Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-17, n. 202001201

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-17, n. 202001201
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001201
Data del deposito : 17 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/02/2020

N. 01201/2020REG.PROV.COLL.

N. 03578/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3578 del 2016, proposto dalla Roggetto S.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché da S P, S P, A R, rappresentati e difesi dall'avvocato M V, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Ugo De Luca in Roma, via Rosazza n. 32;

contro

Comune di Albenga, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati L P e M M, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. M M in Roma, via Nicolò Porpora, n. 16;
Provincia di Savona non costituito in giudizio;

nei confronti

Fallimento Impresa Edilvele S.r.l., in persona del curatore nominato, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Gaggero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Roma, n. 4/3;
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Comando Provinciale Vigili del Fuoco, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Asl n.

2 - Savonese, Edigas Due S.r.l., Enel Distribuzione S.p.A, Telecom Italia, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00025/2016, resa tra le parti, concernente approvazione progetto unitario convenzionato - variante urbanistica integrativa.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Albenga, del Fallimento dell’Impresa Edilvele S.r.l., del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Comando Provinciale Vigili del Fuoco;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. L M e uditi per le parti gli avvocati Emiliano Bottazzi, su delega dell’Avv. M V, e Alberto Quaglia su delega dell’Avv. Paolo Gaggero, nonché l'Avvocato dello Stato Generoso Di Leo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Gli odierni appellanti sono proprietari dei terreni censiti al foglio n. 13, mappali n. 1129 e n. 1176, del N.C.T. di Albenga, aventi un’estensione complessiva di 611 mq.

In base al P.R.G. approvato con D.P.G.R. n. 136 del 4 settembre 2002, tali fondi erano compresi nella zona Cd1 dell’ambito B11, estesa per oltre 13.000 mq. di cui facevano parte i terreni della controinteressata Edilvele S.r.l. e di altri soggetti.

La disciplina urbanistica della zona suddetta prevedeva un regime di espansione edilizia, da attuarsi in modo unitario tramite concessione edilizia convenzionata, estesa a tutte le proprietà immobiliari, ovvero mediante S.U.A., su iniziativa di una maggioranza qualificata dei proprietari comprendente almeno il 75% dei valori immobiliari del comparto.

Nel 2005, il Comune di Albenga rilasciava alla Società Edilvele s.r.l. due permessi di costruire convenzionati n. 29562 e 29563 per la realizzazione di altrettanti stabili residenziali sui terreni della zona Cd1.

Detti titoli abilitativi non riguardavano tuttavia la totalità delle proprietà immobiliari del comparto, come prescritto dalla richiamata disciplina urbanistica, risultandone esclusi i mappali degli odierni appellanti. I lavori prendevano avvio nel 2006.

Gli appellanti presentavano, pertanto, un esposto alla Procura della Repubblica di Savona e un’istanza per l’annullamento in autotutela dei permessi di costruire rilasciati alla Edilvele s.r.l..

L’autorità giudiziaria, ipotizzando il reato di lottizzazione abusiva, disponeva il sequestro del cantiere;
tale provvedimento veniva revocato solo nel 2011.

Il Comune di Albenga, con deliberazione consiliare n. 54 del 16 luglio 2009, decideva di non annullare i due permessi di costruire, stante la sostanziale conformità dell’intervento edilizio alla destinazione di zona, l’esigenza di tutelare l’affidamento dell’impresa e i posti di lavoro, l’interesse pubblico al completamento delle infrastrutture in progetto e al contrasto del degrado cagionato dall’abbandono del cantiere.

Con determina dirigenziale n. 916 del 06.08.2009, in attuazione della delibera consiliare n. 54 del 2009, veniva respinta l’istanza di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi rilasciati ad Edilvele.

Con successiva deliberazione n. 1094 del 27 ottobre 2011, il Consiglio comunale di Albenga approvava una variante urbanistica che stralciava i terreni dei ricorrenti dalla zona Cd1, creando un nuovo sub-ambito (zona Cd1a) coincidente con i mappali 1129 e 1176.

La variante confermava l’indice edificatorio precedentemente attribuito ai terreni suddetti, non utilizzato nell’ambito del progetto di Edilvele, e accollava a quest’ultima impresa i relativi oneri di urbanizzazione.

Con ricorso notificato in data 11 gennaio 2012 e depositato il successivo 24 gennaio, i proprietari dei terreni esclusi dal progetto in parola hanno impugnato gli atti del procedimento di approvazione della variante.

Con motivi aggiunti notificati il 10 aprile 2012 e depositati il successivo 27 aprile, hanno impugnato anche il provvedimento dirigenziale adottato dal Comune di Albenga in data 6 agosto 2009, con cui era stato concluso negativamente, in conformità agli indirizzi formulati dal Consiglio comunale con la citata deliberazione n. 54/2009, il procedimento volto all’eventuale annullamento dei permessi di costruire rilasciati alla Società controinteressata.

Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 4 luglio 2013 e depositato il 30 luglio successivo, è stata estesa l’impugnazione ai due permessi di costruire rilasciati nel 2011 per consentire il completamento dell’iniziativa edificatoria, siccome viziati per illegittimità derivata dagli atti già impugnati con il ricorso introduttivo.

Il T.a.r. per la Liguria ha dichiarato il ricorso inammissibile con sentenza 13 gennaio 2016, n. 25 in quanto:

- gli originari ricorrenti sarebbero privi di interesse alla impugnazione degli atti di approvazione della variante urbanistica il cui annullamento non potrebbe incidere sulla validità dei permessi di costruire rilasciati nel 2005 alla controinteressata Edilvele s.r.l. e non consentirebbe, quindi, di rimuovere la lesione arrecata all’interesse sostanziale dei ricorrenti;
inoltre l’assetto di interessi conseguente all’annullamento della variante sarebbe persino peggiorativo per i ricorrenti medesimi che, rimanendo comunque esclusi dal progetto di Edilvele, perderebbero anche la possibilità, garantita loro dalla disciplina introdotta con la variante, di realizzare l’autonomo sfruttamento edilizio dei terreni di proprietà, con l’accollo dei relativi oneri di urbanizzazione alla controinteressata;

- i motivi aggiunti sarebbero tardivi, avendo ad oggetto la domanda di annullamento del provvedimento dirigenziale che, in conformità agli indirizzi formulati dal Consiglio comunale, aveva concluso negativamente, archiviandolo, il procedimento avviato per l’eventuale annullamento dei titoli edilizi rilasciati alla Edilvele S.r.l. nel 2005;
tale provvedimento infatti sarebbe stato oggetto di pubblicazione legale all’albo pretorio del Comune di Albenga per quindici giorni decorrenti dal 6 agosto 2009 sicché il ricorso per motivi aggiunti, notificato il 10 aprile 2012, non poteva che essere dichiarato irricevibile;

- ha dichiarato inammissibili i secondo motivi aggiunti in quanto contenenti esclusivamente una censura di illegittimità derivata per vizi degli atti presupposti impugnati con il ricorso introduttivo: in conseguenza della declaratoria di inammissibilità di quest’ultimo mezzo di gravame, i ricorrenti non potrebbero trarre alcuna utilità dall’eventuale annullamento dei titoli edilizi rilasciati per il completamento di un’opera assentita con atti non ritualmente contestati.

- in mancanza dei vizi denunciati, ha da ultimo respinto la domanda risarcitoria proposta con il ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti.

La predetta sentenza è stata appellata dagli originari ricorrenti per chiederne la riforma in quanto erronea in diritto.

Si sono costituiti nel presente grado il Comune di Albenga, la Impresa Edilvele S.r.l., il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Comando Provinciale Vigili del Fuoco per resistere all’appello concludendo per la sua reiezione.

In seguito al fallimento della Impresa Edilvele s.r.l. le subentrava la curatela fallimentare.

Alla udienza pubblica del 27 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è infondato.

Con il primo motivo gli appellanti censurano la sentenza nella parte in cui ha escluso la sussistenza di un interesse ad agire per contestare la deliberazione n. 1094 del 27 ottobre 2011 con la quale il Consiglio comunale di Albenga ha approvato la variante urbanistica che stralciava i terreni degli esponenti dalla zona Cd1, mediante la creazione di un nuovo sub-ambito (zona Cd1a) coincidente con i mappali 1129 e 1176, conservando l’indice edificatorio precedentemente attribuito ai terreni suddetti, non utilizzato nell’ambito del progetto di Edilvele, e accollando a quest’ultima impresa i relativi oneri di urbanizzazione.

Il motivo è infondato.

La variante è infatti finalizzata a rendere possibile lo sfruttamento edificatorio dei terreni degli appellanti mediante la creazione di un apposito sub comparto coincidente con i mappali 1129 e 1176, confermando l’indice edificatorio già in precedenza attribuito ai predetti terreni e ponendo gli oneri di urbanizzazione in capo alla società Edilvele che li aveva estromessi dal proprio intervento, in violazione della disciplina urbanistica secondo cui, per l’area in questione, era richiesto un intervento unitario.

E’ evidente dunque che la variante in questione, lungi dall’essere finalizzata a sanare la situazione esistente o dal poter determinare il consolidamento degli effetti degli originari permessi di costruire illegittimamente rilasciati - in quanto già di per sé inoppugnabili per non essere stati tempestivamente impugnati dagli appellanti - mira a rimuovere il pregiudizio determinatosi in loro danno, autorizzando la edificazione nel contesto di una rinnovata cornice pianificatoria che tenga conto dello stato di fatto determinatosi sulla scorta dell’intervento illegittimo della Edilvele.

Merita dunque di essere condivisa l’affermazione del T.a.r. secondo cui: “ Non possono esservi dubbi, infatti, in ordine all’immediata efficacia lesiva dei titoli edilizi rilasciati alla Società controinteressata nel 2005 che hanno illegittimamente escluso gli odierni ricorrenti da un’iniziativa edificatoria destinata a comprendere, secondo le cogenti previsioni dello strumento urbanistico generale, tutte le proprietà immobiliari del comparto urbanistico.

Gli odierni ricorrenti, tuttavia, non hanno impugnato tali provvedimenti ampliativi né sono tempestivamente insorti (v. infra) avverso le successive determinazioni comunali che hanno escluso l’esercizio del potere di autotutela relativamente ai titoli medesimi.

L’eventuale annullamento degli atti di approvazione della variante urbanistica non potrebbe incidere, ovviamente, sulla validità dei provvedimenti a monte e non consentirebbe, quindi, di rimuovere la lesione arrecata all’interesse sostanziale dei ricorrenti. Anzi, l’assetto di interessi conseguente a tale soluzione sarebbe paradossalmente peggiorativo per i ricorrenti medesimi che, rimanendo comunque esclusi dal progetto di Edilvele, perderebbero anche la possibilità, garantita loro dalla disciplina introdotta con la variante, di realizzare l’autonomo sfruttamento edilizio dei terreni di proprietà, con l’accollo dei relativi oneri di urbanizzazione alla controinteressata. In definitiva, l’azione di annullamento all’esame, non solo non è idonea a conseguire lo scopo che si prefiggono concretamente i ricorrenti, ma si rivolge avverso atti che non hanno inciso negativamente nella loro sfera giuridica ”.

Gli appellanti replicano sul punto precisando che l’interesse ad agire non si declina solo in termini di interesse ad una determinata utilità finale, bensì anche come interesse ad una utilità strumentale a rimettere in discussione il rapporto controverso al fine di conseguire il bene della vita: ciò in relazione alla possibilità di ottenere un nuovo e diverso assetto pianificatorio dell’area rispetto a quello adottato e ritenuto pregiudizievole.

Sononché sul punto non è dato comprendere quale sia l’utilità finale che gli appellanti mirano a conseguire attraverso il riesercizio del potere di pianificazione urbanistica, una volta che lo sfruttamento delle loro particelle, secondo la disciplina del previgente assetto urbanistico, è stato irrimediabilmente compromesso dal rilascio di titoli edilizi (assunti come) illegittimi ma allo stato inoppugnabili.

L’affermazione secondo cui esiste sempre un interesse del proprietario ad ottenere una disciplina urbanistica dei propri fondi ritenuta maggiormente rispondente ai propri interessi, rileva nella prospettiva della legittimazione ad agire ma non dimostra, al contempo, l’esistenza del requisito dell’interesse ad agire in mancanza di prova sulla lesività della scelta pianificatoria.

A tal proposito gli appellanti indicano la lesività della variante nella decisione di relegare la loro proprietà in un subcomparto (Cd1a), fisicamente separato dalla restante porzione del comparto Cd1, intercluso e privo della possibilità di usufruire degli standards realizzati dalla Edilvele a servizio del comparto Cd1;
tali standards solo formalmente sarebbero posti a servizio di entrambi gli ambiti.

Anche da tale prospettazione il motivo è tuttavia infondato, poiché le difficoltà allegate dagli appellanti rappresentano comunque la conseguenza di un assetto derivante direttamente dalla disciplina posta mediante titoli edilizi illegittimi ma inoppugnabili.

In presenza di uno stato di fatto ormai definito, non è dato comprendere come il riesercizio del potere possa diversamente conformare l’area attribuendo ai terreni degli appellanti una diversa e più comoda possibilità di usufruire degli standard realizzati dalla Edilvele ed originariamente messi principalmente al servizio dei due fabbricati realizzati da quest’ultima.

E’ evidente che se il mancato ricorso ad una progettazione unitaria ha pregiudicato la ottimale fruibilità della dotazione di servizi da parte dei terreni in proprietà degli appellanti, tale condizione discende proprio dal rilascio (ritenuto illegittimo) degli originari titoli edilizi del 2005 che hanno conformato la disciplina della zona secondo un assetto di cui la variante ha dovuto necessariamente tenere conto, una volta che i permessi di costruire sono divenuti inoppugnabili e che l’istanza di intervento in autotutela è stata motivatamente disattesa.

Non sussiste poi una situazione di interclusione in quanto è comunque prevista una strada di accesso ai fondi degli appellanti, sebbene attraverso un percorso esterno al comparto Cd1 e Cd1-a.

Con un secondo motivo di appello è censurato il capo di sentenza con il quale è stata rilevata la irricevibilità per tardività della impugnazione tramite motivi aggiunti del diniego di annullamento in autotutela dei permessi di costruire n. 29562/2005 e 29563/2005 deciso con determina n. 916 del 6 agosto 2009 e con la presupposta delibera di Consiglio comunale che ha fornito gli indirizzi alla azione amministrativa.

Il motivo è infondato.

Sul punto il T.a.r. ha osservato che “ E’ vero, infatti, che gli odierni ricorrenti erano stati autori dell’atto di impulso da cui ha preso avvio il procedimento definito con l’impugnato diniego di autotutela.

Ciò non consente di ritenere, però, che essi abbiano assunto la veste di controinteressati, come tali necessariamente destinatari di una notifica individuale dell’atto, dovendosi far applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale tale posizione non sussiste in capo ai vicini che abbiano provocato interventi repressivi o in via di autotutela avverso titoli edilizi rilasciati ai proprietari confinanti (cfr., fra le ultime, Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 2015, n. 4582) ”.

Gli appellanti lamentano che, avendo un interesse diretto alla rimozione dei titoli edilizi, il diniego di autotutela avrebbe dovuto essergli comunicato e che solo da tale data il termine di impugnazione poteva iniziare a decorrere;
in mancanza della comunicazione il ricorso non potrebbe che essere ritenuto tempestivo, con conseguente erroneità della sentenza appellata di cui si chiede conseguentemente la riforma.

Il motivo di appello è inammissibile per difetto di interesse alla doglianza ,atteso che nessuna censura è stata indirizzata avverso il capo di sentenza che evidenzia la sostanziale irrilevanza della impugnazione del diniego di autotutela in quanto meramente attuativo degli indirizzi forniti sul punto dal Consiglio comunale con delibera n. 54 del 16 luglio 2009 avverso la quale gli originari ricorrenti non avrebbero articolato specifiche censure.

Il T.a.r. ha infatti osservato sul punto che: “ Tali considerazioni, sufficienti a confermare la diagnosi di irricevibilità dei primi motivi aggiunti, trovano ulteriore conferma alla luce dei contenuti dell’impugnato provvedimento dirigenziale, nel quale non viene espressa alcuna autonoma manifestazione di volontà dell’agente che si è limitato, invece, ad applicare le “direttive” rigidamente formulate dall’organo consiliare.

Si tratta, pertanto, di atto sostanzialmente esecutivo della presupposta deliberazione la quale, pur formalmente coinvolta nell’impugnazione dispiegata con il ricorso introduttivo, non è stata fatta oggetto in quella sede di alcuna censura di legittimità . Pur essendo a conoscenza del provvedimento realmente lesivo dei loro interessi, quindi, gli interessati hanno omesso di contestare l’assetto di interessi ivi definito dall’amministrazione e non hanno titolo, in conseguenza, per agire in giudizio avverso l’atto consequenziale. ”.

Poiché nessuna censura è stata indirizzata avverso tale statuizione che riconduce l’effetto lesivo alla delibera di Consiglio comunale presupposta - non oggetto, secondo il T.a.r., di puntuali motivi di ricorso -, la critica avverso la statuizione di irricevibilità del ricorso proposto contro il diniego di autotutela va dichiarata inammissibile poiché dal suo accoglimento, come pure dalla disamina nel merito delle contestazioni mosse avverso il diniego, gli appellanti non possono trarre alcuna utilità.

Il motivo è comunque anche infondato, poiché rispetto ai permessi di costruire n. 29562/2005 e 29563/2005 gli appellanti non sono destinatari di effetti diretti, bensì terzi e tali restano anche rispetto al diniego di annullamento in autotutela, che consolida l’effetto autorizzatorio nella sfera giuridica dei titolari del provvedimento autorizzatorio, con la conseguenza che il diniego non opera nei loro confronti alla stregua di un atto recettizio ed il relativo termine di impugnazione decorre secondo la disciplina propria degli atti soggetti alla pubblicazione sull’albo pretorio del Comune, come correttamente rilevato dal T.a.r.

Da ultimo osserva il Collegio che il capo di sentenza che ha dichiarato la inammissibilità dei secondi motivi aggiunti non è stato gravato con il presente appello ed è pertanto passato in giudicato.

Dalla infondatezza dei motivi di appello, incentrati sulle statuizioni in rito contenute nella sentenza di primo grado, discende che non può trovare ingresso in questa sede la disamina delle censure di merito già articolate in primo grado e riproposte con l’atto di appello.

Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve pertanto essere respinto.

La particolarità della vicenda induce il Collegio a ritenere sussistenti eccezionali motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del grado.

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