sulla base delle seguenti considerazioni:
6.1. Per giurisprudenza costante, sui consiglieri comunali non grava alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525;Cons. Stato, sez. V, 17 settembre 2010, n. 6963). Più in particolare è stato affermato che:
- “i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale” ;
- in siffatta direzione: il diritto di accesso “riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all'esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell'ente locale (Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855) ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività (Cons. Stato, sez. V, 8 settembre 1994, n. 976)” ;
- di conseguenza: “sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio delle funzioni del consigliere comunale (Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2007, n. 929;9 dicembre 2004, n. 7900)” ;
- diversamente opinando, infatti: “la struttura burocratica comunale, da oggetto del controllo riservato al Consiglio, si ergerebbe paradossalmente ad "arbitro" - per di più, senza alcuna investitura democratica - delle forme di esercizio della potestà pubbliche proprie dell'organo deputato all'individuazione ed al miglior perseguimento dei fini della collettività civica” (Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2007, n. 929);
- Ne consegue che: “Sul consigliere comunale, pertanto, non grava, né può gravare, alcun onere di motivare le proprie richieste d'informazione, né gli uffici comunali hanno titolo a richiederle e conoscerle ancorché l'esercizio del diritto in questione si diriga verso atti e documenti relativi a procedimenti ormai conclusi o risalenti ad epoche remote” (Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2007, n. 929, cit.).
In conclusione il primo motivo di appello deve essere accolto, e ciò tenuto anche conto che l’odierno appellante, nella propria istanza di accesso del 20 ottobre 2021, aveva peraltro evidenziato che l’anelata documentazione sarebbe risultata strumentale alla verifica dei “residui attivi” generati dalla gestione in tema di tariffa TARSU.
6.2. Sulla riservatezza dei dati (secondo motivo di appello):
6.2.1. Si registra un orientamento tradizionale secondo cui la riservatezza non è opponibile ai consiglieri comunali in quanto gli stessi sono comunque tenuti al segreto d’ufficio ai sensi dell’art. 43, comma 2, TUEL (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 ottobre 2022, n. 8667;Cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2021, n. 3161);
6.2.2. Si registra altresì un precedente di questa stessa sezione (11 marzo 2021, n. 2089) secondo cui non possono essere ammessi “diritti tiranni” (nel caso di specie: quello dei consiglieri comunali ad avere accesso agli atti del proprio comune) rispetto ad altre situazioni che godono peraltro di una certa copertura costituzionale (sempre nella specie: riservatezza di terzi). In queste ipotesi occorre operare un “equilibrato bilanciamento” tra le due posizioni (l’una dei consiglieri a poter esercitare pienamente e pressoché incondizionatamente il proprio mandato, l’altra relativa alla riservatezza di terzi i cui nominativi potrebbero formare oggetto di ostensione) attraverso la messa a disposizione di dati ed informazioni in forma tale da non comportare, in ogni caso, la divulgazione altresì dei nominativi dei soggetti interessati;
6.2.3. Nel caso di specie, al contrario, alcuna forma di documentazione veniva fornita al ricorrente consigliere il quale vanta, di sicuro, un determinato interesse a valutare il corretto operato dell’amministrazione nella gestione del suddetto tributo (TARSU);
6.2.4. Una simile operazione, tra l’altro, ben può prescindere dalla conoscenza altresì dei nominativi dei contribuenti morosi (sulla cui ostensione/conoscenza non è stata in effetti allegata la benché minima “utilità concreta ed aggiuntiva”, come prescritto nella citata sentenza n. 2089 del 2021 di questa sezione, da parte della difesa di parte appellante);
6.2.5. Dunque il richiamato equilibrato bilanciamento (ipotesi questa peraltro non esclusa dalla stessa difesa di parte appellante, come ben si evince alla pag. 13 dell’atto di appello) si può utilmente raggiungere attraverso l’ostensione di tutti gli atti richiesti previa “mascheratura” dei nominativi e di ogni altro dato idoneo a consentire l’individuazione degli stessi;
6.2.6. In questa stessa direzione, inidonea si rivela comunque la proposta comunale di limitarsi a fornire documenti di sintesi e dati aggregati, atteso che una simile forma di comunicazione non consentirebbe al consigliere di effettuare una verifica effettiva sulle modalità di gestione, anche in termini di efficacia dell’azione amministrativa, del tributo in questione;
6.2.7. Alcun limite va invece posto agli atti relativi al contenzioso Le. Man., sulla cui conoscibilità l’appellata amministrazione comunale ha ritenuto di eccepire unicamente che gli elementi essenziali di tale vicenda giurisdizionale sarebbero “ben noti” a tutti i consiglieri comunali. Giustificazione questa evidentemente insufficiente onde impedire all’odierno appellante di acquisire il testo della sentenza – nonché di tutti gli atti giudiziari ad essa connessa o comunque conseguenti – nella sua versione integrale.
7. In conclusione l’appello, assorbita ogni altra censura, è fondato e deve essere accolto, sebbene con le precisazioni di cui sopra (cfr. punto 6.2.5.). Va conseguentemente ordinato, in riforma della sentenza di primo grado, l’accesso alla richiesta documentazione nel termine di 30 (trenta) giorni dalla comunicazione/notificazione della presente decisione e previa “mascheratura” dei dati personali relativi ai soggetti ivi direttamente contemplati.
8. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.