Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-09-09, n. 202207877
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Pubblicato il 09/09/2022
N. 07877/2022REG.PROV.COLL.
N. 03626/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3626 del 2020, proposto da
Chevalé s.a.s. di Oreste Fusilli &Co., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale - Manfredonia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Puglia, Comune di Manfredonia, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 1224/2019;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale - Manfredonia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2022 il Cons. Paolo Marotta e udito per la parte appellante l’avvocato G A;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Con il ricorso in esame, l’odierna appellante (titolare di una concessione avente ad oggetto un’area demaniale finalizzata al mantenimento di un distributore di carburante nel Comune di Manfredonia, sul Lungomare Nazario Sauro) ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, definendo il giudizio di primo grado, ha così disposto:
- ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (in favore del giudice ordinario) con riguardo alle questioni privatistiche concernenti la quantificazione del canone concessorio e l’eventuale restituzione di somme asseritamente versate in eccesso dalla società appellante;
- ha dichiarato, per la restante parte, il ricorso introduttivo del giudizio, come integrato dai motivi aggiunti, inammissibile (per carente lesività degli atti impugnati e per mancata impugnazione degli atti presupposti);
- ha disposto la compensazione delle spese di lite tra le parti.
1.2. La società appellante dichiara di prestare acquiescenza al capo di sentenza relativo alle questioni privatistiche concernenti la quantificazione del canone concessorio e alla restituzione di somme versate in eccesso;contesta invece le conclusioni del giudice di prime cure con riguardo alla declaratoria della inammissibilità della domanda di annullamento formulata nel ricorso introduttivo del giudizio e nei successivi motivi aggiunti, riproponendo le censure già formulate nel giudizio di primo grado.
1.3. Oltre alla domanda di annullamento degli atti impugnati, l’odierna appellante chiede l’accoglimento della domanda di condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento dei danni subiti per effetto del diniego di rinnovo della concessione, ai sensi dell’art. 30, comma 2, c.p.a.
2. Si è costituita in giudizio l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale – Manfredonia, contestando diffusamente le deduzioni di parte appellante e chiedendo conseguentemente la reiezione delle domande azionate.
3.1. Con ordinanza n. 3453/2020, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’istanza cautelare, presentata in via incidentale dalla parte appellante.
3.2. Con memorie difensive e memorie di replica le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.
4. All’udienza pubblica del 5 luglio 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. Preliminarmente, il Collegio prende atto della dichiarazione di acquiescenza formulata dalla società appellante con riguardo al capo di sentenza relativo alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in ordine alle questioni privatistiche concernenti la quantificazione del canone concessorio e alla restituzione di somme (asseritamente) versate in eccesso.
6. Con riguardo alla domanda di annullamento e alla connessa domanda risarcitoria, l’appellante ripropone le censure già formulate in primo grado, che possono essere così sintetizzate:
a) La formazione del silenzio assenso sulla istanza di cui all’art. 45 bis del codice della navigazione.
Sostiene la odierna appellante che sulla istanza presentata per l’autorizzazione all’affidamento a terzi della gestione dell’impianto di distribuzione carburanti (insistente sull’area oggetto di concessione) si sarebbe formato il silenzio - assenso.
b) Violazione dell'art. 47 del codice della navigazione e, ovvero, dell'art. 12 bis del d.l. 24 aprile 2014 n. 66, convertito con la l. 23 giugno 2014 n. 89.
L’appellante contesta la tesi dell’Amministrazione secondo la quale la normativa rubricata (che ha fissato come termine massimo per il pagamento del canone annuale la data del 15 settembre di ciascuna annualità) sarebbe applicabile alle sole concessioni per finalità turistico-ricreative (e non anche quindi alla concessione della odierna appellante, che ha ad oggetto un’area demaniale per la gestione di un impianto di distribuzione carburanti).
In ogni caso, sostiene che, per prassi consolidata delle concessioni relative al Porto di Manfredonia, i pagamenti dei canoni avverrebbero spesso con ritardo e sarebbero numerose le attività che presentano anche gravi morosità.
c) Violazione dell’art. 40 del codice della navigazione e dell’art. 4 del d.m. 19 luglio 1989.
Contesta le conclusioni dell’Autorità in ordine alla inapplicabilità al caso di specie dell’art. 40 codice della navigazione e dell’art. 4 del d.m. 19 luglio 1989 (che prevedono, in ipotesi di presenza di diritti di terzi sull’area oggetto di concessione, la riduzione nella misura fissa di un mezzo del canone concessorio dovuto): secondo la tesi dell’Amministrazione, la predetta decurtazione non sarebbe applicabile in presenza di una occupazione illegittima dell’area da parte dei terzi, in quanto le disposizioni normative di cui sopra troverebbero applicazione solo nelle ipotesi di occupazione legittima.
d) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 9 – duodevicies , del d.l. n. 78/2015 (convertito dalla l. 125/2015);in particolare, l’appellante contesta le conclusioni dell’Autorità, che ha ritenuto applicabile ai soli enti locali la normativa richiamata in rubrica.
e) Vizio di motivazione ed eccesso di potere.
Dopo aver evidenziato che i motivi posti a fondamento del provvedimento di diniego di rinnovo della concessione del 2019 sono riferiti a pretesi inadempimenti (il mancato pagamento del canone relativo al 2017 e l’omessa custodia e manutenzione dell’area), l’odierna appellante sostiene di aver pagato i canoni per il gli anni 2014- 2016 e non aver potuto provvedere al pagamento del canone per l’anno 2017 in quanto: “ Subito dopo il suo insediamento, l’ADSPMAM ha inoltrato a tutti i concessionari una nota con la quale ha comunicato un codice univoco identificativo e le nuove coordinate bancarie da usare per effettuare il pagamento dei canoni (doc.49 motivi aggiunti). La ricorrente non ha ricevuto una tale comunicazione, in quanto erano state intraprese tra le parti trattative per la risoluzione del presente giudizio e tra le questioni trattate vi erano anche le richieste di restituzioni di somme formulate dalla concessionaria ”.
Contesta ogni addebito sollevato dalla Amministrazione con riguardo alla omessa custodia e manutenzione dell’area, evidenziando di aver messo in sicurezza l’impianto, apponendovi una recinzione fatta con paletti fissi e mobili e di aver richiesto, in data 13 novembre 2017, l’intervento della Capitaneria di Porto di Manfredonia, in quanto venivano sistematicamente divelti i paletti e la recinzione posta a delimitazione dell’area;analoga denuncia veniva inoltrata il 18 febbraio 2018 e il 15 marzo 2018.
f) Violazione dell’art. 2043 c.c., in combinato disposto con gli artt. 1173, 1337, 1218 c.c.
L’odierna appellante formula (ai sensi dell’art. 30, comma 2 c.p.a.) domanda di risarcimento dei danni subiti, per effetto della illegittima sospensione del procedimento di rinnovo della concessione, (danni) che quantifica nel seguente modo:
- € 20.274,57, a titolo di canone pagato indebitamente per il mancato godimento dell’area, in applicazione dell’art. 40 cod. nav. (canone corrisposto nell’ultimo decennio € 40.519,14);
- € 163.431,22 per il mancato guadagno negli anni 2016, 2017, 2018 fino al 30 aprile 2019;
- € 65.500,00 per oneri di ripristino degli impianti a seguito della prolungata chiusura;
- € 80.000,00, a titolo di danni per la mancata attivazione dell’impianto di autolavaggio, regolarmente autorizzato nel 2011, quantificati in € 10.000,00 per ciascun anno.
Il tutto per una somma totale di € 328.000,00.
7. Al fine di poter scrutinare le censure dedotte dalla parte appellante si rende necessario ricostruire le complesse vicende fattuali, che hanno preceduto l’adozione degli atti dell’Autorità portuale avversati dalla odierna appellante;esse possono essere riassunte nel modo seguente:
- La società Chevalè s.a.s. era titolare di una concessione con scadenza al 31 dicembre 2010, avente ad oggetto un’area del demanio marittimo di mq 1.061,00, allo scopo di mantenere un distributore di carburante sito nel Comune di Manfredonia, al Lungomare Nazario Sauro;
- Nella vigenza del rapporto concessorio è insorto un contenzioso tra l’Autorità Portuale (concedente) e la società concessionaria, non avendo quest’ultima provveduto al pagamento del canone concessorio a partire dal 2012 e assumendo di aver diritto alla riduzione del canone, per effetto della abusiva occupazione di parte dell’area da parte di terzi per l’espletamento dell’attività di commercializzazione di prodotti ittici;la società concessionaria non ha altresì proceduto alla integrazione della documentazione richiesta dalla Autorità portuale, con riguardo al deposito cauzionale e ha proceduto, senza la preventiva autorizzazione della Amministrazione, all’affidamento della gestione dell’attività di commercializzazione di carburante alla società Europetroli di Tommaso Clemente (più precisamente, con nota prot. n. 1863 del 14 giugno 2013, la società attrice ha presentato richiesta di autorizzazione ai sensi dell’art. 45 - bis del codice della navigazione, per l’affidamento della gestione dell’impianto a terzi senza ottenere riscontro da parte dell’Amministrazione);
- con nota prot. n. 2046 del 23.06.2014, l’Amministrazione, prendendo atto dei reiterati inadempimenti della società ricorrente, nonché dell’illegittimo affidamento della gestione disposto dalla stessa nei confronti della società Europetroli di C T, diffidava la Chevalé a “ ripristinare la gestione dell’impianto in capo al titolare dello stesso entro e non oltre trenta giorni dalla ricezione della presente ”, stabilendo che “ in mancanza si procederà al rigetto dell’istanza di rinnovo e l’avvio delle procedure di sgombero ai sensi della normativa vigente in materia ”.
- Avverso l’atto da ultimo richiamato, insorgeva (con il ricorso introduttivo del giudizio) la società concessionaria, contestando la legittimità degli atti impugnati sotto diversi profili;in estrema sintesi, la concessionaria deduceva quanto segue:
a) Sosteneva essersi formato il silenzio assenso sulla istanza di autorizzazione all’affidamento a terzi della gestione dell’impianto;
b) Contestava la quantificazione del canone concessorio (in relazione alla occupazione parziale dell’area da parte di terzi) e rivendicava il diritto al rimborso dei canoni asseritamente versati in eccesso negli ultimi dieci anni;
c) Contestava la richiesta di integrazione documentale formulata dalla Amministrazione procedente;
d) Deduceva eccesso di potere sotto diversi profili (illogicità e incongruenza;travisamento dei fatti;disparità di trattamento e ingiustizia manifesta;difetto di istruttoria);
e) Contestava in radice la competenza dell’Autorità Portuale di Manfredonia, sostenendo che la competenza gestoria della predetta Autorità fosse limitata alle aree demaniali portuali delimitate dal decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dell’8 novembre 2005, nella quali non figurerebbe l’area oggetto del presente giudizio.
- Con ricorso per motivi aggiunti, la società ricorrente impugnava la nota della Regione Puglia - Settore Demanio e Patrimonio - Coordinamento Demanio Marittimo del 3 settembre 2014, con la quale l’Ente regionale, nell’esercizio delle proprie funzioni di indirizzo, supporto e consulenza, suggeriva al Comune di Manfredonia l’iter da seguire al fine di ottenere una nuova delimitazione della circoscrizione dell’Autorità Portuale di cui sopra.
Secondo la prospettazione della parte ricorrente in primo grado (odierna appellante), tale provvedimento sarebbe stato viziato da violazione di legge, avendo la Regione Puglia descritto un iter procedimentale completamente errato, violando l’assetto di competenze riconosciute dalla legge ai Comuni costieri.
- Dopo l’esperimento di tentativi di composizione bonaria della controversia, non andati a buon fine, l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale (subentrata all’Autorità Portuale di Manfredonia), con decreto n. 2 del 21 febbraio 2019, disponeva il diniego di rinnovo della concessione demaniale marittima n. 17/2008, con conseguente ordine di sgombero dell’area occupata.
- Il predetto provvedimento è stato impugnato dalla società ricorrente con motivi aggiunti, nei quali oltre a chiedere l’annullamento dell’atto impugnato, ha formulato domanda di condanna (ai sensi art. 30 del c.p.a.) dell’Autorità di Sistema Portuale al risarcimento, in favore della società ricorrente (odierna appellante), del danno ingiusto dalla stessa asseritamente subito in relazione al non corretto esercizio dell’attività amministrativa.
- L’Autorità resistente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, per omessa impugnazione di atti presupposti, in particolare del foglio prot. n. 1058 del 4 maggio 2016, con cui l’Amministrazione evidenziava analiticamente le perduranti inadempienze della società attrice, nonché del foglio prot. n. 1479 del 15 giugno 2016, con cui la soppressa Autorità Portuale di Manfredonia dichiarava espressamente di non accogliere la proposta transattiva formulata dalla Chevalé s.a.s., non ravvisando margini di favorevole apprezzamento della stessa.
8.1. Con la sentenza impugnata il T.A.R. per la Puglia ha ritenuto inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, la domanda diretta alla restituzione delle somme (asseritamente) corrisposte in eccesso a titolo di canone di concessione.
Ha reputato inammissibili anche la domanda di annullamento degli atti impugnati, per carenza di lesività degli atti impugnati (quanto al ricorso introduttivo del giudizio) e per mancata impugnazione degli atti presupposti (quanto al ricorso per motivi aggiunti).
8.2. Il giudice di prime cure ha evidenziato che la società ricorrente con il ricorso introduttivo del giudizio ha impugnato note a contenuto meramente comunicativo e interlocutorio, come tali, inidonee a ledere direttamente la posizione giuridica della ricorrente (delibere attraverso le quali la soppressa Autorità Portuale di Manfredonia avanzava mere richieste di integrazione documentale nei confronti della società ricorrente ai fini della conclusione dell’istruttoria in esame). Con riguardo al (secondo) ricorso per motivi aggiunti, avente ad oggetto il decreto dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale del 21 febbraio 2019 (con il quale la stessa Autorità avrebbe disposto il diniego del rinnovo della concessione demaniale marittima n. 17/2008), il giudice di prime cure, in accoglimento della eccezione sollevata dalla Amministrazione resistente, ha rilevato che la parte ricorrente ha omesso di impugnare gli atti presupposti di detto diniego, in particolare:
- il foglio prot. n. 1058 del 4 maggio 2016, con il quale l’Autorità resistente evidenziava analiticamente le reiterate inadempienze della Chevalé s.a.s., qualificandole come cause ostative, da un lato, al soddisfacimento della richiesta di riduzione del canone concessorio, nonché di affidamento della gestione ex art. 45 bis del codice della navigazione, dall’altro, alla prosecuzione del rapporto concessorio;
- il foglio prot. n. 1479 del 15 giugno 2016, con cui la medesima Amministrazione, rigettando la proposta transattiva formulata dalla società ricorrente, invitava la medesima a regolarizzare l’istanza di rinnovo della concessione in esame.
Il decreto impugnato secondo le conclusioni del giudice di primo grado deve essere qualificato come atto meramente confermativo delle determinazioni assunte negli atti presupposti sopra richiamati (rimasti inoppugnati).
9. Tanto premesso, ritiene il Collegio che non siano condivisibili le conclusioni del giudice di prime cure in ordine alla rilevata inammissibilità del gravame, per difetto di lesività o per omessa impugnazione degli atti presupposti, atteso che sia gli atti impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio che di quelli impugnati con il secondo ricorso per motivi aggiunti debbono ritenersi lesivi della posizione giuridica sostanziale della società concessionaria.
Ciononostante, l’appello deve essere respinto, in quanto il ricorso di primo grado (come integrato dai motivi aggiunti) si rivela infondato nel merito.
10.1. Risulta ex actis che la concessione de qua , avente ad oggetto un’area demaniale per la gestione di un impianto di distribuzione di carburanti, è scaduta il 31 dicembre 2013 e non è stata rinnovata.
10.2. Risulta altresì documentalmente comprovato che la società concessionaria ha affidato a terzi la gestione dell’impianto di distribuzione carburanti, in assenza della preventiva autorizzazione.
È bensì vero che, con nota prot. n. 1863 del 14 giugno 2013, la società appellante ha presentato richiesta di autorizzazione ex art. 45 - bis del codice della navigazione, per l’affidamento della gestione dell’impianto a terzi, ma la suddetta istanza non è stata esitata dalla Amministrazione.
Né può ritenersi che, nel caso di specie, per effetto della inerzia della Amministrazione sulla istanza presentata, si sia formato il silenzio - assenso.
Per pacifica giurisprudenza, in materia di concessioni per l'occupazione di suolo pubblico, non trova applicazione l'istituto del silenzio - assenso previsto dall’art. 20 della l. n. 241 del 1990 e s.m.i., presupponendo il procedimento concessorio l’esercizio di una potestà discrezionale sull’ an , che esclude in radice l'applicabilità del regime del silenzio significativo (Consiglio di Stato, Sez. V, 06/11/2019, n. 7564;in senso conforme, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, 09/10/2019, n. 887;Consiglio di Stato Sez. V, n. 52 del 4.1.2018).
Nel caso di specie, venendo in rilievo l’affidamento della gestione di un impianto di distribuzione di carburante insistente su un’area del Demanio marittimo, l’istituto del silenzio assenso non può trovare applicazione.
10.3. A fronte della inerzia dell’Amministrazione sulla istanza presentata la società concessionaria avrebbe dovuto agire in sede giurisdizionale, con il rito del silenzio, per l’accertamento della illegittimità dell’inerzia della Amministrazione e la declaratoria dell’obbligo di provvedere.
10.4. Oltre a ciò, l’Amministrazione ha posto alla base del diniego di rinnovo il mancato pagamento del canone concessorio dovuto per il 2017 e il cattivo stato manutentivo dell’impianto;a tale riguardo, non può essere attribuita rilevanza giuridica alle ragioni addotte dalla società concessionaria in sede procedimentale (richiamate nel provvedimento impugnato), laddove la concessionaria ha dichiarato che gli inadempimenti contestati sarebbero stati di esclusiva responsabilità dell’Autorità portuale.
Né tampoco può essere attribuita rilevanza alle ragioni dedotte dalla parte appellante in sede processuale (in particolare, il mancato ricevimento da parte della società concessionaria della nota dell’Autorità portuale contenente le coordinate bancarie per effettuare il pagamento del canone), potendo tale impedimento essere agevolmente superato dalla società appellante con la richiesta all’Amministrazione della indicazione delle modalità per effettuare il pagamento di quanto dovuto.
10.5. Del pari destituite di fondamento sono le censure relative alla dedotta violazione dell’art. 12 - bis del d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito con la l. 23 giugno 2014 n. 89.
L’ambito oggettivo di applicazione della predetta norma è costituito dalle concessioni demaniali marittime, rilasciate ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494), ossia dalle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, nel cui novero non è possibile ricomprendere anche le concessioni demaniali per l’esercizio di impianti di distribuzione carburanti.
10.6. Infondate sono anche le censure relative alla dedotta violazione dell’art. 40 del codice della navigazione e dell’art. 4 del d.m. 19 luglio 1989, in ordine alla mancata decurtazione del canone, per effetto della parziale occupazione abusiva dell’area oggetto di concessione.
Nella nota del 4 maggio 2016 (prot. 1058) l’Autorità portuale ha evidenziato che le numerose inadempienze in cui la società concessionaria è incorsa (affidamento della gestione dell’impianto di distribuzione del carburante in assenza della autorizzazione della Amministrazione;mancato pagamento dei canoni concessori: seconda rata dell’anno 2012 e l’intero canone per il 2013;il mancato adeguamento del deposito cauzionale;la mancata produzione della documentazione attestante il mantenimento dei presupposti per l’esercizio della concessione) hanno impedito di portare a definizione sia i procedimenti per la riduzione del canone e per l’affidamento della gestione dell’impianto a terzi, ai sensi dell’art. 45 –bis del codice della navigazione, sia il procedimento per il rinnovo della concessione medesima.
Non essendo le allegazioni della parte appellante idonee a superare i puntuali rilievi della Amministrazione concedente, le relative censure debbono essere disattese.
10.7. Inammissibili, per difetto di interesse, e infondate sono anche le censure relative alla dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 9 – duodevicies , del d.l. n. 78/2015 (nel testo di cui alla legge di conversione l. 125/2015, come successivamente modificato dall’art. 12, comma 2-bis, d.l. 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla l. 27 febbraio 2017, n. 19), a norma del quale: “ Le utilizzazioni delle aree di demanio marittimo per finalità diverse da quelle turistico-ricreative, di cantieristica navale, pesca e acquacoltura, in essere al 31 dicembre 2013, sono prorogate fino alla definizione del procedimento di cui al comma 9-septiesdecies e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2017 ”.
A prescindere dalla delimitazione del suo ambito soggettivo di applicazione, risulta evidente che la norma di cui sopra non può assumere alcuna rilevanza giuridica con riguardo al decreto dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale del 21 febbraio 2019 (con il quale la stessa Autorità ha disposto il diniego del rinnovo della concessione demaniale marittima n. 17/2008), in quanto il predetto provvedimento è stato comunque adottato in un arco temporale successivo a quello previsto dalla predetta norma.
10.8. Inammissibili, per genericità, sono le censure relative alla dedotta incompetenza dell’Autorità portuale, che, in qualità di Amministrazione concedente dell’area demaniale de qua , non può essere considerata priva di legittimazione alla adozione degli atti avversati.
10.9. Infondate sono, infine, le censure relative al dedotto di difetto di motivazione e all’eccesso di potere in relazione ai censurati profili.
Anche prescindendo dalle contestazioni mosse dalla Amministrazione con riguardo alla violazione degli obblighi di custodia e al cattivo stato di manutenzione dell’area in questione, l’Amministrazione ha documentato plurime inadempienze da parte della società concessionaria agli obblighi scaturenti dal rapporto concessorio (mancato pagamento dei canoni di concessione;affidamento non autorizzato a terzi della gestione dell’impianto di distribuzione del carburante, insistente sulla area demaniale;mancata ricostituzione del deposito cauzionale), che giustificano l’adozione dei provvedimenti contestati.
11. L’infondatezza della domanda di annullamento degli atti impugnati determina conseguentemente anche la reiezione della connessa domanda risarcitoria formulata dalla parte appellante.
12. In conclusione, l’atto di appello deve essere respinto, mentre la sentenza di primo grado deve essere confermata (con diversa motivazione).
13. La complessità delle questioni di fatto e di diritto dedotte in giudizio giustifica nondimeno l’equa compensazione delle spese del presente grado di giudizio.