Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-04-10, n. 201401718
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N. 01718/2014REG.PROV.COLL.
N. 10603/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10603 del 2009, proposto da:
R G, rappresentato e difeso dagli avv. G C, F C, con domicilio eletto presso Emilio Iacobelli in Roma, via Panama, 74;
contro
Provincia di Cosenza, in persona del presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avv. G P, con domicilio eletto presso Maria Isabella Egeo in Roma, via A. Malladra, 47, sc. B;Comune di Roseto Capo Sco, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. M M, con domicilio eletto presso Alessandro Nasti in Roma, via delle Carrozze N.3;Capitaneria di Porto di Crotone, Agenzia delle Dogane, in persona dei legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
C D Infantino, rappresentato e difeso dall'avv. Lidia Franco, con domicilio eletto presso Antonio Feroleto in Roma, via Alberto Caroncini, 2;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I n. 01014/2009, resa tra le parti, concernente risarcimento danni relativo a concessione area demaniale marittima
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Cosenza e di Comune di Roseto Capo Sco e di Capitaneria di Porto di Crotone e di C D Infantino e di Agenzia delle Dogane;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014 il Cons. S D F e uditi per le parti gli avvocati Morelli per Casertano, Sanino in dichiarata delega per Mascaro e, dello Stato, Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al Tribunale amministrativo della Calabria, Catanzaro, l’attuale appellante, G R, agiva per l’annullamento sia dell’atto n. 4 del 12 agosto 2008, a firma del Responsabile dell’Area tecnica del Comune di Roseto Capo Sco, di concessione al sig. Infantino C D ad occupare un’area demaniale marittima sia degli atti relativi alla conferenza di servizi, compresi i verbali, tenutasi presso il citato Ente locale in data 22/29.4-19 maggio 2008;la relativa indizione della stessa, giusta nota del responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale n. 2114 del 20 marzo 2008;i pareri degli irgani intervenuti.
Il ricorrente premetteva di essere titolare della concessione demaniale n. 247, rilasciata dalla Regione Calabria in data 29 marzo 2003, avente ad oggetto un suolo demaniale marittimo della superficie di mq. 185, situato nel Comune di Roseto Capo Sco (foglio di mappa n. 34, part. lla n. 146), adibito a chiosco –bar con annesso porticato, denominato “Puerto Escondido”, provvisto delle relative autorizzazioni comunali nn. 27 dell’11 maggio 1994 e n. 32 del 26 luglio 1994, per l’esercizio dell’attività commerciale.
Precisava che, con atto dirigenziale del 28 marzo 2007 (autorizzazione n. 02- prot. n. 371) della Regione Calabria, Servizio Demanio Area Settentrionale di Cosenza, in accoglimento della propria istanza prot. n. 310 del 23 marzo 2007, era stato autorizzato ad affidare la gestione dell’attività in questione alla ditta Fioravanti Maria, affittuaria dell’azienda, giusto atto in notar Perrotta rep. 17500 del 27 febbraio 2007.
Avendo appreso che il controinteressato Infantino C D, con istanza prot. 1465 del 21 febbaio 2008, aveva chiesto al Comune di Roseto Capo Sco il rilascio della concessione demaniale, nelle qualità di erede unico dell’intestatario sig. Infantino R C, deceduto il 23 luglio 2006, nonché “il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, relativamente alle opere già esistenti sull’area di concessione, al fine di regolarizzare la posizione del complesso turistico” , con riferimento proprio alle aree in catasto al foglio di mappa n. 34, par. 16 (intera), in parte interessate anche dalla concessione demaniale intestata al ricorrente, su cui insisteva il chiosco-bar denominato Puerto Escondido , ove erano stati realizzati “n. tre corpi con profilati scatolari metallici” , agiva per l’annullamento degli atti relativi ai due procedimenti, concessione di area demaniale e permesso di costruire in sanatoria.
Poiché il Comune di Roseto Capo Sco, acquisita la suddetta richiesta, aveva convocato la Conferenza dei Servizi per il giorno 22 aprile 2008, invitando gli enti interessati, ciascuno per la parte di rispettiva competenza, egli si era visto costretto ad inviare la nota del 19 maggio 2008, con la quale, dopo aver rappresentato che la zona demaniale oggetto della richiesta riguardava la part.lla n. 146 del Foglio n. 34, interessata anche dalla propria concessione demaniale n. 247/03, in scadenza al 31 dicembre 2008, e che una parte del chiosco gli apparteneva, aveva diffidato le autorità interessate a non proseguire nell’espletamento della conferenza dei servizi, convocata dal Comune di Roseto Capo Sco.
Ad esito della propria istanza di accesso del 14 ottobre 2008, aveva appreso che i rappresentanti del Settore Demanio della Regione Calabria e dell’Agenzia delle Dogane di Catanzaro non si erano presentati e, in particolare, che quest’ultima Amministrazione, con nota del 18 aprile 2008 n. 5572, aveva evidenziato che “trattandosi di concessione in sanatoria, nessuna autorizzazione ex art. 19 del d.lgs. 8 novembre 1990, n. 374 potrà essere rilasciata prima che l’abuso sia stato sanato mediante il pagamento delle sanzioni di cui al comma 2 del citato articolo”, mentre la Capitaneria di Porto di Crotone e l’Ufficio Circomare di Corigliano avevano espresso pareri favorevoli, a condizione che venissero acquisiti i necessari nulla- osta ed autorizzazioni.
La Provincia di Cosenza - Settore Ufficio del Piano, con nota n. 38657 del 29 aprile 2008, aveva richiesto ulteriore documentazione (copia atti autorizzativi della struttura, concessione edilizia, nulla-osta paesaggistico, parere Soprintendenza B.B.C.C., relazione paesaggistica ex DPCM 12 dicembre 2005), mentre la Regione Calabria- Settore Demanio di Cosenza, con nota n. 912 del 29 aprile 2008, aveva comunicato che la concessione n. 93/01, intestata al dante causa del controinteressato, sig. I R, era scaduta al 30 settembre 2004, in assenza di richiesta di rinnovo.
Con il ricorso giurisdizionale aveva dedotto sia l’illegittimità sotto svariati profili della emessa concessione demaniale rilasciata sia della chiusura della conferenza di servizi.
Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, precisava che il sig. I R, dante causa dell’odierno controinteressato, aveva ottenuto in locazione dall’odierno ricorrente, con contratto del 12 gennaio 1998, mq. 185 di suolo demaniale, per il canone annuo di £. 10.000.000, per la conduzione dell’attività commerciale del chiosco-bar, ed aveva poi esteso il lido, ottenendo, autonomamente, dall’amministrazione demaniale la concessione di ulteriori porzioni di arenile che, dopo il decesso del sig. R I, venivano trasferiti all’erede, sig. Infantino C D, con concessione n. 4 del 12 agosto 2008, per mq. 1564,50 in catast. part.lla 146 del foglio di mappa 34, come già previsto dalla concessione demaniale n. 93 del 2001.
Il controinteressato Infantino C D, deduceva in fatto che, a seguito del decesso del proprio padre, sig. I R, avvenuto in data 23.7.2006, essendo minorenne, la genitrice superstite esercente la patria potestà, sig.ra Cazzato Rosetta, in data 2 novembre 2006, aveva ottenuto per conto del figlio l’autorizzazione del giudice tutelare, ai sensi dell’art. 472 Cod. civ.., ad accettare l’eredità paterna con beneficio di inventario, per cui, riscontrata nel verbale d’inventario del 13 luglio 2007 l’attività commerciale, sita sul Lungomare di Roseto Capo Sco, denominata Puerto Escondido, la signora Cazzato otteneva dal giudice tutelare del Tribunale di Castrovillari, nell’interesse del figlio minore, l’autorizzazione del 11 maggio 2007, all’esercizio provvisorio dell’impresa commerciale denominata Puerto Escondido, e, poi, con atto del 13 dicembre 2007, unitamente al proprio figlio, divenuto, nel frattempo, maggiorenne, chiedeva al Comune di Roseto Capo Sco la voltura e/o il rinnovo dell’area in concessione al de cuius, che, infine, veniva disposta con l’impugnata concessione Demaniale Marittima n. 4 dell’anno 2008.
Secondo il controinteressato il sig. G era privo delle condizioni dell’azione, poiché l’attività “Puerto Escondido” si svilupperebbe su un’area di mq. 1.564,50 comprensiva di spiaggia attigua, già compresa nella concessione demaniale n. 93/01, intestata al de cuius e, soltanto per mq. 185, sarebbe confinante con l’area ricadente nella concessione n. 247/03, intestata al sig. G R, che l’aveva affittata allo stesso de cuius, sig. Infantino R C, tanto che, recentemente, il suddetto sig. G aveva proposto azione di rilascio e richiesta pagamento dei canoni a decorrere dal 2001, proprio nei confronti del controinteressato, sig. Infantino C D.
Il giudice di primo grado dichiarava l’inammissibilità del ricorso sotto entrambi i profili, relativamente ai due atti impugnati: a) con riguardo alla impugnativa del rinnovo della concessione demaniale, rilevava la carenza di interesse, avendo il ricorrente G impugnato la detta concessione lamentando soltanto la interferenza della stessa con la propria concessione demaniale n.247 del 2003 inerente mq.185 di una diversa parte della intera particella 146 del foglio 34, in assenza di altre deduzioni, mentre in fatto si era accertato che l’area interessata dalla concessione demaniale del G insisteva su un punto diverso della stessa particella 146 del foglio di mappa n.34;b) sotto altro profilo, della impugnativa degli atti relativi al procedimento del permesso di costruire in sanatoria per le opere già realizzate, il primo giudice rilevava la inammissibilità della impugnativa mossa avverso gli atti della conferenza di servizi, ritenendo che in realtà non fosse stato adottato e quindi impugnato alcun atto realmente lesivo, dovendo intendersi per tale soltanto l’atto adottato eventualmente all’esito della conferenza di servizi, che costituisce, come noto, solo un modulo procedimentale.
Avverso tale sentenza, ritenendola errata ed ingiusta, propone appello lo stesso G R, affidandosi ai seguenti motivi di appello: a) erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato la carenza di interesse, in quanto egli è titolare di concessione nel territorio e quindi è interessato e legittimato alla legittimità delle concessioni immediatamente confinanti con la sua attività, con cui sussiste uno stabile collegamento;alle concessioni vanno applicate le regole della concorrenza, per normativa nazionale e comunitaria;b) il controinteressato era sprovvisto del titolo, in quanto la concessione del predecessore era scaduta in data 30 settembre 2004;c) viene riproposto il motivo per cui la nuova concessione demaniale avrebbe dovuto essere adottata conformemente al Piano Comunale di Spiaggia previsto dal Piano di indirizzo regionale;d) viene contestato il capo di sentenza relativo alla declaratoria di inammissibilità delle censure mosse avverso gli atti endoprocedimentali della conferenza di servizi, ritenendo la parte appellante che eventuali illegittimità debbano essere fatte valere al più presto, perché non ridondino in illegittimità degli atti finali (pagina 19 dell’appello);e) si lamenta la illegittimità del rinnovo della concessione demaniale, in quanto inesistente il presupposto, a causa della morte del titolare;f) si lamenta violazione dei doveri procedimentali nei confronti dell’appellante, in quanto, come evidenziato dalla diffida presentata dal G, esisteva evidente contrasto tra le due concessioni, entrambe insistenti sulla particella 146 del foglio 34.
Si sono costituite l’Agenzia delle dogane e la Capitaneria di Porto di Crotone, tramite l’Avvocatura dello Stato per resistere all’appello.
Si è costituito il Comune di Roseto Capo Sco, deducendo la inammissibilità dei motivi di appello con cui si contesta la violazione delle norme e dei principi comunitari a tutela della concorrenza, avendo l’appellante con il ricorso originario dedotto soltanto altri motivi di illegittimità della concessione;per il resto, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.
Si è costituita la Provincia di Cosenza, ribadendo la legittimità del suo operato e chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.
Si è costituito l’appellato Infantino C D, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.
La difesa dell’appellante ha depositato sentenza del Tribunale di Castrovillari depositata in data 18 settembre 2012 di risoluzione del contratto di affitto di azienda relativo al chiosco Puerto Escondido ubicato in Roseto Capo Sco con condanna di Infantino C D al rilascio immediato.
Con memoria conclusiva il Comune di Roseto capo Sco ha dedotto il difetto di notifica dell’atto di appello alla Regione, che è stata parte del giudizio di primo grado.
Con memoria conclusiva la difesa di Infantino C D deduce la infondatezza dell’appello, sostenendo che la concessione comprende sia 1564 mq che 185 mq e che solo per questi ultimi il G R ha attivato azione di rilascio e conseguito poi sentenza favorevole dal Tribunale di Castrovillari. Essa deposita sentenza penale del Tribunale di Castrovillari, che ha dichiarato il G R colpevole del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in relazione alla rimozione dei lucchetti posti a chiusura della saracinesca di ingresso dell’esercizio pubblico denominato Puerto Escondido, del quale rivendicava la titolarità.
Alla udienza pubblica del 25 marzo 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.Si prescinde dall’eccezione di inammissibilità dell’appello o di difetto di adeguato contraddittorio a causa della mancata notifica alla Regione Calabria, che è stata parte del giudizio di primo grado, in quanto l’appello, per quanto si dirà, risulta inammissibile per altri profili e in ogni caso infondato e quindi da rigettare.
In via preliminare, il Collegio è chiamato a pronunciarsi in ordine alla eccezione di novità, in parte, dei motivi in appello.
L’appellante, infatti, con taluni motivi dedotti in appello muove censure che attengono all’asserita illegittimità della concessione, traendo le condizioni dell’azione dal fatto che essa è immediatamente confinante con la sua attività (pagina 9 dell’appello) e perché in stabile collegamento con il terreno oggetto della richiesta autorizzatoria (pagina 10 dell’appello), sostenendo che il concessionario risulterebbe sprovvisto dei requisiti.
In relazione a tali motivi, il Comune appellato ha dedotto la novità dei motivi, perché non svolti in primo grado, nel corso del quale era stata lamentata soltanto la sovrapposizione (la “interferenza”) tra il terreno oggetto della propria concessione e quella attribuita al controinteressato.
Al riguardo, il primo giudice aveva conclusivamente dichiarato l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, in quanto era emerso – in fatti - che l’area assegnata al ricorrente G di mq.185 era catastalmente ricadente su di un punto diverso della stessa particella intera n.146 del foglio di mappa n.34, su cui insiste il chiosco bar denominato Puerto Escondido .
Il Collegio rileva che, sul punto della non interferenza tra i terreni oggetto delle due concessioni, nulla deduce in punto di fatto l’appello, non smentendo né contrastando la conclusione secondo cui nessuna interferenza o insistenza esiste tra le due concessioni, trattandosi di punti diversi.
Pertanto, anche secondo quanto ammette lo stesso appellante, non è in contestazione più con l’appello la imputazione dell’assegnazione in concessione, nel senso di attribuzione all’altro concessionario di parte dello stesso terreno già oggetto di titolo dell’appellante.
Con i motivi svolti in appello, come osservato, l’appellante sostiene l’illegittimità, questa volta sotto i diversi profili, attinenti all’interesse che sorregge la posizione di chi abbia uno stabile collegamento con il terreno, perché vicino o concorrente, lamentando altresì la violazione delle norme in materia di procedure a evidenza pubblica e la insussistenza dei presupposti per concedere il terreno demaniale al controinteressato, perché sarebbe scaduta la precedente concessione del suo dante causa.
Il Collegio ritiene che non vi sia dubbio che si tratti di motivi nuovi, perché sorretti da diverse censure e da un diverso interesse e come tali inammissibili se svolti per la prima volta in appello.
Ai sensi dell’art. 104 comma 1, Cod. proc. amm., nel giudizio di appello il thema decidendum è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo grado, non potendosi dare ingresso, per la prima volta in sede di appello, a nuove doglianze in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 345 Cod. proc. civ.. (tra tante, Cons. Stato, IV, 27 novembre 2010, n.8291).
Come detto, deve rilevarsi che, naturalmente, avendo l’appello sollevato nuovi motivi, nulla argomenta l’appellante in ordine all’erroneità della sentenza nel punto in cui ha ritenuto che non vi era interferenza tra le parti delle due concessioni insistenti sulla stessa particella.
Quindi, si debbono ritenere inammissibili e in ogni caso non fondati i motivi con cui parte appellante lamenta solo in appello la insussistenza dei requisiti per il rinnovo della concessione, sostenendo la inesistenza del precedente titolo, per causa di morte del precedente titolare.
Infatti, l’inammissibilità per carenza di interesse dei motivi di doglianza proposti avverso la concessione demaniale deve necessariamente ritenersi esistente anche in relazione ai motivi nuovi svolti in appello.
In sostanza, il G è privo di interesse a ogni contestazione, se sostiene, correttamente smentito in fatto dal primo giudice, l’interferenza di parte della sua concessione con quanto fa parte della concessione del controinteressato;non può addurre, per novità dei motivi svolti in appello, doglianze con le quali pretenderebbe di aspirare, quale potenziale concorrente o perché vicino, rispetto alla concessione demaniale rilasciata.
2. Prescindendo quindi dai rilievi di inammissibilità dell’appello per difetto di notifica alla Regione e evidenziando la inutilità di una concessione di rimessione in termini a fini di notifica (chiesta, in modo contraddittorio, dalla parte appellante, sostenendo proprio che la Regione avrebbe adottato soltanto atti endoprocedimentali e quindi non lesivi), deve ritenersi infondato altresì il motivo di appello con il quale si deduce la erroneità del capo di sentenza che ha dichiarato la inammissibilità della impugnativa proposta avverso gli atti preparatori della conferenza decisoria.
In particolare, secondo l’appello, sarebbe mancata la fissazione del termine finale per concludere la conferenza. La conferenza ha concluso per la acquisizione positiva del parere della Provincia di Cosenza, che aveva invece evidenziato la non conformità della documentazione prodotta;la conferenza ha concluso per i pareri positivi della Capitaneria di Porto e dell’Ufficio Circolare di Corigliano, che a loro volta rinviavano all’esito della acquisizione di ulteriori pareri e autorizzazioni;il verbale di chiusura della conferenza del 19 maggio 2008 si limitava a prendere atto delle dette risultanze, ma non costituiva motivata determinazione di conclusione del procedimento.
In definitiva, secondo tale prospettazione, tutte le illegittimità che attengono al procedimento relativo alla conferenza di servizi vanno fatte rilevare attraverso la impugnativa degli atti prodromici, senza che sia necessario attendere gli atti finali.
Il motivo è infondato.
Come ha correttamente rilevato il primo giudice, la conferenza dei servizi (in special modo quella cosiddetta decisoria), costituisce soltanto un modulo organizzativo funzionale per l'acquisizione, circa un provvedimento da adottare, dell'avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti in quest'ultimo, per un’accelerazione dei tempi procedurali (e dunque per la speditezza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa) attraverso un esame contestuale di tutti gli interessi pubblici coinvolti: essa non implica, tuttavia, la creazione di un apposito ufficio amministrativo speciale, separato dai soggetti che vi hanno partecipato ( ex pluribus , Cons.Stato, V, 25 gennaio 2003 n. 349;IV, 14 giugno 2001 n. 3169;Cons. Stato, IV, 7 maggio 2004, n. 2874). La conferenza di servizi è dunque un’occasione procedimentale di accelerazione e coordinamento dei casi complessi, ma non un non un organo privativo della formazione collegiale della decisione, vale a dire decidente in luogo delle amministrazioni convocate (Cons. Stato, VI, 18 aprile 2011, n. 2378;23 maggio 2012, n. 3039;6 maggio 2013, n. 2417). Tanto che secondo il prevalente orientamento la conferenza di servizi c.d. decisoria (artt. 14 ss. legge 7 agosto 1990, n. 241, in esito alle riforme apportate dalle leggi 24 novembre 2000, n. 340, e 11 febbraio 2005, n. 15) ha struttura dicotomica, con una fase che si conclude con la determinazione della conferenza (anche se di tipo c.d. decisorio), che ha valenza solo endoprocedimentale, e una successiva fase che si conclude con l'adozione del provvedimento finale, che ha valenza esoprocedimentale ed esterna, determinativa della fattispecie e incidente sulle situazioni degli interessati (es. Cons. Stato, VI, 11 dicembre 2008, n. 5620;9 novembre 2010, n. 7981;31 gennaio 2011, n. 712;6 maggio 2013, n. 2417).
Ciò implica che gli atti posti in essere in conferenza e quelli precedenti e, in particolare, quelli con i quali sia stato espresso l'avviso delle singole amministrazione, non siano ancora in sé idonei a ledere in modo diretto ed immediato gli interessi del destinatario del provvedimento poi emanato a seguito della conferenza di servizio.
Per quanto detto, l'esito della conferenza dei servizi costituisce, invero, solo un atto preparatorio della fase di emanazione di un nuovo provvedimento dell'amministrazione che aveva indetto la conferenza: ed è solo quest'ultimo atto che può essere direttamente e immediatamente lesivo. Pertanto, è contro un tale atto che deve dirigersi l'impugnazione, gli altri o hanno carattere meramente endoprocedimentale ovvero non sono impugnabili se non unitamente al provvedimento conclusivo, risultando a tale scopo irrilevanti le modalità concrete con le quali la singola amministrazione abbia deciso di partecipare ai lavori della conferenza.
Ne consegue che qualora non risulti essere intervenuto un provvedimento conclusivo del procedimento di natura urbanistico-edilizia (il titolo edilizio), l'impugnazione giurisdizionale permane inammissibile, in quanto interposta avverso meri atti endoprocedimentali.
3. E’ altresì infondato il motivo con il quale l’appellante si duole del suo mancato coinvolgimento procedimentale, reclamando la partecipazione al procedimento concessorio in favore del controinteressato, visto che le due concessioni insistono sulla medesima particella.
Per consolidata giurisprudenza, il vicino controinteressato non è un soggetto cui dev’essere inviata la comunicazione di avvio del procedimento per un titolo edilizio, ai sensi dell'art. 7, l. n. 241 del 1990, pur se egli già si sia opposto in precedenti occasioni all'attività edilizia dell'altro soggetto confinante.
Non vi è, infatti, identità tra le posizioni di coloro che siano legittimati a impugnare il provvedimento finale di concessione e coloro che possono intervenire o hanno titolo a ricevere l'avviso di avvio del procedimento. Infatti, ove sia stata proposta una domanda di concessione edilizia, il vicino del richiedente o il soggetto legittimato possono intervenire nel procedimento ed impugnare il provvedimento che accoglie l'istanza, ma non hanno titolo a ricevere l'avviso di avvio del procedimento (cfr. Cons. Stato, VI, 14 marzo 2002 n. 1533).
4.Per tutte le considerazioni svolte, l’appello va respinto, con conseguente conferma dell’appellata sentenza.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del presente grado di giudizio.