Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-09, n. 201906891

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-09, n. 201906891
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201906891
Data del deposito : 9 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/10/2019

N. 06891/2019REG.PROV.COLL.

N. 00185/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 185 del 2018, proposto dai signori E F, G F e F E A, rappresentati e difesi dall'avvocato F E A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Golametto, n. 4;

contro

Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 11909/2017, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2019 il pres. Luigi Maruotti e udito l’avvocato Marco Alunni su delega dichiarata dell’avvocato F E A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado n. 7431 del 2017, proposto al TAR per il Lazio, Sede di Roma, la parte come indicata in epigrafe ha agito per l’ottemperanza, ai sensi degli artt. 112 e 114 del cod. proc. amm., dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione mobiliare presso il Tribunale ordinario di Roma, depositata in data 14 ottobre 2015.

1.1. Tale ordinanza è stata emessa, ai sensi dell’art. 530 del c.p.c., sulla base del titolo esecutivo rappresentato da un decreto decisorio della Corte di Appello ed ha ad oggetto l’assegnazione delle somme di cui al procedimento disciplinato dall’art.

5-quinquies, della legge 24 marzo 2001, n. 89, inserito dall'articolo 6, comma 6, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64.

1.2. La parte ricorrente ha chiesto che sia fissato un termine entro il quale il Ministero dell’economia e delle finanze disponga il pagamento del dovuto ed ha chiesto la nomina di un commissario ad acta, per il caso della sua perdurante inerzia.

1.3. A sostegno delle proprie ragioni, la parte ricorrente ha rappresentato che:

a) vanta un credito nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, in forza del titolo esecutivo rappresentato dal decreto decisorio emesso dalla Corte di Appello;

b) ha agito in sede esecutiva civile, secondo le modalità previste dagli artt.

5-quinquies e 5-sexies della legge n. 89 del 2001;

c) ha ottenuto, dal giudice dell’esecuzione civile, l’ordinanza di assegnazione delle somme, ai sensi dell’art. 530 del c.p.c.;

d) l’ordinanza è divenuta definitiva per la mancata opposizione, ai sensi dell’art. 617 del cod. proc. civ.;

e) ha espletato tutte le formalità previste e, in particolare, ha inviato la comunicazione di cui agli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000, come disposto dall’art.

5-sexies, comma 1, della legge n. 89 del 2001 (inserito nella legge del 2001 dall'articolo 1, comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208).

2. Il TAR, con la sentenza appellata, ha dichiarato il ricorso inammissibile (non ravvisando, nell’ordinanza di assegnazione delle somme ex art. 530 c.p.c., un provvedimento di natura decisoria, come tale contenente statuizioni atte a passare in giudicato o ad assumere il carattere della definitività) ed ha compensato le spese del giudizio.

3. Con l’appello in esame, la parte originaria ricorrente ha impugnato la sentenza, ritenendola erronea nella parte in cui, a suo avviso:

a) non avrebbe fatto corretta applicazione –nel raffrontare le ordinanze di assegnazione di somme disciplinate dagli artt. 553 e 530 del c.p.c.- dei principi di diritto sanciti (in riferimento alla prima di tale ordinanze, ovvero quella di cui all’art. 553 c.p.c.) dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2 del 10 aprile 2012;

b) non si sarebbe avveduta che (anche) l’ordinanza ex art. 530 c.p.c. è suscettibile di essere annoverata (come quella di cui all’art. 553 del c.p.c.) tra i provvedimenti del giudice civile idonei a decidere una controversia con efficacia di giudicato, ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), del cod. proc. amm., in quanto destinata a definire una procedura esecutiva mobiliare, intrapresa dal creditore procedente nei confronti di un’Amministrazione debitrice;

c) non avrebbe considerato che l’ordinanza ex art. 530 c.p.c., non è revocabile, né modificabile, da parte del giudice dell’esecuzione e che la medesima è suscettibile di divenire definitiva, quando non è proposta l’opposizione -come nel caso di specie- disciplinata dall’art. 617 c.p.c.;

d) non avrebbe rilevato che siffatta ordinanza non sempre o, comunque, non necessariamente, è satisfattiva della pretesa creditoria azionata, giacché l’ordine di pagamento delle somme giacenti sui capitoli della contabilità speciale, malgrado vi sia il vincolo del pignoramento mobiliare diretto, potrebbe necessitare del compimento di ulteriore attività amministrativa;

e) non avrebbe valutato, in particolare, che in relazione a tale ultima evenienza, il rimedio dell’ottemperanza, attraverso la nomina del commissario ad acta, potrebbe realizzare i principi di pienezza e di effettività della tutela giurisdizionale, consentendo il compimento di ogni attività utile a rendere capienti e, dunque, materialmente aggredibili, i capitoli di bilancio a ciò destinati.

5. Nel corso della camera di consiglio del 3 ottobre 2019, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

6. Ritiene la Sezione che l’appello sia fondato e vada accolto.

7. La questione controversa tra le parti (sulla quale la Sezione già si è espressa con molteplici sentenze: per tutte, 28 maggio 2019, nn. 3524-3546;
10 luglio 2019, nn. 4836;
4850;
12 luglio 2019, nn. 4886-4891) è se l’ordinanza di assegnazione del credito - emessa ai sensi dell’art. 530 c.p.c. dal giudice dell’esecuzione civile, nell’ambito del procedimento di cui all’art.

5-quinquies della legge 24 marzo 2001, n. 89, sulla base del decreto decisorio emesso dalla Corte di appello in applicazione della medesima legge n. 89 del 2001 (ovvero emesso dalla Corte di Cassazione) - sia suscettibile di essere eseguita, a sua volta, nelle forme del ricorso per l’ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo, ai sensi degli artt. 112 e 114, del cod. proc. amm., ovvero se, al contrario, l’ordinanza sia satisfattiva della pretesa creditoria azionata e preclusiva, ai sensi del citato art.

5-quinquies, di ulteriori rimedi giurisdizionali.

7.1. La soluzione della questione presuppone l’approfondimento di due distinti profili giuridici, analiticamente esaminati dal giudice di prime cure, ma con un esito interpretativo non condiviso dalla Sezione.

7.2. In particolare, tali profili concernono:

a) la possibilità di annoverare l’ordinanza ex art. 530 c.p.c. tra i provvedimenti del giudice civile equiparabili al giudicato, ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), del cod. proc. amm.;

b) l’attitudine di tale ordinanza a soddisfare, in modo immediato e diretto, la pretesa creditoria azionata.

8. La Sezione ritiene di potere dare risposta affermativa ad entrambi i quesiti interpretativi.

8.1. Il raffronto -effettuato dal TAR- tra l’ordinanza di assegnazione ex 530 c.p.c. (disciplinata dal Libro III, Titolo II, Capo II – ‘Dell’espropriazione mobiliare del debitore’) e l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. (disciplinata, invece, dal Libro III, Titolo II, Capo III – ‘Dell’espropriazione presso terzi’), può certamente essere utile, ma non è, di per sé, decisivo nel senso di escludere l’applicabilità dei principi di diritto formulati dalla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 2 del 2012.

8.2. Va premesso, a tal riguardo, che la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 2 del 2012 ha sciolto (positivamente) il dubbio interpretativo che si era posto in relazione alla possibilità di azionare il rimedio del ricorso d’ottemperanza per portare ad esecuzione l’ordinanza ex art. 553 c.p.c., verificando la sussistenza, contestuale, di tre presupposti.

Si sarebbe dovuto trattare di:

a) un provvedimento giurisdizionale del giudice civile;

b) passato in giudicato o, quantomeno, connotato dal carattere della decisorietà, ossia dell’attitudine a decidere in modo definitivo il procedimento a quo;

c) rivolto ad una Pubblica Amministrazione o ad un soggetto alla stessa equiparato.

8.3. Siffatto approccio esegetico, ad avviso della Sezione, deve essere condotto, del pari, nei confronti dell’ordinanza disciplinata dall’art. 530 c.p.c. nell’ambito del procedimento di cui all’art.

5-quinquies della legge 24 marzo 2001, n. 89.

Il caso esaminato dalla Adunanza Plenaria ha riguardato –certamente- la fattispecie specifica dell’ordinanza ex art. 553 c.p.c., ma la formulazione del principio di diritto enunciato in quella sede è dipesa dall’esegesi dell’art. 112, comma 2, lett. c) del cod. proc. amm., per il quale il ricorso in ottemperanza è dato per conseguire l’attuazione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti, ad esse equiparati, del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.

8.4. Il raffronto giuridico tra le fattispecie concrete, infatti, va condotto sempre alla stregua del parametro normativo generale ed astratto (in questo caso, l’art. 112, comma 2, lett. c) del cod. proc. amm.), al di là delle (ovvie e naturali) differenze tra le singole fattispecie concrete da sussumere nella fattispecie generale.

8.5. Tenuto conto di queste considerazioni, non può condividersi il ragionamento logico-giuridico seguito dal primo giudice, incentrato:

a) sulla differente natura giuridica dell’espropriazione (‘diretta’, nel caso dell’ordinanza ex art. 530 c.p.c., perché il debitore principale è il Ministero dell’economia;
‘indiretta’ o pressi terzi, nel caso dell’ordinanza ex art. 553 c.p.c., perché il debitore è un soggetto che non ha alcun rapporto col creditore che agisce, il quale viene aggredito sol perché, a sua volta, debitore di quello principale – il cd. debitor debitoris);

b) sul differente oggetto dell’espropriazione (costituito dal bene del debitore principale, nel caso dell’ordinanza di assegnazione ex art. 530 c.p.c.;
dal bene del terzo, nel caso dell’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.).

8.6. Ciò considerato, la Sezione ravvisa (anche) nell’ordinanza ex art. 530 c.p.c. uno dei provvedimenti richiamati dall’art. 112, comma 2, lett. c), del cod. proc. amm..

L’ordinanza de qua, infatti, si caratterizza per i requisiti evidenziati al punto 9.2. che precede.

A) Si tratta di un provvedimento giurisdizionale del giudice ordinario connotato dal carattere della definitività.

L’ordinanza è emanata dal giudice dell’esecuzione mobiliare civile, su istanza del creditore procedente, nell’ambito della procedura di espropriazione mobiliare sui beni del debitore, ed è suscettibile di definire il procedimento esecutivo instaurato.

La Cassazione civile, Sezione III, con la sentenza n. 9541 del 29 settembre 1997, ha statuito che “Il ricorso in Cassazione avverso l'ordinanza di assegnazione -o di revoca di essa- del credito, emessa dal giudice dell'esecuzione (art. 530 cod. proc. civ.) è comunque inammissibile, perché se si ritiene tale provvedimento di natura decisoria, esso è appellabile;
se invece si ritiene di natura ordinatoria, è opponibile ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ.”.

Nella giurisprudenza civile, è poi prevalso questo secondo orientamento interpretativo (ossia, che l’ordinanza sia opponibile nelle forme dell’art. 617 c.p.c.), ma il dato rilevante, per quanto rileva in questo giudizio, è che è stato dissolto ogni dubbio in ordine alla natura “definitoria” del procedimento in atto.

B) Si tratta di un provvedimento connotato dal carattere della decisorietà.

Malgrado il credito chiesto in assegnazione sia stato riconosciuto quanto alla spettanza (nell’an) e determinato (nella misura del quantum) dalla Corte d’Appello, il giudice dell’esecuzione, nell’ordinare all’Amministrazione il pagamento delle somme, dispone che l’assegnazione delle medesime viene emessa “salvo esazione, a condizione che esistano in contabilità fondi soggetti ad esecuzione forzata”.

Siffatta locuzione –ritiene la Sezione- rappresenta un’integrazione (se non, direttamente, del decisum giurisdizionale), quantomeno delle modalità e delle condizioni attraverso le quali può (nel caso specifico, deve), essere eseguita l’obbligazione di pagamento, ovverossia attraverso l’aggressione dei soli ed appositi fondi o capitoli speciali di bilancio.

Ad avviso della Sezione, non osta a tale interpretazione l’art.

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