Consiglio di Stato, sez. III, sentenza breve 2023-09-29, n. 202308590

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza breve 2023-09-29, n. 202308590
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308590
Data del deposito : 29 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/09/2023

N. 08590/2023REG.PROV.COLL.

N. 07263/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 7263 del 2023, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocata S G, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di giustizia,

contro

- la Questura di Bergamo, in persona del Questore pro tempore , non costituita in giudizio;
- il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sezione I, -OMISSIS-, resa tra le parti, non notificata e concernente i provvedimenti di revoca del permesso di soggiorno U.E. per soggiornanti di lungo periodo e del permesso di soggiorno ordinario.


Visto l’art. 98 cod. proc. amm;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista la domanda presentata in via incidentale dalla parte appellante di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale, con cui è stato respinto il ricorso di primo grado;

Visto il decreto cautelare 7 settembre 2023, n. 3728;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2023, il consigliere Luca Di Raimondo;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. come da verbale;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con appello notificato e depositato il 7 settembre 2023, il signor -OMISSIS- ha impugnato, chiedendone la riforma previa istanza cautelare, la sentenza -OMISSIS-, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sezione I, ha respinto il suo ricorso per l’annullamento:

A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del decreto Cat.2^/-OMISSIS- del 13 gennaio 2020, notificato in pari data, con cui il Questore della Provincia di Bergamo ha disposto la revoca del permesso di soggiorno U.E. per soggiornanti di lungo periodo n. -OMISSIS-intestato al ricorrente, con contestuale rilascio al medesimo di un permesso di soggiorno ordinario;

B) per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati il 29 giugno 2023:

- del decreto Cat2°/-OMISSIS- in data 9 novembre 2022, notificato in data 8 giugno 2023, con cui il Questore della Provincia di Bergamo ha rigettato l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno ordinario per motivi commerciali – lavoro autonomo presentata dal ricorrente.

Con un unico articolato motivo, l’appellante ha dedotto “ 1) Violazione di legge ed eccesso di potere ”, lamentando un’istruttoria incompleta da parte dell’Amministrazione procedente e l’erroneità della sentenza del Tar, perché, a su dire, non sussisterebbero elementi sufficienti di pericolosità sociale a carico dell’interessato, tali da giustificare la revoca di una carta di soggiorno, né tantomeno la perdita del titolo di soggiorno, considerato che si tratta di un soggetto che ormai risiede regolarmente in Italia da oltre trent’anni.

2. Nella camera di consiglio del 28 settembre 2023, fissata per la trattazione della istanza cautelare proposta dalla parte appellante, è stato dato avviso alle parti presenti della possibile decisione della controversia con sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a..

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va respinto.

Non si rilevano i vizi da cui sarebbe affetta la sentenza impugnata e, prima ancora, i provvedimenti gravati in prime cure.

Condivisibilmente il primo giudice ha ritenuto legittimi i provvedimenti del Questore di Bergamo, che, sulla base delle seguenti considerazioni e indipendentemente dalla contestata età della figlia della moglie dell’appellante, ha accertato la pericolosità sociale dell’interessato, il quale, in un breve arco temporale, è stato sottoposto:

(i) in data 19 agosto 2019, alla misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, in ragione delle condotte violente poste in essere nei confronti della moglie in presenza della figlia minore di costei;

(ii) in data 13 settembre 2019 alla misura cautelare della custodia in carcere, in ragione delle gravi inadempienze alla misura originariamente disposta;

(iii) in data 20 settembre 2019 alla misura cautelare degli arresti domiciliari, in luogo della custodia cautelare in carcere, con permesso di allontanarsi per svolgere attività lavorativa e con divieto di comunicare con persone diverse dai conviventi;

(iv) inoltre, nelle date del 12 settembre 2019, 27 ottobre 2019 e 11 dicembre 2019, il medesimo risulta essere stato deferito alla competente Autorità Giudiziaria per il reato di evasione dal regime degli arresti domiciliari.

La sentenza impugnata ha fatto buon governo delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie, rimarcando la corretta applicazione da parte dell’Amministrazione dell’articolo 9 comma 7, lett. c ), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il quale prevede che il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi del comma 1 del medesimo articolo è revocato “ quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio, di cui al comma 4 ”, secondo il quale “ il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l’ordine e la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell’appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell’articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall’articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall’articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall’articolo 381 del medesimo codice. Ai fini dell’adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero ”.

Nella prospettiva generale dell’impianto complessivo delle disposizioni applicabili, la giurisprudenza ha stabilito che le norme in materia prevedono una valutazione discrezionale da parte dell’autorità procedente volta ad accertare la sussistenza dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno, che non può essere basata unicamente sull’esito di procedimenti penali, ma anche sulla base di una serie di indici, quali l’esistenza di legami familiari, di un lavoro stabile e di un conseguente adeguato reddito, di una dimora fissa, e di tutte le numerose situazioni che possono in vario modo comprovare un effettivo e pacifico radicamento sul territorio italiano in conformità alle regole fondamentali del nostro ordinamento ( ex multis , Consiglio di Stato, Sezione III, 22 luglio 2022, n. 6423).

All’interno di tali coordinate ermeneutiche, il Tribunale ha accertato che la pericolosità sociale del ricorrente è stata congruamente argomentata e valorizzata dall’Amministrazione sulla base dei comportamenti violenti assunti nel tempo dall’appellante e “ che, alla data dell’atto impugnato, avevano condotto già all’arresto e all’allontanamento dello straniero dalla casa familiare e, successivamente, hanno portato alla condanna definitiva del medesimo a 3 anni e 7 mesi di reclusione per i reati di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli e lesioni personali aggravate ” (sulla rilevanza ai fini della revoca del permesso di soggiorno della commissione dei reati previsti e puniti dagli articoli 572 e 585 c.p., cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, Sezione III, 7 giugno 2023, n. 5608, e 20 gennaio 2023, n. 719, che stigmatizza che “ l’amministrazione non poteva che determinarsi in quel modo specifico, stante la natura violenta ed odiosa dei reati commessi dall’odierno appellante, con particolare riferimento al delitto di maltrattamenti in famiglia ”).

Né la motivazione del primo giudice viene in alcun modo scalfita della lamentata mancata valutazione del presunto inserimento dell’interessato nel tessuto familiare e sociale, atteso che, come largamente motivato dal Tar, “ la considerazione dei legami familiari non poteva che rafforzare i presupposti della revoca, viste le condotte criminali poste in essere dallo straniero proprio in ambito familiare, mentre la durata del suo soggiorno e il radicamento sociale e lavorativo dello straniero in Italia – di cui, peraltro, nulla si dice in ricorso – sono stati adeguatamente considerati ai fini del rilascio all’interessato di un permesso di soggiorno ordinario per lavoro autonomo ai sensi dell’art. 9 comma 9 d., lgs. 286/98 ”.

A tale ultima statuizione si lega correttamente altresì il rigetto del ricorso per motivi aggiunti per l’annullamento del rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno ordinario per lavoro, atteso che “ la condanna per maltrattamenti in famiglia è automaticamente ostativa al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, in forza del combinato disposto degli artt. 4 comma 3 e 5 comma 5 d. lgs. n. 286/98, rientrando nel novero dei reati di cui all’art. 380 c.p.p. per il quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza;
in particolare, tale reato rientra nella lettera l-ter dell’art. 380 c.p.p., concernente i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, previsti dall’articolo 572 e dall’articolo 612bis del codice penale
”.

A ciò si aggiunga che la decisione impugnata è arricchita dal richiamo alla sentenza definitiva di condanna dell’appellante, che l’interessato ritiene meramente “ relativa a litigi con la propria coniuge di cui per altro tutt’oggi nega di avere responsabilità ” (cfr. memoria depositata il 26 settembre 2023) e nella quale sono state valorizzate le condotte violente da lui poste in essere nei confronti della moglie “ con un comportamento articolato negli anni e composto dal susseguirsi di condotte vessatorie che hanno generato un clima di sopraffazione tale da rendere la vita della vittima penosa e densa di sofferenze ”, mettendo in rilievo come, “ oltre alle perduranti e comprovate violenze fisiche, le condotte del nominato hanno intaccato in maniera assai crudele anche la sfera emotiva della vittima ”.

In questa prospettiva, non può in alcun modo trovare ingresso né rilevanza ai fini di un favorevole esame del mezzo di gravame, come pretende l’appellante, la valutazione dei legami familiari, per come sono stati coltivati dall’appellante: al contrario, tale elemento milita proprio nel senso del rigetto della domanda presentata dall’interessato, risultando “ recessiva ogni ulteriore considerazione in ordine alla durata del soggiorno e al radicamento sociale e lavorativo dello straniero, peraltro non provati in giudizio e comunque smentiti dagli accertamenti istruttori della Questura, alla luce di quanto sopra esposto ”.

In conclusione, il ricorso in appello va respinto e la sentenza impugnata integralmente confermata.

2. Solo in considerazione della mancata costituzione dell’Amministrazione appellata non vi è luogo ad alcuna statuizione in ordine alle spese di lite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi